Alfabeta - anno III - n. 31 - dicembre 1981

Mensile di informazione culturale Dicembre I 98 I Numero 31 - Anno 3 Lire 3.000 Printed in ltaly ltaliaooFrancia Discuterdeiletteratura Sonettdi iBalestrini Mostrie,freaks Léo Dohmen, ,, Metafora figurata)>, 1960 Canosa, DeGaudemar, Corti,CalvesVio, lponiì' ~ Barilli,Po,ta;Veca, Leonetti,Gargani Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile, 2 20137 Milano Spedizione in abbonamento postale gruppo 111/70 •l•UHtiJ:l#ibt I.a musica come scelta. :t: QJtnlioo Niccolò Castiglioni Le favole di Esopo Salmo XIX disro ITL 70082 Stereo ID-Fl • !'{.- ' • ,-_e_1':"1'fiqu~ossto =:-a_e_1 1-P. cle Gauclemar: La evoluzione francese* P. Volponi; Preclatori d'Italia R. Canosa: Balla, moclell cli convzlone * S. Yeca: Nessun pasto è gratis I E. Floranl, F. Leonettl: Un quaclemo e un.laboratorio* Cfr. , I _,._..... lis C. Fonnenti: Visitate Reblbbla * M. Corti: Il cervello multiplo · · ea mo• Testo: Racconti cliMaslronarcll (a cura cli R.. Marchi) *. Immagini: L'eros SUl'l'eCllista I •. I M. Calvesl: Le Grm:le cli Piero* V. Dehò: Mostrf e catalogo •• ·: immagini e testi di C. Romano: Su Fluxus: lineamenti* V. Bonana: Edipo.a cavallo I Aragon, Breton, Dalì, I • Bell r, Heine, Balthus, Discutere cli lettelalura (A. Gargrmi, F. Leonetti, A. Porta, R. Barill) I Prevert, Emst, Duchamp, I G•E. Simonetti: Il pasto sacro* Poesie cli N. Balestrlni e P. Valeslo Magritte~Delvaux, Buiìuel... I Giomale clei Giomal: Dal nostro Inviato ..-eclale * P. Beltettoi Freaks I Supplemendtiododicpiagine. ----------- LI u 11 otecaginobianca

Le immagini di qu~!~!t!!umero Trimestrale della Cooperativa scrittori e lettori Direttore responsabile Paolo Mauri Comitato di direzio11e Gianni Celati, Giampaolo Dossena, Gaio Fratini, Giuliano Gramigna, Angelo Guglielmi, Alfredo Giuliani, Luigi Malerba, Walter Pedullà, Antonio Porta Numero 1 • Inverno 1981 A. O'Neil, M. Corti, T. Scialoja, I. Calvino, A. Tabucchi, L. Malerba, A. Giuliani, F. Pessoa, G. Fratini, C. Villa, A. Boatto, C. Salaris, G. Celli, F. Chiesura, A. Porta, E. Rothstein, G. Almansi, E. Gorey . . ....~..I.o. ~ ~ ID auuuuamen1n Abbonamento per un anno (4 numeri) Lire20.000 Inviare l'importo~: Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2 • 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 A chi si abbona entro il 31 dicembre 1981 in omaggio il volume Pergli uccelli di John Cage (a cura di Daniel Charles) Edizioni Multhipla Abbonamento per un anno (i I numeri) Lire 25.000 inviare l'importo a: Cooperàtiva Intrapresa Via Caposile 2 • 2013_7Milano Conto Corrente Postale 15431208 ~ ~ Imrapresa matHng L'amore, l'eros, il sesso. E 111ttgi li a11nessie co11nessidel loro universo semantico: fida11zamento,matrimonio, ac:coppiamento,perversione, figl;olan• za, unio11e,separazio11e.Morte, come è ovvio. Sog110,come è evide11te. È questo il mondo delle variazio11ientro il quale oscillano le immagini prodotte da surrealisti e compagni di strada dall'epoca d'oro brétoniana fino alle successive (eforse ancora interminate) riprese del post· tardo- meta-surrealismo. Una lista di autori conosciutissimi (alcuni: Man Ray, René Magritte, Luis Buiiuel, Salvador Dafì, Jean-Jacques Lebel, Paul Delvaux, Pierre Molinier, Balthus, eccetera eccetera) e un catalogo, talora affascinante, talora repellente, talora seduttivo, talora dissuasivo, di esercizi sul tema. Ecco, «esercizi» è la parola giusta Sommario Jean-Paul de Gaudemar La evoluzione francese pagina 3 Romano Canosa Italia, modelli di corruzione pagina 5 Salvatore Veca Nessun pasto è gratis (Presente e futuro: un programma critico, di Michele Salvati; / luoghi della restaurazione, di Federico Stame; Sinistra, di Mario Tronti; Le piramidi del sacrificio, di Peter L. Berger; La società a somma zero, di Leste, C. Thurow; La libertà che cambia, di Ralph Dahrendorf) pagina 9 Maria Corti Il cervello multiplo (Lungo viaggio al centro del cervello, di Renato e Roselli11aBalbi) pagina 11 Cfr. pagine 12-13 Testo Racconti di Mastronardi a cura di Renato Marchi pagina 15 Maurizio Calvesi Le Grazie di Piero pagina 19 Valerio Dehò Mostri e catalogo (li libro dei vagabondi, a cura di Piero Camporesi; Freaks, di Leslie Fiedler; Freaks (film), di Tod Browning) pagina 20 Carlo Romano Su Fluxus: Lineamenti (Fluxus, The most radical and experimental art movement in the si.xties, di Harry Ruhé; Vostell Fluxus Zug, di Dagmar von Gottberg) pagina 21 Comunkazione ai collaboratori di «Alrabela» Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) che ogni articolo non sia più di una pagina del giornale. cioè al massimo di 7 cartelle di 2000 battute. con un'accettabilità fino a 9-1 O cartelle (dovendo altrimenti procedere a tagli e rinvii prolungati); b) che il riferimento diretto sui libri in1 u I 1u tecagin u u I et nca per definire l'insieme delle operazioni figurative che qui presentiamo (anteprima di un cospicuo lavoro· di Arturo Schwarz di prossima uscita per le edizioni Multhipla col titolo L'amore e l'erotismo. Alcune corrispondenza tra Surrealismo, Alchimia e Tantrismo). Perché di fatto, anche se non coordina• te in un progetto unificato nel tempo e nello spazio, appunto di esercizi si tratta: giochi linguistici svolti a partire da un concetto, e sviluppati nelle loro infi· nite direzioni possibili (infinite, appunto perché attuate mediante il linguaggio, e sul linguaggio, dal momento che non di «parole» si tratta ma di più complessi coacervi intertestuali). Seconda osservazione: il gioco linguistico è un divertito viaggiare sulla visione. Infatti, il tema erotico è qui sviluppato a partire dalla sua possibiliAldo Gargani Il linguaggio come scopo pagina 23 Francesco Leonetti Letteratura, rigore, rottura (Il Novecento, di Romano Luperini; Per una ipotesi di «scrittura materialistica», di AA. VV.; Dopo l'avanguar• dia, di Felice Piemontese; Le porte, a cura di Roberto Roversi e Gianni Scalia) pagina 25 Antonio Porta Il cerchio neoclassico pagina 27 Renato Barilli Sollers tal quale (Paradis • Visione a New York, di Philippe Sollers; Materia e Senso, di Julia Kristeva) pagina 28 Giornale dei Giornali Dal nostro inviato speciale A cura di lndex-Archivio Critico dell'Informazione pagina 30 Finestre Paolo Volponi Predatori d'Italia pagina 4 Eleonora Fiorani, Francesco Leonetti Un quaderno e un laboratorio pagina 6 Paolo Bertetto Freaks pagina 20 Carlo Formenti Visitate Ribibbia pagina 10 Vincenzo Bonazza Edipo a cavallo pagina 26 Gianni-Emilio Simonetti Il pasto sacro pagina 28 Poesie Nanni Balestrini Sette sonetti pagina Il Paolo Valesio La vita-in-morte pagina 18 dicati in apertura (con tutti i dati bibliografici. prezzo e pagine compresi) giunga a una sostanziale valutazione orientativa,insieme agli apporti teorici e critici dell'autore dell'anicolo sul tema; e) che. insieme alla piena leggibilità di tipo espositivo piuttosto che saggistico. sia dato dove è utile e possibile un cenno di spiegazione o di richiamo ai problemi e agli accertamenti anteriori sull'argomento o sul campo. La màggiore ampiezza dell'articolo o il suo carattere non recensivo sono sempre tàdi essere visto, scrutato, svelato (rivelazione del segreto sessuale, come nella pornografia). E però l'obiettivo finale è altro, ed è un curioso ritorno allaparola, c_ioèa dire alla possibilità di astrazione: l'eros ridiventa la pulsione universale, la macchina che mette in movimento la creatività, l'intelligenza del mondo.· La chiave allora di tutti questi testiesercizi è l'immagine di Francis Picabia: l'atto sessuale è «littérature», lette· ratura. L'eros è letteratura, e la letteratura è eros. Trionfo della parola, forgiata dalle immagini e immaginata plasticamente. Trionfo dell'intelletto, che scopre o riscopre il senso attraverso un viaggio conflittuale, di andate e ritorni e daccapo, fra concreto ed astratto, fra sesso e senso. o.e. Immagini L'eros surrealista Inserto Piccolo lessico dell'erotismo Avviso ai collaboratori (Modalità per la corresponsione dei compensi). Come già annunciato sul numero 24, tutti coloro che non avessero ricevuto compensi relativi a collaborazioni fino al numero 19 sono invitati a far pervenire, entro e non oltre il 30 dicembre prossimo venturo, i loro dati e numero di codice fiscale a: Multhipla Edizioni, Piazzale Martini 3 Milano. Invitiamo inoltre tutti a rispettare, fra le altre indicazioni della comunicazione a pié di pagina, queUa di accludere sempre agli articoli indirizzo e numero di codice fiscale; in caso contrario non saremo in grado di provvedere ai pagamenti. alfabeta mensile di informai.ione culturale della cooperativa A/fabeta Comitato di direzione Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Francesco Leonetti, Antonio Pona, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Redazione Vincenzo Bonazza, Maurizio Ferraris, Carlo Formenti, Marisa Giuffra (segretariadi redazione), Bruno Trombetti (grafico) •. Art director Gianni Sassi Edizioni Intrapresa Cooperativa èi promozione culturale Redazione e amministrazione Via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Coordinatore editoria/e Gigi Noia Composizione GDB fotocomposizione, via Tagliamento 4, Milano, Tel. 5392546 Tipografia S.A.G.E. S.p.A., via S. Acquisto 20037 Paderno Dugnano (Milano) Distribuzione Messaggerie Periodici Abbonamento annuo L. 25.000 estero L. 30.000 (posta ordinaria) L. 35.000 (posta aerea) Inviare l'importo a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale a.r.l. via Caposile 2 20137 Milano Conio Corrente Postale 15431208 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981. Direttore responsabile Leo Paola22i Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati proposti direttamente dalla direzione del giornale. perché derivano da scelte di lavoro e non da motivi preferenziali o personali.· Tutti gli articoli inviati alla redazione sono esaminati, ma la rivista si compone prevalentemente di collaborazioni su commis.sione. Il Comitato direttivo N.B. Gli articoli devono essere inviati in triplice copia. L'autore deve indicare: indirizzo. numero di telefono e codice fiscale. Sogno d'un tramonto d'autunno Testo di Gabriele D'Annunzio Regia di Mina Mezzadri Scene e costumi di Dada Saligeri con Delia Bartolucci, Carla Chiarelli, Rita Falcone, •Margareta Kraus, Manuela Massarenti, Alessandra Musoni, Viviana Niccodemo, Emiliana Perina. Da giovedì 1Odicembre a domenica 3 gennaio MICHAIL KUZMIN PIETROBURLG'OE:DUCA ZIONOEMOSSESSUADLIE UNGIOVANAEGLINIZI DELSECOLO edizioni e/o vra Monte Altissimo, 7 Roma

Laevoluzionferancese S e c'è un termine che ricorre frequentemente nei discorsi dei nuovi responsabili politici francesi, è quello di «contratto•. La recente conferenza stampa di Mitterrand - prima manifestazione politica di questo genere dal mese di maggio - ne fornisce un esempio molto eloquente. Il Presidente della Repubblica evoca, a proposito del proprio mandato presidenziale, il «contratto a lungo termine• cbe lo lega al Paese; intervenendo sulle nazionalizzazioni e la politica economica, espone in termini di contratto i rapporti che vuole avere con il mondo delle imprese, in particolare con i lavoratori e la confindustria; pronunciandosi sui problemi della società, si esprime in termini simili, facendo eco alla dichiarazione di intenti in cui sostiene «la necessaria supremazia della contrattazione sul ricorso alla violenza» ... E, se si osservano i recenti discorsi di molti ministri o leaders politici della nuova maggioranza, se ne ricavano più o meno gli stessi toni ... Naturalmente, è molto difficile e addirittura imprudente tentare dianticipare gli sviluppi della nuova politica francese. Cento giorni sono assai pochi, anche se il bilancio del nuovo governo non è privo di ampiezza. Ma è interessante riflettere su ciò che possono significare per il futuro alcuni leitmotiv dei discorsi dei nuovi responsabili politici. Qui, proporrò una interpretazione di questa ripetuta invocazione della necessità di forme contrattuali nella democrazia. In nome di una domanda essenziale: vi si trova forse l'abbozzo di una nuova forma di politica? Da Giscarda Mitterrand I. Può stupire ilfatto che ~iconsideri il termine «contratto» come un nuovo venuto nel vocabolario politico. Dopotutto, il Contratto sociale è vecchio di due secoli, e ogni democrazia può. risultare, in un certo senso, come la forma politica destinata alla socializzazione del contratto. Che cosa si intende, in questo caso, per «contratto»? Nient'altro che una estensione a tutto il campo politico e sociale di un modo particolare di risoluzione dei conflitti di interessi, elaborato dal diritto privato, in breve di una convenzione tra interessi diversi. Il che rinvia immediatamente a tre problemi strettamente connessi: quello del contenuto della convenzione; quello delle modalità di arbitrato; quello della legittimazione del contratto. In termini più politici: che compromesso adottare in un conflitto sociale? Chi rappresenta i protagonisti nella negoziazione? Come far rispettare le soluzioni adottate? In teoria, ogni democrazia riconoscerà sicuramente simili principi. In realtà, nella pratica politica, la cosa è meno certa. E se è impossibile trattare un simile problema in poche righe, si possono però fornire alcuni argomenti di appoggio a un dubbio di questo genere, per esempio per sostenere la tesi per cui la democrazia stile Quinta Repubblica non ha minimamente usato il contratto come modo di governo. Perché la Francia degli ultimi dieci anni, e in particolare la Francia giscar- •diana, ci ha abituati piuttosto a un progressivo scivolamento verso una forma di soffice dispotismo, quello dei politici pusillanimi, quello del governo effettuato attraverso leggi predeterminate e decreti, per natura non contestabili attraverso le normali vie del diritto. Un dispotismo soffice: apparenza di procedure nella forma, violenza delle decisioni unilaterali nella sostanza. Certo, di solito le teste cadevano solo simbolicamente. Essenzialmente ne risentivano solo le carriere. Se non i corpi, almeno lo spirito, l'immaginazione, l'iniziativa erano penalizzati. Apparentemente. preoccupato solo di fare bella figura nella tormenta eco.- nomica mondiale, raramente un governo è stato cosl incapace di dialogare, incapace di ascoltare, se non di capire. Incapace anche di farlo per finta: è stato il governo dei mesi di agosto, per usare una espressione che è più di una metafora. Quante decisioni imJean-Paul de Gaudemar re molti fatti reali. Così, esempi come il rifiuto di anche solo ricevere i sindacati. Raymond Barre, Primo Ministro, si era specializzato in questo atteggiamento, facendone l'emblema della sua ferma volontà di combattere l'inflazione salariale. Il Primo Ministro, ma anche, per imitazione, il Ministro del Lavoro, il Ministro della Sanità ... solo per citare alcuni esempi che hanno nutrito abbondantemente le cronache. Quanto al Ministro della Pubblica Istruzione, non si accontentava di rifiutare gli incontri con i sindacati,-ma utilizzava buona parte delle proprie Marul Duchamp, «Alla maniera di Delvaux», /942 portanti sono state prese, in quei momenti in cui il potere era sicuro di non suscitare alcuna reazione! Come se il governo fosse veramente sicuro di se stesso solo nella vacuità sociale dell'estate; come il governo di un popolo di anime morte! Potere delle vacanze, vacanza del potere, se nella democrazia il potere è qualcosa di più della pura costrizione, della forza imposta. Delle anime pie hanno talvolta difeso questo atteggiamento come assenza di ipocrisia. Ma è chiarissimo che si trattava solo di una falsa franchigia, perché ciò che si scartava e rifiutava sistematicamente non erano solo le discussioni inutili - si sarebbe applaudito - ma l'idea stessa di discussione, l'idea stessa di concertazione, l'idea stessa, di conseguenza, di un potere che sieserciti in modo contrattuale. La cronaca politica degli ultimi anni non manca di esempi a questo riguardo, sia nel caso del Capo di Stato che in quello dei suoi ministri. Se il progressivo distacco di Giscard dalla opinione pubblica è un indizio alquanto simbolico, si possono elencaenergie a denigrarli, addirittura a insultarli ... Strano atteggiamento collettivo che costituiva, di fatto, la negazione stessa di una democrazia contrattuale: negazione di ogni valore della contrattazione stessa, come se questi personaggi politici considerassero segno di sconfitta anche il semplice incontro con l'avversario, come se avessero conferito alla semplice discussione e al dialogo una portata ben più che simbolica, come se li avessero considerati come la manifestazione di una reale spartizione del potere; negazione, anche, di ogni idea di rappresentatività, di ogni legittimità del principio di delega: come capire, altrimenti, le infinite diatribe, sino alla nausea, contro tutti imanifestanti, contro tutti i sindacati, contro tutti i gruppi qualificati come «agitatori• pubblici per il semplice fatto di essere emanazione di fenomeni collettivi. Indubbiamente bisogna sottolineare quanto si sia distanti dalla idea di contratto sociale. Perché, in fondo, se predominava una tendenza, era quella di considerare il corpo socialecome un insieme non strutturato di individui. Quasi che il governo, volendo negare a ogni costo le forze sociali di opposizione, avesse voluto porsi di fronte, come interlocutori, soltanto degli individui. L'analisi economica di una simile tendenza è beninteso facile a farsi, soprattutto nell'ambito di una rivalutazione delle tesi liberali e ultra-liberali. Ma forse non si è fatto sufficientemente attenzione ai suoi aspetti politici e simbolici. Che alcuni intellettuali si siano lasciati convincere, non deve forse stupilinguaggio in termini di contratto: stiamoforseassistendoallaapertura di un nuovo ciclo politico, in nuce negli aspetti più riformatori del gollismo (partecipazione, politica salariale contrattuale, • nuova società> di ChabanDelmas, timidi tentativi di regionalizzazione), ma che aveva conosciuto soltanto l'abbozzo di uno sviluppo reale prima di venire definitivamente interrotto dal dispotismo soffice di Giscard, e dai suoi modi di esercizio dell'autorità, che potevano dirsi solo apparentemente moderni? È legittimo ritenere che, al di là delle fraseologie elettorali, il vero problema politico concerne attualmente lo sviluppo di una nuova forma di esercizio del potere fondata sulla generalizzazione della negoziazione, il riconoscimento del principio di delega, la legittimazione delle convenzioni adottate, da parte dello Stato? 2. Per tentare di sostanziare questa ipotesi, si può utilizzare il materiale • fornito dai discorsi e dalle risoluzioni del nuovo governo negli ultimi tre mesi. Prima di tutto, sembra difficile considerare come secondari quelli che sono stati i primi passi del nuovo Presidente della Repubblica e poi del nuovo Primo Ministro: ricevere, per sentirne il parere, le rivendicazioni e le lamentele, tutte le organizzazioni del mondo sindacale, padronale, associativo... Bisogna vedervi soltanto ungesto di opportunità, o addirittura di opportunismo politico? È poco probabile, soprattutto se si tiene conto • dell'importanza degli equilibri di interessi alla vigiliadelle elezioni legislative. Si può invece scorgervi la volontà di rompere solennemente con i comportamenti del precedente governo, per ' affermare che, ormai, re decisioni sarebbero state prese solo dopo avere sentito tutti i pareri, salvo non poterli assecondare complessivamente. Tuttavia, non si può considerare come ' secondario l'ingresso di alcuni sindacalisti nei gabinetti ministeriali più legati ai problemi sociali (Solidarietà Nazionale, Lavoro, Pianificazione...). '\ re troppo, perché un intellettuale può facilmente ritenere di non essere nulla, al di là della affermazione della propria singolarità ... Ma sul piano politico, simili atteggiamenti sono stati troppo psicologizzati: capriccio di Principe fragile, incapace di lottare contro i mali del tempo e le proprie indecisioni, prigioniero delle proprie appartenenze di classe; isteria di politicanti immaturi; usura di un potere troppo a lungo detenuto dalle stesse persone, ecc.... L'ipotesi non è necessariamente sbagliata, ma certo insufficiente. Ciò che mi sembra essere stato in gioco, è prima di tutto la negazione semi esplicita di ogni contrattualizzazione dei rapporti politici e sociali, la negazione se non l'incapacità di dare una forma politica effettiva a una idea già presente da molto tempo nella dottrina e talvolta addirittura nella pratica del gollismo. (Così, un certo sviluppo della politica contrattuale in materia salariale, alla fine degli anni 60.) Di qui, si capiscono i problemi sollevati dalla attuale riattivazione di un Ridurre un simile evento alla manifestazione di ambizioni individuali o di «comunelle» politiche non è convincente: c'è, in questo caso, il segno di una volontà di radicare nelle istituzioni stesse la politica contrattuale. Il licenziamento episodico di alcuni dirigenti sindacali scompare di fronte a questo atto di legittimazione del principio di delega. Ma esaminiamo alcuni esempi, forse più probanti, tra le misure già prese o i progetti più recenti. Decentramentoamministrativo e riformagiudiziaria La «legge Defferre» relativa al decentramento. Eccoci in un campo eminentemente politico, quello della amministrazione delle regioni e delle collettività locali. Un campo in cui il principio di delega sembrava legittimato in maniera ottimale, perché posto a fondamento del funzionamento del potere legislativo e degli organi esecutivi delle collettività. Tuttavia, ciò che cambierà è fondamentale da questo stesso punto di vista: il potere esecutivo reale, ormai, non apparterrà più ai soli delegati del potere centrale • (i prefetti), ma agli eletti dalle collettività locali (sindaci, presidenti dei consigli generali, consigli regionali ...), mentre i prefetti, o meglio i «commissari della Repubblica», avranno ormai solo un potere di controllo a posteriori.

Ci sarà dunque, nei termini di questa nuova legge, un trasferimento di poteri che comporta due aspetti: da u.na parte, la scomparsa della tutela statale sinora esercitata dai prefetti; così, gli eletti iocali dei comuni, dipartimenti e regioni saranno 'liberi nelle loro deliberazioni e decisioni, senza che possa esservi un intervento centrale; ma, d'altro canto, la contropartita di questa libertà sarà la responsabilità di questi stessi eletti locali di fronte· a qualsiasi controllo a posteriori, e, di qui, la possibilità di sanzioni per gli errori commessi. Fine della Francia giacobina, si è detto più volte a questo riguard9. Certo, ma al di là di questa salutare frammentazione amministrativa attraverso l'autonomizzazione delle· collettività locali, sembra importante sottolineare ciò che, ormai, implica la legge: tutte le decisioni amministrative importanti saranno prese in seno ad assemblee elette, da eletti, dunque in base a convenzioni, a contratti che potranno essere elaborati tra i diversi membri delle varie assemblee, dato che questi membri eletti sono essi stessi responsabili di fronte ai loro elettori. In questo senso, la politica di decentramento inaugurata da questa legge è e ronic~, ricorrente, sempre più agitato il problema della rovina e del saccheggio del nostro patrimonio artistico, sia di quello alla luce del sole che di quell'altro ancora sepolto tra le voragini e le tombe di epoche trapassate. Da ultimo, il sette novembre scorso, il dossier di Repubblica: i predatori dell'arte perduta. Tutto giusto e ben detto, con qualche rivelazione nuova e anche con la giusta misura internazionale; ma in fondo piuttosto incerte le proposte di «alcuni rimedi per far fronte allo sfascio». O più che incerte, inerti, interne e quindi già masticate dal principio e dalla sua incarnazione politica e istituzionale di intendere da noi J' opera d'arte. Frutto del genio individuale, sempre e comunque sopra e altrove, lontana dalle contingenze del reale, anzi per concezione e fine proprio a questa opposta: come divinità giudicante, somma inattingibile ma soggiogante, perpetua luce ma molto indagante tra le povere ombre dei piccoli uomini in movimento. Alla sua altezza possono giungere solo gli altri vertici della storia (idealistica), la nazione lo stato gli organici loro principi ed istituti, anche culturali e anche sempre con strumenti sia pure della comprensione e della criticasempre ben articolati e mobili verso l'alto, distinti e sottratti. Cos'è infatti la produzione dell'arte per il nostro Stato (anche per la nostra democratica repubblica che pure volle dichiararsi basatasul lavoro) se non un individuale estraniamento e sacrificio? Unaesigenza e un modo, quasi sempre al limite delle civili norme, di agitare e menare convulsamente testa e mani per colloquiare con l'eterno? Come questi colloqui ricadano e si frantumino tra i gruppi e i movimenti degli uomini è davvero poco rilevante. E poi si sa che da quelle schegge può risultare ed emergere, tuttavia attraverso una serie di riflessi e di convergenze con i punti fissi dei poteri dominanti, la figura del grande artista che è pur sempre un nobile ornamento e un grande spettacolo per la contemporaneità, testimone sicuro del suo corrente anelito di eternità, così come l'opera di questi diventa documento unico e totale da celebrare assumere bloccare nella celebrazione e mostrarne I' estaticitàin quegli zoo appartati ed esterrefatti che non hanno bisogno di grandi cure né di vettovagliamenti, foraggi, carni fresche pur mostrando con quelli animali molti punti in comune, primo fra tutti la grande bocca sempre spalancata quasi sradicata sotto l'occhio socchiuso e sonnolento, dell'immenso, continuo sbadigliq. E cos'altro sarebbe se non un ~Il IVUI forse innanzitutto l'espressione della messa in opera, sul piano della amministrazione locale interna, di ciò che chiamo «la democrazia del contratto», cioè di quella forma di organizzazione politica in cui la contrattualizzazione è la forma privilegiata dei rapporti di potere. Democrazia e contrattualizzazione a strati, certo, dal governo ai comuni, ma nella quale il principio motore sembra ormai stabilito a ogni livello. Prendiamo ancora un altro esempio, tanto più importante in quanto concerne una delle principali funzioni dello Stato: la Giustizia. In un intervento abbastanza recente, il nuovo Ministro della Giustizia R. Badinter ha esposto la sua concezione delle modalità necessarie per condurre una riforma delle istituzioni giudiziarie (Le Monde del I 8/8/ l 981). Sarebbe difficile essere più chiari nella affermazione di una volontà di contrattualizzare al massimo un simile processo, e di conseguenza di far sì che le future riforme esprimano consensi più larghi.in seno alle professioni che vi competono. Così R. Badinter dichiara: «Tutte queste riforme saranno condotte in base al principio fondamentale della concertazione con le Marce/ Mariiin, «li sì nuziale», 1972 parti interessate. In campo giudiziario non si può fare nulla di duraturo senza l'accordo, e addirittura l'iniziativa, di coloro che vivono la realtà giudiziaria». Certo, la concertazione si limita alle professioni giudiziarie, e non potrebbe contenere, tra «coloro che vivono la realtà giudiziaria» chi è in attesa di giudizio e i condannati. Ma è significativo che anche in un campo nel quale la legittimità non pone alcun problema, dal momento che è quello della applicazione della legge, si invochi proprio questa contrattualizzazione dei rapporti tra i corpi della Giustizia e la loro amministrazione, per riaffermare la fiducia collettiva nella indipendenza dei magistrati, é''di conseguenza nella· imparzialità della Giustizia, cioè in una specie di legi!timità non più istituzionale, ma popolare, della Legge: «Perché la fede nella indipendenza dei magistrati sia ancorata nella opinione pubblica e divenga costantemente effettuale quale che sia il guardasigilli, conviene che si diano ad essa delle garanzie istituzionali. Le quali possono venire solo dalle iniziative del Ministero della Giustizia. Conviene che siano prima di tutto i magistrati a formulare i primi progetti. E che poi si raccolgano i pareri di tutti coloro che sono implicati dallo statuto della magistratura, ausiliari di giustizia e forze vive del Paese. A partire da ciò, i primi lavori saranno sottoposti alle Assemblee Generali dei tribunali, perché sia raccolto il parere di tutti. Poi, il governo elaborerà il progetto, e ovviamente la decisione spetterà al Parlamento» (Le Monde, cit.). Innegabilmente, ecco nuovamente in un campo nevralgico e a partire da una sensibilità politica un po' diversa da quella dei socialisti, una nuova diPredatordi'Italia ulteriore sterminato sbadiglio una immensa estensione territoriale recintata come pubblico parco archeologico in attesadi sistemazioni e di scavi e intanto a[fidata al controllo d;lla guardia di finanza? Quale sbadiglio la bocca del vaso di Eufronio insieme con tutte le altre di tanti altri vasi in fila o ammucchiati nei dispersi nemmeno ben repertati e reperibili musei del/' Etruria, della Puglia, della magna Grecia? Ma il vaso di Eufronio altrove poteva essere atteso senza noia e addirittura pagato un miliardo. Debbono essere ben selvaggi e «materiali» quelli che lo vogliono e che sanno dargli un prezzo. Ma perché non approfittarne del loro stato di arretratezza e di ingenuità e non venderglielo? Non scambiarono i grandi esploratori portatori della nostra civiltà collanine di vetro con oro? Ecco che nell'attesa e nell'inedia che ristagnano tra le grandi piazze immobili dell'eternità e dell'idealismo come tra quelle più piccole ma altrettanto immobili anche se frequentate dei paesi può insinuarsi il miraggio di scoprire e di guadagnare, di attivizzarsi nella cacciaal tesoro, algusto dellasua generosa beneficante provvidenzialità. Non c'è • un mercato al quale rivolgersi con la moneta o con laciotola e al quale anche chiedere istruzioni avvertenze e magari anche quali sono le cose chepreferisce? No non c'è e non ci può essere. li mercato no, ma i mercanti ci sono, come ci sono degli acquirenti detti collezionisti, gentiluomini irrequieti e continuamente allaricerca. E ci sono anche gli acquirenti stranieri, meno inquieti e stravaganti, spesso addirittura impersonali, precisi come una banca, un ente pubblico potentissimo, generoso e rassicurante. Addirittura assicurato anche per il trasporto e l'espatrio degli oggetti: anche di una statua di marmo alta'due metri. Veri e propri stati più potenti della nostra Italia con tutti i suoi poliziotti e le sue guardie di finanza. Ma allora se tutta questa roba è viva e ancora capace di circolare, fervida e pregna come il denaro stesso, addirittura in dollari franchi sterline, perché tenerla inutilmente sotto terra o ancora più squallidamente sotto la cieca polvere dei musei cimiteri senza pietà né lumini? Mettiamoci al corrente del pensiero e dei· propositi di Paesi più civili del nost;o, 1 saggiamo e valutiamo finalmente le nostre dimenticate risorse, riprendiamo noi stessi a vivere e a circolare con loro, a riconoscerle a valutarle e servircene per il nostro bene. Giusto perché in realtà l'arte è lavoro. Lo stato sopra arriva tardi a capire e I lvV Paolo Volponi a vedere, ancora bloccato nella contemplazione, appesantito dalla abbondanza di quei calcoli dell'eterno che grava sui suoi organi, fermo sui confini cartacei dei suoi principi e dei suoi divieti con un vecchio fucile da gendarme. Quando si muove lo fa per continuare a negare la verità e la realtà del mercato dell'opera d'arte comprimendolo nella proibizione e nella clandestinità o lo fa davvero e soltanto come il vecchio guardiano di una corte conventuale invasa da un esercito. Quei frati alcuni si buttarono stravolti fuori via tra i _selvaticispini dei romitori più aspri, ma altri riconobbero e dialogarono intrecciarono rapporti e andarono anche dietro quegli eserciti ancora come credenti a fondare conventi più grandi e in luoghi più fertili e a costruire chiese metropolitane. I nostri bravissimi credenti devoti difendono ancora la loro ridotta burocratica clausura e predicano per estender/a a altri luoghi del mondo senza distinguere Molinicr. «Le innamorate». 1·965-1966 I bene campi da strade, scuole da tribunali, colonnati da officine. Il mercato delle opere d'arte esiste universalmente perché corrisponde ad una esigenza storica e sociale; quindi deve trovare legittimità e spazio nella civiltà come nella politica dei Paesi. Negare ed opporsi a questa verità sarebbe come allestire a cura del C.N.R. una spedizione che si rimetta alla caccia del vello d'oro. Quindi il nostro ministero dei beni culturali ambientali ha proprio davanti asé come compito prevalente quello del mercato: dello studio, delle scelte, della partecipazione e della manovra del mercato, in tutte le sue sedi sia nazionali che internazionali. Diventerebbe subito il più attivo e ricco dei nostri ministeri; più influente sulla nostra economia e quindi sulle nostre società e cultura dei confratelli delle partecipazioni statali dell'industria del commercio estero. I suoi programmi davanti a questa verità sarebbero semplicissimi, segnati e mossi dai requisiti e dalle urgenze prorompenti della medesima. Tale ministero dovrebbe assumere (nel modo e con gli impegni che vorrà e che saprà trattare con i rappresentanti sindacali dei gruppi dei possibili lavoratori) migliaia di giovani operai (manovali come muratori) diplomati (geometri come ragionieri) studenti universitari o laureati (in lettere come in ingegneria e in agraria) e inquadrarli in un grande apparato di ricerca catalogazione studio di opere d'arte di qualsiasi tipo, archeologiche come paesistiche. Di riaperture e di rianimazione dei musei. Di indagine e sondaggio in tutte le zane ca/~ dell'archeologia dello stivale avviando contemporaneamente decine di campi di scavo.sotto la guida e il controllo di esperti dello stesso ministero come dei nostri istituti universitari. Scavare tombe necropoli città ville e tirar fuori vasi bronzi monete marmi arredi, cippi ecc. ecc. Pensate che grandi, imponenti come infinite, scoperte e anche c!zecampo di lavoro e di studio per i giovani, che laboratori, che tesi, che preparazione alla scienza alle tecniche ali'organizzazione alla gestione. Gli oggetti così recuperati dovrebbero essere catalogati: quelli di prima scelta riservarli ai nostri musei mentre tutti gli altri immetterli sul mercato e attraverso trattative con i musei del mondo e attraverso pubblici incami, nazionali come internazionali. I soldi ricavati finanzierebbero l'impresa, consentirebbero anche di dare senso e dignità scientifica come burocratica ai musei e alle pubbliche raccolte e arricchirebbero il pubblico erario. A parte questi grandi solari civili come realizzabili vantaggi, del recupero dell'arte e della storia e della loro immissione energeticanella cultura e nel lavoro della Repubblica, si otterrebbe davvero anche lo scopo di sconfiggere il mercachiarazione a favore della democrazia del contratto. Non. sembra che il tono sia diverso tra i Ministri comunisti, senza che si tratti semplicemente di solidarietà di governo. Possiamo capirlo: la contrattualizzazione, cioè la ricerca permanente di consenso, sembra a priori la sola forma possibile di conciliazione tra l'appartenenza a un governo e l'adesione alle tesi difese dal partito comunista e dalle organizzazioni che gli sono legate. Le recenti prese di posizione di C. Fitermann, Ministro dei Trasporti - responsabile di conseguenza di un settore molto complesso in cui, per esempio, coabitano con difficoltà, sindacati potehti e associazioni industriali piÌì tradizionali - confermano ampiamente la volontà deliberata di regolamentare il proprio campo tramite il ricorso più vasto possibile alle convenzioni esplicite tra le parti. Uguaimente significativo è il comportamento del ministro comunista della amministrazione pubblica- settore sindacalizzato più di ogni altro - A. Le Pors: struttura di concertazione e negoziazione per la riduzione e la gestione del tempo di lavoro, procedura di concertazione per la definizione delle condizioni di to clandestino e di sgominare le bande dei predatori che oggi proprio nel buio dell'ignoranza e dell'incuria trovano l'occasione come l'impudenza e l'impunità. Affrontare quindi con i principi e le dotazioni di una politica pubblica, davvero collettivamente intesa e sostenuta, la dimensione e la gestione della nostra ricchezza d'arte. L'urgenza e la dimensione possibili di questo problema consentirebbe anche alla nostra stantia e sottomessa scienza della programmazione e dell'investimento pubblico un esperimento sicuro, fertile di risultati e di indicazioni, di tanti stimoli teorico-pratici utili anche al fine della più vasta programmazione di tutta I' economia. Questa è ormai necessaria e fondamentale come le stesse istituzioni democratiche intorno alle quali è stretta l'ultima volontà e capacità di fare storia del nostro popolo unito. Allargare con programmi e iniziative pubbliche (prima democratiche e collettive) le basi della nostra economia in sede industriale come agricola, ampliarle e rinnovar- /e secondo la portata e la capacità di tutto il nostro lavoro e secondo un concetto di bene riconoscibile nella sua diffusione ed efficacia sociali. Se uno resta un attimo a meditare si accorge che anche contro tutto il nostro bene collettivo funziona oggi proprio un mercato clandestino, succube di misure combinazioni intese come di interessi di mercati superiori ed alieni. E che funzionano anche sempre contro lo stesso bene vere e proprie bande di saccheggiatori fuorilegge; i soliti aggregati confederati storici agenti dei poteri dominanti, procacciatori di privilegi come di quadri, di protezioni come di statue, di facilitazioni parassitarie come di antichi bronzi, di posizioni di rendita come di vasi e soprattutto di complicità anche nella confezione e nello spaccio di falsi di ogni tipo: falsi prodotti falsa efficienza come false opere d'arte e tutti sostenuti da una dif fusione resa obbligatoria, affermata per pubblico principio anche contro qualsiasi contraria evidenza, come il bene stesso della repubblica, il sacro legno della barca comune, la salute pubblica cui tutto il resto debba essere favorevole, almeno compatibile. Il lieto giorno davvero in cui si cominciasse insieme a sgominare senza pregiudizi né timidezze i predatori del- /' arte perduta, si darebbe il via anche allagrande impresa di sconfiggere i più terribilipredatori dell'economia perduta.

esercizio delle libertà dei funzionari: trasparenza amministrativa, ecc... In un recente intervento, A. Le Pors teorizza in qualche modo questa nuova necessità politica (Le Monde del 4/9/81): «I Francesi hanno scelto di cambiare. Bisogna cambiare anche l'amministrazione pubblica. Per le organizzazioni sindacali e per il governo è giunto il momento di inventare insieme una concertazione sociale di nuovo tipo, rispettosa della libertà e della personalità di ciascuno, nella comune esecuzione di una politica di trasformazioni democratiche della amministrazione pubblica. Naturalmente, io queste condizioni, è auspicabile la realizzazione di un ampio accordo tra le parti. In ogni caso, il governo rispetterà gli impegni presi nel corso della discussione in corso. La differenza essenziale rispetto alla politica condotta durante lo scorso settennato consiste proprio in questo nuovo approccio globale dei problemi, e nella definizione concertata di una politica di rinnovamento della amministrazione pubblica». Una effettiva volontà di rinnovamento: nella quale Io Stato definirà con i propri funzionari non solo i loro obblighi, ma anche i propri. Si può, beninteso, ritenere che si tratti solo di dichiarazioni di intenzioni. Occorre però considerare che molte tra le recenti decisioni sono state prese conformemente a questa volontà preliminare di concertazione. Per esempio, nella definizione del tasso di incremento del minimo salariale o dell'ammontare del deficit di bilancio tollerabile per l'anno prossimo. Negli ambienti politici e giornalistici si è anche frequentemente insinuato il sospetto che tutto ciò fosse solo opportunismo politico, e che la concertazione fosse semplicemente uno strumento fittizio destinato a blandire la gente, a conseguire l'adesione necessaria per le prime realizzazioni del nuovo regime. Mi pare che questa sensibile diffidenza da parte dei commentatori di ogni settore trascuri un punto essenziale: il tentativo di generalizzare all'insieme del campo politico e sociale una modalità di decisione fondata sulla negoziazione contrattuale. «Bisogna che senta gli uni e gli altri», ha nuovamente ripetuto Mitterrand nella sua ultima conferenza stampa. Ed è proprio questa tendenza che indica la convergenza "registratasi nelle dichiarazioni dei vari membri del governo. Certo, le strutture di potere restano ancora, essenzialmente, le stesse, ma indubbiamente, sembra che stia cambiando la modalità di esercizio della autorità. Se le teorie della decisione ci hanno insegnato da tempo che esiste una razionalità dietro alla decisione collettiva presa in seguito a una concertazione, tanto che questa può diventare un metodo specifico, è interessante vederla ormai applicata non solo nel campo della politica dei politicanti - che risulta il suo campo elettivo, a causa dei compromessi che essa esige -, ma in una serie di campi inediti, forse addirittura nell'insieme del campo sociale. Proprio questo fatto sembra nuovo, ma è anche qui che si riconoscono le maggiori difficoltà del tentativo. Imprese e sindacati 3. Abbandoniamo, allora, il campo dello Stato in quanto tale, o quello del settore pubblico, nel quale il governo ·può rinnovare i modi di esercizio della propria autorità al punto da potersi presentare contemporaneamente come decisore e arbitro. È chiaro che se l'ipotesi formulata tiene, il campotest dello sviluppo - se non del successo - di questa nuova forma di politica sarà il settore privato, e in particolare le modalità di regolamentazione dei rapporti tra «partners sociali» o, per usare una terminologia più accademica, le modalità di gestione delle «relazioni industriali», per esempio. A lungo termine, il campo-test, forse il campo-chiave, sarà certamente l'impresa. Qui, in effetti, in seno a quello che resta ancora ampiamente un «feudalesimo capitalista» (per riprendere una espressione dei socialisti della fine del XIX secolo), la generalizzazione e la estensione della concertazione costituiscono realmente, se si eccettuano le grandi imprese pubbliche, una nuova modalità di esercizio della autorità padronale. Sembra quindi essenziale seguire ciò che accadrà a questo livello, non solo per quel che concerne il contenuto e le modalità degli accordi successivi, ma anche per quanto riguarda il modo in cui Io Stato, giocando il proprio ruolo di arbitro, legittimerà queste procedure contrattuali. I sindacati hanno indubbiamente capito che questo nodo pone il problema non solo della loro successiva influenza, ma forse anche della loro ragion d'essere. Non si può leggere diversamente il dibattito in corso circa «i nuovi diritti dei lavoratori», e così pure il modo in cui il governo intende svolgere una • funzione di arbitrato tra lè esigenze sindacali e le resistenze padronali. Che cosa reclamano, di fatto,i sindacati più esigenti? (Le Monde del 4/8/81). Per la C.F.D.T. è prima di tutto «l'impegno a negoziare», cioè una istituzionalizzazione del dialogo che permetta ai sindacati di ottenere un potere reale nel campo della fissazione dei salari - campo classico-, ma anche dei modi di organizzazione del lavoro, della formazione del personale e del diritto di espressione - campi, invece, inediti -; poi, l'ampliamento dei campi di contrattazione collettiva, e il decentramento delle sedi di negoziazione della amministrazione pubblica. In altri termini, se la C.F.D.T. sembra contraria all'idea di un arbitralo esterno, rivendica però un ampliamento molto grande della contrattazione delle relazioni sociali. Per la C.G.T, il punto decisivo pare sia spezzare il più presto possibile «il diritto divino padronale», per consentire una certa appropriazione della impresa da parte dei lavoratori stessi; l'organo motore di un simile cambiamento, attraverso il quale si manifesterebbero nuovi diritti di espressione e di lotta, sarebbe il «consiglio di fabbrica» decentrato; infine, i diritti riconosciuti' al comitato di fabbrica dovrebbero ampliarsi, in particolare partner contrattuale. E quando, in una dichiarazione dell'inizio dell'estate, A. Bergeron, il leader dell'ala moderata del movimento sindacale (Force Ouvrière) dichiara «Saremo un contrappeso» (La Nouvel Observateur del 18 luglio), non contraddice realmente questa dinamica. Quali sono le intenzioni del governo di fronte a simili rivendicazioni? Un recente rapporto del Ministro del Lavoro, J. Auroux, dedicato ai «diritti dei salariati» risponde provvisoriamente alla domanda (Le Monde del 18/8/1981). Vi appaiono privilegiati quattro orientamenti: la ricostituzione ½l~?:~~-f. / ;,..,. 2·. "•1' ,, lii ~ . ;,_., • I Jacques Vaché, «Lettere di guerra», 1919 comprendendo il diritto di veto contro ogni licenziamento. Anche qui, per limitarsi all'essenziale, si può considerare che, quale che sia la successiva ripartizione del potere reale all'interno della fabbrica, ciò che è in gioco in simili rivendicazioni è il riconoscimento istituzionale all'inter- -no dell'impresa della organizzazione sindacale come partner dotato di diritti più ampi di quelli concessi dalla legge del 1968 sulle sezioni di fabbrica. Sono sicuramente in gioco le modalità di istituzionalizzazione del contratto come strumento di regolamentazione del rapporto salariale, e le modalità di legittimazione del sindacato come ·a della comunità di lavoro, il ripristino e lo sviluppo delle procedure collettive di negoziazione, la crescita delle modalità di funzionamento delle istituzioni rappresentative dei salariati, il rafforzamento delle libertà nella impresa. Sembra difficile non leggere in tutto ciò il tentativo di dare una forma concreta a un modo più «convenzionale», più contrattuale, di esercizio della autorità padronale, per spingere le imprese a riconoscere una struttura di diritti e di doveri conforme prima di tutto alla pluralità della loro composizione sociale, e rispetto alla quale, per esempio mediante l'ispettorato del lavoro, lo Stato svolgerebbe un ruolo di arbitro. Né potere dato ai «soviet», né doppio potere, e neppure cogestione: ciò che viene proposto sembra corrispondere prima di tutto a una nuova forma politica, più che a una nuova ridistribuzione dei rapporti di forze all'interno della fabbrica. Concretamente, questo fatto implica, per esempio, il rafforzamento del ruolo del comitato di fabbrica dal punto di vista della informazione, e addirittura da quello della possibilità di suscitare «procedure di allarme interno», che si concretano nel diritto di sospensione dei licenziamenti collettivi; implica inoltre una serie di misure che favoriscano le possibilità di espressione dei salariati; e, infine, comportcl «l'obbligo di negoziare» - idea ripresa dalla C.F.D.T. -, cioè l'obbligo di incontri regolari tra partners, destinati a migliorare gli eventuali contenziosi. Quali possibilità di successo hanno simili propositi? Non poche, proprio a causa di quello che può essere il loro obiettivo eventuale: la istituzionalizzazione di un potere di espressione dei salariati nella fabbrica, e la legittimazione del principio di delega sindacale. Di fronte a un padronato francese, tradizionalmente gelosissimo delle proprie prerogative e del proprio potere, a un punto tale da avere sempre rifiutato, per esempio, il minimo controllo reale sui regolamenti in.terni, simili propositi sembrano, attualmente, molto arditi, ma forse accettabili, nella misura in cui preservano le responsabilità essenziali dei padroni, o intervengono in definitiva meno sul potere del capo della impresa in quanto tale che sulle modalità di esercizio del potere stesso. Proprio per questi motivi l'impresa può risultare come il settore-test di ciò che, attualmente, sta succedendo. Perché è proprio dai suoi esiti in seno all'economia, e dunque alla società, dai suoi effetti sulla gestione del rapporto salariale, che dipendono il successo o il fallimento di questa nuova forma politica, di questa «democrazia del contratto». Potremmo leggervi, al di là di una banale riorganizzazione del solo campo politico, l'eventualità di una comparsa di nuove forme di disciplina sociale e civile, di nuove modalità di governo degli spazi sociali. In effetti, quali nuovi rapporti socialipossono essere innescati da una simile istituzionalizzazione della disciplina contrattuale? Dalla risposta a questo interrogativo dipendono sicuramente i ruoli che ognuno dovrà giocare, ma anche tutti i giudizi sul periodo a venire: la storia dirà se assistiamo ai primi passi di un autentico socialismo alla francese, o la versione inedita, e dunque un po' insolita, di una semplice alternanza socialdemocratica. Traduzione di Maurizio Ferraris Itala, mode~li~c"o~riruzione L o staio moderno ha avuto tra i suoi antenati lo «stato patrimoniale» nel quale proprietà personale del «principe» e proprietà pubblica erano fuse insieme ed indistinte. Quando cominciarono ad affermarsi i rapporti borghesi di produzione, la separazione tra potere politico e proprietà «privata» dei beni pubblici era tuttavia da gran tempo compiuta. La nozione di «demanio» con tutto quello che ne conseguiva in. termini di indisponibilità da parte d~Imonarca, si era dovunque affermata ed i beni della corona erano ~lati da tempo tecnicamente suddivisi in regio demanio in senso stretto, costituito da strade pubbliche, fiumi, torrenti, lido del mare ecc. ed in beni e diritti redditizi, fra i ..., quali erano compresi alcuni diritti finanziari «pubblici», quali i tributi, le zecche, le poste ed altri diritti patrimoniali privati come le miniere, le successioni, i beni vacanti ecc. Si trattava, come si vede di «beni» il cui assoggettamento al diritto pubblico era a tal punto «naturale» da ridurre al minimo le possibilità di frodi nella loro.gestione ed amministrazione. Mancava infatti per essi quasi del tutto la immersione nel mercato, attraverso cui passano le illecite confusioni tra pubblico e privato e gli altrettanto illeciti traffici tra i due settori. La separazione rigida tra sfera pubblica nella quale si «scambiano» soltanto frammenti di potere-autorità e sfera privata nella quale si scambiano beni e danaro, faceva sì che forme pressocché esclusive di frode fossero quelle relative appunto alla «mercantilizzazione» degli interventi del potere pubblico. La definizione tradizionale di corruzione fornita nei codici e analizzata dai giuristi è una diretta derivazione di gesta situazione (secondo uno dei più noti giurisperiti dell'Ottocento, la corruzione «è dunque la vendita conclusa tra un privato ed un pubblico ufficiale di un atto appartenente al ministero di questo che di regola dovrebbe· essere gratuito» 1). Le stesse definizioni date nei dizionari maggiori sono ancorate a questa dimensione individuale, tutto sommato di scarsa consistenza quantitativa nei singoli casi, anche se, presumibilmente, alquanto diffusa. Si prenda ad esempio il Littré. Vi si legge: «Corruption:1) Altération en général, rupture d'un ensemble; altération dans un texte; altération du langage, du go0t;2) Décomposition putride; 3) Dépravation. La corruption des moeurs du siècle. La corruption des moeurs qui peut se maintenir jusqu'à un certain point malgré l'instruction était infiniment favorisés par et accrue par l'ignorance (Fontenelle ); 4) au sens actif, moyen que !'on emploie pour gagner quelqu 'un et le déterminer à agir contre son autorité et le crime de ceux qui cherchent à le corrompre». Accanto ai significati di «degradazione» materiale e di caduta morale, che accompagnano tradizionalmente la parola, viene cosi attribuita ad essa un senso giuridico che non si discosta un gran che da quello tradizionale, del funzionario cioè che traffica attorno alla sua attività. La situazione di uno stato che si muove fuori dal mercato, e che si limita a dettarne le regole dall'esterno, è tuttavia una situazione più vicina ad un modello di scuola che alla realtà ed, in ogni caso, temporanea. Circondato dalle acque assai poco calme del mercato universale, anche lo stato che, in base ai principi, avrebbe dovuto limitarsi ad esserne il guardiano notturno (o, se si vuole, anche quello diurno), ben presto venne risucchia- .to dalla universale mercantilizzazione

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