Clara Zetkin, Henryk Walecki - Il Partito socialista italiano sulla via del riformismo

BIBLIOTECADELL'INTERNAZIONALECOMUNISTA . X· CLARA ZETKIN ED E. WALECKI Il Partitosocialistaitaliano sullaviadel riformismo ROMA- LIBRERIAEDITRICBDELPARTITOCOMUNISTA0' ITALIA

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CLARA ZETKIN ED E. WALECKI IL PARrrITO SOCIALISTA ITALIANO· SULLA VIA DEL RIFORMISMO DISCORSI DEI DELEGATI DELLA INTERNAZIONALE COMU• NISTA AL XVIII CONGRESSO DEL P. S. I. CON UN'INTRODUZIONE DI C. ZETKIN E UNA CONCLUSIONE DI E. WALECKI ROM.A.. LIBRERIA EDITRlCi: DEL PARTITO COMUNISTA 0 11TALIA 192t 81bltoteca Gmo Bianco

ROMA 1921 - SOCIETÀ ANONIMA PoLIORH'JCA ITALIANA. B bl1oteca Gino Bianco

INDICE. Il risultato del Congresso Socialista di Milano Discorso di Clara Zetkin . Discorso di E. W alecki. . Il bilancio d'un Congresso Dichiarazione dei edelgati del Comitato EsecutiTo dell'Internazionale Comunista al Congres110 ■ocialista di Milano B blioteca Gino Bianco Pag. 7 18 42 64 78

B bllot ca Grno B anco

.. IL RISULTATO DEL CONGRESSO SOCIALISTA DI MILANO. Il risultato reale del Congresso socialista di Milano sta in stridente contrasto con gli allori anticipati di cui Serrati ed i suoi seguaci lo ornavano già durant,e le sedute, e con gli squilli di fanfara 1,on cui l' •Avanti!• oggi lo celebra. A sentire i massimalisti unitari, il Congresso di Milano non significa nè più nè meno che un deciso ed inequivocabile passo in avanti del Partito socialista italiano sulla via della lotta di classe rivoluzionaria del proletariafo, e ciò come partito unitario saldo e compatto. La prova conclusiva di ciò sarebbe data dalla votazione sulle risoluzioni delle varie frazioni. Nella votazione non è stata forse respinta la· mozione dei concentrazionisti e centristi, non è stata battuta la mozione- Maffi-Lazzari-Riboldi, che chiedeva l'espulsione della frazione di Reggio Emilia, non è stata vittoriosa la mozione Serrati-Baratono? In questa mozione l'idea della lotta di classe rivoluzionaria del pro• letariato non si è accoppiata con l'idea dell'unità, che implica la più severa disciplina di partito, la premessa senza la quale l'idea rivoluzionaria non può diventare realtà ·sociale storica? Grazie alla vittoria della mozione massimalista, il riformismo e tanto più il • collaborazionismo , , la forma classica del riformismo maturo, è per il Partito socialista italiano un pericolo superato. Il Congresso di Milano inizia il rinnovamento del P. S. come partito di massa unitario e rivoluzionario. B•blioteca Gino Bianco

-8Tali e consimili apprezzamenti si fanno sul risultato del Congresso di Milano dai • massimalisti •. Anche senza essere profeti si può facilmente prave• dere che l'esito del Congresso verrà salutato con suoni di cimbali e squilli -di fanfare da quei partiti, che il tradimento verso il socialismo tiene uuiti nella seconda Internazionale, e da quelli ehe la paura della rivolu• zione ha condotti insieme all'Internazionale due e mezzo. Poichè, p·er quanto discordi siano fra di loro i partigiani di queste due pseudo-Internazionali, e so• prattutto nelle loro valutazioni ufficiali del riformismo, essi si sentono tuttavia solidali nel loro odio contro l' In• ternazionale comunista. A questa si presenta innanzi tutto la necessaria conseguenza internazionale del Congresso di Milano: l'uscita del Partito socialista ita• liano dalla terza Internal'lionale, che si è prodotta automaticamente come conseguenza del •rifiuto di espellere dal Partito la frazione di Turati. Questo fatto, se consideriamo l'esito del Congresso serenamente, giustifica la soddisfazione degli Scheidemann e degli Henderson di tutti i paesi, e dei dirigenti proletari ehe vogliono diventare altrettanti Scheidemann e Henderson. Non ostante tutti i roboanti discorsi rivoluzionari dei capi massimalisti, non ostante l'approvazione della mozione Serrati-Bara-tono, il Congresso di Milano è terminato con una vittoria del riformismo. Sul ter• reno delle lunghe, appassionate'. battaglie oratorie è ri• masto trionfatore Tura,ti e non Serrati.. I massimalist,i unitari si sono arresi di fronte alla frazione di Reggio Emilia, nettamente arresi. Essi non solo si sono rifiu• tati di escludere dal Partito questa frazione affermante principii borghesi ed una tattica borghese, ma l'hanno addirittura implorata di rimaner.e per l'amor di dio, o meglio, per i begli occhi di una unità organizzativa, mera• B blioteca Gino Bianco

-9mente. esteriore, del Partito. Ed hanno allargato, con• solidato e legittimato la libertà d'azione dei riformisti nelle sezioni e conseguentemente nel Partito stesso. La clausola contenuta nella risoluzione di maggio• ranza, che riserva alla direzione del Partito il diritto di punire flagranti infrazioni ai principii ed alla tattica del Partito con l'espulsione non è che un abbaglio. La pratica dimostrerà che questa spada dir(ltta contro il ri• formismo non è di tagliente acciaio, ma di innocuo cartone. Senati ed i suoi lo hanno ripetutamente pro• messo con rassicuranti giuramenti, ed il • Corriere'(}ella Sera • ha osservato, forse 11011 senza ragione, che in merito all'applicazione della clausola in parola i capi riformisti avranno ricevuto soddisfacenti assicurazioni dietro le quinte. Se con tutto ciò tra i riformisti ed i massimalisti unitari si accese una accanita zuffa per la composizione della direzione del Partito, la cosa ha la sua buona ragione e concorda perfettamente con la linea del Congresso di Milano. Reclamando una rap• presentanza nella direzione, la frazione di Reggio Emilia non volle soltanto veder confermata e suggellata. ufficialmente e formalmente la vittoria effettivamente riportata, ma.intese con ciò anche annunciare la sua ferma decisione di valorizzare senza riguardi e fino alle estreme conseguenze la posizione conquistata nel Partito. D'altra parte,·l'attacco riformista diede nello stesso tempo ai massimaliati unitari comoda occasione di far brillare a parole le loro virtù rivoluzionarie. Un delizioso episodio, il pre• ludi o dell' • unità rivoluzionaria del Partito•, fu quello, in cui Ramella mostrò alle due frazioni contendenti la frusta della Confederazione del. Lavoro, rammentando ad esse la loro dipendenza da questa, cioè dalla attesa politica riformi,:,ta, secondo il gusto D'Aragona, che proprio in questi giorni è stata posta in piena luce. B1bloteca Gino Bianco

-10Di fronte all'offensiva generale per la ridul!lione dei salari, infaiata dai capitalisti anche in · Italia, di fronte alle agital!lioni salariali ed agli scioperi, scop• piati spontaneamente in molti luoghi, la direl!lione della Confederal!lione non ha saputo far altro che reclamare dal Governo un' in<'hiesta ed invitare gli operai a so• pendere tutte le agiti.lllioni ! Più. ancora che della sua permanenl!la e della sua posilllione nel Partito, la fralllione collaboral!lionista può essere soddisfatta della sua molto accresciuta influenza sul Partito, della pr9gressiva trasformazione del Partito socialista italiano in un imborghesito partito _socialdemocratico riformista. Questa evoluzione vtirso destra si è manifestata in modo univoco, in tutta la politica del Partito dopo il Congresso di Livorno. Le polemiche pre• Mdenti al Congresso di Milano posero questo processo in piena luce. E tanto le discussioni ..nel Congresso, quanto il suo esito, l'hanno non solo confermato, ma notevolmente favorito. Ed il riformismo rafforzato e rafforzantesi sempre più perseguirà nel suo piano di conquistare il Partito. Dopo <'he i serratiani a Livorno gli avevano offerto il mignolo, col rifiutarsi di espel• lere la frazione di Turati, non poteva sorprendere più nessuno, se esso ha ora a Milano afferrato la mano intiera del Partito. Se l'evolulllione del :Partito proseguirà nel l;>inario, sul quale il Congresso l'ha ufffoialmente incanalato, il riformismo sarà presto il padrone di casa. La frazione di Reggio Emilia era conscia della sua sicura vittoria al Congresso e del suo prossimo predominio nel Partito. I riformisti non ammantarono il loro riformismo con frasi rivolul!lionarie nè lo ornarono di fronzoli rivoluzionari per supplicare di poter rimanere nel Partito. Essi lo chiesero fieramento da padroni, B blioteca ·Gino Bianco

- 11enunciando la loro concezione riformistica fino al col• laborazionismo con la massima conseguenza logica e con franchezza e lealtà addirittura brutali. La sostanza delle loro esposizioni non era un umile balbettare: • il Partito dovrebbe tollerarci, se anche siamo rifÒrmisti •; no, essa affermava senza ambiguità: • Il Partito deve tenerci nelle sue file, perchè siamo riformisti_ e collabo• razionisti. ~oi abbiamo coscientemente preceduto l'evoluzione del Partito; il nostro atteggiamento verso la borghesia, la nostra rinuncia alla rivoluzione divente• ranno la direttiva e la tendenza del Partito. Noi riformisti facciamo coerentemente, coscientemente e senza paroloni rivoluzionari, ciò che il Partito nel suo complesso faceva incoerentemente ed inconsapevolmente in singoli casi già prima, e che dopo Livorno fa in crescente misura, se anche con la maschera di una fraseo• logia rivoluzionaria. Se il Partito, quale esso oggi appare, prosegue conseguentemente la sua strada, esso sboccherà con noi nel Millerandismo •. I massimalisti unitari non hanno ripagato questo chiaro e fiero linguaggio con uguale moneta. Essi non sono venuti col riformismo ad una resa di conti generale, ampia profonda e che apriss~ una larga prospettiva. È vero che essi hanno sottoposto ad una aspra critica alcune manifestazioni riformis.tiche della frazione di Reggio Emilia, che con parole grosse ·si sono dichiarati contrari alla teoria ed alla prassi del rifor• mismo e tanto più del collaborazionismo; ma i grandi, eloquenti avversari del riformismo gettarono a mare la logica del pensiero e la coerenza politica, non appena si trattò di trarre le conseguenze delle loro · vìolente requisitorie contro Turati, Treves e Modigliani. Invece di porre il postulato inderogabile della rottura definì· tivn del Partito con la frazione di Reggio Emilin, B blioteca Bianco

-12essi lanciarono il sentimentale appello all' unità del Partito. Rinssumendo: l'atteggiamento dei massimalisti unitari verso i riformisti ed il riformismo è stato ambiguo, equivoco, incerto, pavido. La lotta contro il riformismo fu una lotta finta, una vana schermaglia. Nella lotta contro Modigliani,. Treves e tutti quanti i collaborazionisti, i Serrati, Baratono, ecc., sono diventati essi stessi riformisti. Certo, i capi massimalisti hanno parlato con frasi altisonanti di rivoluzione, hanno assicurato il carattere rivoluzionario del Partito. Ma l' hanno fatto per quello stesso senso di • delicatezza •, per cui un individuo che sta per prendere moglie una seconda volta, suole lodare le virtù della • defunta•. La •vittoria• massimalista rammenta vivamente questo aneddotico dialogo. Il soldato: • Bignor capitano, ho fatto un prigioniero•. Il <lapita.no: • Portalo qui>. Ilsoldato: • Signor capitano; questa canaglia non mi vuol mollare•. Del resto, l'affermarsi del riformismo nel Partito si è manifestato al Congresso di Milano anche nelle cifre . .A. Livorno là frazione di Serrati ottenne 98.000 voti eirca e quella di Reggio Emilia 14.000. Al Con• gresso di Milano invece la mozione massimalista ottenne solo 47.628 voti contro 19.916 affermatisi sulla mozione dei collaborazionisti . .A. questi però si devono senz'altro aggiungere· gli 8000 voti dei centristi che seguono .A.lesssanùri, e che. in fondo sono . dei riformisti ai quali manca soltanto il coraggio di professarsi apertamente come tali. · · Ciò dà un totale di 27.996 voti. Il riformismo ha dunque raccolto più di metà dei voti, che si sono affer• mati sulla mozione dei massimalisti. Certo un ragguardevolissimo aumento nel breve spazio di tempo trascorso dalla scissione di Livorno in poi. Il forte aumento del Biblioteca Gino Bianco

-13riformismo nel Partito rimane inalteratoancbe quando si mettano in calcolo i 3765 voti dati ai suoi avversari più decisi al Congresso di Milano, al gru.ppo MaffiLazzari-Riboldi, il quale, fedele al deliberato del III Congresso dell'Internazionale comunista, chiese nella sua mozione l'espulsione della frazione oollabora~ionista. Le cifre, nella loro inconfutabilità, oi dicono però un'altra cosa ancora. Parallelamente all'accrescersi dell'influenza del riformismo nel· Partito si è verificata la diserzione delle masse proletarie da esso. Con l'ala sinistra, ohe a Livorno si staccò dal Partito socialista italiano e oostitui il Partito comunista, quello ha perduto non solo il suo più forte baluardo contro' il riformismo, ma anche la più potente forza d'attrazione_ sulle . masse. La via verso destra, verso il riformismo, è stata la via ·verso l'_indebolimento del Partito. A Livorno serratiani e turatiani insieme ottennero 112.000 voti. Quantunque il Pa1·tito contasse· alla vigilia del Congresso_ di Milano 106.845 iscritti, soltanto 84.019 vi mandarono i loro rappresentanti. In altre parole: più di un quarto degli iscritti, - 22.825 - non hanno creduto necessario di farsi rappresentare al Congresso, ohe doveva decidere sul carattere del Partito, sulla sua attività é conseguentemente anche sulla sua appartenenza alla terza Internazionale. Confrontato col numero dei voti della destra e del centro a Livorno, il deficit ascende perfino a 28.000 circa. Noi vediamo dunquè parallelalllente alla diminuzione del numero degli iscritti, anche un crescente disinteresse per la vita e l'attività del Partito. Questi sono i frutti della poÌitioa unitaria riformista dopo Livorno ! Dove sono andate le niigliaia di operai ohe in · questi mesi hanno volto le spalle al Partito socialista italiano, senza essere sostituiti da nuovi proseliti? Una B blioteca Gino Bianco

-14 - parte di essi avrà logicamente già trovato la via nel · Partito comunista. Ma altre migliaia e migliaia, deluse dalla contraddizione fra le parole ed i gesti rivoluzionari e la politica riformistica del Partito socialista, sono ripiombate nell'indifferenza, nell'apatia politica, o sono state ingannate dai partiti borghesi. Dove è andato a finire il fervido interesse per la vita del Partito di quelle mi~li.aia di operai che a Milano non si son fatti rappresentare? Essi si sono rincantuccittti, ama• yeggiati, muti o brontoloni, ed i membri che oggi sono fiacchi, indifferenti e_dindispettiti, saranno forse domani disertori od avversari del Partito. La diserzione ed il disinteresse come fenomeno di massa nel Partito esprimono indubbiamente la reazione contro il rinnegamento della rivoluzione da parte del Partito, contro il suo per• mearsi di spirito riformista, se anche questa reazione porta i segni della debolezza e della immaturità politica. Ancora un altro fenomeno manifestatosi al Congresso di Milano è degno di nota: il manifestarsi - esempio l'atteggiamento del gruppo Maffi-Lazzari-Riboldi •- di una nascente opposizione contro il riformismo nel Partito Socialista, ma anche della debolezza ed incertezza di questa opposizione. I rappresentanti di 4630 iscritti si sono astenuti dalla votazione decisi va. Questi voti astenuti non possono affatto essere posti nel• conto dei rifo1·misti, lo escludono l'unità, la compattezza e la chiara coscienza della· mèta, con cui questi si sono affermati al Congresso. Essi vanno ascritti ai partigiani della sinistra, che non poterono decidersi· nè per la mozione Serrati-Baratono, nè per quella Maffi-LazzariRiboldi. Fra essi vi sono in maggioranza i membri napoletani del Partito rappresentanti al Congeesso, la cui opposfaione poco chiara ed incerta ha trovato la sua espressione caratteristica nell'astensione dal voto. Inoltre B blioteca Gino Bianco

-151089 voti a Milano - cioè più che per la mozione Turati, - e questo nella roccaforte del massimalismo unitario. Oggi sono i riformisti che possono considerare il Congresso di Milano come la loro vittoria, ma forse già domani o dopodomani, esso sarà la vittoria della bor· gheRia sul Partito socialista italiano, sul proletariato italiano. La borghesia raccoglierà ciò che il riformismo dichiarato e quello ancora velato hanno seminato. La politica di Serrati vorrebbe, mediante l'unità organizza- , ti va del Partito, ottenere la quadratura del cerchio: il Partito deve stendere fraternamente la mano destra al riformismo, e nello stesso tempo abbatterlo colla sini• stra in modo poco fraterno. A Milano, Serrati impose al Partito di arrendersi di fron~e al riformismo per dominarlo. Questa politica delle sottigliezze, dei • se • e dei • ma •, dei • da un lato • e dei • dall'altro •, della contraddizione fra le parole rivoluzionarie ed i fatti riformisti ed opportunisti, deve naufragare nella propria contraddizione e disonestà. Essa pensa di tirare il ri• formiamo a sinistra e viene invece da questo tirata a destra. Questa è una esperienza, che .si trova cento volte nella storia dei partiti socialisti e delle organiz• zazioni proletarie. Questa vecchia esperienza trova una conferma nella evoluzione del Partito socialista italiano, poichè fin dalla scissione di Livorno esso si è destreggiato in questa politica contraddittoria ed equivoca. Le note ca• ratteristiche e le deliberazioni del Congresso di Milano non lasr.iano sperare in ·un·risanameuto e rinnovamento del _Partito dal di dentro. Anzi, esse lasciano pri,vedere, un suo maggiore arenamento per opera del riformismo trionfante, una paralizzazione e decomposizione di tutto il suo organismo per opera delle tendenze contradittorie legate insieme, che determineranno presto o tardi lo sfàA blioteca Gin.o Bianco

-16 - sciamento dell'unità del Partito ed il suo sgretolarsi in piccole frazioni. L'epulsione della frazione riformista sa• rebbe stata per la maggioranza ,del Partito la premess·a di una unità ideologicamente ed organizzativamente più omogenea, e del riacquisto della sua vecchia forza d'at• trazione e d'azione. Condiz.ione dura e dolorosa, ma indispensabil~ per il rinnovamento del Partito, per la difesa degli interessi vitali del proletariat-0 italiano, per fissare chiari obbiettivi ed una via sicura da perc,orrere. L' insegnamento dimostrativo dei fatti comprova quanto siano ridicole e bugiarde tutte le chiacchiere, secondo le quali nella questione dell'espulsione dei ri• formisti non si tratterebbe di altro che di un cocciuto • comando di Mosca •. I faUi confermano che l'Esecutivo di Mosca, come rappresentante dell'Internazionale comunista e dei deliberati dei suoi Congressi, ha avuto tutti i diritti di insistere nel chiedere. al Partito socia• lista italiano l'espulsione della frazione riformista. Dopo Livorno: la crescente innuenza dei riformisti nel Partito; dopo Milano: il sicuro dominio dei riformisti nel Partito. Ma un partito riformista non può e non potrà mai appartenere all'Internazionale comunista. La sua natura, la sua azione lo escludono da essa, anche quando a parole esso si dichiara per la dittatura proletaria e per il regime soviettista. Affratellandosi a Milano col riformismo, il Partito socialista italiano sciolse con le proprie mani il legame che lo univa alla terza Inter• nazionale. Il patto d'alleanza col riformismo annienta nel Partito ogni capacità di seguire una politica, che, basata su una acuta percezione della situazione storica e dei suoi oòmpiti, miri alla rivoluzione proletaria; annienta nel Partito la capacità di seguire una politica che raccolga, educhi e guidi le masse lavoratrioi in oor• i·ispondenza con questi obiettivi. Il patto coi riformisti

-17 - deYe nei suoi _effetti porre il Partito socialista italiano in un crescente antagonismo con l'Internazianale comunista. Spetta al Partito comunista d'Italia il còmpito di condurre la politica atta a dirigere la mente e l'azione delle larghe masse degli• sfruttati verso la grandiosa mèta della rivoluzione proletaria. Questo còmpito esso deve assolverlo in condizioni particolarmente difficili, che nell'ambito di questo articolo non J>Ossono venir accennate. Tuttavia l'ora che volge è favorevole allo ~viluppo ed all'attività del giovane Partito. Essa re• clama imperiosamente una organi:llzazione di classe pro• letaria e rivoluzionaria, che col suo lavoro e la sua lotta quotidiana temvri la propria attività, la propria fede e la propria riwlutewia di difendere le masse degli sfruttati e degli oppressi contro il terrore e la. miseria che infligge ad esse il capitalismo ingordo e l'ordine borghese. Essa reclama un partito che con sicuro sguardo ed incrollabile volontà sappia svolgere il minuscolo, grigio lav,,ro quotidiano necessario a preparare la conquista del potere politiro e la rivoluzione proletaria. Il Par• tito comunista d'Italia ha già compiuto i primi e più difficili passi sulla via dell'organizzazione e dell'atti• vità. Lavorando, lottando esso si sviluppa e matura oome partito di masse. Esso infonderà al proletariato italiano lo spirito di Mosca e i1·eparerà ed assicurerà giorno per giorno nell'odierna lotta piena di fatiche e di sacrifizi il trionfo della rivoluzione. Affratellandosi a Mi• lano col riformismo, il Partito socialista italiano ha involontariamente, sancito la legittimità, la neressità storica del Partito comunista d'Italia. Al continuo retrocedere del Partito socialista deve corrispondere un semp·re più rapido progredire del Partito comunista. CLARA ZETKIN. R1bloteca Gin'J 81al'"'co

DISCORSO DI CLARA ZETKIN. Compagni, amici! Commossa nel più profondo dell'anima, io prendo la parola davanti a voi. lo mi sento veramente fiera di trovarmi fra i rappresentanti di una parte - e, posso ben dire, della maggior parte dei proletari organizzati italiani - fra i rappresentanti del l:'artito socialista, che nella sua storia gloriosa ha due pagine immortali di importanza internazionale. Durante la guerra mondiale, grandi masse proletarie italiane, guidate dal Partito socialista, si scagliarono contro lo sciovinismo, contro l'imperialismo capitalistico, innalzando fie• ramente e arditamente la bandiera del socialismo rivoluzionario internazionale sopra l'immonda corrente, senza badare alle calunnie e agli insulti, impavide di fronte ai periC<>li, alle persecuzioni e al sacrifizio. Dinanzi alla ignominiosa bancarotta della IP Internazionale, questo fu un fatto, un fatto efficace, nazionalmente e internazionalmente. L'altro gran fatto di portata nazionale e internazionale si ebbe quando il Partito socialista italiano, cioè il primo grande Partito socialista nell'Europa ocridentale, dichiarò la sua adesione alla Illa Internazionale, all'Internazionale Comunista. Con questa sua professione di fede, con questo suo grande gesto, esso gridava ai proletari di tutti i paesi: • In questo segno vincerete, in questo seguo voi do,ete vin• cere •. Un proverbio francese dice: noblesse oblige. Anche il passato obbli~a. Compagni, amici,' io spero B blioteca Gino Bianco

-19 - che nel vostro Congt·esso vivrà e agirà quello stesso spirito rivoluzionario che con forti e chiari tratti ha scritto le due immortali pa_gine della vostra storia(che io ho rilevate. Ce1·to, io temo che tutto ciò non concordi con le opinioni e con l'attitudine della maggioranza del Pal'.• tito. E tale timore getta una cupa ombra sulla gioia che provo nell'essere fra voi. L' ombra, deriva dalla crisi che turba i vostri rapporti con la III" Internazionale. Questa crisi non è altro rhe la necessaria continuazione della crisi interna del Partito socialista italiano, crisi nella sua posizione di fronte alle classi del proletariato e della borghesia lottanti fra di loro per la vita e per la morte, crisi della sua condizione di fronte alla ri voluzione.11 Partito è dinanzi a nna svolta della storia. Il Congresso deve decidere se il Partito socialista italiano andrà per il luhrico sentiero della riforma dell'ordinamento borghese, o se non dovrà piuttosto lanciarsi avanti, sulla strada aspra, pericolosa, seminata di sacrifizi, della rivoluzione proletaria. Solo in intima ed organica connessione con la decisione di questa questione elementare, troverà ri• sposta la seconda questione: quella della posizione del Partito socialista italiano nellaIIP In tern:i,zionale. Poichè, come la politica interna ed esterna dei Governi capita• listici non sono che <lue aspetti di una identica cosa, - !;ampliarsi e il rafforzarsi della signorla sfruttatrice della borghesia sopra il proletariato - cosl anche la po• litica nazionale e internazionale del Partito socialista, del Partito proletario, si incatenano l'una all'altra. Questa politica, come un tutto indivisibile, riceverà la sua impronta complessiva o dal riformismo social•demo• cratico, o dalla rivoluzione prolfitaria. Un Partito aper• •ameute o velatamente riformista, non potrà mai fare B blioteca Gmo Bianco

- 20 - la politica rivoluzionaria, che è la condizione pregiu• diziale dell'appartenenza alla nra Internazionale. Perciò, ogni crisi che si manifesti nella politica di una sezione della Internazionale Comunista·, oltrepassa i limiti na• zionale, e deve divenire una erisi anche in relazione all'Internazionale. Data la gravità della decisione, dinanzi a cui la crisi nazionale e internazionale prodottasi nella vita del Partito socialista italiano ha posto il Congresso di Milano, il Comitato Esecutivo della Internazionale co• munista ha ritenuto suo naturale dovere di partecipare al Congres!!O per mezzo di suoi delegati. Voi sapete che purtroppo il compagno Lunaciarski non può interve• nire. Io porto al vostro CongreRso i più cordiali e fra: terni saluti cosl dell'Esecutivo, come del Partito comu• nista di Russia, e anche del Partito comunista di Ger• mania. Questo aveva· anche delegato al Congresso un rappresentante particolare, che però finora non è arri• vato. Voi dovete esf!ere convinti che l'Esecutivo JJarte• cipa con appassionata attenzione ai lavori e aHe deci• sioni della vostra riunione. E ciò che vi dico a nome del Comitato Esecutivo e dei Partiti, che qui rappre• sento, sent.o di poterlo dire anc-he _anome della infinita schiera dei diseredati e degli oppressi di tutto il mondo, cui infiamma la fede, che la Ina Internazionale è la giovane impetuosa forza mondiale destinata a debellare il capitalismo, e a condurre il comunismo alla vittoria. I cuori e le menti di questi milioni di proletari SC\ru• tano ansiosamente se voi vi deciderete o per la rivo. luzione, per la lotta gomito a gomito col proletariato mondiale, oppure per la riforma, in combutta con la borghesia nazionale. Le vostre decisioni sono attese ansiosamente anche dai vostd nemici mortali, dei nemici mortali degli B bliu«.,...,u-.. no 81an..:o

- 21schiavi del salario, desiosi di libertà, dei martoriati di tutto il mondo. Dovranno essi sperare che in Italia non vi sarà il divampare delle superbe fiamme della rivoluzione, ma soltanto il lento mormorio dei rigagnoli rifo1·misti '? O dovranno invece temere che le lotto proletarie per la difesa della mercede, per la diminuzione dell'orario di lavoro, ecc., si allarghino, si intensifichino, confluiscano in poderosi movimenti per la ronquista del po• tere '? Chi da sèttimane e da mesi osserva la soddisfazione, con cui la stampa borghese italiana ed estera addita ogni manifestazione di un abbassamento del Partito socialista italiano a Partito di riforme, e lo applauda e lo esalti quale segno di crescente • moderazione e ragionevolezza • ; chi ciò osserva, sa anche che cosa significhino tali sintomi dal punto di vista del proletariato e della sua emancipazione. Bebel soleva dire: • quando gli avversari mi lodano, io mi domando spaventato se non ho fatto qualrhe grossa sciocchezza,. Compagni, amici! la considerazione che ho per voi, l'ammirazione che ho per il pass--atodel Partito italiano, mi obbligano parlare 0hiaro, ad esprimere quanto sentono, con dolore sentono, i vostri compagni e fratelli di tutto il mondo. Dopo il Congresso di Livorno, il Partito socialista italiano non ha fatto nessun passo vPrso la III" Inter-• nazionale; anzi, esso se n'è allontanato, indietreggiando di due passi. Questo movimento non fa che estrinsecare gli altri fatti fondamentali e decisivi, che il Partito socialista italiano non solo non ha fatto un pas~o verso la rivoluzione proletaria, ma anzi è tornato due passi indietro verso il riformismo, verso l'imborghesimento. Ciò è dimostrato dalla maggior parte delle mozioni B blioteca Gino 8•anco

- 22presentate al Congresso, sieno esse state formulate da collaborazionisti, o dal Comitato unitario centrista, o anrhe dai massimalisti unitari della sinistra, sia che esse si riferiscano alla politica generale del Partito· o alla sua posizione di fronte alla Internazionale comunista. La vecchia ideologia rivoluzionaria, degradata a mera fraseologia, pub vantare ancora qualche piccolo trionfo nelle mozioni presentate, e vivere la ,,ita degli spettri; ma rimbombanti parole rivoluziona.rie mal nascondono il nocciolo riformista. . Più chiaramente, con più evidenza tale involuzione verso il riformismo è dimostrata dalla politica seguita da Livorno in poi. Il gruppo parlamentare, in luogo di essere l'incaricato, il dipendente del Partito 11;0 diventa sempre più il padrone indipendente e sovrano. Esso emussa a suo talento· l'asprezza della lotta contro i partiti borghesi e contro il Governo borghese, lascia la posizione di attacco per quella di una • benevola neutralità •. Alle armi molto reali delle bande degli assas• sini fascisti, il Partito non sa contrapporre che le in• nocue formule dell'etica cristiana, e con queste truppe della controrivoluzione segna un patto, una tregua, che lega e comprime soltanto le energie rivoluzionar:ie del proletariato, paralizzandone persino la lotta difensiva;· ·una tregua, che disarma gli operai, ma Jascia ai fascisti il pugnale, il piombo omicida, la forza occorrente a demolire e ridurre in cenere le case del popolo. Il Partito spezza il ponte uni.co della lotta econo• mica degli operai, quando vien meno al suo imprescindibile dovere di sconfiggere nei sindacati lo spirito ri• formistico, antirivoluzionario della Internazionale di Amsterdam, ·e di infondervi la rivoluzionaria chiarezza di scopi e la sicura energia di Mosca. Sotto lo specioso pretesto di voler difendere l'unità formale dell'organiz8 blioteca Gino Bianco

- 23za2iione, osso abbandona l'unità spirituale, l"unità di volere delle organfazazioni in mano ad una burocrazia miope e corporativista. Le lotte economiche degli operai per rivendica2iioni parziali, per sr.opi locali, d_ovrebbero essere allargate, approfondite, dovrebbero farsi nrntui·are in lotte politiche tendenti, sotto la guida del Partito, alla conquista del potere politico <la parte del proletariato e all'instaurazione della sua dittatura. Invece, che fa il Partito? Esso lascia che questa polla di energia proletaria, di combattività proletaria, sgorgante dal suolo primordiale <lei contrasti di classe, si disperda e si dissecchi, nella comunanza di lavoro tra dirigenti sindacali e capitalisti, tra sfruttati e sfruttatori, nella vile acquiescen2ia a meschine concessioni. Altri fenomeni aneora confermano come il Partito socialista italiano vada rapidamente dalla ri volu2iione al riformismo. Certo, non sen2ia incontrare opposi2iione nelle proprie file; ma questa opposfaione dopo la scissione di Livorno è divenuta cosl debole, da non poter arrestar!>, an2ii neppure rallentare, l'involuzione riformistica della maggioran2ia, del partito come un tutto. Come tutti i raggi r.onvergenti nel punto centrale di una .Jente si uniscono in uu solo spa2iio luminoso, cosi nelle discussioni svoltesi prima del Congresso intorno ai oòmpiti del Partito ·si sono fuse tutte le linee di sviluppo riformista nel Partito, mostrandosi in chiara evidenri,a. Ciò ohe l'ora presente esige dal Partito è chiaro, e dovrebbe essere sentito come un categorico imperativo. Anche in Italia gli intraprenditori capita• listici hanno ini2iiato su. tutta In linea la grande offensiva per un più aspro saccheggio e asservimento del proletariato. Essi vogliono sfruttare la crisi economica per ritogliere agli operai i miglioramenti delle condizioni di lavoro, che avevano dovuto concedere immeB1bloteca Gino Biarco

- 24 - diata.mente dopo la cessazione della guerra sotto la pressione della situazione da questa creata. Soltanto le masse sfruttate dovrebbero sopportare i sac1·irici e i costi della brigantesca guerra capitalistica, col sudore e col sangue, eon la rovina e la morte,'dovi·ebberorendere possibile la rinascita dell'economia capitalistica rovinata, e il rafforzamento dell'ordinamento e della potenza borghese. Lo stato borghese appoggia ed integra nel campo politico e con tutti i mezzi del potere politico, l'assalto dei capitalisti. Esso si tira indietro vergognosamente di fronte ai còmpiti socia.li, imposti dai bisogni creati dalla guerra e dallo spaventoso scompiglio della produzione, abbandonando cosl senza difesa la gran massa ciei la- . vora.tori, in preda alla avidità di guadagno delle classi capitalistiche. Esso assiste tranquillamente alla spogliazione di queste masse, in qualità di consumatrici, per opera di speculatori e di usurai, e con le tasse toglie loro altrettanto tranquillamente di tasca gli ultimi centesimi. Esso consacra ipocritamente la tregua fra fascisti e socialisti, ma segretamente, anzi quasi ufficialmente, protegge il perfido fascismo, e sguinzaglia i suoi carabinieri, le sue truppe, la sua_ guardia regia contro gli operai scioperanti e dimostranti. Di fronte a questa situazione, che cosa avrebbe dovuto essere il Congresso del Partito? Una giornata di forte preparazione ad una più entusiasta, più intensa lotta contro il capitalismo, contro l'ordinamento borghese. Il CongreSBo avrebbe dovuto servi.re a chiarire meglio gli scopi e i mezzi, a rafforzare la risolutezza e l'attività del Partito, a guidare avanti la -massa dei lavoratori nella difesa dei loro vitali interessi q uotidia.ni, nella lotta. per la conquista del potere politico, per la instaurazione della loro dittatura, pe-r la creazione dell'ordinamento soviettista. Avrebbe dovuto esaminare i mezzi B1bloteca Gino Bianco

-25 - e la via, studiare tutte le possibilità, di accrescere e rafforzare l'influenza morale e politica del Partito sul popolo lavoratore, compresi gli strati già proletarizzati 0 in via di rapida proletarizzazione dei piccoli contadini e del\a piccola borghesia, tutt! gli impiegati e i funzionari che oggi, in parecchie dieciue di migliaia, • soffrendo la fame, lavorano col cervello•. Il Congresso avri,bbe dovuto elevare le capacità del Partito, guada• gnarsi col lav'lro e la lotta la fiducià delle masse, mo• bilizzarle, renderle più pronte e atte all'azione, nella lotta col capitalismo sfruttatore, per il finale assalto di liberazione. La discussione prèparatoria al Congresso avrebbe dov'uto orientare psicologicamente, moralmente, politicamente i compagni nelle file del Partito, verso questo còmpito. Ma· non fu già un tale sforzo di preparare sè e per gli altri ciò che costitul l'argomento, preminente di quest,a discussione. Dal principio alla fine voi non vi siete interessati che della questione della • col• laborazione •, della cooperazione tra partiti borghesi e partito socialista, tra borghesia e proletariato, in tutti i campi della vita sociale, nell'economia e nel Parla• mento, e come co1·onamento di tutto, il lavoro comune dei socialisti e della borghesia nel Governo. Questa • collaborazione •, in ultima analisi, non è che una parola nuova per indicare una cosa vecchia : il ministerialismo, il milleraudismo. Nella stampa e nelle organizzazioni socia.liste la discussione sopra i compiti del Congresso è stata in gran parte soltanto la lotta, condotta con tanta maggiore e passionata ostinazione dai cosl detti • politici della concentrazione• per l' • armonia delle classi •, per la comunanza dei loro interessi di fronte al •paese• per la maestà ministeriale socialistica. E questo è particolarmente significativo. E la stessa opposizione contro il «collaborazionismo• B blioteca Grno B,anco

- 26 - non aveva prevalentemente lo suo radici in una conce• zione rivoluzionaria. Essa, tanto presso i massimalisti unitari, quanto specialmente presso i centristi, era ed è in4.uinata da idee aperta mente riformiste. Come lo• .gica conseguenza, queste correnti di idee debbono condurre al ministerialismo. Il •collaborazionismo• della destra del Partito, è conseguente e conscio riformismo. Il riformismo del centro e della maggioranza della si• nistra del Partito porta in seno la tendenza a svilup• parsi in •collaborazionismo•. Questo sviluppo non si impedisce affatto mediante fulmini cartacei contro il • ministerialismo •. Esso si può contrastare soltanto eli• minando il riformismo, ogni specie di riformismo, e or• ientando il Partito e tutta la sua attività verso la ri• voluzione. Ma - dicono i sostenitori della « collaborazione • e segnatamente della partecipazione dei socialisti al Ministero - l'ingresso dei socialisti al Governo dello Stato borghese di classe, non è forse un avviamento alla rivoluzione, anzi già una parzi~le conquii;:ta del potere, un inizio della rivoluzione if.el proletariato? Non è forse esso la inevitabile espressione storica di una specie di stato di equilibrio instabile nei rapporti di potenza tra borghesia e proletariato ? Il proletariato, ancora troppo debole per poter strappare alla borghesia tutto il potere statale, è però abbastanza forte perchè la bor• ghesia debba cedere una parte di qu%to potere alla classe operaia, alla sua rappresentanza politioa. Ogni seggio ministeriale ..conquistato da ùn socialista significa una posizione strappata dal proletariato alla borghesia, e serve agli interessi della classe proletaria, all'ampliarsi e consolidarsi della potenza proletaria. Noi comunisti abbiamo, sul valore della • collaborazione delle classi • e in particolare del • ministeria• .Biblioteca Gino Bianco

- 27 - lismo •, uu coucetto radicalmente diverso da quello dei riformisti di ogni grado e di ogni colore. Noi dichia• riamo chiaro e tondo: che, come una lanterna cieca da strada non è la luminosa luna, cosl i posti ministeriali di socialisti nel Governo borghese non sono posfaioni di poten:1ia per il proletariato rivoluzionario. Questo non consegue il potere statale mediante la collaborazione dei suoi rappresentanti politici con i partiti borghesi al Parlamento, coi ministri borghesi al Governo, ma deve strapparlo ai Partiti e al Governo della borghesia con la lotta rivoluzionaria. Esso lo conquista palmo a palmo, fino all'ultimo colpo decisivo, sui campi di battaglia della lotta di classe, con l'onda travolgente delle masse maturate alla consapevolezza e alla volontà di azione. Non se la guadagna nelle corporazioni economirhe e sociali, non nei Parlamenti, mediante l'amichevole ed armonica collaborazione •positiva• con la Borghesia. I seggi socialisti al Ministero nel Governo borghese non fanno il proletariato • padrone di casa dello Stato•, come favoleggiano in Germania gli Scheidemann : essi non fanno altro che trasformare il Partito socialista in prigioniero e servitore di quella casa. Essi non aumentano la potenza del proletariato, ma con vane apparenze gli nascondono la sua reale impotenza. Pertanto la spinta di una gran parte del Partito socialista italiano verso la collaborazione significa ben altro chP nna più forte preparazione alla lotta contro il ca• pitalismo e il suo Stato. Esso in pratica si riduce al disarmo politico del proletariato. In questo momento storico la • collaborazione• è l'espressione classica del riformismo, come rinuncia alla rivoluzione, come sfiducia nella rivoluzione. È poi la • collaborazione •, il • ministerialismo • una cosl attraente terra incognita politica, che il Partito B blioteca Gino Bianco

- 28 - Socialista Italiano debba rivolgervi il suo corso? La storia del movimento operaio internazionale risponde risolutamente: no! Secondo Carlo Kautsky, passato alla beatitudine riformista, il movimento operaio inglese rappresenta sempre il tipo classico del movimento operaio dell'Europa occidentale. Il proletariato inglese ha conosciuto prima d'ogni altro in che cosa consista il preteso ampliamento e consolidamento del suo potere politico per mezzo della·• collaborazione • dei dirigenti ope~ai con la borghesia, coi partiti .borghesi e col Governo borghese; lo ha conosciuto fino alla maestà ministeriale di Henderson nel • Governo di guerra•· E il risultato? La miseria sanguinante dei disoccupati; l'incarcerazione dei consiglieri municipali di Poplar, che si rifiutavano di imporre certe speciali tasse; il progressivo diminuire dei salari; la chiamata alle armi della polizia e dei soldati contro l'eroica lotta degli schiavi delle miniere scioperanti, hanno nuovamente, ai giorni nostri, impresso à caratteri di fuoco nella coscienza degli sfruttati la vera natura della collaborazione. La benedizione dei • millerandismo • per gli operai fr1mcesi ? Alcune leggi mediocrissime di politica sociale, che si sarebbero avute anche senza l'arrivista Millerand, e che per la maggior parte sono rimaste sulla ·carta; e inoltre dei colpi molto sensibili e delie pallottole micidiali per i proletari scioperanti e dimostranti. Una gigantesca tur• · lupinatura del proletariato, un gigantesco tradimeuto verso di esso, la grande • collaborazione • delle classi, nel segno della • unione sacra • o della cosi detta • di• fesa della patria•, con Viviani, Thomas, e persiz:o Jules Guesde come ministri! Risultato: zero! Ossia, si regi• strino per il proletariato francese, come • aumento di potere •, molte centinaia di migliaia di mort.i, di storpia ti, Biblioteca Gino Bianco

- 29di malati, non nella lotta di liberazione, ma nella guerra fratricida per ia brama di profitto e di dominio dei ca• pitalisti sfruttatori; inauditi sacrifici materiali per sop• portare le spese della guerra e le sue conseguenze; persecuzioni contro i pacifisti convinti; licenziamenti di maestri e maestre, di impiegati, sospetti di • sentimenti sovversivi •; processi e prigionia per comunisti, sindacalisti, per la gioventù socialista; la forza armata messa in campo contro gli scioperi e le manifestazioni; il partito socialista, il movimento sindacale indeboliti, scompigliati, corrotti, compromessi. Ricorderò due esempi poprio classici delle conse• gueuze della • collaborazione • e precisamente della • collaborazione nelle più favorevoli circostanze stori• riche •, cioè dopo una _rivoluzione di cui era stato ar• tefice decisivo il proletariato. Il periodo Kerenskiano in Russia fu il trionfo della • collaboraziomi •, l'avverarsi del sogno della cooperazione dei parti ti e delle classi in un •positivo• lavoro di riforma, con la ripartizione del potere nello Stato e nel Governo in nome della democrazia. Ma che cosa ca1·atterizzò il periodo di Ke• rènski, il cui tramontato splendore forma ancora l'ossessione ilei Menscevichi e Socialrivoluzionari, che vorrebbero rinnovarlo? La subordinazione (!ella volontà di pace degli operai e dei contadini alla bramosia di potenza degli imperialisti nazionali ed internazionali nell'offensiva di luglio. Libertà costituzionali e riforme saciali - nei programmi, sulla carta. Nessun freno alla furia capitalistica di sfruttamento sopra il proletariato, nessun pl'incipio di una riforma agraria. I Bolscevichi, ' rimasti al di fuori del piccolo circolo armonico dei go• vernanti, perseguitati come bestie feroci; le prigioni piene di • ·delinquenti • politici; molte centinaia di p1:o. letari trucidati nelle dimostrazioni; élecinA di migliaia Biblioteca Gmo B,anco

- 30 - di soldati ammutinati giustiziati al fronte, spinti alla battaglia con le mitragliatrici. In breve, la più completa bancarotta delta • collaborazione • che fece dei Menscevichi e Socialrivoluzionari gli spregiati prigionieri e lacchè della borghesia e dei suoi partiti. Nella Germania •rivoluzionata•, la • collaborazione• si prese corpo economicamente nella • comunione di lavoro• dei rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro • con pari diritto •; politicamente, nei Governi di coalizione, cui i socialdemocratici maggioritari partecipano apertamente o li appoggiano di sottomano. In realtà, la • collaborazione • politica fra proletariato e borghesia cominciò subito doi,o la rivoluzione del novembre 1918; e non solo mediante il palese tradimento deJla causa rivoluzionaria perpetrato da Ebe~·t e da Scheidemann, ma anche mediante l'attiva e passiva complicità di Haase e Dittmann. Cominciò con la rinunzia alfa, dittatura del proletar~ato, alla demolizione dell'antico sistema borghese di dominio e di amministrazione, alla formazione dei Consigli rivoluzionari del popolo lavoratore; cominciò con la consegna del potere all'.Assemblea nazionale, ciò che nelle circostanze d'allora equivalse a consegnarlo alle classi possidenti e sfruttatrici. La forma piena della • collaborazione • politica fu il Governo di coalizione con o senza i socialdemocratici maggioritari e i dirigenti sindacali come ministri. La • collaborazione • politica degli Scheidemann cominciò dall'alleanza con la demon·azia piccoloborghese, coi democratici e col centro, e ha messo capo al patto con la grande borghesia. Il Congresso tenuto dai socialdemocratici maggioritari a Goerlitz ha consacrato fondamentalmente la governante •collaborazione•, che deve riunire quanto va da Srheidemann, attraverso Stresemann, fino a Stinnes, l'imperatore senzà corona Biblioteca Gino Bianco

- 31della Germania. E anche nella socialdemocrazia indi• pendente gli Hilferding e i Breitscheid non vedono l'ora di partecipare anch'essi all'onore e alla potenza di una tale • collaborazione •. I frutti della • collaborazione• ? Il risorgere e l'affer• roarsi su tutta la linea del dominio di classe della bor• ghesia. Non il menomo tentativo di attuare la promessa socializzazione.dell'oconomia; la camionatura della legge sui Consigli di fabbrica, che trasforma i Consigli, da· mandatari rivoluzionari degli operai e degli impiegati, in istrumenti degli sfruttatori; diminuzione delle mercedi, prolungamento degli orari di lavoro e in pari tempo disoccupazione e orario ridotto; minaccia di una legisla• zione ostile agli operai, volta a sopprimere la giornata di otto •ore e a imbavagliare il diritto di sciopero; le masse esaurite e tuttavia depredate da fabbricanti, agrari, speculatori e strozzini;, il Governo che dà modo ai profittatori e agli speculatori di guerra di eludere le imposte, e infuria spietataniente con le tasse contro gli operai e gli impiegati, c_ontrola povera gente. E inoltre; nel 1919, l'assassinio di Carlo Liebknecht, di Rosa Ln· xemburg, di Leo Jogisces, 'cli altri campioni della rivo• luzione ; il ma..:ello di 15,000 operai rivoluzionari per ordine del • collaborante • Noake; nel 1920: da 5 a 6000 combattenti riYoluzionari uccisi come ringraziamento per avere gli operai abbattuto i ribelli monarchico-mi• Jitaristi di Kapp e salvato il Governo della • collabo• razione , e la repubblica borghese; nel 1921: centinaia e centinaia di proletari giustiziati e assassinati nella Germania centrale e in altri distretti. Nei tre anni del trionfo della collaborazione: lo stato d'assedio ora qua, ora là; incessante lavoro della giustizia di classe borghese, intensificato fino a diventare terrorismo giudii,iario bianco; decine e decine di migliaia di anni di B blioteca Gino Bianco

······ ··· ········· .. •••••••••····•••• .. •••••••••••••••••~••.,w.,•• .... ••••••••---••"u•"•• .. •••• .. ••• .. •••"•••"•""''••···•••••••••"•••"•••••u•••..., - 32 - prigione e di reclusione per i lottatori e le lottatrici della rivoluzione. Il risultato complessivo: la • collabo• razione •, foglia di fico per la più brutale dittatura di classe della borghesia. Questa prospettiva, può sedurre il Partito socialista, il proletariato italiano? Del resto, il principio di attuazione che la • collaborazione • di governo ebbe con l'azione di Bissolati non è certamente tale da incoraggiare a continuare per questa via, e ad al• lontanarsi dalla lotta di classe proletaria e rivoluzionaria. Il proletariato russo, grazie a.Il' opera illuminatrice del Partito dei bolscevichi, dei comunisti, ha tratto sol• lecitamente il suo ammaestramento dallo splendido tempo della • collaborazione • sotto Kerenski. Esso ha capito che non deve dividere il potere politico eon le classi possidenti e sfruttatrici, ma che deve prenderlo tatto nel suo forte· pugno; che non può acquistare que• sto potere per mezzo della democrazia borghese, attra• . , verso l' • affare • parlamentare e politico, ma deve con• quistarlo con la lotta tenace, ardente, corpo a corpo col nemico, deve strapparlo alla borghesia. Il proletariato russo ha instaurato la sua dittatura col regime soviettistico, come indispensabile condizione preliminare per abbattere il capitalismo e giungere, con lo sviluppo della società comunistica, all'ordinamento sociale senza dominio di classe e senza sfruttamento. Certo: l'eroico prol~tariato della Russia soviettista non è ancora riuscito a schiacciare completamente il nemico. Incontestabilmente, esso sopporta un peso quasi schiacciante di doverie di miserie. Ma quello che opera con la spada e con la cazzuola nei suoi sforzi sovrumani, e quello che soffre e sopporta, lo fa spontaneamente in servizio della sua liòertà, e 1,10n già lavora da schiavo per l'utilità e il piacere di signori sfruttatori e tormentatori. E le dure sofferenze di questo periodo di transizione, i tentativi 8101oteca Gino Blètr•co

- 33e le prove per costituire il nuovo ordinamento, le concessioni ai contadini e capitalisti e Governi stranieri, non sono affatto la • maledizione dei metodi e dei sistemi assurdi , dei dirigenti bolscevichi, come vanno cianciando tutti i traditori e i paurosi della rivoluzione, annidati nel campo operaio dell'Europa occidentale. Queste sono le conseguenze delle circostanze storiche, tra le quali il proletariato russo dovette fare la sua rivolnzione, se non voleva rinunziare a questa e alla sua liberazione. Sono anche in parte la • maledizione • della paura che hanno della rivoluzione i proletari dell'Europa occidentale e i loro capi traditori o di corta veduta. Lo Stato operaio e contadino russo è pur sempre circondato da paesi dominati dal capitalismo. In nessuno di essi il proletariato ha ancora potuto obbligare la borghesia a rinunziare a lavorare con la perfidia e la più brutale violenza per l'annientamento della Russia soviettista. Gli Stati sfruttatori, profondamente scissi da contrasti economici e di politica mondiale, sono però uniti nel loro odio, nella loro voglia di scannare la Russia Soviettista, madre patriae asilo della rivoluzione proletaria. Il proletariato italiano ha dimostrato una viva, fmpulsiva comprensioné della rivoluzione russa, e un im• petuoso entusiasmo per l'ordinamento soviettistico; ha dato prova di una solidarietà ammirabile, esemplare, verso gli operai e i contadini russi sofferenti e lottanti. Ora bisogna completare la solidarietà fraterna con l'a- :1Jionepolitica. Questa azione politica non consiste già i{i un qµalche bel gesto rivoluzionario, di romantica rivoluzionaria avventata e anarcoide; ma bensl nell'avanzare, con piena coscienza dei fini e dei mezzi, sulla strada della rivoluzione proletaria. Il primo passo importante su quest'avanzata sta oggi nel riconoscere e decidere che il Partito socialista italiano non vuole la 3-X B bl1oteca Gino Bianco

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