Alfabeta - anno III - n. 31 - dicembre 1981

t 11 linguaggiQ~:iOme scopo .,,., S arebbe terribilmente insufficiente e riduttivo se il confronto con la situazione prodotta dalla civilizzazione si risolvesse nella constatazione di uno scacco e in un'analisi puramente negativa. Questo sarebbe errato in generale, e tanto piil lo sarebbe nell'àmbito delle v~nde letterarie. Infatti, è proprio di questo penetrante interprete del fenomeno della civilizzazione che è Robert Musi! l'osservazione secondo la quale lamentare oggi la mancanza di una grande sintesi teorica, di una religiosità o di una ideologia unitaria o di una collettività cè appena più che un elogio del 'buon tempo antico', dato che nessuno sarebbe in grado di dire come dovrebbe apparire oggi una cultura o una religione o una collettività se queste vogliono incorporare realmente nella loro sintesi i calcolatori, gli aereoplani e la società di massa, e non considerarli già superati•. cUn'ideologia unitaria - continua Musi!- una 'cultura' non verrà più, da sé, nella nostra società bianca; può essersi verificato in tempi passati ... Una società in sviluppo si trova spiritualmente in un processo di autodisgregazione progressiva. Sempre più uomini e opinioni partecipano alla formazione generale delle idee, e sempre nuove sorgenti di idee vengono rivelate, per il loro penetrare in epoche passate e per il collegamento tra lontani luoghi d'origine. Quel che, di solito, viene chiamato 'civilizzazione' sostanzialmente non è altro che l'aggravio del singolo con questioni di cui egli conosce a malapena i termini•. Del resto molti scrittori, critici e filosofi che hanno manifestato la loro avversione o estraneità nei confronti della civilizzazione hanno al tempo stesso avvertito l'impossibilità di ritorni a soluzioni pregresse, l'impossibilità dei ripiegamenti nostalgici nei confronti di epoche inequivocabilmente concluse ed hanno in effetti avanzato proposte che risultano essere all'altezza della complessità dei problemi suscitati dalla civilizzazione. In questo senso, per esempio, Musi! e Wittgenstein - il primo in termini storici, il secondo in termini teorici - hanno dichiarato l'impossibilità di un linguaggio privato respingendo il mito dei fantasmi interiori. Risulterebbe pertanto esausta in partenza una proposta che non si facesse carico dei problemi stilistici introdotti dalla civilizzazione. Essa risulterebbe irrimediabilmente regressiva in quanto fatalmente si limiterebbe a dare una soluzione che scatterebbe al di fuori dello spazio letterario per dirigersi verso la scala dei valori tradizionali assunti per cosi dire dall'esterno. Senza offrire, cioè, la produzione di un nuovo dispositivo stilistico, di una grammatica letteraria che si faccia carico dei problemi posti dalla civilizzazione. Cosi nel recente romanzo di Heinrich Boli, Fiirsorgliche Belagerung (Assedio Preventivo) troviamo una rappresentazione agghiacciante dell'organizzazione tecnologicamente avanzata di una forma di vita umana; il protagonista, Fritz Tolm, è l'esponente della nuova borghesia tedesca giunto all'apice del successo, che vive con la sua famiglia assediato da un dispositivo di sicurezza, costituito di agenti di sorveglianza e di apparati tecnici sofisticati. Non v'è passo, decisione anche la più insignificante che sfu_gga tal_!: ~i~ spositivo. Se il presidehte si afza ;!!allà poltrona per recarsi in un'altra stanza la sua intenzione è captata dal servizio di sicurezza che vigila su di lui. Questo dispositivo ha l'effetto di produrre una traduzione dei comportamenti umani nei termini di una serializzazione automatica e di una stilizzazione tecnologica. Del resto quando egli parlava nelle sue riunioni «quello che diceva - scrive Boli - che improvvisava, scorreva quasi automaticamente, veniva prodotto in serie». Anche la natura è ritradotta in strutture artificiali; quelle che appaiono sdraiate nel cielo come nuvole, facendo pensare al primo Gainshorough e a Constable, non sono nuvole vere, ma esalazioni provenienti da un'industria vicina; e il cielo sulla piscina non può essere un cielo naturale e genuino, così come non possono esservi giocattoli nel parco e nella piscina della villa, perché cielo, giocattoli e uccelli pur con le loro forme idilliche possono convogliare attentati e minacce distruttive: «... le colombe, gli storni, e le oche selvatiche, interi stormi, tutti meccanici, tutti riempiti di sventura, e si era lasciato indurre a dire, proprio di fronte a Bleibl: 'Non ti puoi fidare più neppure degli uccelli del cielo'. Al che Man Ray, «Le mani libut», 1937 Bleibl aveva risposto: 'E neanche dei dolci che il fornaio ti porta in casa'•· Nei rapporti con i figli, scrive Boli, cquello che gli faceva paura era questa estraneità ultraterrena nei loro pensieri e nelle loro opere•. La sicurezza del sistema corrisponde cosi alla «assoluta inumanità del sistema•. «Nei sogni - contina Boli - arrivavano aquile, avvoltoi, con gigante,sche aperture d'ali, volavano con sicur·ezza,energicamente diritti su di lui, esplodevano contro il suo petto tra le fiamme e il fumo». A poco a poco la stilizzazione tecnologica prevale fino al punto di assumere una fisionomia più vera della stessa natura: «Del resto gli uccelli meccanici erano già esistiti, e si ricordava di una conversazione con Veronica, sulla terrazza, a Eickelhof, Veronica aveva sostenuto che gli uccelli meccanici volavano 'con più naturalezza' di quelli veri, come gli uccelli a carica 'correvano più naturalmente di quelli veri'•. di essere al sièuro, di morire forse di sicurezza». L'insicurezza peraltro è penetrata nel cuore di questi perso-· naggi e Tolm, il protagonista, conclude: «da molto tempo non credo più che esista una sicurezza, interna o esterna, e neppure una mia sicurezza interiore». Ma nei confronti di questa insicurezza con la quale la civilizzazione divora il cuore degli uomini, Boli avanza una proposta, una soluzione che.ci lascia delusi e perplessi perché essa si dirige verso i valori del buon tempo antico propri della Germania liberale, di quel «vecchio tempo-scrive appunto Boli -di cui abbiamo nostalgia». Sì, conclude, la moglie Kiithe rivolgendosi al protagonista, «sl, sarebbe stato meglio se tu fossidiventato direttore di un museo». In altri termini Boli si dichiara per valori che egli assume però al di fuori di un impegno stilistico di rifondazione del linguaggio. La sua è una proposta che, per così dire, non fa grammatica. Le proposte e i programmi operanti e fecondi, invece, dovranno essere elaborati entro moduli stilistici che raccolgono le forme e le esperienze della civilizzazione; solo così i valori non verranno invocati dall'esterno. Le ideologie unitarie, le nozioni di io, di soggettività, le risorse espressive della tradizione risultano forme improbabili e cerimoniali perché non corrispondono ai paradigmi di stile e di percezione che sono emersi nell'esperienza della civilizzazione. • Ciò implica anzitutto una revisione della funzione degli scopi e delle intenzioni nell'operazione letteraria. Dovremo -finalmente abbandonare l'assunzione che quest'ultima sia l'adeguamento e la realizzazione, mediante parole e frasi, di scopi, immagini, intenzioni precostituiti all'operazione stessa. M . Questo è anche la sostanza propria a poiché la stilizzazi~l-'\i',tec,iq,~, .della verità raetehiusa nel noto princilogica si estende co ~,..,, P!O.:diMcLuhan secondo cui «il menuvola nera su ogni tra~to del- diÙm è il messaggio», sul quale ha svoll'esistenza di questi personaggi, poiché to importanti considerazioni Renato si vive solo di sicurezza, la sicurezza Barilli nel libro Tra Presenza e Assendiviene in realtà il destino di morte di za. questi personaggi. «La cosa migliore- Non è casuale che su questa rilevandice infatti uno di loro-sarebbe che ci te acquisizione convergano i risultati accontentassimo di essere prigionieri, dell'analisi del linguaggio a partire da Wittgenstein, destinati a mettere in luce la circostanza che l'immagine interiore, l'idea, lo scopo non sono gli unici responsabili dei processi espressivi, ma ne sono una parte nel senso che essi sono destinati ad organizzarsi inevitabilmente nei termini delle procedure costruttive e delle tecniche della comunicazione. Dobbiamo riconoscere che i mondi definiti dalle operazioni letterarie sono ricreati a partire da altri mondi filtrati attraverso il medium di strutture linguistiche e stilistiche preesistenti. E quella libertà e motivazione espressiva, che nella tradizione erano ascritti al concetto di io e che facevano di ciascun io l'origine del mondo, ora quella libertà e motivazione risultano connessi alla disponibilità di impiego elastico delle tecniche espressive. È in questo contesto che si verifica la crisi di quel mito dell'originalità-sulla quale ha insistito Barilli - che dipendeva dai pregiudizi e dalla rigidità delle nozioni tradizionali di io, di soggetto, di interiorità. Stanato finalmente da quelle nozioni rigide e intellettualistiche l'io, il soggetto si estrinsecano ma anche si dislocano _attraverso l'elaborazione e l'impiego costruttivo degli apparati dei media. È in questa situazione che si spiegano quelle operazioni espressive che ritornano sulla tradizione operando deliberatamente sui testi letterari, praticando una letteratura alla seconda potenza che per esempio si manifesta in un riepilogo di situazioni narrative e di strutture stilistiche utilizzate con la massima libertà nell'àmbito della tradizione letteraria, come ha fatto in Italia Calvino o lungo una linea assai lontana e differente William Burroughs e altri attraverso le tecniche del cui up e del fold in. Proprio in presenza della strutturazione di nuove tecniche e di nuove forme di vita emerse dalla civilizzazione contemporanea l'io, la soggettività non risultano più i depositari originari del significato e della responsabilità espressiva come avveniva invece nella tradizione dell'umanismo e della cultura liberale. Anzi, l'io, il soggetto sono forzati ad uscire e a dislocarsi sollo la tensione di linguaggi diversi fungo linee di estrema mobilità dei paradigmi perceuivi dell'esperienza. È in questo quadro che significativamente il filosofo Heidegger da un lato assume la nostra come l'epoca della scienza e della tecnica e, dall'altro, inverte contemporaneamente lo schema tradizionale dichiarando che non è l'uomo a parlare il linguaggio ma è ·il linguaggio che parla nell'uomo. L'io, la soggettività devono raggiungere allora la propria forma espressiva operando e reagendo mediante tecniche costruttive con il sistema dei linguaggi e dei paradigmi percettivi nei quali si trovano gettati e coinvolti. Come ha scritto recentemente Antonio Porta, «il raccontare diventa pronuncia del nostro esserci, cioè della nostra vita così come pensiamo possa articolarsi, a partire dalla critica e dalla rifondazione del linguaggio». Noi ricreiamo mondi da altri mondi come ha appunto scritto Nelson Goodman in Art and lnquiry; a partire da questa situazione si scandisce un fondamentale atteggiamento della letteratura contemporanea come ricerca della propria origine e ripetizione dell'antefatto che ci ha precostituito. In questo senso appaiono distorte o insufficienti, come ha mostrato recentemente R. Barilli, le teorizzazioni ad opera di Foucault, Derrida e altri che hanno preso lo spunto dall'organizzazione tecnica e strutturale dei linguaggi per dissolvere il coinvolgimento di un mondo corposo, di un'oggettività esterna, di un significato entro i dispositivi semiologici, come se questi ultimi fossero procedure che si consumano in se stessi. L'io muove, invece, alla ricerca della propria espressività come alla ricerca della propria origine che è iscritta nel mondo e nel linguaggio che ci circonda. Così spesso, infatti, la pratica letteraria del nostro secolo si configura nei termini della ripetizione di una scena primitiva, di una Urszene. Come se la pratica letteraria fosse l'itinerario di un centro che attraverso un cammino lungo le pareti del mondo ritrovasse alla fine il proprio sé. Non è casuale che il personaggio di Gregor Keuschnig nel recente roman- 'zo, L'ora del vero sentire, di Peter Handke, la cui vita è radicalmente mutata dopo un lungo sogno «il quale comincia con il fatto che aveva ucciso qualcuno», e che d'ora innanzi esperisce un'emozione di abissale estraneità nei confronti di questa nostra civiltà, non è casuale, dico, che questo personaggio, anziché sfuggire a questa realtà, anziché evadere da essa, vi si sprofondi, vi si immerga abbandonandosi con una sensibilità che definirei reverente verso ogni tratto dell'esperienza, verso ogni cosa ed evento recuperati nell'ora, appunto, del vero sentire. 11 ritorno alla scena primitiva, il cammino a ritroso verso la condizione originaria da cui è disceso l'es; ser nostro è del resto la ragione della poetica di Virginia Woolf. E così, nella metafora tracciata in Orlando, l'epoca contemporanea viene fatta risalire ad una gigantesca nube che il primo giorno all'inizio del secolo si posò su Londra e su tutte le isole britanniche, esercitando «conseguenze oltremodo strane su tutti coloro che vissero sotto la sua ombra» La storia degli uomini, il segreto ordito in cui essa è tracciata secondo la Woolf, sono racchiusi in uno straordi'., ~ nario fenomeno di umidità che costi- E tuisce la trama segreta degli atteggia- :,g menti umani. ~ L'umidità infatti «cominciava ad invadere ogni cosa», agendo silenziosa, furtiva, sorniona alle spalle degli uomini, determinando con i suoi effetti di corrosione tutti i tratti della loro

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