Raymond Aron - La mentalità totalitaria

A questo punto, però, sorge un dubbio. Ammesso che i motivi e temperamenti domina~ti varino a seconda dei luoghi, il caso puro sarà la regola o l'eccezione? Il cristiano sa o non sa di combattere a fianco del tecnocrate? L'umanitario sa o non sa di trovarsi accanto al terrorista? I capi dissimulano tali opposizioni, o le riconoscono? I termini opposti si elidono a vicenda, oppure moltiplicano a vicenda i loro effetti? Per paradossale che sembri, la risposta non mi sembra dubbia: l'ambivalenza è quasi scoperta, e la si ritrova nei sentimenti e nelle idee di tutti quelli che partecipano al movimento. Il cristiano aderisce al partito dei poveri, ma non ignora che questo partito trasforma i poveri in combattenti, e i capi dei poveri, se non in ricchi nel senso tradizionale, certo in privilegiati. L'umanitario conosce più o meno confusamente l'esistenza dei campi di concentramento e del terrore: nell'astratto, ·egli argomenta della necessità del terrore, e magari anche del terrore totale, per liquidare una volta per sempre quel margine di terrore da cui nessuna società costituita è mai andata esente. Qual è il meccanismo di questa ambivalenza? Intellettualmente, esso si riduce sempre, in forma più o meno sottile, alla tesi del profetismo. Il comunismo non si definisce né secondo le sue istituzioni né secondo la psicologia dei suoi capi attuali e delle sue truppe, ma in funzione di ciò che esso sarà in avvenire. Il comunismo è l'avvenire del comunismo, e l'avvenire del comunismo si confonde con l'avvenire dell'umanità. Psicologicamente e affettivamente, d'altra parte, le radici dell'ambivalenza sono assai più profonde. Il brivido di paura col quale il cristiano aderisce al partito 23 BibliotecaGinoBianco

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