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Giampietro Berti

L'abbandono dell'anarchismo (2. parte)

(continuazione da qui)

Quella di Malatesta è dunque una risposta ideologica: volendo cambiare radicalmente sistema, avrebbe infatti lui "l'onere della prova". E poiché questa prova è impossibile darla, egli non può che offrire la sua incrollabile speranza: «Io non ho mai detto che l'Anarchia, specie nei primi tempi, sarà l'Arcadia o l'Eldorado. Vi saranno purtroppo guai e difficoltà inerenti all'imperfezione ed al disaccordo degli uomini; ma se v'è probabilità che i mali sieno minori che in qualsiasi regime autoritario, ciò mi basta per essere anarchico». Dal momento che, in effetti, non è in grado di portare altri argomenti, la sua conclusione non può che essere questa: «Tutto dipende dalla volontà degli uomini» (39).
L'ennesima e ultima risposta di Merlino tocca il tasto personale del contrasto con il suo antico compagno che lo aveva tacciato di «reazionario » e «parruccone». Merlino ha compreso l'impossibilità di continuare a discutere, dato, appunto, che la differenza è tra fede e non fede.
Risentito, accusa Malatesta di slealtà: «Malatesta non so se lo fa ad arte, ma sente che se riesce a farmi credere reazionario da' lettori del suo giornale, egli toglie ogni credito ai miei argomenti, e se anche io ho ragione ed egli ha torto, tutti daranno torto a me e ragione a lui» (40).
Come si vede, è la fine della discussione, che Malatesta formalmente chiude con altri due interventi dove ribadisce i soliti concetti e specifica che la sua non è acrimonia personale nei confronti dell'antico compagno di lotta (41).

3. La lotta per le libertà costituzionali
Il dissidio con Malatesta non impedì certo a Merlino di difenderlo pochi mesi dopo nel famoso processo per i fatti di Ancona del gennaio 1898 (42). Il processo, che si svolse nella città marchigiana dal 21 al 28 aprile dello stesso anno, era diretto contro Malatesta, Adelmo Smorti, Rodolfo Felicioli e altri sei anarchici. L'accusa, per tutti, era di associazione a delinquere, e per Malatesta anche quella di aver istigato alla disobbedienza della legge e all'odio fra le classi sociali. Insieme a Merlino, nel banco della difesa, sedevano anche Pietro Gori ed Enrico Ferri. Nella sua arringa difensiva, tutta ispirata ai principi delle libertà liberali, Merlino assumeva a fondamento i principi dello Stato di diritto, invitando la giuria a giudicare «con mezzi giusti e onesti» e ciò perché «il dispotismo è un coltello a doppio taglio»: seguire la strada della forza non avrebbe portato a niente. La Corte aveva il dovere di attenersi alle «leggi fondamentali dello Statuto del Regno». Non si potevano dunque perseguire reati che rientravano nella libertà di opinione, di stampa e di libera associazione politica e culturale. Oltre a tutto, violando la costituzione, accusando gli anarchici di essere «malfattori», i giudici si sarebbero posti contro il senso morale del paese (43).
Nel frattempo Merlino continuava la sua battaglia contro i tentativi reazionari di un colpo di Stato. Dopo i fatti sanguinosi di Milano del maggio 1898 pubblicava un fiero articolo di protesta contro la repressione attuata da Bava Beccaris. Affermava, con evidente esagerazione, che la causa dei tumulti popolari non poteva essere imputata al socialismo, ma alla mancanza di legalità liberale nella quale versava l'Italia. Solo il pieno ristabilimento delle garanzie statutarie e della vita politica e parlamentare, avrebbe potuto dare ordine al paese. Rivendicava infine, come titolo di merito, l'accusa che la parte reazionaria e clericale volgeva al socialismo, ossia di essere «figlio del liberalismo»; è infatti vero, egli aggiungeva (44). L'energica azione merliniana in difesa delle libertà costituzionali non sfuggì al governo. Nell'agosto il prefetto di Roma ricordava a Pelloux che fin dall'anno precedente, quando in settembre era stata istituita a Roma la Commissione permanente contro la legge sul domicilio coatto, Merlino era stato «nominato membro ed in tale qualità» aveva tenuto «varie conferenze private di un 'estrema violenza» (45). Proprio nell'ambito di una intensa campagna di stampa contro il domicilio coatto nel 1899 Merlino scrisse una serie di articoli per il rispetto dello Statuto, oltraggiato dal governo. Chiamava in causa direttamente il presidente del Consiglio Pelloux che aveva mandato 150 persone al domicilio coatto, scavalcando le leggi dello Stato (nel 1895 tra socialisti e anarchici vi erano più di 350 coatti solo a Porto Ercole). Si indignava per il fatto che la magistratura, la stampa, l'opinione pubblica tacessero: era il segno di una degenerazione profonda dello spirito liberale del paese (46). Era invece dovere «di tutti gli uomini onesti, e che godono di qualche autorità nel paese, di pronunciarsi apertamente contro così gravi e reiterate ingiustizie». A questo proposito sottoponeva ai lettori de "La Propaganda" una serie di quesiti per dimostrare che il domicilio coatto costituiva una palese violazione della legalità costituzionale (47). Bisognava fare una campagna politica per la liberazione di Galleani, Palla, Croce e tanti altri «ingiustamente perseguitati». Contro «l'ignominioso istituto del domicilio coatto» tutti i partiti popolari dovevano lottare per la sua soppressione perché questa misura repressiva era «la più grave violazione dello Statuto» (48). A tale proposito chiamava in causa anche Andrea Costa, sollecitandolo ad una energica azione parlamentare (49). Sempre nella logica di questa lotta per la difesa delle libertà costituzionali, va interpretata anche un'altra sua importante iniziativa. Come è noto, nel febbraio del 1899 Luigi Pelloux presentava alla Camera una serie di leggi eccezionali limitatrici della libertà di stampa, di pubblica riunione e d'organizzazione politica (50). La reazione dell'estrema sinistra fu violentissima, tanto che questi progetti legislativi vennero combattuti con l'arma dell'ostruzionismo parlamentare. In questo drammatico contesto, Merlino, con i giornalisti Edoardo Arbib e Andrea Cantalupi, diede alle stampe un importante Memoriale diretto al parlamento. In esso, scritto per incarico della presidenza dell'Associazione della stampa periodica italiana, constatava «con profonda amarezza» la proposta di un disegno di legge contro la libertà di stampa che già era sottoposta a limitazione. Rispetto a questo tentativo di «menomare la più preziosa delle libertà politiche», bisognava ribadire il valore delle libertà tanto più in considerazione del fatto che ora in Italia «nell'animo di molti è penetrato un eccessivo sentimento di pusillanimità». Occorreva salvare «le nostre libere istituzioni», capire che i disordini sociali e politici erano «inerenti alla libertà stessa», costituivano il prezzo che bisogna pagare per essere liberi. Era necessario, altresì, ricordare che anche per il passato vi era stata una stampa sovversiva, senza che per questo vi fosse censura.

«Niuno ignora il memorabile distacco avvenuto nel 1852 del conte di Cavour dal Menabrea, dal Revel e dal Balbo, questi volendo leggi restrittive per la stampa, e quegli gargliardamente opponendovisi. Fu codesta separazione che permise in Piemonte la formazione di un grande partito liberale, mercè del quale quel nobile paese, dall'opprimente bassura del 1849 e 50, si sollevò fino alle sublimi altezze del 1859 e 60 [ ... ] Orchi oserà negare che il conte di Cavour fosse nel vero e nel giusto, quando, lasciata in disparte ogni disquisizione teorica, la storia ci mostra che bastarono pochi anni di quel regime di libertà di stampa, perché la monarchia e lo statuto apparissero non più soltanto ai piemontesi, ma alla grandissima maggioranza degli italiani, gli strumenti indispensabili della redenzione?» (51).

È addirittura inutile sottolineare qui l'enorme capovolgimento rispetto alle tesi di 8 anni prima, esposte in L'Itali e te/le qu' elle est, dove, come abbiamo visto, la condanna della "piemontizzazione" della penisola era stata senza appello. Ora Merlino fa proprie le libertà nate dal Risorgimento. Non è vero, egli continuava, che la libertà di stampa porti alla disgregazione politica, alla sovversione e alla perdita delle libertà statutarie. «È vero per l'appunto il contrario». Dopo aver ricordato che dal 1 luglio al 4 ottobre erano stati eseguiti 131 sequestri di giornali, affermava che «in nessuno dei paesi civili d'Europa» si poteva annoverare «un così gran numero di processi e di condanne per reati di stampa». L'Italia stava facendo una pessima figura rispetto agli altri paesi liberali europei:

«il danno e il pericolo non tanto risiedono nel valore intrinseco delle proposte che si mettono innanzi, quanto nel fatto stesso della persecuzione, comunque larvata [...] se mai dunque voi consentiste a fare il primo passo in questa malaugurata via della repressione, sareste irrevocabilmente tratti a percorrerla sino alla fine, e a distruggere col vostro voto sino le ultime vestigia della libertà della stampa».

Contro l'ipotesi di affidare ai magistrati funzioni improprie, come quella della facoltà di infliggere pene che nessun codice contemplava, concludeva con questo appello: «respingete, ve ne preghiamo, quella infausta proposta, flagrante negazione delle più pure ed istruttive tradizioni del nostro risorgimento!» (52).
Dall'insieme di tutte queste posizioni si può dunque vedere come la lotta per le libertà costituzionali porti definitivamente Merlino nel campo riformista. Il suo socialismo non è più un esito necessario della storia, ma una conquista faticosissima la quale implica il coinvolgimento delle masse popolari attraverso la strada di una maggior fortificazione della democrazia parlamentare. In questo senso deve essere vista la sua battaglia contro l'involuzione autoritaria dello Stato liberale per difendere apertamente «l'intangibilità della Costituzione» contro tutti i rigurgiti reazionari, tanto da dichiararsi un «conservatore» che vuole preservare l'eredità risorgimentale. Ammonisce pertanto la classe dirigente da ogni tentazione autoritaria perché nessun governo costituzionale può «neppure in caso di necessità, ancor meno col pretesto della necessità suprema, violare la legge e lo Statuto». È una difesa così forte della legalità che arriva a distinguere l'ambito dello Stato dal quello del governo, laddove dichiara che nemmeno la maggioranza parlamentare può cambiare le leggi costituzionali. Afferma infatti: «Se la maggioranza de' cittadini è della parte del governo, che bisogno c'è di violare la legge e la Costituzione? E, d'altra parte, se si concede al governo la facoltà di violare la legge e la Costituzione, come si farà a sapere se la maggioranza dei cittadini è dalla parte del governo?». Insomma, lo Stato non può difendersi dai pericoli di sovversione andando contro le sue stesse leggi; esso infatti non è «autore, ma creatura del diritto».
D'altra parte se il governo ricorre a mezzi straordinari per reprimere il dissenso, allora vuol dire che si è rotto il patto fra popolo e Stato. Si tratta, come si vede, di una tesi che esalta le libertà liberali al loro limite estremo; tesi tuttavia politicamente difficile, in quanto pone la fonte della sovranità popolare in una dimensione molto problematica: da un lato si invoca la validità del sistema parlamentare, dall'altro non si ammette però che i rappresentanti eletti dal popolo possano avere poi quel potere di cambiare le leggi che il popolo stesso ha loro conferito, come, ad esempio, quello di dare maggiore forza all'esecutivo. In tutti i casi, quello di Merlino è un garantismo aprioristico, fondato non su una considerazione storico-politica della democrazia parlamentare, ma su una concezione archetipa - e quindi assolutizzata - della democrazia stessa (53). 
Nel quadro della lotta per le libertà statutarie, va vista pure la sua battaglia per la fusione di tutte le forze popolari, tanto che il 22 maggio 1900 arriva a scrivere una lettera aperta agli anarchici invitandoli, in occasione delle elezioni politiche generali che si sarebbero tenute a giugno, a votare il nome di Malatesta onde conferirgli l'immunità parlamentare sottraendolo così alla condanna del domicilio coatto (54).
L'azione di Merlino era insomma ancora rivolta ad unire tutte le forze progressiste per far fronte ai tentativi reazionari, ma, come annotava giustamente il prefetto di Roma, essa non ebbe successo: «egli ingaggiò qui una battaglia titanica diretta ad ottenere la fusione di tutte le forze sovversive di qualsiasi colore e gradazione in un solo fascio. In tale battaglia combattuta per oltre un anno, egli fu solennemente sconfitto [...]. Le fasi per cui la lotta è dovuta passare, hanno alla fine reso il Merlino un solitario, dappoiché il suo programma di fusione, non essendo riuscito accetto completamente [...] gli ha fatto perdere l'incondizionata fiducia degli anarchici e la benevola spettativa dei socialisti e dei repubblicani» (55). Non venne meno comunque la sua disponibilità ad assumere la difesa di anarchici e di sovversivi in alcuni processi. Nel marzo del 1900 la questura romana annotava che «Saverio Merlino, che parte per Teramo perché testimonia nel processo dei complici di Acciarito, chiamò presso di sé alcuni suoi amici onde gli diano dei soldi da portare a quegli accusati perseguitati dalla polizia [...] Questo era lo scopo dell'adunanza di ieri sera in Foro Traiano e si raccolsero ben 32 lire a beneficio degli imputati» (56). Si trattava del processo contro i presunti complici di Pietro Acciarito, attentatore del re, svoltosi nel marzo 1900 a Teramo. Gli imputati Pietro Colabona, Cherubino Trenta, Aristide Ceccarelli, Ernesto Diotallevi, Federico Gudino, Ettore Sottovia, Umberto Farina e Ettore Varagnolo, erano stati ingiustamente accusati da Acciarito, che aveva fatto i loro nomi in seguito a pressioni illecite della polizia. Altri dibattimenti lo videro difensore a Genova e a Napoli (57).

4. La difesa di Gaetano Bresci nella difesa dello Stato di diritto
Il processo più clamoroso, che appassionò tutta l'Italia, fu quello riguardante Gaetano Bresci, l'anarchico che la sera del 29 luglio 1900 uccise con tre colpi di pistola il re Umberto I (58). 
Alla vigilia del processo, Bresci, a cui era stato designato d'ufficio l'avvocato Luigi Martelli, noto penalista milanese, chiese un avvocato di fiducia e a tale proposito nominò Filippo Turati, il quale si trovò così in un grave imbarazzo: se avesse accettato, avrebbe dato corda alla parte reazionaria del paese che lo accusava, del tutto a torto, di connivenza con gli anarchici; se avesse rifiutato, avrebbe avuto le critiche dell'estrema sinistra, la quale sicuramente lo avrebbe tacciato di vigliaccheria (59). Prima di decidere, tuttavia, il capo dei socialisti italiani chiese un colloquio con il regicida. Il colloquio, che risultò chiarificatore ai fini della rinuncia (60) si svolse nella mattina del 18 agosto 1900. È da presumere, senza ombra di dubbio, che fu Turati a convincere Bresci a scegliersi un difensore ideologicamente più affine. Pertanto, fu lui a proporre il nome di Merlino, impegnandosi a convincere quest'ultimo ad accettare l'incarico (61). La stessa drammatica situazione si presentò quindi a Merlino, che tuttavia accettò immediatamente. Nominato ufficialmente soltanto due giorni prima del dibattimento (62), fu costretto a studiare le carte processuali di notte, nel treno che da Roma lo portava a Milano. Arrivato nella città lombarda, ebbe appena il tempo di conferire con Bresci e con l'avvocato Martelli. A Milano concesse un 'intervista al "Corriere della Sera", che fu pubblicata alla vigilia del processo (63).
Il processo segnò un momento cruciale della sua vita: il regicida proveniva da Paterson, una cittadina americana dove risiedeva una forte comunità di anarchici italiani che certamente non erano rimasti immuni dalla propaganda incendiaria che Merlino, anarchico rivoluzionario, aveva svolto di persona solo 8 anni prima, quando si era recato negli Stati Uniti.
Ora egli si trovava a difendere chi, come Bresci, aveva portato alle estreme conseguenze alcuni impliciti insegnamenti del sovversivismo più estremo. La difesa di Merlino fu tutta improntata al garantismo liberale e alla individuazione delle cause che avevano condotto il tessitore di Prato al delitto. Innanzi tutto si trattava di contrastare il clima di vendetta che aleggiava nel processo e che aveva portato alcuni giornali e circoli reazionari a chiedere un giudizio sommario. Occorreva invece non «trasandare alle esigenze della legge» e «serbare in tutte le circostanze, anche nelle più gravi, la nostra calma e la nostra dignità», dare «al mondo civile la prova che sappiamo rispettare i diritti della giustizia».
Era dunque sbagliato pensare di reprime il delitto con i verdetti eccessivi, con le condanne atroci (64). Giustamente Merlino faceva poi osservare che il regicidio non era nato con l'anarchismo, pertanto uccidere i sovrani non poteva essere considerato di per sé «un principio anarchico». «Il regicidio, molto prima che fosse praticato dagli anarchici, e notate bene, da alcuni anarchici soltanto [...] è stato praticato da tutti gli altri partiti». Precisava inoltre, con buon senso, che «ammazzare un uomo, sia un re, sia un capo di governo qualsiasi», non può risolvere nessun problema sociale (65). 
Dove però Merlino errava completamente era nella spiegazione storico-politica dell'attentato di Monza perché egli tentava di individuare la genesi della violenza anarchica solo nel clima reazionario di fine secolo, senza ricordare che una parte della stessa ideologia libertaria si prestava a interpretazioni assai estremistiche. A suo giudizio, gli anarchici italiani erano maggiormente dediti agli attentati perché risultavano più poveri e miserabili. Una strutturale arretratezza aveva, in generale, portato la popolazione a «personificare il governo dello Stato nel re». E questa, paradossalmente, era una convinzione alimentata dai circoli reazionari e dalla propaganda assolutista, che voleva il re sciolto dai vincoli costituzionali e perciò unico responsabile di tutto. Osservazione, quest'ultima, perfettamente azzeccata, la quale però era seguita dall'erronea affermazione che imputava alla violazione dello Statuto e alla creazione di tribunali speciali da parte delle classi dirigenti più retrive, le cause del regicidio.

«Noi siamo usciti dal terreno delle libertà, abbiamo ricorso alle violenze. Si! Il governo ricorse alla violenza; e non dovete meravigliarvi se l'esempio della violenza, venendo dall'alto, ha provocato una reazione al basso della società, se c'è stato chi ha creduto ad un'altra necessità, a quella cioè di opporre alla violenza del governo la violenza privata». «Questo è il fattore politico della delinquenza anarchica in Italia» (66)

Una spiegazione, questa, che reggeva solo in parte, perché come spiegare allora quello che era successo in Francia qualche anno prima? Basti pensare che in quel paese gli attentati anarchici si erano dispiegati con una virulenza molto maggiore. Come dar conto infatti di Ravachol, di Henry, di Vaillant? La Francia non aveva certo uno Stato reazionario; anzi, in essa la tradizione liberale e costituzionale era certamente più salda e più diffusa che in Italia. Merlino portava l'esempio dell'Inghilterra, in cui gli anarchici potevano svolgere la loro propaganda pacificamente, ma si dimenticava ancora una volta di dire che l'anarchismo inglese era assai diverso da quello italiano.

L'arringa difensiva di Merlino, che chiese le attenuanti della pena nel vano tentativo di strappare Bresci dall'ergastolo, si chiudeva comunque con un' esplicito elogio della democrazia politica e con la negazione, per principio, di ogni giustificazione alla ribellione violenta delle minoranze rispetto alla volontà delle maggioranze:

«io sono il primo a riconoscere [...] che il delitto politico non abbia in sé un vero contenuto morale; perché non si ha il diritto di insorgere contro la volontà della maggioranza della nazione e di imporre un mutamento di regime colla violenza. Questo deve essere riconosciuto in qualunque regime politico, anche domani se ne avessimo un altro, puta caso, il socialista. È necessario che coloro i quali hanno opinioni contrarie al vigente ordinamento dello Stato, facciano valere le loro opinioni, guadagnino il consenso universale, e s'impongano. Questo però importa che si consenta una tale propaganda. Per impedire il delitto politico non vi è che un solo metodo: libertà per tutte le opinioni. Quando negate libertà a certe opinioni, quando voi maggioranza commettete abusi ed ingiustizie, allora necessariamente inducete la minoranza ad uscire anch'essa dal terreno della legalità, a violare in voi quella libertà che violate in essa» (67). 


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su Francesco Saverio Merlino


NOTE

1. Su Colajanni cfr. S.M. Ganci, Colajanni, Napoleone, in Dizionario biografico degli italiani, voi. XXVI, Roma· 1982, pp. 681-688; Id., Democrazia e socialismo in Italia. Carteggi di Napoleone Colajanni: 1878-1898, a cura di S.M.Ganci, Milano 1959, pp. IX-LXII; Id., Profilo di Napoleone Colajanni (dagli esordi al movimento dei Fasci dei lavoratori), "Rivista storica del socialismo", II (I 959), pp. 25-60; Napoleone Colajanni e la società italiana fra Otto e Novecento (Atti del Seminario di Studi, Enna, 3-6 giu. 1982), Palermo 1983. ;r
2. Cfr. per questo R. Rocker, Pionieri della libertà, Milano 1982, pp. 17-67.
3. F.S. Merlino, Amministia o giustizia?, "Rivista di politica e scienze sociali", I (15 mag. 1896), p. 330. Cfr. pure Papa, Per una biografia intellettuale ... , pp. 108-110.
4. L. V., Un'intervista con F. S. Merlino. Il congresso di Londra, "Il Pungolo Parlamentare"(Napoli), 9-10 lug. 1896. Come è noto al congresso di Londra gli anarchici furono definitivamente estromessi dalla Seconda Internazionale: Cole, Storia del pensiero socialista, III, 1, La Seconda Internazionale ... , pp. 40-49; A. Kriegel, Le Internazionali Operaie (1864-/943), Messina-Firenze 1973, pp. 42-43. L'espulsione degli anarchici fu sostenuta in gran parte da H.M. Hyndman, il quale motivò la decisione ricordando i precedenti polemici avvenuti proprio con Merlino nei due scontri di Parigi e di Bruxelles: cfr., ad esempio, Full report of the lnternational Workers'Congress, London 1896, p. 6; Der Londoner Kongress. Zur Beleuchtung der Vorgiinge auf demselben, Berlin 1896, p. 15; "Musée Social"(Paris), 17 septembre 1896; "Le Peuple"(Paris), 30 juillet 1896; "Le Temps"(Paris), 30 juillet 1896; "Justice"(London), july 28,1896.
5. F.S. Merlino, Democrazia e socialismo, "Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali", II (1896, 15 nov.), pp. 165-167. Proprio negli stessi giorni chiarirà ulteriormente il suo pensiero in una lettera a Celso Ceretti: «io non intendevo né intendo di proporre un fascio co' democratici - od una simile combinazione ibrida. Quello che mi sta a cuore è che 1) si smetta di fare della metafisica, dall'occuparsi di futuri contingenti, mentre tanta gente soffre e aspetta; 2) che non si faccia del socialismo settario, ma a larga base, comprendendovi tutte le aspirazioni e rivendicazioni che menano ad un regime di fratellanza e di giustizia; 3) che non si rimanga inerti davanti alle usurpazioni del governo, che non si lasci compiere impunemente "l'eccidio delle nostre libertà", - e siccome in questa lotta per la libertà potremmo avere alleati anche tra quelli che non sono ancora socialisti, non respingasi questa alleanza - che non implica compromesso nei principi»: Merlino a Ceretti, 19 nov. 1896, ora in appendice a Masini, Storia degli anarchici italiani nelI' epoca degli attentati ... , p. 240. Sull'opposizione repubblicana e radicale del tempo: F. Papafava, Dieci anni di vita italiana (1899-1909), Cronache, Bari 1913, pp. 1-50; S. Merli, La democrazia" radicale" in Italia ( 1866-1898), "Movimento operaio", VII ( 1955), pp. 31-64; C. Morandi, I partiti politici nella storia d'Italia, con prefazione di G. Spadolini, Firenze 1963, pp. 48-49; A. Galante Garrone, I radicali in Italia (1849-1925), Milano 1973, pp. 320-359; M. Sagrestani, Italia di fine secolo. La lotta politico parlamentare dal 1892 al 1900, con prefazione di L. Lotti, Bologna 1976; Spadolini, L'opposizione laica nelI'Italia moderna ... , pp. 140-147; Carocci, Storia d'Italia dall'Unità ... , pp. 111-120.
6. F.S. Merlino, Parlamentarismo, "Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali", III (1897, 30 dic.), pp. 227-229.
7. F.S. Merlino, La conferenza proibita. Democrazia-Socialismo-Anarchia, Roma 1897, pp. 3, 7-8, 10, 12-14.
8. F.S. Merlino, L'evoluzione sociale, "Per l'idea", supplemento mensile letterario al "Grido del Popolo"(Torino), l gen. 1897. Cfr. P. Spriano, Socialismo e classe operaia a Torino dal 1892 al 1913, Torino 1958, pp. 61-64, 83.
9. Su questa polemica cfr. Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia ... , pp. 106-111; A.M. Bonanno, Introduzione, in E. Malatesta-F.S. Merlino, Anarchismo e democrazia. Soluzione anarchica e soluzione democratica del problema della libertà in una società socialista, Catania 1974, pp. 7-25 e passim; Masini, Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati ... , pp. 89-93; S. Arcangeli, Errico Malatesta e il comunismo anarchico in Italia, Milano 1972, pp. 189-196; M. La Torre, Malatesta e Merlino. Un dibattito su anarchismo, democrazia e questione criminale, "Materiali per una storia della cultura giuridica", XIV ( 1984), pp. 125-162; Landi, Malatesta e Merlino dalla Prima Internazionale ... , pp. 149-153.
10. F.S. Merlino, Al partito socialista (lettera al direttore), "Il Messaggero"(Roma), 29 gen. 1897 ora in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... pp. 31-32.
11. Merlino, Al partito socialista ... , p. 32.
12. Merlino, Socialismo o monopolismo? ... , p. 269.
13. E. Malatesta, Lettera al direttore, "li Messaggero"(Roma), 7 feb. 1897 (la lettera era datata Londra, 2 febbraio: l'indicazione però era falsa perché Malatesta a quel tempo si trovava già clandestino in Italia, precisamente ad Ancona), in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 34-35.
14. Malatesta, Lettera al direttore ... , pp. 36-37.
15. F.S. Merlino, Anarchici e socialisti nelle elezioni politiche (lettera al direttore), "Il Messaggero"(Roma), IO feb. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 39-43.
16. Merlino, Anarchici e socialisti ... , p. 44.
17. Merlino, Gli anarchici e le elezioni, "Avanti!"(Milano), 9 mar. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia .. , pp. 46-54. Questa pubblica dichiarazione di Merlino risultò rafforzata dalla lettera che Bemard Lazare gli diresse e che fu pubblicata sempre nello stesso giornale qualche giorno dopo: Una lettera di Bernard Lazare, "L'Avanti!" (Milano), 19 mar. 1897.
18. Merlino, Gli anarchici e le elezioni ... , pp. 54-60.
19. E. Malatesta, L'espediente delle candidature protesta, "L' Agitazione"(Ancona), 14 mar. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 61-64. Su questo importante periodico anarchico: Bettini, Bibliografia dell'anarchismo, I, 1, Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana ... , pp. 128-131.
20. E. Malatesta, Anarchia e parlamentarismo: risposta a Saverio Merlino, "L'Agitazione"(Ancona), 14 mar. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 65-72. Pochi giorni prima, in una lettera a Celso Cerretti, aveva scritto con grande lucidità: «Ho appreso con molto piacere che tu avevi già tentato di arrestare il Merlino sul pendio in cui si è messo[ ... ] Il giudizio tuo offre certamente delle garanzie di serenità e di indipendenza morale che forse Merlino non riconosce a quello mio e degli altri anarchici militanti. Ma mi pare che Merlino è sulla china proprio sul serio e che andrà molto più lontano in fatto di parlamentarismo di quello che crede egli stesso»: Malatesta a Ceretti, 23 febbraio 1897, ora in appendice a Masini, Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati ... , p. 241.
21. E. Malatesta, Maggioranze e minoranze (lettera al giornale), "L' Agitazione"(Ancona), 14 e 21 mar. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 73- 79. Cfr. per questo le osservazioni critiche di La Torre, Malatesta e Merlino ... , pp. 129-I 30, 145-149 che, partendo da alcune specifiche osservazioni di Bobbio (N. Bobbio, La regola di maggioranza: limiti e aporie, in Democrazia, maggioranza e minoranze, Bologna I 981, pp. 39-40), di Fagiani (F. Fagiani, Leviathan contro Behemoth: costruzione e dissoluzione dei corpi politici, "Materiali per una storia della cultura giuridica", XI (1981), p. 265) e Berg (E. Berg, Democracy and the Majority Principle. A Study in Twelve Contemporary Politica/ Theories, Stockholm 1965, p. 159), minimizza, secondo noi a torto, il valore simbolico e ideologico della procedura maggioranza-minoranza, riducendola a mero "espediente tecnico".
22. F.S. Merlino, Da una questioni di tattica ad una questione di principii, "L'Agitazione"(Ancona), 28 mar. 1897.
23. E. Malatesta, Società autoritaria e società anarchica, "L' Agitazione"(Ancona), 28 mar. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 90-96.
24. F.S. Merlino, Poche parole per chiudere una polemica, "L' Agitazione"(Ancona), 19 apr. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 97-101. Si vedano le considerazioni di La Torre, Malatesta e Merlino ... , pp. 133-135.
25. E. Malatesta, Concezione integrale dell'anarchia, "L' Agitazione"(Ancona), 19 apr. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 102-108.
26. E. Malatesta, Incompatibilità, "L' Agitazione"(Ancona), 25 apr. I 897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 109-114.
27. Merlino riassunse parte dello scontro tra lui e Malatesta per i lettori della rivista milanese: F.S. Merlino, Sul modo d'intendere il socialismo anarchico, "Critica sociale"(Milano), I mag. 1897; e Turati, postillando l'articolo, osservava che «cotesto dialogo fra i due più noti e intelligenti anarchici italiani» dimostra come sia impossibile superare il criterio democratico della maggioranza, da loro stessi ammesso come indispensabile. Osservava inoltre che, dal punto di vista anarchico, risultava più coerente Malatesta di Merlino e concludeva affermando di non capire come fosse possibile perdere del tempo a discutere sulla «società futura»: «Reputammo sempre oziose le discussioni sullo "Stato futuro" collettivista. Figurarsi sullo "Stato futuro" anarchista!»: F. Turati, Gli anarchici confutati da loro stessi, "Critica sociale"(Milano), I mag. 1897.
28. F.S. Merlino, Colletivisme, communisme, socialdémocratie et anarchisme. Essai de conciliation, "Revue Socialiste", XXV (1897, juin), p. 725.
29. E. Malatesta, Non confondiamo, "L' Agitazione"(Ancona), 18 giu. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 117-118.
30. E. Malatesta, Anarchismo e democrazia, "L' Agitazione"(Ancona), 6 ago. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , p. 123.
31. F.S. Merlino, Per la conciliazione, "L' Agitazione"(Ancona), 19 ago. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 125-131.
32. E. Malatesta, Impossibilità di un accordo, "L' Agitazione"(Ancona), 19 ago. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 132-139.
33. F.S. Merlino, Lettera all'Agitazione, "L 'Agitazione"(Ancona), 26 ago. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , p. 140.
34. F.S. Merlino, Il pericolo, "L'Italia del Popolo"(Milano ), 3-4 nov. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 145-149.
35. E. Malatesta, Lo spettro della reazione, "L'Agitazione"(Ancona), 11 nov. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 150-156. L'ottimismo malatestiano circa l'effettiva possibilità politico-rivoluzionaria delle masse era eccessivo. Come è stato osservato con acutezza, «nel '98 le masse in rivolta non solo sono senza guida nel partito socialista, ma sono senza guida in senso assoluto»; l'organizzazione economica del proletariato non era sufficiente a far fronte alle esigenze di una effettiva, vera leadership politica, come richiedeva il momento: Merli, Proletariato di fabbrica ... , pp. 23, 855-856 (ma si veda anche il parere pressoché opposto: G. Barone, La nascita del proletariato industriale in Italia, "Studi storici", XIV (1973), pp. 708-709).
36. F.S. Merlino, Fra due fuochi, "Avanti!"(Milano), 24 nov. 1897, in MalatestaMerlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 157-162. Sul difficile affermarsi del sistema politico parlamentare in Italia si vedano le pagine importanti di P. Farneti, Sistema politico e società civile. Saggi di teoria e ricerca politica, Torino 197 I, pp. 115-350.
37. E. Malatesta, Ancora del parlamentarismo, "L' Agitazione"(Ancona), 2 dic. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 163-168.
38. F.S. Merlino, Uso ed abuso de/la forza (lettera alla redazione), "L'Agitazione", 16 dic. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 169-172.
39. E. Malatesta, Anarchia ... contro che cosa?, "L' Agitazione"(Ancona), 23 dic. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 173-181. Sul volontarismo toutcourt di Malatesta relativo a questo punto: La Torre, Malatesta e Merlino ... , pp. 149-150.
40. F.S. Merlino, Contrasto personale, "L' Agitazione"(Ancona), 30 dic. 1897, in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 182-183.
41. E. Malatesta, Chiarificazioni sulla polemica, "L' Agitazione"(Ancona), 30 dic. 1897; Id., Conclusione, L'Agitazione (Ancona), 13 gen. 1897, rispettivamente in Malatesta-Merlino, Anarchismo e democrazia ... , pp. 184, 185-189.
42. Sui moti di Ancona: Nettlau, Errico Malatesta ... , pp. 249-255; E. Santarelli, L'azione di Errico Malatesta e i moti del 1898 ad Ancona, "Movimento operaio", VI (1954), pp. 248-274; Id., Aspetti del movimento operaio ... , pp. 30-34; Masini, Storia degli anarchici italiani ne/l'epoca degli attentati ... , pp. 87-105; Fabbri, Malatesta ... , pp. 249-253; U. Fedeli, Momenti e uomini del socialismo anarchico in Italia. 1896-1924, "Volontà", XIII (1960), pp. 608-619.
43. Su questo processo: Una pagina di storia del partito socialista-anarchico. Resoconto del processo Malatesta e compagni, Tunisi 1898. Per l'arringa di Merlino si veda: Una pagina di storia del partito socialista-anarchico. li processo Malatesta e compagni innanzi al Tribunale Penale di Ancona e i recenti processi di Ancona e Casta/ferretti per le bombe ammaestrate, Castellamare Adriatico 1908, pp. 49-53; cfr. pure Masini, Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati ... , pp. I 00-105 e i resoconti pubblicati da "L'Agitazione" (Ancona), 21-30 apr. 1898 durante i giorni del processo.
44. F.S. Merlino, La ricerca delle responsabilità, "La Tribuna"(Roma), 16 Iug. 1898. Giustamente il direttore del quotidiano romano rispondeva a Merlino ricordandogli che anche la propaganda socialista aveva contribuito a fomentare gli animi popolari.
45. Francesco Saverio Merlino, in Masini, Biografie di" sovversivi" ... , p. 594. Il prefetto continuava: «In una di queste, fu tanta l'abilità sua nell'additare all'odio e al disprezzo dei convenuti la persona di S.E. il ministro Rudinì, che il macellaio Romeo Perni, dopo aver gridato ripetutamente abbasso Rudinì assassino, confidava ad un ristretto numero di amici che ove la legge sul domicilio coatto fosse stata approvata, avrebbe fatto al ministro suddetto quanto Angiolillo fece a Canovas del Casti Ilo».
46. F.S. Merlino, Un delitto del governo, "La Propaganda"(Napoli), 23 lug. 1899.
47. La nobile iniziativa dell'avv. Saverio Merlino, "La Propaganda"(Napoli), 20 ago. 1899.
48. F.S. Merlino, Per i coatti politici. Continuiamo!, "La Propaganda"(Napoli), 3 set. 1899. Echi appassionati di questo suo interessamento si ritrovano anche in una lettera dell'anno precedente a Nettlau, nella quale esprime la sua preoccupazione per la salute di Malatesta confinato all'isola di Ustica: Merlino a Nettlau, 7 nov. 1898, IISH, Collection Max Nettlau, Correspondence. Vi è da dire che questa campagna di Merlino a favore dei coatti politici ebbe tiepida accoglienza da parte del movimento anarchico italiano. Alcuni suoi esponenti, confinati alle isole, risposero a Merlino rivendicando la loro estrema coerenza di non chiedere nulla al governo. Cfr. "I Morti. Numero unico redatto dai coatti politici"(Ancona), 2 nov. 1899. Sull'atteggiamento degli anarchici italiani di fronte a questo problema: Dell'Erba, Giornali e gruppi anarchici ... , pp. 150-153.
49. Scrive infatti a Costa, il 2 marzo 1900, perché questi porti la voce di protesta alla Camera dei deputati circa l'arresto di tre operai socialisti che sono stati mandati a domicilio coatto; arresto del tutto immotivato, visto che partecipavano semplicemente ad una riunione politica di partito. BCI, Carte Costa, n. 2572.
50. Sull'involuzione autoritaria di fine secolo sono molte, naturalmente, le interpretazioni, alcune apertamente contrastanti: Papafava, Dieci anni di vita italiana ... , pp. 1-130; Croce, Storia d'Italia ... , pp. 213-231; G. Volpe, Italia moderna, II, 1898-1910, Firenze 1949, pp. 1-74; R. Colapietra, Il Novantotto. La crisi politica di fine secolo 1896-1900, Milano-Roma 1959; N. Valeri, La lotta politica in Italia dall'Unità al 1925. Idee e documenti, con una premessa di G. Spadolini, Firenze 1973, pp. 245-278; G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, VII, La crisi di fine secolo e l'età giolittiana, Milano 1974, pp. 11-93; Maranini, Storia del potere in Italia ... , pp. 197-229; F. Fonzi, Crispi e lo" Stato di Milano", Milano 1965, pp. 505-540; G. Manacorda, Crisi economica e lotta politica in Italia 1892-1896, Torino 1968, pp. 105° 140; L. Villari, I fatti di Milano del 1898. La testimonianza di Eugenio Torelli Viollier, "Studi storici", VIII (I 967), pp. 534-549; A. Ginzburg Rossi Doria, A proposito del secondo ministero Di Rudinì (con una lettera di Lucio Villari), "Studi storici", IX ( 1968), pp. 404-416; Id., Per una storia del" decentramento conservatore": Antonio Di Rudinì e le riforme, "Quaderni storici", IV (1971 ), n. 18, pp. 835-884; U. Levra, Il colpo di Stato della borghesia. La crisi politica di fine secolo in Italia 1896-1900, Milano 1975, pp. 121-125; E. Ragionieri, La storia politica e sociale, in Storia d'Italia, IV, 3, Dall' Unità ad oggi, Torino 1976, pp. 1830-1866; F. Gaeta, La crisi di fine secolo e l'età giolittiana (Storia d'Italia, diretta da G. Galasso, voi. XXII), Torino 1982, pp. 3-1 IO; F. Cordova, Democrazia e repressione nell'Italia di fine secolo, Roma 1983.
51. E. Arbib-F. S. Merlino-A. Cantalupi, Memoriale al Parlamento del Regno contro il disegno di legge sulla stampa presentato il 4 febbraio 1899, Roma 1899, pp. 1-5. Sulla battaglia per la difesa della libertà di stampa nella crisi di fine secolo cfr. V. Castronovo, La stampa italiana dall'Unità al fascismo, Bari 1976, pp. 135-149.
52. Arbib-Merlino-Cantalupi, Memoriale al Parlamento ... , pp. 6-14.
53. Un Conservatore [F.S. Merlino], Il diritto di legittima difesa dello Stato contro i cittadini. Lettera d'un conservatore, "Rivista critica del socialismo", I (1899), pp. 22-28. Altri successivi interventi su questa linea: Observer [F.S. Merlino], Cronache. Politica italiana, "Rivista critica del socialismo", I ( 1899), pp. 70-72; Id., Errico Malatesta coatto comune, "Rivista critica del socialismo", I ( 1899), pp. 167-170; Un Conservatore [F.S. Merlino], Il nuovo regime politico in Italia, "Rivista critica del socialismo", I (I 899), pp. 241-24; F.S. Merlino, Cronaca politica italiana. Per i coatti politici, "Rivista critica del socialismo", I (1899), pp. 750-752. Perun inquadramento d'insieme relativo all'evoluzione del pensiero democratico italiano in relazione a questi problemi: G. Galasso, Da Mazzini a Salvernini. Il pensiero democratico nell'Italia moderna, Firenze 1974, pp. 5-53.
54. F.S. Merlino, Lettera aperta agli anarchici, "L'Italia Nuova"(Roma}, 22 mag. 1900. Questa lettera venne tradotta e pubblicata in giugno nel periodico anarchico parigino "Les Temps Nouveaux", seguita da un postilla critica di Nino Samaja e da una breve sferzante risposta di Malatesta, che precisava di non aver nulla a che fare con la proposta di Merlino. Riaffermava infatti il suo convinto antiparlamentarismo: «Io considero oltraggio immeritato il semplice dubbio che io possa entrare nella carriera parlamentare»: F.S. Merlino, Lettre ouverte aux anarchistes, E. Malatesta, Réponse à Merlino, "Les Temps Nouveaux"(Paris), du 9 au 15 juin 1900. Come è noto, Malatesta, che si trovava allora negli Stati Uniti, era fuggito nel maggio dell'anno precedente dall'isola di Lampedusa dove si trovava confinato al domicilio coatto: Nettlau, Errico Malatesta ... , p. 255. Sul dibattito che seguì nel movimento anarchico alla lettera di Merlino cfr. Dell'Erba, Giornali e gruppi anarchici ... , pp. 159-167.
55. Francesco Saverio Merlino, in Masini, Biografie di" sovversivi" ... , p. 594.
56. ACSR, Ministero dell'Interno, Direzione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, 1879-1903, B. I, fase. anno 1897, f. non numerato.
57. Sull'attentato di Acciarito, che portò all'arresto di Romeo Frezzi, ucciso dalla polizia durante un pesante interrogatorio in questura, e sulle provocazioni architettate dalla stessa polizia per coinvolgere un gruppo di anarchici nell'attentato contro il re, cfr. Masini, Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati ... , pp. 107-114. Si vedano pure Alfassio Grimaldi, Il re "buono" ... , pp. 386-408; A. Coletti, Anarchici e questori, Padova 1971, pp. 51-78; M. Felisatti, Un delitto della polizia? Morte dell'anarchico Romeo Frezzi, Milano 1975. Per quanto riguarda l'azione difensiva di Merlino in altri processi, rimandiamo alle annotazioni della questura romana, la quale riferisce che il I dicembre 1900 Merlino si recò a Genova «per difendere innanzi a quel tribunale la causa contro diversi anarchici». Un anno dopo, il 26 gennaio 1901, egli fu difensore a Napoli dell' «anarchico Giovanni Gavilli che lo stesso giorno fu condannato a 10 mesi di reclusione per istigazione a delinquere». ACSR, Ministero dell'Interno. Casellario Politico Centrale, fase. Merlino Francesco Saverio, B. 3245, ff. non numerati.
58. Sull'attentato e sulla figura di Bresci cfr. Ferraris, L'assassinio di Umberto . ... , pp. 47-64; A. Meoni, Uno che passerà alla storia, "Prato: storia e arte", X (1969), pp. 7-22; Alfassio Grimaldi, Il re "buono" ... , pp. 442-471; Petacco, L'anarchico che venne dall'America . .. cit; Masini, Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati ... , pp. 141-173.
59. Del drammatico problema etico e politico vissuto in quei giorni da Turati fa fede una lettera alla sua compagna Anna Kuliscioff: «Che fare? L'impressione di molti è che sia un tiro mancino ad ogni modo, magari della Questura che abbia fatto suggestionare il Bresci. Immagina i commenti dell'Alba e della Sera. Ma poi c'è la questione della responsabilità, della pratica che ho perduto, dell'assurdo che io, che non difendo da più di 10 anni, che non difenderei neppure te o l'amico più intimo debba difendere proprio quel caro compagnone. Se il ricusare si presta a interpretazioni di viltà, l'accettare -in queste condizioni- non ha anch'esso un significato politico? Oh! che animale! Dopo aver tirato tre colpi alla monarchia, volle tirare il quarto al socialismo. Fors'anche fu una sua ispirazione spontanea. D'altronde si può abbandonare un uomo che è ricusato da tutti? [...] Ho parlato stasera con Albini, Treves, Tanzi. Tutti sono di parere che non si può rifiutare, e che questo sarebbe anche il tuo parere. Treves, anzi, il miserabile!, dice che Bresci ha fatto benissimo, e che è una bellissima cosa! Purtroppo questo pare concordi coll'intimo senso mio-, che non sia una bella cosa, ma che non si può rifiutare per quanto la mia accidia cerchi degli argomenti in contrario». Filippo Turati ad Anna Kuliscioff, 18 ago. 1900, in F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, II, Le speranze dell'età giolittiana, I, raccolto da A. Schiavi, a cura di F. Pedone, Torino 1977, pp. 7-9.
60. In una lettera a Camillo Prampolini, così Alfredo Bertesi comunicava il giudizio di Turati su Bresci: «Caro Camillo, oggi Filippo è stato quasi due ore di seguito con Bresci. È tornato a casa (io ero ad attenderlo con Treves, Romussi e altri) perfettamente smontato. L'impressione di Filippo è che Bresci sia un microcefalo, una testa non sviluppata, un incosciente. Immagina, che egli non si preoccupa della sorte che l'attende: aspetta gioioso la rivoluzione dopo l'attentato; l'aspetta ora, fra qualche mese o anno. Ha speso mezz'ora per spiegare a Filippo che gli devono aver rubato un bottoncino, che gli hanno tagliato la camicia, e una quantità di cose piccine a cui egli annette molta importanza. Non ha alcuna dottrina politica e sociale. Dice che pensò al regicidio dal '95, quando avvennero le condanne per i fatti di Sicilia; ruminò il delitto sempre, tacque per non essere segnalato. Non ha complici, inutile cercarne. Crede che sarà condannato a vita, ma che sarà liberato
dalla rivoluzione. Ha cercato Turati (forse avrebbe preferito Ferri) per sapere qualcosa di fuori: se è vero che arrestino in massa, se è vero che strozzino le poche libertà. Concludendo, Turati ha smarrito per via quella compassione che gli aveva fatto pensare di accettare la difesa». Alfredo Bertesi a Camillo Prampolini, lettera non datata, ora in R. Marmiroli, Socialisti e non, controluce, Parma 1966, pp. 203-204.
61. Nel notificare al presidente del tribunale Gatti la sua rinuncia a difendere Bresci, Turati afferma invece che fu il regicida a fare il nome dell'ex anarchico, concludendo: «E con l'esplicito e volonteroso assenso del Martelli, interrogai il Merlino, il quale accetta l'incarico, tuttochè gli sia significato»: Filippo Turati al presidente della Corte d'Assise di Milano, 26 ago. 1900, in ASM, Procedimento penale contro Bresci Gaetano ed altri, relativo al delitto di regicidio in danno di Umberto I di Savoia, Cartella 2, voi. III, n. 191. Si vedano pure i nn. 192, 194 e 195 relativi alla nomina ufficiale di Merlino quale avvocato difensore di Bresci.
62. ASM, Procedimento penale contro Bresci Gaetano ed altri, relativo al delitto di regicidio in danno di Umberto I di Savoia, Cartella 2, voi. III, nn. 192, 194, 195.
63. Alla vigilia del processo del regicida: intervista coll'avvocato Merlino, "Il Corriere della Sera"(Milano ), 28-29 ago. 1900. Cfr. pure un'altra intervista di Merlino rilasciata a "Il Giomo"(Roma), 31 ago. 1900.
64. F.S. Merlino, La difesa di Gaetano Bresci alla Corte d'Assise di Milano, Paterson 1917,pp.3,4,
65. Merlino, La difesa di Gaetano Bresci ... , p. 5,
66. Merlino, La difesa di Gaetano Bresci ... , p. 9.
67. Merlino, La difesa di Gaetano Bresci ... , p. 13. Sulla difesa di Merlino si vedano i giudizi e le osservazioni di L. Einaudi, Il nuovo difensore di Bresci (L' avv, Merlino), "La Stampa"(Torino), 31 ago. 1900, ora in Id., Cronache economiche e politiche di un trentennio 1893-1925, I (1893-1902), Torino 1964, pp. 223-224; Petacco, L'anarchico che venne dall'America ... , pp. 105-117; Galizia, Il socialismo giuridico ... , pp. 36-37; Masini, Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati ... , pp. 149-153; Papa, Per una biografia intellettuale ... , pp. 122-129.
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