Raymond Aron - La mentalità totalitaria

ché l'obbiettivo supremo non dovrebb'essere di costruire un impero simile a quelli di cui i secoli si tramandano la gloria? Un impero transitorio, certo; ma nulla di ciò che nasce dalla storia resiste alla storia. Le élites degenerano, gli Stati si sfasciano: è il destino. Ma Cesare, almeno, lascia il suo nome negli annali di queste precarie grandezze e, talvolta, il marchio del suo genio sulla sabbia: più tenaci di ogni memoria umana, i monumenti della sua gloria sono testimoni di una volontà che. ha imposto per qualche tempo ordine al caos. In altri termini, se la storia non ha una mèta, se gli Stati e le civiltà si susseguono egualmente fugaci, egualmente imperfette, e forse anche egualmente superbe, perché .curarsi della sorte delle moltitudini inevitabilmente passive e inevitabilmente sacrificate? Perché lasciarsi ossessionare dal sogno irraggiungibile della giustizia sociale? L'u<?mo non può cercare di assolvere la sua più alta missione che affrontando il destino e vincendolo, almeno nella misura ristretta in cui è dato al mortale di costruire non per l'eternità, ·ma per il tempo. Può darsi che i teorici del realismo (quelli che Burnham chiama i •« machi~vellici ») siano, in_ maggioranza, stati dei difensori della libertà. I pratici, però, no: i realisti pratici son stati· soprattutto sensibili all'esaltazione della volontà di potenza. Una volta impegnati nell'azione, i machiavellici cercano di assicurarsi i vantaggi del millenarismo, allo stesso modo in cui questo non esita a valersi del cinismo realista. Gli uni dicono: tutti i mezzi son buoni, dato che il fine è sacro. Il fine deve esser sacro, dicono gli altri, perché abbiamo bisogno di convincere le folle a consentire qualsiasi sacrificio per raggiungerlo. 69 BibliotecaGinoBianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==