Pasquale Stanislao Mancini - Discorso ... sulla questione romana e sulle condizioni ...

.-l' PARI~AMENTO ITALIANO s , (. ·oiSCOR·SO DEL ' DEPUTAT.O MANCINI J J)ronunziato nella seduta ddla Camera dei ~eputati dal 7 dicembre 1861 SULJ••\ QUESTIONE ROMANA E SULLE CONDIZIONI . . DELLE PROVINCIE NAPOLETANE - . ' \ .· ' • . -.

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PARLAMENTO ITALIANO DISCORSO DEL DEPUTATO MANCINI pronunziato nella seduta della Camera dei d~putati del 7 dicembn~ 1861 SULLA QUESTIONE ROMANA E SULLE CONDIZIONI DELLE PROVINCIE NAPOLETANE TORINO TIPOGRAFIA EREDI BOTTA palazzo Carignano , ,

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Signori, Prendendo a parlare dopo la procella di questo deplorabile incìdente, io sento più che n1ai il bisogno di quelle doti che mi mancano, di quella potenza ed autorità di parola che fosse efficace a ricondurre la discussjone nella regione calma e serena, dalla quale non avrebbe mai dovuto di p artirsi. Pur troppo non mi resta, per augurarmi l 'attenzione dell2u Camera, che confidare nella sua indulgenza e generosità. Uso nelle trattazioni politiche ad anteporre alla forma la sostanza ed ai pregi oratorii de' discorsi il valore pratico delle opinioni, mi studierò di volgere a questo precipuo scopo i miei ragionamenti. Epperò ho intendimento , in un succinto esame della nostra politica estera, che si co1npendia nella questione di Roma, !imitarmi a riassu- \ l

' . '\ ( 8 mere i risultamenti che scaturiscono da tutta la · discussione ed i termini ulti~i in cui la quistione ormai trovasi ridotta, perchè stimo non essere senza utilità riconoscere e porre in aperta luce le conclusioni pratiche alle quali conduce il sistema propugnato dagli orator~ della parte della Camera in cui seggo. Quanto alla quistione interna, ed in ispecie per ciò che riguarda le condizioni delle provincie napolitane, anzichè limitare i molti oratori che quasi con coltello anatornico riaprirono lé piaghe dolorose che travagliano le infelici po- . polazioni del mezzogiorno, p~r esagerarne ancora l'importanza ed esporle al vostro sguardo; anzichè pretendere di pa-ssare ancora una volta a rassegna una serie più o men lunga di minute lamentanze, senza la possibilità di una sufficiente indicazione di corrispondenti ri1nedi, tenterò piuttosto di compendiare le .cause di quei mali in qualche formola sintetica che meglio conceda la ricerca dei mezzi di riparazione; e nel _tempo stesso mi rivolgerò al Governo per manifestargli schiettamente alcuni miei desiderii, giustificando così l'ordine del giorno da me pro- · · posto ieri in forn1a di ammendamento, nel quale appunto quei voti medesimi si trovano espressi. Così sarà ancora risparmiato alia Camera di udire una seconda volta la mia voce per lo svolgimento di quella proposta. · Signori, il vostro voto del 27 marzo nella questione romana può dirsi in un suo capo essenziale accettato da tutte le parti di quest'Assemblea, in quanto cioè esso riconobbe una' verità che gli oratori di sinistra come di destra con nobile lealtà in qùesti giorni proclamarono, che una tale' questione non è di quelle che si possono troncare .colla violenza e colla spada, ma che essa racchiude -veramente un arduo problerria morale, nella cui soluzione • '

• 9 un trionfo duraturo non può conseguirsi, fuorchè colle armi della ragione, col sussidio della pubblica opinione illuminata. In ciò, parmi, siamo tutti concordi. -Ora, ·collocato il Governo in simili condizioni, a fronte di quel grande problema. non poteva altrimenti tentare di scioglierlo che esercitando una doppia azione : un'azione affatto morale sull'opinione del mondo cattolico, ed in particolare della nazione francese; ed un'azione diplomatica, mercè avvedute negoziazioni col Governo imperiale di Francia e con altri Gabinetti d'Europa. Per raggiungere il primo intento, l 'onorevole presidente dèl Consiglio avvisò che fosse conveniente di formulare in alcuni articoli l e nuovi e grandi libertà e concessioni che il Governo italiano dichiaravasi disposto ad accordare .. alla Chiesa ed al pontificato, e di sottomettere quegli ar~ ticoli, per mezzo della Francia, all 'accettazione del pontefice, riservandosi poscia eli darne più tardi contezza al mondo cattolico. Taluno degli oratori, nell'intento forse di difendere e .giustificare il lYiinistero , ha. detto che quegli articol~ non .altrimenti furono formulati e presentati se non con lo scopo, ed anzi con la certezza che non sarebbero accettati. Dal mio canto, o signori, io respingo quest 'interpretazione come indecorosa per un serio uo1no di Stato e pel capo di ~n Governo rispettabile ; io sono convinto che l'onorevole presidente del Consiglio, studiata n1aturatan1ente la questione, presentò quelle proposte col sincero .desiderio di riuscire ad ottenerne l 'accogli1nento; con la persuasione che la loro ragionevolezza p0rmetteva di nudrire, che meritassero di essere prese in attenta considerazione ; e in ogni caso con la certezza che, quar..do pure somigliante speranza tornasse delusa, almeno non sarebbe MANCINI 2 t

. . \ ' iO manc.ato il sicuro conseguimento di un altro prevedibile vantaggioso effetto. Io non voglio sapere se quegli articoli e 1'indirizzo cheli accompagnava veramente ri1nasero ignorati dal pontefice, n è punto trasmessi alla loro destinazione dal Governo· francese ; ovvero se piuttosto inviati a Roma, ed esplorate prima in via officiosa le disposiziom che solleverebbe la. loro lettura, ed avuta la .certezza di un perentorio .rifiuto, si fosse preferito di risparmiare al capo del cattolicisn1o davanti alla storia della Chiesa la terribile responsabilità. eli quel rifiuto, e di non dar corso a quei documenti in via òffici.ale. Questo io so, che l'annunzio di quelle larghe· proposte, di quellè generose concessioni offerte dal Re· d'Italia al papato , produsse una profonda impressione sopra i cred~nti eli bupna fede, ed esercitò una benefica. influenza sull'indiri~zo dell'opinione europea; ed a que-· st'ora, o signori, io credo che non si trovi più alcuno che lealmente a1~disca sostenere che la questione che si agita tra l'Italia e il papato sia veramente una questione ! eli-- giosa, e che il pontefice sia guidato da doverosa difesa di interessi soprannaturali e divini e non già da gelosa avi-· dità di dominazione terrena e politica. (Segni di as-· • 1 senso) Ma vi fu ~etto: imprudenti offerte furono queste con-- sentite dal barone Ricasoli ; eccessive, sfrenate concessioni, feconde di pericoli per l'avvenÌre d'Italia. .E l 'onorevole Brofferio, se ben ram1nento, rivolgeva un rimprovero al ministro ·guardasigilli, perchè, infedele alle tradizioni dell'Università ·e della ·magistratura, avesse pr e-- stato il suo assenso ad una perniciosa abdicazione delle più preziolse prerogative della civile sovranità. L'onorevole Petruccelli poi, nel brillante ed :\l1gegnosol

i i suo discorso, ci disse che la formala : libera Chiesa in libero Stato, esprimeva un concetto irnpossibile; che l~ Chiesa per essere libera dev 'essere Stato; che lo St ato con una libera Chiesa nel seno non è più padrone di sè; · che una Chiesa libera deve avere codici , gitrrisdizione esteriore, immunità, diritto di asilo, l 'autorità che arrogavasi con la bolla In ccena Domini; che perciò vi si propone nientemeno che di rito1·nare in pieno medio evo. Signori, così commentata quella ll:1agnifica forn1ola, noi la vediamo cambiata in quest'altra: Chiesa don~inat11'ice in servo Stato. lo non dirò che l 'onorevole Petruccelli , così ragionando, ha di1nostrato eli non con1prendere, uul, cl,irò piuttosto ch'egli ha troppo ingegno per non conlprendere una formola, nella quale tutti r avvisiamo l'inizio ed il fondamento della libertà e della civiltà moderna . Avrò io bisogno di rispondergli che la libertà della Chiesa ai nostri oechi altro non rappresenta che il complesso delle libert à individuali dei credenti semplicemente neJla sfera della dottrina r eligiosa ; rindipendenza di tutte le comunioni nella fede ; l'jncompetenza dello Stato ·in questo eampo dello spirito e della vita interiore, salva sempr e l 'incoluinità e la custodia dell 'o-rdine civile e della pubblica quiete sotto le garanzie e le repressioni del diritto corn.une, davanti a cui non vi hanno nè eT edenti , n è sacerdoti, ma ùappertutto. e sempre cittadini, eguali e so1nmessi innanzi all'impero della legge e della giurisdizione, che emanar debbono dall'unica legittima fonte della sociale potestà : che in fine non può in quella fonnola com- .Prendersi se non l'~ss oluta emancipazione della coscienza, santuario inviolabile, in cui anche avanti e senza gli art icoli for1nolati dal presidente del Consiglio..non potrà mrti essere che illegittima qualunque Ingerenza dèll 'autoriti\

.. i2 politica ed in cui l'occhio scrutatore dei Gover~~ civili non avrebbe 1nai dovuto penetrare? (Bravo!) . Questa forinola, o signori , anzichè essere inattuabile e senza ese~pio in altri paesi d'Europ~, come la qualificò l'onorevole Petruccelli, noi la veggiamo applicata ed i~ . atto in molti di questi paesi. Tale è la condizione f~tta alla comuniol)e cattolìca nell'Olanda, tali -sono i rapporti tra la Ohiesa e lo Stato del Belgio, . tale è la condizione .del cattolicesimo in Inghilterra, tale è nel paese della _li:- , bertà per eccellenza, nella libera America del nord. Ecco, signori, la pratica attuazione della for1n'ola: libera Ch1~esa in libero Stato, che l'onorevole Petruccelli traduceva in una risurrezione del medio evo nel mezzo dell'l- , . . . talia. E quando si considera che quest'attuazione ebbe luogo in quei paesi , dove senza alcùn inconveniente, e dove con inconvenienti non pericolosi alla sicurezza dello Stato, mentre il papa è anèora principè, e come principe naturalmente è circondato da politiche relazioni ed alleanze, chi potrà' credere, o signori, che sarebbe da temere in Italia, in mezzo ad una nazione di 25 milioni, un pontefice che fosse ridotto vescovo e pastore delle ani1ne , ed j affatto spogliato del ·potere temporale che oggi possiede ? Non vi può essere, o signori, che la n1emoria di un passato che non è più, e dei danni in verità gravisf?imi che p papato politico ha arrecato in ogni età all'Italia, perchè l si possa ancora tremare della larva di quel potere, quando ' pur fosse abbattuto e spento. In un sens.? solo io co1nprendo que$tO timore e gli scru. poli degli oratori .avversari , nel senso cioè che nei particolari accordi, sapientemente riserbaii ad ulteriori tra.ttative dal presidente del Consiglio., sarebbe mestieri ,che · venissero adottati e concertati speciali temperamenti e pre- \ ' '

i5 cauzioni, la cui opportunità non sarebbe relativa che ad un primo periodo di transizione dal vecchio al novello sistema; periodo che io chiamerei di prova., perchè destinato ad assicurarci che il papa abbia abdicato di buona fede, anzichè rassegnarsi alle circostanze del momento, per tornar poscia ancora una volta a cospirare coi potenti della terra eontro la sovranità nazionale degl'Italiani; e per servirsi delle libertà e delle concessioni ottenute come istrumenti e mezzi di ricuperazione della perduta politica potestà. Tuttavia, benchè nelle tenebre del medio evo, dopo . lotte aspre e secolari, questi mezzi valsero ai papi per conquistare una politica possanza; qual confronto, o signori, sarebbe possibile tra la società debole ed inferma dei secoli di barbarie ed ignoranza, e quella adulta, illuminata e civile del secolo XIX? Sì, io stesso, educato alla scuola napoletana, cioè alla scuola dei giureconsulti i più avversi alle pretensioni politiche del papato, nato nella patria eli Giannone, ed avvezzo a meditare con amore e riverenza sui volumi di quel grande e sventurato ingegno , i cui scritti composti nella sua dolorosa dodicenne p~igionia in Piemonte e già inediti ebbi la ventura eli scoprire e di porre in luce, Ìo stesso, non ho difficoltà di -dichiararlo, non saprei ravvi- ~are menoinamente pericolose quelle concessioni e quelle larghezze nelle normali condizioni, alle quali dovrebbero applicarsi. Che giova parlarci dell'exequatur, del liceat scribere, del diritto alla nomina dei vescovi e delle tante altre prerogative dello Stato, delle quali oggi ragionevolmente con viva tenacità siamo tutti gelosi? Queste istitutuzioni (chi no l sa?) non furono una invenzione gratuita dei nostti padri e senza ragione di essere. I nostri mag-

\ {l~ giori furono costretti dalla necessità e da dolorose esperienze a circondare di questi mezzi di tutela e difesa la . . civile sovranità nell'epoca appunto in cui il papato, cessando di essere un'istituzione religiosa e spirituale, si trasformò in una formidabile potenza politica. ~a questi mezzi di difesa diverrebbero inutili, come in antichi arsenali ci si 1nostrano le corazze di ferro de' lontani ~eco li,- e verrebbe meno ogni opportunità di farne uso il giorno in cui , cessato il potere temporale, mancasse altresì la probabilità delle aggressioni e delle invasioni da parte del pontificato e dell'autorità religiosa. Del resto, o signori , siatene persuasi, queste dappertutto saranno, in un futuro non lontano (si accordi o no il papato coll'Itaba), le relazioni ra.zionali tra Chiesa e Stato; questo sarà.l 'avvenire delle umane società . L'Italia, consenta oggi o no il pontefice, verrà un giorno sponta- ' nea, per organo del suo Parlamento , e n1ediante le sue leggi, a concedere alla Chiesa quella libertà e quella larghezza sotto forma di esercizio d'ili.dividuali libertà dei cittadini; e però le proposte dell'onorevole presidente del Consiglio non avrebbero fatto oggidì che mettere l'Italia in graclo .di prenunzia:t;e, di anticipare, se possiamo coeì esprimetci, questa grande ed immancabile riforma. (Be.ne!) Abbiamo detto che, oltre P1 ttzione morale esercitata sull 'opinione pubblica, rimaneva pure al Governo un'azione diplo?natica da spiegarsi mercè . ~e negoziazioni. Questa parte delle cure del Gabinetto non ha formato, nè jn verità poteva formare soggetto di discussione in questa Camera , .per difetto dei relativi documenti; ma niuno ha detto, e niuno, io credo, penserà che il Ministero siasi veramente limitato a formulare quegli articoli e quell'indirizzo, ed a tentare cl 'inviarli al loro destino.

fts Sappiamo tutti che assidue ed importanti negoziazioni ·furono intraprese e coltivate ; che molti documenti esistono, i quali farebbero fede degli sforzi e dello zelo del Gabinetto; ma non possiai)lO che lodare la riserv?- del su~ illustre capo per essersi astenuto tuttora dal presentar li, dappoichè, essendo trattative le quali debbono aver corso ulteriore, non sarebbe stata la. loro presentazione al coperto della censura d'imprudenza e di detrimento del pubblico servizio. Vediamo piuttosto a quale risultamento pratico debbano tendere, secondo il nostro avviso, questi negoziati ancora pendenti. Io penso che sarebbe un grave errore ostinarsi nella speranza di persuadere il poD;tefice e di ottener e da lui l'accettazione delle proposte italiane. Io lo penso, perchè, o signori, sono ben lontano dal credere che per restituire Roma all'Italia siavi ineluttabile necessità di un concordato col pontefice. Quel principe, come fu già osservato dall'onorevole Carutti, come principe non è e non può considerarsi in condizione diversa da quella stessa in cui erano Francesco Borbone e Ferdinando di Lorena. Avete voi chiesto mai la rinunzia di costoro ai troni che occu- . . · pavano? O non vi . siete piuttosto rivolti all'autorità del suffTagio popolare per la legittimità del novello Governo , per la costituzione della italica nazionalità? E poi, non è il papa un principe elettivo, il quale per ciò mancherebbe benanche della disponibjlità del deposito confidatogli?· Non è un principe che pretende essere il suo principato di diritto divino ed essenzialmente indispensabile all'esercizio indipendente della sua giurisdizione spirituale? Vano sarebbe adunque persistere nel tentativo e sperare alcun frutto da questa persistenza.

f6 Chi darà dunque all'Italia la sua capitale in Roma t ~~ Non vi ha bisogno, o signori, di mendicare concessioni e trattati; a noi basta il principio di nazionalità che attribuisce a ciascuna nazione la signoria di sè stessa e di tutto il suo territorio, che le dà facoltà di costituirsi ed ordinarsi, di sceglieTsi un Governo consentaneo ai suoi bisogni, che le dà diritto di convertirsi di nazione in uno Stato. E questo diritto si esercita e si estrinseca nel suffragio universale : espressione e ricognizione della nazionale sovranità. Altro dunque.non occorre che sgombrare.la via a quei t'ultimo fatto , riuscire, cioè, ad ottenere che il popolo romano possa manifestare la sua volon~à, e che il suo suffragio possa raccogliersi pacifico, ordinato, puro di eccesso e disordini, e 1nantenendo fino all'ultimo intatta questa prerogativa nobile e decorosa, e dirò pure straordinaria, della rivoluzione italiana. (Bene!) Ora, quale ostacolo, o signori, si oppone a quel fatto? Anche in ciò siamo tutti d'accordo esservi soltanto un ostacolo materiale , una forza armata che impedisce al popolo romano di esercitare quel diritto , di concorrere ·' col resto dell'Italia nella costituzione d~lla nazionale sovranità. Questo appunto l'onorevqle Bon-Compagni accennava nel suo sapiente discorso, quando osservava che . 1nal si ponga ancora oggidì in Italia la questione, se il potere t emporale dei papi debba o no abolirsi, 'essendo l oramai mancate alloro Governo le condizioni vitali indispensabili al possesso ed all'esercizio di qualunque politica sovranità; ma piuttosto la questione doversi così enunciare: se possa tollerarsi che una forza artificiale, una forza straniera, materialmente impedisca·a quel potere temporale, che è caduto di diritto, di cadere altresì in fatto .

• t7 Ma questa forza è quella della Francia. E qui , o signori, l'ònorevole Musolino, il quale con la sua, straordinaria facilità di parola intrattenne per più ore quest 'Assemblea, nella sua rivista storica r 3trospettiva sulle relazioni della Francia coll'Italia non si contentò di rarnmentare come la politica tradizionale della Francia da Carlo VTII, che dico? da Carlo ~lagno fino a Cavaignac sia stata poco propizia all'Italia ; ma allorchè io attendeva che facesse un'onorevole ·eccezione, e ne traesse anzi un argomento di lode e di riconoscenz~ pel solo Governo at - tuale, come il primo dei Governi francesi cui l'Italia sia veramente debitrice di segnalato benefizio , egli trascorse · a dire che lo stesso Governo imperiale nel1860; ed anche nel 1859, era stato avver so al risorgimento italiano, e che anche oggi l'Italia veramente non abbia che in esso il suo . . UlllCO nemiCO. . C0nfesso , o signori, che , mentre l'onorevole Musolino non dubitava di profferire questo paradossale giud.izio , una subita illusione s'impadr onì per brevi istanti de' miei sensi , e parve ferirmi l'orecchio un lontano ed acut o grido, un doloroso lamento sollevato dalle n1iriadi de' prodi figli di Francia , che immolaronsi alla salute ed al r iscatto d'Italia, e che avvolti nel loro lenzuolo di gloria ne' campi ancora cruenti di Magenta e di Solferino dorrnono il sonno eterno. P erò, o signori , la veemente requisitor ia dell'onor evole l\1uso!ino ebbe il merito di eccitare tutti gli altri orator i ad e.:pri1nere in proposito la loro opinione , e di render palese che il di lui avviso rappresenta una voee solitaria e senza eco alcuna in quest'Assemblea; dappoichè non s~lo gli onorevoli Bon-Compagni e Rattazzi r agionarono in senso contrario difendendo l 'alleanza francese, e questo MANCINI 5

i8 ultimo adflusse argomenti, ai quali :finora non ho udito replicare vittoriosamente, ma anche gli amici politici dello stesso onorevole Musolino, il Ferrari , il Petruccelli, il Ricciardi, gli contraddissero; e l'onorevole Brofferio, che non lascia mai sfuggire l 'occasione di elevarsi alle ispirazioni dell'eloquenza, esordiva immediatamente la sua orazione inviando alla :Francia in nome dell'Italia e di questa .A.ssemblea italiana un fraterno ed amorevole saluto. N è venga a dirci il deputato Bertani che a questo modo noi facciamo una politica di sentimento . Signori, la gratitudine fra le nazioni, più ancor~ che fra gl'individtù, non è solo l 'adempimento di un dovere morale, ma è pure un buon calcolo, dappoichè è se1ne di novelli benefici, sorgente di potenza e di grandezza. (Bene!) Sì, il sangue ed i sacrifici della Francia in quest'ultimo periodo consacrati alla causa italiana strinsero or1nai un vincolo indissolubile di amore e di alleanza, assai più che tra i due Gabinetti, tra i due popoli; e mi sia permesso di invitare tutti quanti qui seggono sui diversi banchi della Camera, senza distinzione, a voler rispondere a quelle veramente dolorose parole del deputato Musolino, mandando dal loro cuore un plauso unanime a quelle nobili e generose vittime, ed alla grande nazione da cui nacquero. (Segni d'approvazione) Se non che resta sempre il fatto che il corpo d'occupazione francese è a Roma, e vi è, secondo la dichiarazione di quel Governo, per proteggere l'indipendenza del pon- , tefice, per adempiere ad un debito assunto dalla Francia in faccia al mondo cattolico .. Qui, o signori, è necessaria una spiegazione. Che cosa la Francia intende essa poter legittimamente proteggere a Roma?

l i9 L'autorità del principato civile, o l'indipendente e sicuro esercizio della potestà spirituale? NeHa prima supposizione, l'indipendenza del principe . protetto per opera della stessa potenza protettrice sarebbe perita, si avrebbe un vero intervento permanente della Francia in Roma, cioè un intervento di quella medesima potenza, la quale ha ·proclamato la costituzione della italica nazionalità dover procedere all'ombra del grande e non mai abbastanza affermato principio del non-intervento. In questa guisa, lo Stato retto da un tal principe sarebbe divenuto liDO Stato mezzo sovrano , cancellato dal novero degli Stati indipendenti, niente di meglio delle isole Ionie, o di una .delle reggenze barbaresche. Dunque, o signori, è mestieri riconoscere che la Francia a Roma non può proteggere fuorchè la sola indipendenza del potere spirituale del pontefice ; perchè, riunendosi nella medesima persona le due qualità, essa non ha ancora saputo scorgere il modo, con ClÙ possa disgiungersi la protezione e la garantia dell'indipendenza del potere spirituale dalla garantia altresì della potestà temporale. Allora, o signori, ci si fa chiaro lo scopo, cui le tratta- . ti.ve diplomatiche del Governo italiano debbono rivolgersi. Esse non debbono tendere ad ottenere un concordato col pontefice; debbono riuscire a stabilire, quanto più presto e meglio si possa, una conzenzione colla Francia, persuadendola che non solo l'interesse supremo d'Italia, ma gl'interessi stessi della Francia e , della pace e tranqu~llità dell'Europa richiedono non già che essa abbandoni l'assunto còmpito di proteggere l'indipendenza spirituale del pontefice, ma che ne ceda l'esercizio alla

~o stessa autorità italiana, che ne ceda .l'adem-pimento al- Re d'Italia. Lo ceda pure sotto tutte le garanzie e le più rigorose condizioni che potranno essere ripritate convenienti e necessarie. Resti un corpo d'occupazione francese per qualche tempo a Civitavecchia, spettatore dell'opera nostra, e del modo con cui sapremo adempiere a quel debito d'onore; o se meglio vuolsi, ùna guarnigione mista italiana e francese per qualche tempo presti il . suo servizio nella. città di Roma, purchè sia protetta, insieme con la inviolabilità del pontefice, la libera manife:stazione del suffragio del popolo romano. E qui non posso accostarmi all'opinione dell'onorevole Petruccelli, quando egli disse che noi andremo in Roma, ma per tutelarvi l'ordine, per assicurare che non. accadranno colà eccessi e .violenze; che vi andremo per quella sola.ragione per cui il principe di Metternich soste~eva essere lecito a qualunque potenza portare i suoi eserciti in altro paese travagliato dalla rivoluzione, come è lecito a chicchessia di andare a spegnere il fuoco nella casa vicina, onde non s'apprenda alla propria. · L'on<?revole oratore non può ayer dimenticàto in quale occasione quelle parole fossero seritte dal principe di Metternich. Rivelatrici della prediletta politica del GabiJ?_etto austriaco, quelle parole furono adoperate precisamente per giustificare il principio d'.intervento, quasi che potessero asso1nigliarsi le condizioni in cui trovansi tra loro due popoli, due Governi indipendenti a quelle in cp.i, sotto l'egida d'una comune potestà sociale, possono trovarsi i 1)roprietari di due case vicine~ No, sjgnori, non possiamo .. chiedere di andare a Ron:ta, per intervenire nel proprio senso di questa espressione, perchè l'intervento costituisce necessarian1ente l'ingerenza eoattiva di una nazione

' 2i negli affari e nell'interno reggimento di un'altra. Ora, una nazione non interviene giammai in casa propria. Gl'Italiani a Roma non saranno fuori d'Italia, saranno sul territorio nazionale italiano. Si crede forse impossibile che il proseguimento dei nostri negoziati col Governo dell'imperatore valga a raggiungere un tale scopo? Signori, ram1nenterò che molti fra noi credettero sommamente inverosimile nel 1859 che dugentomila Francesi scendessero dalle Alpi per aiutarci nella lotta contro l'Austria, e che dopo pochi mesi ne rivarcassero le cime per tornare in Francia. Molti tra noi ancora meno credevano che dopo l'infausta pace di Villafranca, e le solenni stipulazioni di Zurigo, le quali ebbero luogo dopo qualche mese~ quando già i sentimenti del popolo italiano avevano avuto opportunità di ·estrinsecarsi, l'Imperatore abbandonasse il progetto di restaurazione de' principi spodestati , e ·su quello della confederazione non insistesse. Pochissi1ni ancora sperarono così pronto il riconoscimento per parte della Francia del novello regno italiano. Ebbene, questi fatti , che parevano poco probabili, e che ~ure , col favore del cielo sono accaduti, ci debbono inspirar fede nel compimento non lontano dell'altro gran fatto cui io accennava, che cioè le negoziazioni vertenti possano riescire a comune soddisfazione, ed efficace tutela dei veri e grandi interessi religiosi e politici dell'Italia, della Francia, del mondo . (Bra.vo! a destra) Nè si creda, o signori, che l'opinione pubblica dell'universale sia poi veramente in Francia così disposta e pronunciata in nostro favore e che debba necessaria,mente portarsi severo giudizio degli indugi del Governo francese. Noi abbiamo veduta l 'alta intelligenza del Guizot con-

• 22 sacrare non ha guarì un libro a difendere lo già scaduto potere temporale del papa. Ci tocca di leggere in un_a recentissima pubblicazione fatta .dal Proudhon nella capitale del Belgio queste incredibili parole: . « On n'a pas voulu voir que les Bourboniens étaient « les seuls patriotes qui restassent dans le royaume de « Naples (Si ride), que tout le reste, en trahissant Fran- « çois II, s'étaient vendu et avait vendu son pays à l'é- « tranger. Que dirait-on à Paris d'une faction qui, ·sou.s « prétexte de constituer la patrie européenne, non con- « tente d'abandonner l'empereur Napoléon, livrerait la « France au Czar? Ce qui se passe à Naples est, sur une « moindre échelle, exactement la meme chose. » (PROUDHON, La guerre et la paix, vol. I, pag.· 315-Bruxelles, 1861.) (Movimenti) Quando noi vediamo dunque, o signori, uomini i quali passano per devoti alla libertà, per antesignani, anzi esageratori dei principii liberali, scrivere senza timore d'incbntrare la riprovazione del mondo civile somiglianti parole, dubiteremo noi che in Francia l'opinione ha ancor bisogno d'essere rischiarata e preparata, acciò quel Governo possa con noi accordarsi per un non lontano soddisfaciniento dei nostri legittimi voti, dei nostri più ferventi desiderii? Sarà dunque altresì dover nostro porre in opera intanto tutt'i me~zi ausiliari, potenti ad agevolare un tal risultato. · Il pri1no e più efficace mezzo sar~ quello di armare gagliardamente .la nazione; anche in ciò tutte . le parti di questa Camera si sono espresse con una n1araviglìosa e consolante unanimità. · Il secondo mezzo sarà .d'instaurare un forte e saggio

~5 Governo nelle provincie che oggi compongono il regno .d'Italia, facendole prospere e felici. Dobbiamo da ultimo non interrompere un sol gi~rno la nostra propaganda morale per illuminare e convertire l'opinione de'paesi cattolici e principalmente della Francia. ~ Io spero che, con questi aiuti, con questi validissimi sussidi, le vertenti trattative del Governo italiano col francese potranno senza n1olto ritardo raggiungere il desiderato scopo, e che la natura delle cose ed il corso naturale degli avvenimenti faranno quello che l'onorevole Petruccelli ottener vorrebbe con altri espedienti, cioè rendere intollerabile la cont~nuazione del soggiorno del corpo di esercito francese in Roma. Qu~nto al sistema di espedienti da lui proposto, esso fu già discusso dall 'onorevole Carutti. _Egli ne mostrò storicamente le lugubri conseguenze. l\1a io Ini permetterò di aggiungere che, nell'argomento speciale di cui ci ocèupiamo, quegli espedienti sarebbero propriamente atti a condurre allo scopo contrario a quello cui il signor Petruccelli vorrebbe intendere. Infatti, una propaganda agit~trice e rivoluzionaria da noi importata sul territorio romano , la rivoluzione in pern1anenza con lo stato d'assedio, coi patiboli, col sangue nelle provincie nostre, questi sarebbero (non credo ingannarmi) i mezzi più sicuri ed efficaci di trattenere l'esercito francese a Roma, di dar ragione al Governo francese di 1nantenervelo per proprio conto ed interesse, per tema che una rivoluzione sanguinosa e sovvertitrice non valicasse le Alpi; e forse ancora di farvelo più oltre rimanere col plausc della opinione degli altri popoli civili di Europa! Passando alla questione interna, dichiaro che non è mio intendimento di scendere in troppo minuti particolari, ri-

' ~lJ facendo la via già percorsa da tanti oratori che mi precedettero , per tentare di raccogliere dietro i loro passi qualche fatto obbliato o qualche parafrasi dei loro concetti. Dirò anzi francamente quale sia l'effetto in me prodotto da quella enumerazione di particolari gravami, che ci furono più o meno esattamente riferiti intorno all'alnminìstrazione delle provjncie napolitane. All'udire quei minuti fatti, e sovente vedendo da alcuni denunziare come danni gravi e manifesti quei provvedimenti che altre persone ragionevoli e sensate annoverano invece tra i benefizi del presente ordine di cose, mi pare che non si riescaJ ad altro che ad i1npicciolire un argomento troppo grave e doloroso (Bene ! al centro), a sfigurare il- concetto dei mali di quelle provincie, ad inç1urre negli animi una Hpe,cie di scettica incredulità, che :finisèe per attribuire una .larga parte de' mali medesimi all'esagerazione ed alla feconda e riscaldata immaginativa di quel popolo meridionale. (Bravo ! Bene! al cent'i'·o) Eppure, o signori, altamente lo dichiaro, un malessere, un profondo malessere realmente e$iste nelle provincie napoletane; mentirebbe a Dio ed alla sua coscienza chi non lo confessasse. Questo malessere, come già fu detto , è in parte conseguenza fatale ed inevitabile di una improvvisa e radicale trasformazione politica; in parte eredità di un passato luttuosissilno, e di una tirannide senza . nome e senza esempio. Ma un'altra parte è pure il frutto· d'improvvidi, ancorchè involontari errori. Errori di chi? Siamo veraci ed imparziali , o signori, errori di tutti, per~ chè errori si commisero da quanti ebbero parte nell'amministrazione di quel paese; e per le condizioni speciali in cui esso trovavasi, era forse impossibile che fossero ~chi va ti.

2t) Io tenterò adunque piuttosto di formula~e, se così mi è lecito esprimermi, quasi una sintesi di quelle che a me sembrano le precipue cause di questi mali. Lascierò da parte il male del brigantaggio, non perchè non riconosca essere in questo momento il più grave, il più sensibibile ed intollerabile di quei mali: infatti, quando in un paese ad ogni cittadino , e principalmt3nte al cittadino q ella parte liberale, manca ad ogni istante la sicurezza della _vita e delle sostanze, quel paese è nella condizione la più miserevole che immaginar si possa. Ma questo argomento ebbe già richiamato lo speciale esame di diversi oratori, alle cui opinioni mi basta associarmi di tutto cuore. D'altronde, vedendo quali sono gli sforzi, spe·cialmente jntrapresi dall'attuale amministrazione, per combattere jl brigantaggio nel N apolitano ; nell'udire come ben 50 n1ila uomini del nostro prode esercito r egolare si trovino impiegati a questa impresa della estirpazione del ln"igantaggio; all'apprendere. i concerti recentissimi presi in questi ultimi g_iorni per la sua repressione dal nostro Gabinetto col Governo francese, mi si apre il cuore alla confidenza; e come oggi convien riconoscere che quel flagello si è circoscrittC? in alcune poche provincie, così ho fede che in brevissimo t empo potrà dirsi affatto spento e scomparso. Ma vi fu chi , tra i mali più gr avemente sentiti sopratutto dalla città di N apoli , ripose la perdita della capitale : se non m'inganno, lo stesso 1ninistro dei lavori pubblici accennò a questa, come a preponderante causa di malcontento. Se ciò fosse pienamente vero, io ne sarei sgo1nentato; dappoichè in questo fatto io vedrei un pericolo perma- . nente per la solidità dell'edificio che gl 'Italiani stanno MANCINI lJ.

26 ' così penosa.1nente e con tanti sforzi e sacrifici innal- . ~ando. J\t!a, o signori , facciamoci per alcuni istanti a co,nsider are, a r iconoscere il carattere della nostra rivoluzione dell859 e 1860, raffrontan clolo con lo stato degli animi e ~ delle opinioni nel 1848 e nel 1849. Nel 1848 gl'Italiani , nuclriti d~llo studio delle loro antiche istorie, tutti ugualmente nuovi alla vita politica, ignari gli abitanti di ciascuna provin,cia delle condizioni e dei bisogni delle altre, ed infine, avendo a guida un -vessillo federale, aspirarono, rna non riuscirono , a svincolarsi dalle pastoie del municipalismo. Corsero dietro al concetto di una stretta alleanza e solidarietà di n1unicipi , avendo gli occhi ancora troppo infern1i peT affissarli nel lu1ninoso sole di .una patria grande, possente ed una. E la discordia non tardò a scuotere la sua face in n1ezzo ad essi: e il Governo iniquo e fedifrago che reggeva le Due / Sicilie consun1ò quella memorabile defezione, alla quale: è dovuta principalmente la caduta ben meritata di quell:;~<) dinastia, ritir.ando il contingente del suo esercito destinato a combattere sul' Po il co1nune nemico; è Venezia cliffidò del Pie,monte; e tra Milano e Torino, lo ricordian1o· ancora con dolore , si sollevò la deplorabi~e contesa della capitale; e quel grande conato fallì! Dieci anni di dolore e di vergogna in t utti i paesi d'I-· talia ove l'Austria ristaurò le assolute tirannidi; l'inconcussa fede del Pie1nonte e del suo principe alle istituzioni libere; il pane dell'esilio mangjato in comune ìn questo paese ospitale tra Lombardi, Ron1.agnoli, \ T eneziani, ·Siciliani, Napolitani, .furono, o signoT], una scuola ed una educa.zione che non andò perduta per il popolo italiano. Qua~do alla voce di Vittorio Emanuele l'Italia insorse

'2.7 nel 1859, uon esiste-va più l 'antico popolo ; si trovò tr asforrrlato. Il carattere distintivo del nuovo ITIOYÌ1nento nazionale fu, <~ tuttavia si 1nantiene: quello della concordia, dell'an1ore, deJla solidarietà di voleri ·e di propositi fra tutte le parti <!'Italia. Le popolazioni italiane, aniichè inaugurare il loro nuovo possof's o della libertà con int.en1peranze, con gelosie e dissidii, cou1e in altri t en1pi , si r esero ammirabili per moderazione e Jnoraljtà. Delle municipali rivalità. ed a1nbizioni era S\elta fin l 'ulti1na radice ; non vi fu che una generosa gara fra le più nobili e glorio Be città della Penj .;ol a nei servigi alla patria eonnlne. Dirò anzi che là • • dovo er a più antieo tesoro di grandezza ò di gloria , ivi . 1 trovò più eroico abbandono , più nobi1e .e silenziosa n1o- <Ìestia~ Onore, o signori, alla Toscana; il voto unanime e soleJ?.ne di quell 'Assemblea, il plebiscito di quello popola- :~.ioni ci obbligano ad affer1nare che l ' ul tima pagina dell~t storia particolare della Toscana vale tutti i suoi otto secoli precedenti di gloria e di splendore. L'l~uropa, spettatrice di tutto ciò, avvezz:a a compianger e gli errori dei nostri padri ed.a crederli ereditari nella loro progenie, no ri1nase scossa e stupefatta; più ancor a colpita di a1nmirazione per la nostra concordia, che IJel coraggio dei nostri prodi sui campi di batt aglia , da quel giorno si è avvezzata a non dir più che il genio delle lott.e fratrjcide e delle gelosie municipali sia di razza italiana. Tale è stato, o signori , il caratteristico svolgin1ento della nostra epopea nazionale; ed io son 0erto che osf-"l a lo conserverà sino all'ultiJno, sì ehe dopo di no.i vi saranno due storie d'Ita1ia da apprendere: una storj a di otto secoli ùi gare cittadine, di odii feroci di par ti , di guerre in

~8 cui.la grandezza e gli elementi della storia italiana furono dìstrutti da mani italiane; ed una seconda e nuovis- . sima storia di sublimi generosità, ~i emulazione santa tra le città italiane nell'abnegazione e nei sacrifizi, se tali possono chiamarsi gli sforzi per crearsi una patria grande, rispettata e libera. Ora, o signori, non si tema, nè vi sia chi dica che questa indole generosa del nostro movimento in Napoli abbia tralignato ; che ivi, con un colpevole anacro~ismo, po'ssa sollevarsi seriamente una questione di capitale,. quando tutti gli occhi e le speranse degli Italiani, aspet- , tando il giorno prefisso dalla Provvidenza, sono rivolte a Roma, tradizionale e necessaria capitale d'Italia; perehè sola, fra tutte le città italiane, ebbe il vanto di essere due volte la capitale del mondo; e che Napoli, anzich.è· confidare che dali~ sue proprie leggi ed istituti si tolga ciò che vi ha di buono ed imitabile per co~correre alla costruzione della grande legislazione comune.definitiva del rlegno italiano, opera riservata al senno ed 1aglì studi del Parlamento italiano, faccia ostinatamente all'amore con gli abrogati Codici ed editti dei Borboni, i quali, o signori, avrebbero ·meritato di perire, se non per altro, per ispegnere la memoria di legislatori, che n~n furono benefattori, ma oppressori del popolo. Quest'accusa, dunque, e questi sospetti costituiscono pei miei concittadini un'atroce ingiuria, contro la quale io protesto in ·nome loro, facendomi .interprete dei loro gènerosi sentimenti. In Napoli, signori, visse ogno'ra ardente, gagliardo, benchè occulto, il sentimento nazionale, lo spirito deU'italianità. Chi puo contare le vittime che in quel paese han fatto sacrifizio a questo sentimento della loro vita e della loro. libe~tà? Al ,certo ~o n minor grati- .

29 tudine i Napolitani ·sentiranno per coloro che verranno in questo· recinto a descriverei di Napoli la solenne vastità delle mura, l'imponente agglomerazione di popolo, la bellezza di quel cielo e di quel mare, e l'eterno sorriso della natura, che per coloro i quali attesteranno pi0na ed illimitata confidenza nella sincera, volonterosa partecipazione del popolo napoletano alla · comune vita nazionalè, e faranno fede che ivi alberga, non meno che nelle altre parti de~la nostra penisola, un vivo. ed ardente amore all'Italia. Non temete adunque, o signori: del sacrifizio, che non ha eostato un sospiro alla nobile Firenze, alla sede privilegiata delle arti e della civiltà, alla patria dei più grandi uomini che abbiano vestite spoglie mortali, alla patria di Dante, di Galileo, di Machiavelli, di Michelangelo , di questo sacrifizio non sarà capace la patria di Vico e di Pagano, la madre di miriadi di martiri che diedero il loro sangue per la libertà? Che importa che per la sua vastità ed i_mportanza economica debba necessariamente tornarle più ardua la prova? Sarà più grande il merito, più legittimo l'orgoglio che dovTà sentirne; più larga, ben lo disse l 'onorevole 1ninistro Peruzzi , la ticonoscenza che a lei ne dovrà l'Italia. E p_ oi, o signori , credete voi che a Napoli non si consideri che, quando la capitale d'Italia sarà trasportata a Roma, fra tutte le italiane città sarà Napoli appunto che più ne sarà avvantaggiata? Adunque non si adduca più oltre que~ta con1e causa permanente e potentissima dei mali che soffre Napoli ; eh è · del resto , se essa lo fo sse, sar ebbe irrepar abile. Quando vogliamo apprezzare lo spirito pubblico della popolazione napolet ana, e parlo anche di quella della

\ 50 stessa antica metropoli delle provinciè napoletane, basti rivolgere lo sguardo a quella nobile, patriottica, esenlplare guardia nazionale, di cui non si è n1ai· potuto farricordo che con attestati di onore e riverenza in q~esto. re- , cinto, e le ct1i bandiere io bramerei veder decorate in r ilnunerazione degli straordinari servizi cl a lei resi in quella imn1ensa e popolosa citt?t. 'S'indaghi ancora il vero spirito di quella nobile popolazione nei giudizi in mezzo ad essa renduti finora da' giurati, clappoichè i verdetti de' giurati rappre~entano gli affetti e la co'Scienza dei popoli. Io stesso, allorchè e~bi parte nell'a1nTninistraiione di quelle provincie, promossi i pri1ni tra quei giudizi ,.insistendo per chè non si diffidasse di quella grande istituzione eli giustjzia e eli n1ornlità; come aveva già cooperato dapprima anche in quest'Italia superiore per allont a11are i timor i e le difficlenzo che qui parin1 enti aveva suscit~ti quella liberale istituzione. Fui io che vivamente incoraggiai il procura~ore generale a far che i ·giudizi di st ampa senza ritardo avessero luogo nella città di Napoli, benehè si presagisse che in quel paese, ancora in preda a scatenate passioni ed a quella specie di pregiudizio che era invalso in ·Francia nei tempi che suc·- cedettero alla rivoluzione del 1830., clifficiln1ente si troverebbero giurati i quali , distinguendo la licenza della Bta1npa dalrese:rcizio d~ll'0nesta libertà, si 1nostrassero giudici imparziali , ec1 al bisogno severi . Questi presagi , o signori con1pletamente fallirono · .Tutti i giudizi di sta1npa , i quali furono celebrati innanzi a' giurati della città di Napoli, si conchiusero con dichiarazione di colpabilità , e risultarono documenti di saviezza, di moralità, di giustizia; attestato non dubbio della partecjpazione dello spirito e del cuore di una eccellente poJ •

5f polazione al consolidamento del presente ordine di cose, al trionfo definitivo della causa italiana. (Bene!) . Nè ometterò di ramm.entare un ultimo fatto, sul quale potrebbe anche il Minister'o fornirci per avventura notizie più precise di fatto, cioè la gara patriottica che si è 1na11ifestata di fatto nella città di N a poli, ed anche uelle provincie. in occasione della leva ivi incominciata. J • Lo spirito pubblico delle popolazioni napoletane è pienamente rivelato da questi fatti gravi, moltiplici, eloquenti . Essi escludono che il malcontento di Napoli derivi propriamente da che quella cit"U't, con1e Firenze, ha cessato di essere .la sede del Gòverno; n1ale ÌlTelnediabile che obbligherebbe a conchiudere che l'unità italiana sia i1npossibile t V ediamo ora pertanto come possono riassu1n€rsi sinteticarrrente l e vere cause dei mali che trava.gliano le provincie napoletane. · ' . E n1io avviso, o signori, che quel n1alcontento abbia la sua radice in una causa 1nater~·a.le ed in due cause 1no1"ali. , Qual è la causa materiale ? Nelle provincie napoletane s'intraprese, e din1ostrerò che· doveva intraprendersi e condursi energicamente l ' opera dell'unificaziorie. Ma quest~ opera, o signori , non fu sen1pre eseguita senza una lesione troppo estesa e profonda d'interessi, anehe oltre il li1nite del necessario , e prin1a che si creassero novelli interessi in luogo di quelli che e1~ano condannati a distrug- . . gers1 e perire. A.'ccennando a1 rispetto che dovevasi agli interessi localj, io· spero, o signori> che in 1nezzo a voi la mia voc~ non sia sospetta. Io passo in Napoli per uno dei più ri- . . , gidi un1ficatori. La r esponsabjlità di quei terribili decreti

52 del 17 febbraio, di cui ho udi.to parlare da uno dei lati della Camera con accenti di biasimo, ricade in ma~sima parte sopra di me, e, mi affretto a dichiararlq, di tutto cuore io la accetto. Ma nell'opera complessiva, e che era il risultamento di una serie d'atti talvolta legislativi, talvolta governativi ed amministrativi, sia del Governo centrale, sia di tutte le amministrazioni che colà con rapidissima vicenda si su~cedettero, io sostengo che non furono rispettati tutti gl'interessi che potevano meritare rispetto, . co1ne non furono creati novelli interessi. Ho detto chel'opera della unificazione era necessaria, e lo provo. Nessuno contrastava la necessità dell'unificazionè militare e politica; infatti sin dai primi istànti si sentì il bisogno di operare la centralizzazione di quanto riguardava l 'esercito; di quanto riguardava l a marina, e di ciò che l attenevasi alle relazioni della politica estera; era evidente che non poteva farsi altrimenti. Rimanevano dei dubbi sulla legittimità ed i limiti della unificazione .legislativa, e ciò tenne per qualche tempo gli animi in sospeso. I./onorevole deputato Zuppetta mi faceva rimprovero che nel 17 febbraio, prima che il Parlamento si ai)risse, fossero n~lle provincie napoletane per me introdotti il novello Codice penale, che era in vigore nell'Italia supe- . riore, il Codice di procedura penale, la legge del novello ordinamento giudiziario; che di più io abbia sottoposti alla firma eli S. A. il principe di Carignano, e quindi promulgati i decreti per la soppressione delle cas.e religiose ed altri provvedimenti concernenti la polizia ecclesiastica. Egli impugnò la legalità e l'opportunità' di questi provvedimenti. Signori, della l~galità non ragionerò, dappoichè essa trovasi oramai riconosciuta da più voti anteriori di c1ue-

\ 55 sta Camera. Voi avete riconosciuto che questa legalità si fondava non soltantG> sull'articolo 82 dello Statuto, ma altresì sulla legge che aveva autorizzato il Governo del Re ad accettare e stabilire l'unione di quelle provincie per coordinarle con quelle della rimanente Italia, il che implicava facoltà di emanare tutti quei provvedimenti che all'uopo si riputassero necessari, e quella legge eta anteriore al plebiscito. Perciò si sapeva quali fossero i poteri che il Governo del Re colà andasse ad esercitare. Si fondava inoltre questa legalità sul decreto medesimo dell'istituzione della luogotenenza napoletana, cui si è dato esecuzione ed effetto in tutte le altre sue parti. ·E d'altronde , o signori, qual titolo ed autorità maggiore avrebbe avuto il Governo stesso del Re a pubblicare questi medesjmi Codici nelle Marche e nell'Umbria per organo de' suoi commissari? Egli è chiaro che non si poteva attribuire minor potere, minor facoltà al luogotenente generale delle provincie napoletane, di quello che hanno esercitato, ed, a quanto pare, senza alcun serio contrasto di legalità, quegli ono- :revoli co1nmissari del Governo delle Marche e dell 'Um-· brja. Diciamo piuttosto una parola della, convenienza e dell'opportunità di quegli atti. Quanto ai Codici , era vivo desiderio del Gabinetto centrale che prima della riapertura del Parlamento, e nell 'esercizio dei poteri straordinari confidati alla luogotenenza , q"Resti Codici fossero in quelle provincie introdotte . Tuttavia, malgrado queste istruzioni (e siede in questa Camera l'illustre giureconsulto, allora ministro guardasigilli, da cui io le aveva), io dichiarai costantemente che l'unico n1oçlo eli far accettare in Napoli quei provvedi- ..

. .. ' 54 menti e quelle profonde lnutazioni consisteva in non intporli , e che dovessero consultarsi uomini competenti del paese, per far sì che quasi dalla discussione tra i 1nede- , siini sorgesse ui;:t voto che jnvoea.sse, nell 'interesse delpaese stesso, la surrogazione ai vecchi · ordini llorbonici dci nuovi Codici e del novello ordinamento giudiziario. E diffatti una Connnissione, co In posta di reputati giureconsulti e magistrati, cui io ebbi l'onore di presiedere, · f-u incaricata di questo esa1ne; e 1nolf.i 1nembri di quella Com.mi ssione seggono oggi degnr-unente nell'una o nell'altra Camera del Parl an1ento . - La Co1nn1issione, dopo lunga e n1atura discussione, venne in questa sentenza, che fosse indispensabile disting11ere le parti della legislazione napoletana che si riferivano al diritto pubblico da quelle che .si riferivano al diritto privato; che ~per quanto riguardava il diritto privato, co1ne il Codice civile e quello di cotn1nercio e di procedura ~ivile, fosse inopportuno e dannoso qualunque 1nutamento, e convenisse attendere la definitiva codifi.. cazione, la quale regolerebbe uniformen1cnte .le sorti èlella fa1niglia e della proprietà in tutta la naz~one ita~. liana; 1na diverso fl~ il suo avviso (e, se io ben_, 1ni ram·- nlento, fu avviso·unanin1e) per quanto concerneva le parti della l egislazione che riferiva.nsi al diritto pubblico, come il Codice penale, quello di procedura penale, la. legge sull ' ordinarnento giudiziario e quelle che definissero le rela7.Ìoni dello Stato colla Chiesa.. Tuttavia era ben inteso. che neanche convenisse di introdurre in Napoli questa parte di Codici co1ne definitivi; il Codjce penale, quello di procedura penale, l'ordinamento giudiziario definitivo per tutta l 'Italia dovranno uscire dal voto di questo Par lamento, e dovranno essere lung~unente discussi .e libera-

5t> mente approvati dai r appresentanti di t utta intera la na- · . z1one. · Se non ~he concepivasi un periodo tr ansitorio fino al momento (ehe non si sap'e·va se cl o v eva giunger e fra uno o due anni) in cui potesse conseguirsi il benefi zio di quella definitiva codificuzione ; durante questo periodo transit orio era forse preferibile l ascjare in vjgore la legislazione esistente>il vecchio Codice p enale, il Codice di pr ocedura criminale, · l'ordinan1ento giudiziario ; o dur ante {JUesto periodo di tempo sar ebbe un beneficio l'int roduzione provvisoria o temporan~a di quei novelli Codicj, 11erchè ravvicinerebbero le condizioni delle provin cie napoletane a quelle del rhnanente d'Italia ? Signori, la Con1missione inclinò a quest 'ultima sentenza ) ~ e non avrebbe potuto fare altrimenti. Ed inver o , per quanto il Codice penale napoletano del 1819 contenesse notevoli progressi sulla l egisl azione francese , e fo sse stàto salutato come un Codice degno di enco.mio e di imitazione anche presso popoli più avanzati nell 'incivili1nento , non er a men vero ehe quel Codiee avea tutt i i vizii che debbono neres;sariamente 1na cchiarc un Codice decretato da un Governo tirannico. Mi basti avvertire alla Camer a che in esso i r eati cont1·o l a rebgione erano sottopost{ a p ene gravissi1ne ; l a best emmiR,, che al di qua del Tronto non sarebb e stat a punjta al trimenti che ~o l l'iin orso 'della coscienza , invece soggiaccva ad una pena severissima nel Codice napo~itano ; t roviamo colà i reat i politici puniti con pene draconiane ; nessuna delle garatie dei diritti politici ; e con1e trovar]n, se il Codice era st ato pr omulgato in t empi in cui non esistevano di ~ rittj el ettorali, liber tà di st ampa , dir jtti polit ici di veruna sortR, , ed anzi il solo pronunciarne il no1ne era un delit to?

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