Raymond Aron - La mentalità totalitaria

FATTI E SITUAZIONI .... LA MENTALl1,A TOTAI_JITARIA di RAYMO D ARO ASSOCIAZIONEITALIANAPER LA LIBERTÀDELLACULTURA 23

l'Associazione italiana per la libertà della cultura si è costituit(l, in Italia, sotto gli (l,Uspìci del Congresso internazion(l,le per la libertà della cultura, per diffondere i princìpi definiti in un Manifesto agli intellettuali pubblicato a Roma il 1° dicembre 1951. Questi princìpi sono stati così formulati: « Noi ritenian10 che il mondo moderno possa proseguire neJ suo avanzamento solamente in virtù di quel principio di libertà della coscienza, del pensiero, dell'espressione, che si è faticosamente <>onquistato nei passati secoli. « Riteniamo che, in quanto uomini e cittadini, anche coloro che prof essano le arti e le scienze siano tenuti ad impegnarsi nella vita politica e civile, ma che al di fuori delle tendenze e degli ideali politici e delle preferenze per l'una o per l'altra forma di ordinamento sociale e di struttura econon1ica, sia loro dovere custodire e difendere la propria indipendenza, e che gravissima e senza perdono .. ia la loro 1·esponsabilità ove rinuncino a questa difesa. « E riteniamo infine che, nell'attuale periodo storico che ha visto e vede tanti sistematici attentati alla vita dell'arte e del pensiero da parte dei potenti del giorno, i liberi artisti e scienziati siano tenuti a prestarsi reciproca solidarietà e a confortarsi nel pericolo ». BibliotecaGinoBianco

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RAYMOND ARON ' LA MENTALITA TOTALITARIA ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA LIBERTÀ DELLA CULTURA Roma, giugno 1955 BibliotecaGinoBianèo

Testo originale apparso in « Polémiques » (Collezione Les Essais - Ed. Gallimard, Parigi 1955). L'introduzione è stata scritta dall'autore, sotto forma di lettera a Ignazio Silane, espressamente per la presente edizione italiana. Tutti i diritti riservati Pubblicato a cura della Associazione italiana per la libertà della cultura Roma, piazza Accademia di San Luca, 7-6 BibliotecaGinoBianco

INTRODUZIONE LETTERA A IGNAZIO SILONE Caro amico, il vostro desiderio di pubblicare in opuscolo alcuni dei saggi da me riuniti in volume col titolo di Polémiques suscita in me, insieme a un vivo piacere, una certa inquietudine. Le ragioni del piacere sono ovvie. L'inquietudine esige qualche spiegazione. I raziocinamenti sul Proletariato, la Rivoluzione, la Storia, occupano molto posto nelJa letteratura comunista o comunisteggiante di lingua francese. Non, so se sia lo stesso in Italia. Ora, le controversie sui temi forniti da qµelle che Pareto chiamava «derivazioni» perdono molto del loro interesse, e del loro stesso significato, quando si passi da un paese all'altro e da un certo costume intellettuale a un altro. Naturalmente, gli scrittori francesi non aderiscono al comunismo perché credono alla « vocazione rivoluzionaria del proletariato ». Tuttavia, lo scrittore che giustifica la propria adesione adducendo questa formula, potrà essere scosso o indignato, ma sarà in ogni caso toccato dall'analisi .del suo concetto favorito e dall'esposizione degli equivoci filosofici che esso nasconde. Per contro, lo scrittore il quale si serva di altri argo5 BibliotecaGinoBianco

menti, più materialisti e meno hegeliani, rimarrà indifferente a simili sottigliezze. Certo, il marxismo-leninismo è la « derivazione » comune ai partiti comunisti di tutto il mondo, e il marxismo-leninismo non può fare a meno di concetti-chiave come quello di Storia. Ciò non toglie che concetti come questo s~ prestano a variazioni abbastanza diverse perché, nel passaggio da un paese all'altro, un certo modo di ar- . gomentare sembri come straniero. La mia inquietudine ha un'altra e più grave ragione. Quando io cerco di far capire a un pubblico americano, inglese, o tedesco, le singolarità della congiuntura francese, non provo alcun imbarazzo: le differenze fra la realtà francese e quella dei paesi anglosassoni sono talmente marcate che basta metter l'accento sui dati più evidenti (forza elettorale del partito comunista, tendenza rivoluzionaria delle masse operaie, persistenza del conflitto fra l'ancien régime e la Rivoluzione, urto fra la Chiesa e il mondo moderno, la scuola laica e la scuola confessionale) perché i miei ascoltatori o lettori scorgano ciò che distingue la situazione francese da quella degli altri paesi. , Ora, questi dati si ritrovano tutti in Italia: viste da Londra o da Washington, la Francia e l'Italia sembrano appartenere alla medesima specie storica. Eppure, come io e voi ben sappiamo, lo stile e le prospettive della polit~- ca italiana e di quella francese sono notevolmente diverse, e il rischio di malintesi è tanto più grande in quanto i due paesi sono per molti riguardi così vicini l'uno all'altro. · Non v! parrà dunque inutile, spero, che un ?sservatore il quale conosce la Francia dal di dentro e l'Italia dal difuori, molto superficialmente, tenti un paragone. 6 BibliotecaGinoBianco

I sociologhi che han cercato di spiegare le cause del successo comunista in Francia e in Italia elencano generalmente tre serie di fenomeni:. economici e sociali in primo luogo, storici in secondo luogo. Francia e Italia soffrono di un progresso economico tardivo e di un livello di vita relativamente basso rispetto alla media britannica, svedese o svizzera. In Italia, lo sviluppo della ricchezza è stato frenato dalla pressione della popolazione e dalla mancanza di materie prime; in Francia, invece, dalla diminuzione della natalità, dal maltusianismo diffuso, da un protezionismo eccessivo e, qua e là, dalla debolezza di quel « padronato d'impresa » che, secondo Max Weber, è caratteristico del capitalismo e il quale ha infatti avuto _una funzione di prim'ordine nei paesi protestanti. Certo il livello di vita francese quale Io calcolano gli esperti statistici è notevolmente più alto di quello italiano: è, anzi, eguale a quello della Repubblica federale tedesca, dove il partito comunista non raccoglie che un numero irrisorio di voti. Tuttavia, in Francia come in Italia, si constata una sproporzione acuta e risentita fra rivendicazioni degli individui e risorse collettive. I nostri· due paesi hanno anche in comune una forte disparità fra regione e regione. Alcune regioni sono moderne, altre no. Tutti conoscono il èontrasto, in Italia, fra il Nord industrializzato e il Sud agricolo. In Fra_ncia, si parla spesso del contrasto fra le regioni a nord della Loira e quelle a sud (meno accentuato del contrasto italiano, ma reale) e se ne è scoperto un altro: quello fra l'Est e l'Ovest, con la quasi totalità dell'industria concentrata nell'Est. Le disparità regionali permettono di sfumare la spie7 BibliotecaGinoBianco

gazione economica del fenomeno, la quale di per sé è grossolana e inesatta. Evidentemente, povertà e comunismo non sono fenomeni correlativi: è nell'Italia settentrionale, relativamente ricca, che il comunismo raccoglie il massimo numero di voti;- mentre, fin<;>ra,ha avuto difficoltà a radicarsi nel Sud, dove le forme di vita tradi- . zionali e le gerarchie sociali opponevano resistenza: per poter reclutare le sue truppe, un partito rivoluzionario deve cominciare col dissolvere le strutture ancestrali. D'altra parte, l'esistenza stessa di queste regioni stagnanti favorisce l'azione comunista: primo, perché diminuisce le risorse disponibili nelle regioni modernizzate, impedendo così l'integrazione dei lavoratori nella società industriale; secondo, in quanto alimenta la confusione fra aut_orità nel senso tradizionale dei vecchi regimi e autorità nel senso democratico e moderno: la qual confusione è essenziale per il successo dei comunisti. Costoro, infatti, intendono distruggere le libertà intellettuali, personali, politiche conquistate dall'illuminismo o dalla rivoluzione borghese; ma, al tempo stesso, si presentano come gli eredi, anziché i liquidatori, della Rivoluzione liberatrice dei secoli XVIII e XIX: pretendono adempiere, non cancellare, le promesse della borghesia. Ora, il sopravvivere del vecchio regime in una parte del paese e di un clima autoritario nell'insieme della nazione, favorisce indubbiamente la mistificazione comunista. C'è qualco~a di vero nella formula secondo la quale le rivoluzioni comuniste hanno vinto solo nei paesi dove la rivoluzione borghese non c'è stata, o è fallita. Si passa così dall'economia all'ideologia. Suppongo che _anche in Italia, come in Francia, si insista spesso sul rapporto fra la potenza del comunismo e quella della 8 BibliotecaGinoBianco

Chiesa cattolica. Nei paesi protestanti, il comunismo è ridotto a una cospirazione; nei due grandi paesi cattolici d'Occidente, esso è invece divenuto un partito di massa, e tale rimane. Anche qui, sarebbe leggerezza affermare che il rapporto è un rapporto di causalità. In Spagna, il movimento operaio s'è ispirato alla tradizione anarchica molto più che al marxismo-leninismo. Ciò non toglie, però, che la dottrina comunista si eriga a contraltare del dogma, così come il partito comunista si erige a contraltare dello Stato. L'universalismo dottrinario, la disciplina imposta dall'alto suscitano una repulsione immediata in intellettuali formati nel clima anglosassone, come in tutti coloro che han conquistato da secoli il diritto d'interpretare da soli il libro sacro. In un ambiente dove ancora domina l'aspirazione alla cattolicità, la pretesa del partito di detenere una verità valida per tutti gli uomini appare meno scandalosa. E, mentre seduce più facilmente gli intellettuali di tradizione cattolica, il comunismo si trova più vicino ai partiti liberali e repubblicani, in quanto ques_ti sono, o si credono, ancora in lotta con il vecchio regime e la Chiesa. Più la Chiesa conserva influenza politica, più risulta favorita la mistificazione per cui una superstizione materialista si pretende erede del libero pensiero. In Francia come in Italia, infine, non è d'un sol colpo che il comunismo ha reclutato le centinaia di migliaia di aderenti e i milioni di elettori che esso conta attualmente: gli son occorsi trent'anni di lavoro, e il favore delle circostanze. In Francia come in Italia, i due fatti essenziali sono la penetrazione nei sindacati e il prestigio conquistato· durante la Resistenza. In Francia, la tattica di fronte popolare decisa a Mosca permise ai co9 BibliotecaGinoBianco

munisti di ottenere nel 1936 la fusione della CGT con la CGTU. La guerra e la resistenza furono sfruttate dai comunisti per squalificare, e talvolta anche liquida_re, col pretesto della collaborazione, un gran numero di militanti e di dirigenti non-comunisti. Essi s'impadronirono così delle leve di comando, sicché, malgrado la rottura causata nel 1939 dal patto Hitler-Stalin, la fusione del 1936 ebbe, nel 1945, come conseguenza la stalinizzazione dei sindacati operai. Quando, nel 1947, i dirigenti non-comunisti, sotto la pressione della base, provocarono una scissione, i comunisti restarono tuttavia in possesso della vecchia casa, la Confederazione generale del lavoro, e si avvantaggiarono del prestigio di legittimità insito nel nome. Così, nel corso di dieci anni, il rapporto di forze fra sindacati comunisti e non-comunisti si trovò rovesciato. Mi sembra che anche in Italia le vicende della guerra e la coalizione formata contro il fascismo e la Repubblica sociale mussoliniana da comunisti, liberali e democristiani, offrirono ai comunisti un'occasione unica d'infiltrarsi nei sindacati. Nel 1945, fra gli osanna generali, la CGL italiana univa nel suo seno comunisti, socialisti e democristiani. Alcuni hanno sostenuto che l'indagine va spinta più a fondo, fino a trovare nelle particolarità psicologiche del movimento operaio nei nostri due paesi la spiegazione della loro inclinazione al comunismo. Richard Loewenthal ha sostenuto che un certo atteggiamento anarchi- . cheggiante o operaistico ostile allo Stato rischia di finire con la sottomissione al partito sedicente proletario e rivoluzionario. A ciò si è giustamente obbiettato che i sindacati e i militanti di formazione libertaria son spesso IO BibliotecaGinoBianco

stati, di fatto, i più refrattari allo stalinismo e i più accaniti difensori delle loro libertà; mentre i partiti o i sindacati troppo bene organizzati si lasciavano facilmente infiltrare e manipolare dai comunisti attraverso i meccanismi burocratici. Le due tesi sono egualmente fondate, giacché l'una e l'altra partono dal riconoscimento del fatto essenziale: l'assenza di legame organico fra i sindacati operai e il partito socialista, il fallimento del riformismo socialista: fallimento che induce i sindacati indipendenti a rimanere ostili allo Stato accentratore, capitalista e totalitario in potenza. Rifiutandosi di credere nell'azione politica e insistendo sull'azione ora pacifica ora violenta degli operai in quanto tali, questi sindacati rischiano di essere deviati e sfruttati dai comunisti, i quali non si peritano di ripetere le parole d'ordine operaistiche e anarchiche al fine d'instaurare un regime che sta al polo opposto delle aspirazioni libertarie. Se si ammette che il fallimento del riformismo socialista è il fatto essenziale, si capisce perché gli osservatori insistano gli uni sull'ostilità dei sindacati ~ partiti democratici verso lo Stato, gli altri sul carattere autoritario e reazionario dello Stato medesimo, gli uni ricordando l'anticomunismo degli ~narchici spagnoli, gli altri la manomissione comunista dei sindacati anarchicheggianti (per esempio, quelli della gente di mare). Hanno ragione gli uni e gli altri: la non-integrazione degli operai nello Stato è dovuta tanto alla natura dello Stato quanto ai sentimenti degli operai; fra quella e questi, corre un rapporto di determinazione reciproca che alcuni potrebbero chiamare dialettico. Queste osservazioni alquanto generali valgono, mt 11 BibliotecaGinoBianco ..

pare, sia per la Francia che per l'Italia. Quali sono allora le differenze che potrebbero dar luogo ai malintesi di cui parlavo in principio? Anche qui, comincerò col rammentare dei fatti ben noti. Il primo, probabi]mente essenziale, è l'alleanza permanente fra il partito comunista e il partito socialista di Nenni, che raccoglie ancor oggi la maggior parte degli effettivi e degli elettori socialisti. Per tal riguardo, il caso dell'Italia è .unico: essa è il solo paese nel quale, per tutta la durata della guerra fredda, i socialisti non si sono schierati dalla parte dell'Occidente. Si potrà rispondere che i socialisti di Saragat, i veri socialisti (l'equivalente della SFIO in Francia e del Labour Party in Gran Bretagna) stanno .con l'Occidente e hanno ripetutamente partecipato a governi dominati e diretti dai democristiani. Si potrà anche aggiungere che il partito socialista di Nenni, infiltrato com'è dai comunisti, non è più un partito indipendente. Devo, però, confessare che queste obbiezioni non mi convincono. Alle ultime elezioni, il partito di Nen'ni ha guadagnato relativamente più dei comunisti: il successo dei nenniani e l'insuccesso dei saragatiani è probabilmente dovuto in parte all'abilità tattica dei comunisti, nonché al corto egoismo di taluni ambienti democristiani. Ciò non toglie, però, che molti elettori i quali, per tradizione e perché rifiutano la tecnica d'azione staliniana, non voterebbero comunista, non esitano a dare il loro suffragio al PSI, malgrado l'alleanza con Togliatti. Si potranno invocare cause personali o accidentali: Nenni avrebbe forse potuto trascinare il suo partito dal12 BibliotecaGinoBianco

l'altra parte; forse, con una tattica più sottile e una tecnica migliore, i dirigenti socialdemocratici avrebbero potuto recuperare una frazione più notevole degli elettori nenniani. C'è, nelle circostanze, qualcosa che non si spiega e rinvia a cause più profonde. Quanto a me, ne vedo di due specie: in Italia, sul terreno politico, la tradizione liberale è molto più indebolita eh~ in Francia; d'altra parte, in Italia il partito comunista appare molto meno radicalmente distinto dagli altri che non in Francia. All'indomani della liberazione, anche in Francia si poté credere che il MRP, e cioè la democrazia cristiana, avrebbe costituito il punto di cristallizzazione dei non-comunisti. Ma i successi elettorali del MRP erano artificiali, dovuti al tempo stesso al sistema di scruti.nio, alla momentanea svalutazione dei partiti moderati e al prestigio della Resistenza e del generale De Gaulle. La creazione del Rassemblement gaullista precipitò la caduta dei voti MRP. In ogni caso, né gli elettori della sinistra anticlericale né quelli della destra tradizionale avrebbero sopportato a lungo uno stato maggiore democristiano. In Italia, la democrazia cristiana è finora riuscita a mantenere l'unità fra la sua destra e la sua sinistra, mentre, d'altra parte, il legame con la Chiesa e con la fede cattolica non allontana da essa· i milioni d'elettori anticomunisti. A che cosa è imputabile, in Italia, la debolezza della sinistra non-comunista e non-cattolica, laica e razionalista? Al compromesso col fascismo? Al fatto che gli influssi rivoluzionari venuti di Francia alla fine del Settecento e nel corso dell'Ottocento non avevano mai impregnato gli strati profondi della società? Alla sopravvivenza, in molte regioni, delle strutture autoritarie dei vecchi regimi? In ogni caso, è evidente che, in Francia, il dialogo 13 BibliotecaGinoBianco

decisivo non è quello fra la Chiesa cé\ttolica e la Chiesa comunista, bensì quello fra la Chiesa comunista e il libero pensiero. I tre saggi qui tradotti s'inseriscono in questo dialogo. Io mi rivolgo a uomini venuti, come me, dalla tradizione liberale e li accuso di tradirla a profitto di un nuovo dogmatismo. In Italia, la debolezza della sinistra laica favorisce la tattica di moderazione seguita dal PCI negli ultimi dieci anni. Il PCI conta più di due milioni d'iscritti, mentre il partito francese non ne ha conservato neppure mezzo milione. Il primo non impone apertamente nessun conformismo intellettuale, mentre la vita del secondo è intes-- suta di crisi, di epurazioni, di esclusive, di rigidità ideologica. Certo, sia l'uno che l'altro sono in fin dei conti manipolati da un piccolo gruppo di rivoluzionari professionali la cui patria è Mosca e i quali eseguono le direttive venute dal centro. Non v'è, seriamente parlando, ragione alcuna di pensare che, una volta installato al potere,. il comunismo sarebbe, in Italia, ·essenzialmente diverso, da quel che è altrove; ma molti sono gli italiani che nutrono una tale illusione. Il partito francese, da parte sua,. è fortemente isolato nel resto del paese ed escluso dal giuoco parlamentare: sebbene alle ultime elezioni canto-. nali si sian visti dei comunisti ritirarsi in favore di socialisti e viceversa, il partito rimane ancora chiuso nel suo isolamento. Esso non incute più paura, in quanto si sa che, salvo il caso d'invasione sovietica, non potrà mai arrivare al potere, e pochi son quelli che vorrebbero reintrodurlo nel giuoco politico. La mia impressione è che Togliatti si è ingegnato e, malgrado la guerra fredda e il patto atlantico, è riuscito a conservare al PCI una rassicurante maschera semiborghese. Il partito comunista ita14 BibliotecaGinoBianco

liano non è veramente isolato nel paese: costituisce, sì, un contro-Stato, ma pochi son quelli che se ne rendono con(o. Anche se non potrà ottenere una maggioranza assoluta nel prossimo avvenire, esso non ha perso la speranza di disgregare la maggioranza atlantica e d'avvicinarsi quindi, con un giuoco d'infiltrazioni e di combinazioni parlamentari, a quello che è il suo scopo unico: il potere. Non sono affatto sicuro che la differenza di tattica fra il PCF e il PCI sia stata concepita e voluta dal Cremlino. Probabilmente, nei due paesi, i capi hanno eseguito le istruzioni secondo il loro temperamento e le loro in-· clinazioni. È a Togliatti, mi pare, che si deve la facciata di rispettabilità e di non-fanatismo del comunismo italiano. Importa dunque tanto più rammentare instancabilmente che il comunismo italiano va giudicato non dai discorsi dei suoi dirigenti, ma in base ai quasi quarant'anni d'esperienza sovietica, esperienza cui sono ormai da dieci anni soggetti cento milioni d' europei non russi. La storia recente del fascismo e l'accoglienza fatta agli ex-fascisti nel PCI hanno forse preparato gli italiani ad accettare questo partito totalitario che s'installa all'interno della democrazia, ne rivendica i privilegi e ne trama la rovina? In qual modo dissipare l'illusione, impedire il doppio giuoco, rende,r vana la contro-assicurazione? Mi guarderò bene dal rispondere a queste domande, dato che mi mancano gli elementi di giudizio. Ma è certo che il problema esiste. * * * In tutti i paesi d'Occidente, la lotta contro il comunismo comporta due aspetti principali: da una parte, oc15 I BibliotecaGinoBianco •

corre mostrare che cosa sia il comunismo al potere, quali siano gli scopi e quali i mezzi di cui si serve il partito; ' dall'altra, bisogna condurre, con ostinazione non minore, la battaglia delle parole e delle idee, al tavolo del caffé come in Parlamento. La prima specie d'azione ha per scopo d'isolare il partito, il quale è automaticamente isolato quando sia riconosciuto per quel che è in realtà: e, una volta isolato, deperisce fatalmente. Il secondo tipo d'azione tende a strappare ai militanti e simpatizzanti le loro giustificazioni ideologiche, a smontare i sofismi grazie ai quali un'impresa di conquista vien presentata come il compimento di una necessità storica e un regime dispotico come il trionfo della libertà. Un'azione può avere più importanza dell'altra, a secònda dei paesi, così come l'analisi dei sofismi e delle giustificazioni varia da paese a paese, sebbene i vaticini quanto alla Necessità Storica siano probabilmente gli stessi in tutto il mondo. Non c'è bisogno di aggiungere che quest'azione negativa non basta. Non basta opporsi a un regime disumano per umanizzare le nostre società. Ma questo è un altro discorso e, in Francia almeno, non mancano davvero le voci che ci mettono in guardia contro 1' « anticomunismo sistematico ». Ma gli intellettuali e i semplici cittadini disposti a condurre la battaglia delle idee non sono poi cÒsì numerosi. Noi, caro amico, ci siamo incontrati perché ambedue convinti, senza il minimo fanatismo, che questa battaglia, per stancante che sia, rimane indispensabile. RAYMOND ARON 16 BibliotecaGinoBianco

FASCINO DEL TOTALITARISMO Nessuno si meraviglia del fatto che, grazie alla polizia, i regimi totalitari riescano, una volta installati, a mantenersi al potere senza limiti di tempo, e anche, grazie alla forza militare, a estendere i confini del loro impero. Quel che stupisce, nel totalitarismo, sono le vittorie pacifiche: il fatto che esso conquisti tanti adepti fanatici e disinteressati, pronti a tutti i sacrifici per il trionfo della causa. Non abbiamo abbastanza elementi di giudizio per valutare fino a qual punto la psicologia dei comunisti che militano in mezzo agl'infedeli somigli a quella dei comunisti trionfanti. È probabile che, una volta divenuti profittatori della tirannide e coscienti della distanza che separa il regime che essi costruiscono nella realtà dall'ideale che li aveva mossi, i militanti vittoriosi siano corrosi da una rapida degradazione morale. Ma ·è bene diffidare di simili semplificazioni. I comunisti trionfanti devono pur continuare a considerarsi dei militanti, visto che, per loro, nulla è realizzato finché rimane qualcosa da realizzare, nulla è assicurato finché l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietich~ non abbracci l'intera umanità. C'è di più: l'ordine e la disciplina dei partiti comunisti militanti somigliano già abbastanza a 17 BibliotecaGinoBianco

quelli dei partiti trionfanti, lo scambio d'informazioni fra i paesi situati dai due lati della cortina di ferro è · abbastanza intenso perché l'ignoranza dei fatti, lungi dal1' essere una spiegazione, sia un fenomeno che esige esso stesso di esser spiegato. Rimane in ogni caso il fatto che nel seno della medesima comunità nazionale, accanto a noi che ci diciamo, a più o meno buon diritto, amici della libertà, esistono degli amici della tirannide, degli uomini i quali, pur servendosi delle stesse parole di cui ci serviamo noi, ci appaiono amici della tirannide. Perché? Le ricerche fatte su questo fenomeno psicologico, o sociologico, non son state sterili, anzi, in un certo senso, persino troppo feconde. Si son studiati i procedimenti staliniani d'infiltrazione nei vari ambienti, si son messe in luce le regole sempre efficaci di questa tecnica (presentare il comunismo ai non-iniziati, ai simpatizzanti, agl'indifferenti, alle masse, come se esso fosse in• armonia con le aspirazioni più universal~ e con la continuità della tradizione nazionale, sbocco naturale di ciò che han desiderato e ·voluto da sempre tutti gli uomini di buona volontà); s'è analizzata la diversità indefinitamente variabile dei mezzi, dei linguaggi, delle giustificazioni, delle parole d'ordine. Tale studio ha una sua indiscutibile utilità, dato che l'opinione pubblica, e spesso anche quelli che dovrebbero informarla, si mostrano incapaci di capire la tecnica comunista e di opporvi la parata efficace. Lo si è ben visto a proposito dell'azione dei Partigiani della Pace, dall'Appello di Stoccolma fino alla Conferenza di Mosca. Così pure, passando dalla tecnica d'infiltrazione ai 18 BibliotecaGinoBianco

motivi della simpatia diffusa che circonda lo stalinismo in certi ambienti, si è raccolta un'abbondante messe di formule: il desiderio d'essere a sinistra, col popolo, di andare nel senso della Storia (e cioè, a seconda degli individui, di esser dalla parte del vincitore e della Ragione, oppure di lottare contro le ingiustizie sociali, l'inefficienza delle democrazie, eccetera). L'enumerazione dei motivi che conducono la gente ad aderire parzialmente o totalmente· al comunismo potrebbe prolungarsi ancora. La giustificazione razionale del comunismo varia, infatti, a seconda degl'individui,. dei gruppi, dei paesi, delle circostanze. I temi costanti (liberazion·e del proletariato, contraddizioni del capitalismo, avvento inevitabile del comunismo, industrializzazione a beneficio di tutti) sono vasti e vaghi al tempo stesso: ciascun simpatizzante, ciascun convertito, si sente libero di formularli nella maniera più conforme al suo sistema di preferenze morali o di concezioni intellettuali. C'è il comunismo dell'ex-fascista e quello dell'ex-socialista, il comunismo degli europei e quello dei cinesi, dei giapponesi o dei mussulmani. Nell'esame dei moventi, e cioè delle causali psicologiche, ci si trova di fronte alla medesima apparente diversità: gli uni vanno al comunismo perché han paura di non far in tempo a correre in aiuto del vincitore, altri per bisogno profondo di devozione a una causa. Si va dal più sordido opportunismo all'idealismo più sublime. Ma forse che non si potrebbe dir lo stesso di tutti i movimenti storici, nella cui corrente sempre si mescolano il fango della bassezza umana e l'ardore degli slanci più nobili? La storia non conosce religione che, 19 BibliotecaGinoBianco

insozzata dagli eccessi della violenza, non sia stata riscattata dal sacrificio e dal fervore dei credenti. Per uscire da queste spiegazioni che non spiegano nulla perché troppo numerose, bisogna cercare di individuare meglio il problema. Quali sono i caratteri specifici della nuova Fede? O bisogna forse concludere che i motivi d'adesione al comùnismo sono così molteplici da costituire per ciò stesso un fatto nuovo? l. _. Ambivalenza e millenarismo. Vorremmo prendere come punto di partenza una caratteristica della nuova Fede già rilevata da alcuni •osservatori (per esempio, Thierry Maulnier), ma da cui forse non sono state tratte tutte le conseguenze che essa -comporta: l'ambivalenza intrinseca del comunismo, per cui le adesioni vengono interpretate secondo motivi e moventi esattamente contrari l'uno all'altro. Si dice che il comunismo ha l'attrattiva di una verità religiosa la quale stabilisce il principio assoluto, misura e ordina in rapporto a questo· gli esseri e le cose e risveglia i sentimenti di cui si son nutrite attraverso i secoli le fedi religiose: la fede, la speranza, l'amore. Ciò è banale, ma vero. Ma non è forse egualmente vero l'opposto? Il comunismo è più un metodo di ricerca che una dottrina chiusa, somiglia più alla scienza che alla religione. Il fedele non è tenuto a ripetere un catechismo, ma a seguire l'interpretazione sempre mutevole della storia quale di momento in momento essa si fa, e al cui farsi egli stesso contribuisce. Se c'è dogmatismo, esso riguarda leggi di cui si suppone che lo spirito scientifico po20 BibliotecaGinoBianco --

trebbe accettarle allo stesso modo in cui accetta i principi della meccanica o della termodinamica. Da una parte, troviamo che i comunisti sono dei cristiani (progressisti) che aderiscono al comunismo come al partito dei poveri, denunziano al séguito di Cristo l'egoismo dei ricchi e attendono dal Profeta della Buona Novella il compimento .terrestre di speranze che solo per equivoco erano state considerate sinora ultraterrene. Ma,. all'estremo. opposto, noi vediamo i comunisti accogliere i fascisti disoccupati e offrir loro, sotto altra bandiera, la tecnica d'irreggimentazione collettiva, l'ardore combattivo e la volontà di fare che caratterizzano, nel nostro secolo, i costruttori di piramidi e i tecnocrati, gente per cui distinguere fra materia prima e manodopera non ha molto senso. La lista dei contrasti potrebbe continuare. Si fa appello alla capacità di fede e d'entusiasmo quando si spiegano ai militanti la società senza classi, l'umanità riconciliata con se stessa, l'avvenire radioso del socialismo. Ma, al tempo stesso, non si esita a insegnar loro la necessità dell'astuzia e del cinismo, l'efficacia del machiavellismo. Si parla senza tregua delle masse, offrendo agli intellettuali dubbiosi e ai borghesi nevrotici la promessa della feconda comunione con la folla degli umili. Ma, al tempo stesso, si proclama l'importanza decisiva dei quadri, coltivando .nei militanti la fierezza di appartenere al piccolo numero degli eletti e degl'iniziati (e nei paesi sovietizzati la distinzione fra la massa e l'élite sussiste, anzi è rafforzata). I capi, il partito, l'Unione Sovietica devono essere amati, ma anche temuti. Si conta sulla solidarietà proletaria; ma anche sulla subordinazione 21 BibliotecaGinoBianco

èieca, sulla volontà implacabile, sulla potenza dell'Esercito Rosso. Per un verso, il comunismo non è ancora realizzato: sarà, è l'avvenire del genere. umano. Ma, per un altro verso, esso è sempre stato, rappresenta il compimento di tutto quanto v'è stato di grande e di nobile nell'avventura umana e, come Cristo, esso porta al tempo stesso ,la pace e la guerra. A. uso degl'ingenui, si riprendono le parole d'ordine del pacifismo. Ma, al tempo stesso, non si esita a proclamare che il comunismo condanna solo le guerre imperialiste e ritiene legittime le guerre anti-imperialiste. Siccome poi tutte le guerre condotte da un paese o partito della zona sovietica sono anti-imperialiste, esse sono anche tutte legittime. La guerra permanente fino al momento in cui l'umanità intera non sia convertita al nuovo Vangelo è, nel comunismo, un sottinteso appena velato. Umanitaria e terrorista, idealista e cinica, millenarista e machiavellica, dogmatica e scientifica, comunione delle masse e cospirazione delle élites, guerra in contanti e pace a termine: tale è la dottrina comunista. Essa attira e respinge, seduce e fa orrore: anche quelli che resistono al 5uo incanto finiscono con l'esserne affascinati. Questi accenni bastano, crediamo, a spiegare il fatto notato in principio:, la molteplicità delle spiegazioni sinora date dell'epidemia totalitaria e dei motivi attribuiti ai militanti e simpatizzanti. Se carattere proprio della dottrina è l'ambivalenza, i motivi dominanti varieranno a seconda del luogo, del tempo, del paese, del gruppo sociale, e a seconda che si tratti di cristiani o di tecnocrati, di religiosi o di scienziati, di opportunisti o di martiri, di credenti o di astuti. 22 • BibliotecaGinoBianco

A questo punto, però, sorge un dubbio. Ammesso che i motivi e temperamenti domina~ti varino a seconda dei luoghi, il caso puro sarà la regola o l'eccezione? Il cristiano sa o non sa di combattere a fianco del tecnocrate? L'umanitario sa o non sa di trovarsi accanto al terrorista? I capi dissimulano tali opposizioni, o le riconoscono? I termini opposti si elidono a vicenda, oppure moltiplicano a vicenda i loro effetti? Per paradossale che sembri, la risposta non mi sembra dubbia: l'ambivalenza è quasi scoperta, e la si ritrova nei sentimenti e nelle idee di tutti quelli che partecipano al movimento. Il cristiano aderisce al partito dei poveri, ma non ignora che questo partito trasforma i poveri in combattenti, e i capi dei poveri, se non in ricchi nel senso tradizionale, certo in privilegiati. L'umanitario conosce più o meno confusamente l'esistenza dei campi di concentramento e del terrore: nell'astratto, ·egli argomenta della necessità del terrore, e magari anche del terrore totale, per liquidare una volta per sempre quel margine di terrore da cui nessuna società costituita è mai andata esente. Qual è il meccanismo di questa ambivalenza? Intellettualmente, esso si riduce sempre, in forma più o meno sottile, alla tesi del profetismo. Il comunismo non si definisce né secondo le sue istituzioni né secondo la psicologia dei suoi capi attuali e delle sue truppe, ma in funzione di ciò che esso sarà in avvenire. Il comunismo è l'avvenire del comunismo, e l'avvenire del comunismo si confonde con l'avvenire dell'umanità. Psicologicamente e affettivamente, d'altra parte, le radici dell'ambivalenza sono assai più profonde. Il brivido di paura col quale il cristiano aderisce al partito 23 BibliotecaGinoBianco

,, dei poveri, il presentimento del terrore incombente che accompagna l'attesa della futura società senza classi, tutti gli equivoci del sentimento sono assai più caratteristici dell'esperienza vissuta del comunismo che non l'uno o l'altro motivo intellettuale preso separatamente. Gli umanitari si sentono misteriosamente attirati dalla ·violenza scatenata. I tecnocrati amano credere che i loro giganteschi edifici faranno la felicità degli uomini: quelli di domani, se non quelli che oggi faticano all'esecuzione dei piani. Arriviamo così alle due tesi seguenti. Da una parte il comunismo rappresenterebbe la conseguenza logica della concezione millenarista: l'importanza assoluta di • un avvenire al tempo stesso perfetto e inevitabile giustificherebbe una dopo l'altra tutte le azioni, per quanto crudeli, di coloro ai quali incombe la responsabilità di costruire l'ideale; e così pure tutti gli eventi, per miste• riosi che appaiano, della Storia che conduce alla realizzazione del fine ultimo. Affettivamente, d'altra parte, il comunista rappresenterebbe un caso estremo d'esperienze ambivalenti: umanitarismo che accetta il ter:r;ore, terrore che si pretende l'incarnazione della volontà umanitaria, oligarchia che invoca la massa, massa che s'immagina costituire un'élite. Si tratta di un'esperienza religiosa tutta particolare: fondata, cioè, su una credenza di natura secolare. II. - Rottura, disponibilità, adesione. Il profetismo è un atteggiamento proprio delle società in cui esiste un gran numero d'individui disponibili i quali consentono a rompere con lo stato di cose 24 BibliotecaGinoBianco

esistente e ripongono le loro speranze in un ordine di là da venire. Questa disponibilità non è necessariamente commisurata ai mali effettivi della società: molte società stabili appaiono, infatti, più ingiuste delle società agitate da fermenti rivoluzionari. La disponibilità di cui parliamo corrisponde alla valutazione soggettiva della società da parte degli uomini che ci vivono e ai sentimenti che essi provano nei riguardi dell'ambiente in cui sono immersi. La sorte dell'operaio francese s'è certamente migliorata rispetto al 1850 o al 1900: ciò non toglie che il suo sentimento di rivolta contro l'ordine esistente sembri più violento nel 1950 che non cinquanta o ce?to anni addietro; più profonda anche la sua convinzione di esser vittima di un'ingiustizia permanente e di non aver nulla da sperare dal progresso all'interno del mondo cosiddettb capitalista. La disposizione al profetismo è anzitutto legata allo stato d~animo che si esprime nella formula banale: « Non c'è niente da sperare da quella gente, niente da sperare da un mondo simile ». Il fatto decisivo, qui, non è che si critichino o si odino i ricchi, i padroni o lo Stato, ma che si dispera di tutto· ciò che si conosce e si ripongono tutte le proprie speranze in un· avvenire 'altrettanto radioso che sconosciuto. Il millenarismo seduce i semplici come gl'intellettuali, i contadini cinesi come gli operai delle officine Renault: suo carattere essenziale è la rottura con l'ambiente. Si comprende, allora, come il fascino del totalitari-. smo (il fascino, per essere esatti, di quel che noi chiamiamo totalitarismo, ma che non è sentito come tale da quelli che ne sono affascinati) dipenda da due fenomeni 25 BibliotecaGinoBianco

distinti: la disponibilità, causata a sua volta dalla rottura morale con l'ambiente; e l'inclinazione al millenarismo, o alla religione secolare. Questi due fenomeni non sono solidali l'uno dell'altro: ci possono essere individui o gruppi disponibili, e al tempo stesso ribelli al messaggio comunista; d'altro canto, l'attrattiva del messaggio può esser tale da provocare essa stessa la rottura: molti intellettuali d'Occidente si separano dal loro mondo perché credono nella luce che viene dall'Oriente. In generale, il fascino opera su uomini già predisposti in tutto o a metà, e il comunismo non ha fatto che mietere individui o folle mature per la messe. Il concetto di rottura esigerebbe un'analisi più precisa. Essa si applica al fisico atomico francese, inglese o italiano come all'intellettuale o semi-intellettuale di Cina o di Birmania, al contadino o all'istitutore dell'India come all'operaio agricolo o al maestro elementare francese. Insistendo sul concetto di rottura, noi intendiamo volgere l'attenzione su quel" che avviene nell'animo degli uomini, stornandola da fatti materiali come il livello di vita che è una finzione statistica costruita dagli specialisti e alla quale quindi sarebbe grave errore attribuire una concretezza che non ha. Gli operai delle regioni d'Inghilterra colpite dalla crisi economica e dalla disoccupazione, prima della seconda guerra mondiale erano più infelici che non lo siano mai stati gli operai della « cintura rossa » attorno a Parigi. Eppure, questi ultimi son diventati comunisti, mentre i primi son rimasti refrattari all'influenza moscovita. I proletari inglesi continuarono a sentirsi legati alla comunità nazionale, a rispettare la tradizione, e a con26 BibliotecaGinoBianco

tare sulla comunità politica nazionale e sui sindacati riformisti per il miglioramento delle loro condizioni. Come si spiega una tale diversità d'atteggiamento? Le risposte possibili sono molte: passività o fedeltà, rassegnazione o saggezza, risentimento o speranza di uno sconvolgimento radicale. A guardar negli animi sia di quelli che resistono al millenarismo comunista come di coloro che, sentendosi traditi dai loro reggitori, si costruiscono una patria ideale meno ingiusta, si ritroverebbero probabilmente mescolati, in diverse proporzioni, i motivi più nobili insieme ai più grossolani. Si comprende così come la diffusione del comunismo sia, in parte almeno, dovuta alla crisi subita dalla società non comunista. Fu la grande crisi del 1929 a favorire la propaganda comunista negli Stati Uniti: negli altri periodi, essa non toccava che piccoli gruppi d'indi~ vidui sparsi che, per una ragione o per un'altra, si sentivano oppressi dall'ambiente e cercavano di evaderne attraverso l'immagine di un mondo ideale. Raramente essi erano operai. I negri degli Stati Uniti non sarebbero veramente disponibili che il giorno in cui non credessero più alle promesse universalistiche della democra- . . z1a americana. La forza del comunismo nei paesi cosiddetti « sottosviluppati » è dovuta essenzialmente alle circostanze in cui si produce la rottura. L'influenza occidentale scuote l'antico ordine, basato sull'ineguaglianza e la gerarchia: sufficiente a diminuire la mortalità, tale influenza non è bastata ad accrescere proporzionalmente le risorse alimentari e a dare la terra ai contadini; in altri casi, essa ha suscitato un proletariato mal pagato e male alloggiato, e il quale, non essendo più inquadrato nel vecchio 27 BibliotecaGinoBianco

, ordine, ha perduto il contatto con la tradizione senza per questo essersi radicato nell'esistenza urbana e nella struttura della civiltà industriale. Ecco create le condizioni della disponibilità: in assenza di una fede che pos- .sa controbatterle, il trionfo del comunismo non ha nulla di misterioso. A partire da simili considerazioni, non sarebbe difficile spiegare i fenomeni che paiono così oscuri agli osservatori stranieri: perché, in Occidente, non esistono che due grandi partiti comunisti, quello francese e quello italiano? La ragione si è che, di tutti i paesi dell'Occidente, è in Francia e in Italia che il progresso economico ha lasciato più insoddisfatte le legittime speranze di miglioramento sorte fra gli operai dell'industria; è in Francia e in Italia, dunque, che la tendenza a contare sulla rivolta e non sulla riforma era più forte; in Francia e in Italia, infine, il dogmatismo e l'universalismo comunisti son stati favoriti da tradizioni che si ricollegano al cattolicesimo. L'inclinazione ai metodi violenti appare, alla luce dell'esperienza, uno dei fattori decisivi di certe adesioni: i sindacati dove le pratiche spicciative e brutali sono più naturali, come per esempio quelli della gente di mare, subiscono l'infiltrazione più facilmente che non i sindacati riformisti. Invece, i sindacati in cui la tradizione corporativa e operaista è più solida e forte si sono, in genere, rifiutati di lasciarsi manipolare a esclusivo beneficio del partito comunista. A questo punto, si potrà obbiettare che abbiamo lasciato da parte il fenomeno essenziale: l'accettazione della tirannia, la sottomissione dello spirito a un'ortodossia filosofica e scientifica dettata da un partito politico e 28 BibliotecaGinoBianco

da uno Stato. Ma qui non si vuol negare che questo sia, in ultima analisi, il fenomeno fondamentale: quel che sosteniamo è che non si potrà mai capire questa conseguenza ultima se se ne fa il punto di partenza dell'analisi. Colui il quale ha aderito al millenarismo finisce col giustificare i campi di concentramento e l'ortodossia, ma la giustificazione si spiega con l'adesione, e non è, inversamente, il fascino del totalitarismo in quanto tale a spiegare l'adesione. Ma, ci si domanderà: come mai è sempre il comunismo a beneficiare della rottura e della disponibilità su tutti i continenti e sotto tutte le latitudini? Si potrebbe rispondere che tale successo si spiega col monopolio dj una certa tecnica e di una certa propagan• da. Là dove il monopolio è stato spezzato, il successo non c'è stato. Nell'intervallo fra le due guerre mondiali, il comunismo è stato battuto dal fascismo in tutti i casi nei quali è parso (a torto) che si trattasse di scegliere fra queste due forme opposte di totalitarismo. La rottura con la nazione non è stata né facile né immediata. Quelli che si ribellavano al regime esistente proiettavano i loro sogni su una patria rinnovata e non sull'Unione Sovietica o sull'Impero delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Se, in Italia e in Germania, i partiti democratici si fossero uniti, essi avrebbero potuto governare paralizzan- .do l'una con l'altra le due opposizioni estreme. Il comunismo non attrae automaticamente i « disponibili », e il suo fascino non è per nulla irresistibile: in Europa, esso non ha mai vinto delle elezioni libere, né mai battuto il fascismo sul terreno della guerra civile. Anche dopo la prima guerra mondiale, l'immensa maggioranza della 29 Bi~iotecaGinoBianco

classe operaia europea aveva respinto il metodo bolscevico, il quale pure non era totalitario come lo è oggL Il fascino del comunismo è stato il risultato di vari decenni di propaganda e, soprattutto, di alcuni successi impressionanti. Fu dopo la seconda guerra mondiale, quando d'improvviso l'Unione Sovietica apparve gloriosa e potente, che essa sedusse gl'intellettuali stessi che, prima di Stalingrado, si accanivano a denunciare il despotismo asiatico di Stalin. Per far prender sul serio la pretesa d'incarnare l'avvenire ci vollero le vittorie militari. Non siamo ingiusti: non attribuiamo ai nostri avversari unicamente dei motivi inferiori. Ma non siamo neppure ingenui: la fiducia nel successo finale del comunismo contribuisce certamente a illuminarlo di luce ideale. Il comunismo è seducente, ma anche terrificante; è necessario perché la Storia abbia un senso, ma dispone al tempo stesso del maggior numero di divisioni corazzate. La rottura dell'individuo con l'ambiente è un portato della decomposizione delle società. L'inquadramento dei disponibili nel partito comunista è facilitato dalla sparizione dei partiti rivali, dal monopolio di una certa tecnica, dalla convinzione che il Dio degli Eserciti è dalla parte dei Soviet. La forma mentis millenaristica serve a giustificare la fede e trasforma un'adesione a volte fortuita in impegno durevole, almeno fino al momento in cui un urto esterno non laceri la rete dialettica che avvolge il militante e protegge la sua sicurezza interiore. 30 BibliotecaGinoBianco

III. Denunciare la mistificazione. La propaganda anticomunista si è dedicata da qualche anno a questa parte a un compito necessario, ma pericolosamente facile: denunciare lo scarto fra l'ideologia e la realtà. Si son moltiplicati gli sforzi per dissipare le illusioni e mettere a nudo la verità del regime sovietico. Epurazioni, campi di concentramento, polizia politica, asservimento della stampa, della radio, dell'educazione, ortodossia imposta agli scienziati e agli artisti, soppressione delle garanzie che l'Occidente offre ai cittadini, basso tenore di vita, trasformazione dei sindacati in strumenti del potere: il regime totalitario è stato analizzato in tutta una serie di aspetti. Le testimonianze di excomunisti e di uomini usciti dalle prigioni sovietiche hanno contribuito a far conoscere le istituzioni più odiose del regime. Un lavoro come questo è certo necessario. Ma, non nascondiamocelo: i risultati non sono proporzionati agli sforzi. Le ragioni sono molteplici, e non sarà inutile indicarne alcune. Senza contare i comunisti, molti son quelli che preferiscono non leggere una tale letteratura per evitare di dover mettere in questione le loro idee o i loro sentimenti. Mi è capitato ultimamente di parlare con un professore della Sorbona, uomo d'indiscutibile onestà, il quale partecipa attivamente alle iniziative neutraliste. Gli feci le due domande seguenti: « Ha letto i libri delle vittime dei campi di concentramento sovietici? Ha letto i libri teorici di Lenin e di Stalin? ». Il professore. in questione non conosceva altro che alcuni brani del libro della signora Buber Neumann sui campi di con31 BibliotecaGinoBianco

centramento sovietici: ne aveva dedotto che detti campi non erano altro che dei campi di rieducazione un po' duri. A tutti i gradini della scala intellettuale e sociale, l'atteggiamento di ricerca obbiettiva e critica si fa sempre più rara. Ognuno è portato a credere quel che meglio s'accorda con le sue preferenze o con l'idea che egli si fa del mondo. La censura psicologica funziona all'interno di ciascuna coscienza, supplendo così, in parte, all'assenza di censura politica nei paesi occidentali. Un'insistenza ecces·siva sugli aspetti orribili del regime sovietico rischia, d'altra parte, di produrre una reazione in senso opposto. I campi di concentramento non costituiscono l'essenza dell'Unione Sovietica: molte persone oneste e moderate finiscono con l'essere irritate da ciò che a loro sembra propaganda, anche se la propaganda si basa su fatti veri, e quindi dubitano dell'importanza relativa dei fatti stessi. Grazie alla sua ambivalenza intrinseca, la fede comunista è\mo1to meno vulnerabile che non si creda dalla polemica abituale. Il cristiano progressista farà funzionare la sua censura privata, e rifiuterà di credere ai campi di concentramento; il comunista militante, specie nei gradi superiori della· gerarchia, giustificherà le durezze della « rieducazione » col famoso argomento che « non si fanno frittate se non si rompono uova » : la forza non lo attira meno della giustizia. Il comunista al quale si dimostra che il comunismo non è umanitario si rifugerà sul piano della necessità storica. Se il comunismo non è buono, è segno che il suo avvento è fatale. Raramente, del resto, il credente nel millenarismo s'è ribellato al terrore. Gli ammiratori di Robespierre 32 BibliotecaGinoBianco

non rimproverano al loro eroe la legge sui sospetti e le esecuzioni: tutt'al più, alcuni di essi cercano di far passare Robespierre per un moderato; ma altri lo acclamano proprio perché terrorista. Non c'è mai stata rivoluzione senza violenza. È facile per la borghesia invocare i sommi principi e accordare garanzie agli accusati: il proletariato in lotta per la propria liberazione non può accettare restrizioni del genere. Dopo la vittoria, le libertà temporaneamente sacrificate alla necessità di vincere saranno ripristinate. Un tale argomento è tanto meno scandaloso in quanto anche noi siamo pronti a servircene, e d'altra parte esso contiene una parte di verità. I mutamenti sociali si compiono di rado senza un interregno di violenza. Quel che non si può ammettere è che le crudeltà, forse inevitabili nella fase rivoluzionaria, si trasformino in istituti permanenti. Il terrorismo rivoluzionario è il prezzo di una rivoluzione talvolta feconda; il terrorismo dello Stato sovietico invoca la necessità rivoluzionaria, ma in realtà mantiene indefinitamente il terrorismo. La libertà intellettuale in Russia era più grande durante i primi anni della Rivoluzione che non lo sia oggi. La propaganda comunista è di un manicheismo grossolano. La propaganda anticomunista non deve esserlo, giacché una delle ragioni per cui molti rifiutano il comunismo è precisamente la volontà di conservare l'obbiettività e il senso della misura. Non deve esserlo, perché il credente accetta il manicheismo, ma il non-credente non l'accetta, come non accetterebbe un'immagine del mondo che fosse semplicemente l'inverso di quella comunista. Nei riguardi degl'intellettuali, il c6mpito essenziale è 33 BibliotecaGinoBianco

di mostrare gli errori della filosofia millenarista. Quanto agli uomini semplici, dopo aver denunciato la mistificazione comunista, bisogna saper guarire i mali di cui la rottura con l'ambiente è al tempo stesso il castigo e la prova. Non basta denunciare· le menzogne del totalitarismo. Rimane da giustificare la libertà. IV. - Giustificazione della libertà. La questione che si presenta è questa: può la giustificazione della libertà costituire il contenuto positivo della propaganda anticomunista? La prima giustificazione della libertà cui si pensa è la giustificazione culturale. Se scopo ultimo delle società è il fiorire della cultura, le società dell'Occidente non hanno nessuna ragione di sentirsi inferiori: basta paragonare da una parte (come si ebbe modo di fare a Parigi, in occasione della manifestazione de L'Oeuvre du XX siècle promossa dal Congresso per la libertà della cultura) le opere d'arte e di pensiero dei paesi occidentali durante la prima metà del secolo e quelle della Russia durante i primi decenni del secolo medesimo, e dall'altra il bilancio artistico e culturale della Russia di Stalin, per avere una dimqstrazione quanto mai convincente della fecondità dei regimi liberi e della sterilità della tirannide. Sfortunatamente, una tale dimostrazione convince chi considera il destino della cultura come il valore supremo, ma non quelli - numerosi oggi fra gli uomini di cultura - i quali pensano che, nella misura in cui una rivoluzione economica e sociale assicura una maggiore 34 BibliotecaGinoBianco

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