RaccondtiMastronanli M astronardi non è certo scrittore dalla mano gentile. Ha il gesto, questa sua mano, nervoso, in continuo e attentissimo movimento; quella non rara a trovarsi gentilezza conciliante le manca, ancorché sulla pagina, in se stessa, cioè a dire in lui. Credo che, infine, sia simile il ricordo che si deposita più stabilmente nella memoria dei suoi lettori. Eppure i romanzi più celebri, quelli che com~ pongono la «Trilogia vigevanese•, danno, nella loro omogeneità, al ricordo-sensazione unaspecie di dimensione lirica. Certamente i suoi ultimi esiti non consentono simili consolanti interpretazioni, vanificate dallo scrittore e poi drammaticamente dall'uomo. A casa lua ridono t una tragica e intensa rappresentazione autobiografica, dove l'accento t, quand'anche livido o risentito, dolente. Sembra cosi di veder affiorare e delinearsi una diacronia di scrittura e di vita decisamente orientata, che viene adesso a giovarsi di una pur ridotta testimonianza intorno a quello che è stato il momento iniziale dello scrittore di Vigevano. Dunque i racconti che qui vengono offerti incontrano solo ora, a più di venticinque anni dalla loro composizione, un consistente pubblico dopo aver attraversato al buio questo quarto di secolo: sicurafl\ente in ragione di un autore poco o nulla «filologo• di sé e scarsamente proclive a soffermarsi con lo sguardo indietro. I quattro testi apparvero, nell'ordine che qui viene seguito, su di un foglio settimanale vigevanese, il «Corriere di Vigevano•. Le loro date di pubblicazione furono: Posteggiatore usci il 22 dicembre 1955, Serata indimenticabile il 29 dicembre dello stesso anno, Dalla sama comparve in due puntate il 5 e il 12 gennaio 1956, Ricordi di tempi andati in tre puntate il 1, 1'8 e il 15 marzo 1956. li giornale esaurl le sue pubblicazioni pochi anni dopo. Attraverso la conoscenza di queste pagine si viene a lumeggiare in parte il privatissimo apprendistato dello scrittore poco più che ventenne e ancora fuori da una qualsiasi tutela letteraria diretta. Anche su di esse avvenne il primo incontro con Elio Vittorini, cui l'autore lo segnalò all'aprirsi della loro corrispondenza. Scrivendo per la prima volta a Vittorini verso la fine del gennaio '56, Lucio Mastronardi diceva: «La mia attività letteraria pubblica è cominciata un mese fa. Ho pubblicato tre racconti sul giornale locale che non esce ogni giorno ...•. Le quattro prose d'acchito propongono alcune considerazioni. Ciascuna di esse ·costituisce un tentativo in diverse direzioni: cosl che l'insieme si configura come un piccolo corpus di esperimenti. Vigevano, tranne che per l'ultima, è una più discreta componente rispetto alle opere posteriori; di più manca clamorosamente quasi al completo il mondo della calzatura. La lingua è un campo di scelte ancora da definirsi, aperto a stimoli di varia provenienza (p.e. il protagonista del primo racconto screzia il dettato con un leggero, e superficiale, tono romanesco). Tranne il quarto testo, di tutti il più insolito all'interno della produzione mastronardiana, dall'intento memorialistico quasi d'obbligo allora, i racconti hanno fornito spunti o vero materiale narrativo alle pagine succe·ssive. Ci consentiamo un solo assaggio,per questo iter elaborativo. li racconto Dallasanta, sostanzialmente modificato, riapparve nell'antologia del 1963 Nuovi racconti italiani voi. Il edita a Milano da Nuova Accademia (quest'ultima redazione sarà ripresa con pochi ritocchi nel volume L'assicuratore del 1975). Dalle molte varianti che intercorrono tra le due principali stesure una in particolare giustifica qui di essere descritta. Nella seconda redazione il penultimo dei quadretti che compongono la novella mostra una vecchia madre il cui figlio sta per trasferirsi in Sud America, dove farà il modellista. Per scongiurare la decisione del figlio ecco il ricorso aJla santa e ai suoi poteri. Nella prima reda~ione l'episodio manca completamente. li numero del 5 gennaio '56 del «Corriere di Vigevano• ospitava a pag. 4 la prima e più consistente puntata delle due in che usci il racconto. Nel giornale la composizione tipografica del testo è su cinque colonne e il titolo (Dalla santa) pure si estende sulle cinque colonne. La colonna di mezzo consiste però di due sole righe. .Qui l'impaginatore del giornale ha inserito al centro del «pezzo• di Mastronardi una breve notizia corredata da tre fotografie. Vi sono ritratti tre giovani modellisti vigevanesi in partenza per il Sud Africa. Quindi in sede di riscrittura con davanti il modello di partenza, dalle piccole fotografie Il casualmente riprodotte è nato lo stimolo della aggiunta. Renato Marchi Nota L'occasione propria per la riscoperta di questi racconti è stato il recente Convegno «Lucio Mastronardi nella cultura contemporanea», tenutosi a Vigevano per iniziativa del Comune di quella Città i giorni 6 e 7 giugno, sotto la direzione di Maria Corti. Chi scrive ha motivato sui quattro testi la propria relazione in quella sede. , Lì si rimanda, o alla prossima pubblicazione degli Atti del Convegno, per una piil diffusa informazione nel merito. Va però detto che Posteggiatore risulta usufruito nelle prime sessantapagine del Maestrodi Vigevano;Serata indimenticabile e D~lla santa, profondamente mutati, giungeranno infine al volume L'assicuratore (Rizzoli I 975). Posteggiatore s,mtini e li pregava mollino e sera. A casa contava e ricontava il gruzzolo. Una decina di giorni Da più d'otto anni che viveva qui, a Vigevano, e non ancoragli era Dovrebbe studiare da prete, diceva il parroco, ché la chiesa di ancora e faremo trentuno. riuscilo trovare un'occupazione stabile. Tirava a campare allagior- questi tempi ne ha urgenza. Sarà un sacerdoté esemplare. Che i quattrini per comprargli una mu/fa cosl'coslce li aveva, ma ci nata. La gente diceva che Rino ci aveva la faccia del prete. teneva al lusso. La Cresimasi fa una sola voltanella vita. E pensava Di Roma era, proprio de Trasteveree ci aveva la faccia di fanciul- Quando venne il tempo di cresimarsi, a Luigi venne un collasso. che la Cresima non è il matrimonio. Ione anche se i capelli li avevapersi/ungo i quaranf anni di mondo. Portareil suo bambino in Duomo vestitodi stracciche di tutti i colori Alla vigilia della festa Luigi e Rino andarono nel negozio di Luigi me/leva nome e abilavaalla periferia, in una cascinaoltre il erano edi tutti gli odori sapevano; portarlo in quello stato davanti al confezioni più eleganle di Vigevano. Il padrone provò a Rino tante dazio di porta Torino. Lui e il figlio/etio. vescovo, in mezza a tanti bambini che «ci hanno Lafaccia che ci belle mudine e d'aviatore ufficiale e da marinaio capitano e da La gente che/o conosceva diceva ch'è nato stanco «erLuiggi»; che hanno e sembran capolavori di natura perché son vestiti della festa ufficia/etto e mude semp!ici. Tutta roba bella, fatta bene, di stoffa a Vigevano basta averci voglia per trovare de «travagliare». E i della Cresima», eh, no. Assolutamente no. Piuttosto «glifo saltareil buona. • padronichecistannoquimancoinAmericacisono,chetant'è, tanto Sacramento». li mercante gli consigliava,/a mudina semplice. Gli servirà alla pagano. Rino cominciò a smaniare; ci si misero di mezza e la maestra e il festa, diceva il mercante. Luigi ci aveva il chiodo delladivisa d'avioLa colpa tutta sua è, tutta. parroco e le beghine. Se tu sei ateo, affare tuo, ma i figli son sacri. tore ufficiale. Luigi se ne spiaceva delle chiacchiere ché lui s'arrangiava come Glielapiantarono spesso Lafaccenda. Un allo esecrando: un padre Gliela comperò. Una muda azzurra, color del ciel de Roma mia poteva. snaturato. bella (ché a Vigevano il cieloè sempre slavato, diceva) con saccoccee In otto anni i mestieri più disperati, tutti li ha passati. Ha fatto il A Luigi venne la febbre de/lavoro. Doveva trovarloper comprare saccoccini e bouoni d'oro che brillavano come gemme. Sembra fatta facchinoeilmaguttoeilmuratoregarzanee/oscaricatoreeilfamei. la muda a Rino e campare decentemente. apposta per il mi' figliolo, disse al mercante. Un po' qui, un po' n, un po' là. Passarono dal cappellaio e Luigi scelse un bel cappello rotondo, Aveva provato anche a fare l'operaio alla macchina e dopo qual- vvu -. - - - •• - -- - - - - - - J<••·••vc da ufficiale aviatore, con tanto di visierae di gradi in strisce d'oro. che giorno di prova i padron ilo mandavano via. Alla tranciaci vuole Persin uno stemma ci aveva· davanti. l'occhio e l'occhio non ce L'aveva. Alla fresa ci vuole il manino ., •• ., __- - ··--- - __ SER<.10 Quindi al negozio di scarpe dove Luigi spesegli ultimiquaurini. A d'artista di piano, e lui Lemani ce le aveva pesanti. Allo smeriglio ci •N••-- - -· • -··· ••-·••·••- dir il vero le scarpe leavrebbe volute per sé, ma gli venne la vergogna vuole e occhio e mano e praticaccia. La fabbrica non faceva per lui. ______________,._,._., al pensiero. Le aveva bisogno come il pane/e scarpe e nel negozio ce Al banchetto non cisime/levachécitenevaaipolmoni. Guadagno in MAURI«·---_____ n'erano di belle a prezzo patto, ma il padre ha da sacrificarsi per i soldi, perdo in salute: e chi me lo fa fa... figli. Un veropadre. Davvero sciagurato sono, pensò egli comprò le L'unico mestiere per cui si sentiva tagliato era il posteggiatore. -- co,.,sTANr più belle di quel numero. Un trentacinque che costava quanto un Cudire bicide1te e motori e macchine e dar marchette e verificare _ . uovL quarantadue di gran lusso. numeri eprendere mancine e dire grazie. Lavoro da poco, è vero, ma oscAR.' - ',_ ....::: Se ne tornarono a casa. Rino gli sgambeuava avanti con il pacco quel poco non gli riusciva trovarlo. lo mi contento stare al freddo, ',, covcou delle scarpe in una mano e la busta grande con dentro il cappello da diceva, o crepare di sudore davanti a una banca o in una qualche JUAN· ufficiale aviatoree l'involto dellamuda sotto il braccio. Rino correva piazzetta. Basta lavorare. e si fermava ad aspeuarlo e rideva e tornava a correre, a fermarsi e a Sono scarognalo come un biscio, diceva. Venuto al mondo in una •· ••••- •- - - - ..,,,,~•:_•:- - •- M~TttAN [) correre. Non l'ho mai visto così contento, pensava Luigi. E faceva capanna, vissuto sempre da povero Cristo s'era sposato con una ,u, riflessioni filosofiche sulla felicità e sul denaro. Manco cinque lire pialla come lui. '"~" 'x... m'è rimasto in berta, pensava, e sono felice. Tanto felice. Così Credevache bastassela capannae il cuore. La donna dopo avergli pensava. fallo un figlio-il mi' Rino-se n'era andata con un soldato omerica- Marce( Marien, «L'istruzione pubblica•, 1972 Lungo la via del Popolo si stava una singra che chiedeva la carità no in America. col piattino. • Passatalaguerra Luigi col figlio appresso se ne vennea Milano, la Finalmente con l'aiuto e del prete e del municipio e di gente Con lei un bambino dello stesso tempo di Rino. Stravaccato per capitale morale. A Milano tutti fan fortuna. signora riuscì a ottenere il tanto desiderato posteggio. li poveruomo terra con un paio di stracci indosso, emaciato.Gli si vedevano le Fortuna non ne aveva falla e se ne venne qui, nella capitale della era felice. ossa e le vene. Barbe/lava di freddo. scarpa. li posteggio-limitato a biciclettee motorini-era in una piazzetta Rino si ricordò dj quel che dicevano sempre il prete e lamaestra e Gli piacque subilo Vigevano. un po' fuor di mano ma ogni giorno le sue mille e passa lirette-ché senza tanto pensarci diede al singrino la sua muda elesue scarpe e il Voleva tanto amore al suo figliolo «ché la mia fotografia di oltre alle marchette prendeva un po' di mance - le tirava sù. li suo cappello di aviatore ufficiale. Gli promise anche le preghiere. bimbo». sacoccione dellagiaccacioccavadi cinque e di dieci/ire. Nell'altro ci Corse incontro al Luigi che stava in principio della ·strada e gli E poi, poveraccio se l'era cresciuto lui quel figlio di buonadonna. metteva le cinquanta e Lecento lire. disse:-Papà ho trovato un bambino povero e ho pensato che quella Rino davvero era un figliolo buono e bello e la gente diceva che Luigi metteva da parte quasi tu/lo il nolo d'ogni giorno-ché tanto roba chem'hai comprato gli serve. Pensapapà che di questi tempi va «l'èdecatà». A scunlasi arrangiavabene e la maestraeraconlenta di nessuno muore di fame - per la muda di Rino. a piedi scalzi. lo, almeno una brandina per dormire e un po' di lui, ché oltre a fare il s•,., dovere se ne stava quieto al banco. Ci ha • Durante ilgiorno non faceva altro che pensare al suo bambino. li. fascina per scaldarmi ce l'ho-. "' - sempre lo sguardo tris.e, diceva Lamaestra. mi' Rino vestito d'aviatore, coi calzoni Lunghie i bottoni d'oro e le Luigi lo guardò commosso: -Questo hai fatto, figlio mio?-disse ;;; Il prevosto di campagna l'aveva preso nella manica. G/'insegnava scarpe che scrjcchiano e il cravattino. Che bello, gramo bambino! E con la voce che s'era fatta dolce, calda, penetrante. - Si, papà. ii la do/Irina e gli faceva da maestro e gli insegnava fare il cereghino a faceva cioccare le cinque lire in saccoccia e pensava al nolo del Allora Luigi gli prese la manina nella sua grossa e calda, si tirò - g messa. Ogni tantogli passava indumenti-tutta roba avuta per grazia giorno prima, al tempo che doveva passare per venire sera, alle vicinoal bambino e fissandolo con occhi teneri e do/cigli disse:-Ma .;; del Signore - e lo aiutava come poteva. Rino faceva la raccolta dei biciclette e ai mo1orini e alle mance. và morì ammazzato -. <li!. '---------------------------------------------------------------------------------'si -
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