re superiore a L. l .000.000, non sono «rappresentativi di nulla, non hanno nulla dietro le spalle, non sono in alcun modo controllabili••· li legame tra partiti di governo e sistema di imprese pubbliche, gli uni svincolati da ogni controllo sulle entrate, I.e altre legate da mille fili per le nomine ai vertici, per i finanziamenti ecc. ai primi, viene cosi a costituire, al di là di eventuali buone intenzioni di singoli (che del resto sembrano mancare del tutto), il terreno di coltura dei nuovi modelli corruttivi i quali, va da sé, non escludono i vecchi, ma ad essi si aggiungono e si integran<_>. Nasce a questo punto, in menti politiche più restie di altre alle finzioni, la ideologia delle imprese pubbliche come aventi per compito specifico, accanto alla produzione di beni e di servizi, quello di finanziare i partiti politici (l'intervista del ministro De Mita al Corrieredella Sera con la quale veniva attribuito esplicitamente alle imprese pubbliche il compito «subistituzionale• di finanziare i partiti politici). Non si tratta di teorizzazioni estemporanee, come qualcuno potrebbe ritenere, ma di una descrizione del sistema al di là di ogni velo, quale effettivamente opera e funziona. li ciclo appare a questo punto compiuto: la corruzione tradizionale che si muoveva sulla linea di uno scambio tra privato e pubblico viene marginalizzata (essa infatti non sparisce, ma continua a riscontrarsi a tutti i livelli) a faOcco"e rendere evidenti e attivi i punti, per quanto incerti, di nuova elaboriu.ione della sinistra. Siamo infatti nel lungo urto dell'antimarxismo e dello spirito di liquidazione: cheper alcuni derivano semplicemente dall'i"azionalismo, per noi derivano da più motivi e anche dalla tendenza irrazionalistica quando essa è marcata con svuotamento, con rinuncia alla corrosione critica (anche presso di noi) ... In apertura della nuova serie di Quaderni piacentini (ricominciati mesi fa) Salvatipropone, ci sembra, uno slittamento nella lettura relativa ai movimenti di massa del 68. A suo giudizio, già allora questi avanzavano un problema di «divisione tecnica del lavoro» (DTL), che è estraneo al paradigma marxista. Si tratlerebbe quindi di effettuare un ricupero di taleproblematica: contro la canonizzazione, cioè la semplificazione distorta, che il marxismo avrebbe fa/lo di essa, intendendola come anticapitalistica, banalmente. Il problema della DTL si pone solo nell'analisi economica che è propria della «pista borghese», in quanto il marxismo parte invece dalladivisione sociale del lavoro (DSL). Leggiamo Salvati; anzitutto la definizione, in una nota: « Non esiste in materia una terrninologia assestata: per divisione sociale intendo il modo (capitalistico o non) in cui viene attuata la distinzione delle attività lavorative per mansioni individuali, per settori di attività, per territorio, per collocazioni gerarchiche: una divisione puramente 'tecnica' naturalmente non esiste• (n.1, p. 19). Ora, la pista marxista parte dalla DSL e sussume la DTL al disotto di questa; cioè, svolge l'analisi della fabbrica e dello stato capitalistico, e non già l'analisi delle conseguenze «universali• dell'industrializzazione nelle società complesse. Diciamo subito che noi (in alcuni) siamo collocati in questa pista e in quelli che Salvati definisce «aggiustamenti» di essa. Dunque con O' Connor, Offe, Poul11ntzas,o, BravPrman. « Il punto di forza di questa letteratura• osserva Salvati in un'altra nota a p.21 «sta nel mostrare che l'esercizio dell'autorità politica o dell'autorità di fabbrica ... non dipendono da caratteri generali e necessari dell'autorità politica in sé o da imperativi tecnologici-economici universali». Ma dal modo di produzioBona, e:Aquila o sole?», 1957 vore di una forma nuova di corruzione che si muove tutta interna alla categoria del «pubblico» ed in cui tutti, corruttori e corrotti, derivano influenza, peso politico, status personali e danaro dal ruolo che occupano all'interno delle strutture esistenti del potere politico. È attraverso questa via che sembra realizzarsi un modello circolare di storia che «ricostruisce•, a distanza di secoli, un tipo di stato che sembrava morto per sempre, quello «stato patrimoniale• di cui si è parlato all'inizio, nel quale proprietà del principe e proprietà della collettività erano indistinte ed inseparabili. Indubbiamente il «principe• non è ne capitalistico, appunto. Ora l'attenzione puntata effettivamente sulla DTL nel 68 e poi, ci sembra, conteneva un valore di aggiustamento e di completazione estensivadell'analisi marxista. Male, osserva Salvali nel suo nuovo programma critico; e con ogni cura misurata svincola ora la DTL come determinante. Insegna ad esaminare sempre come migliore la pista degli imperativi tecnologici-economici universali (per quanto non puri) col suo ««paradigma centrato nella logica della complessità organizzata»... Gli pare che se ne possa ricavare più frullo; troppo forte è nel marxismo la semplificazione di «filosofia della storia»... Leggendo Salvati troviamo tuttavia uno slittamento, non un capovolgimento o un'altra direzione. Vuol pagare un «tributo al realismo». Polemizza con l'eccessivo « rispetto per le idee di Cari Schmitt». E si presenta e si precisa sinceramente.irritato dalla «grande ondata di antimarxismo». E «l'idea di uguaglianza non può essere scacciata», anche se siamo in uno dei «momenti di regresso». Ha insomma alto il livello di tensione. Infine indica come «profondamente diversi i problemi di comprensione teorica e di strategia politica che i militanti socialisti devono affront~re nelle diverse situazioni locali•: e da questo discutibile e interessantissimo passaggio alla differenziazione locale viene il n.2 det Q.P. recentemente uscito, sulla Francia, sulla Spagna, sulle aree decisive del/'economia mondiale, e persino sul marxismo (critico) di alcune avanguardie intellettuali in USA, da cui vengono testi. Occorre discutere con Salvati: non c'è in lui un ricordo del passato, come alcuni dicono, e c'è una riproposizione diversificata, a nostro giudizio, che è pur utile. Ma lo slittamento nella pista borghese, cosi limpidamente detto, e orientato a una crescitadi «criticascientifica delle illusioni e delle utopie» e a una verifica «dei nostri strumenti», non diviene invece, Jorse, con Stame nello stesso n.1 dei Uuaderni un capovolgimento, un'altra direzione? Un'altra testata? Certo Stame, col suo proprio rigore, riprendendo laparola dooo tante pene, s, :,U consolare: (( i.a Restaurazione non abolisce la Rivoluzione, non la più lo stesso e neppure la proprietà pubblica (il primo si è frantumato in una serie di «princjpi» minori, cogestori del potere, come appaiono i partiti; la seconda non è più fatta di oro e di terre, ma di imprese). Il rapporto che si realizza tra i due presenta tuttavia molti elementi (comportamenti concreti ed abbozzo di una cultura di giustificazione) che richiamano alla mente lo stato patrimoniale classico. Le categorie tradizionali della «corruzione• appaiono, di fronte a questo nuovo fenomeno, in gran parte inutilizzabili ed obsolete. Ma questo, dopo tutto, non sembra sia considerato un gran male dalla classe politica e dai suoi ideologi. cancella, ma è costretta in un certo senso a proseguirne il corso sia pure sulla base di un capovolgimento dei rapporti di egemonia politica» (p. 28) ... E se il marxismo ha una «eccessiva semplicità analitica» ci si può limitare «a progetti di decifrazione» ... E anzi: « Il 68 conteneva già fin dall'inizio al suo interno tutti i motivf di crisi del marxismo, dell'idea di socialismo» e addirittura conteneva già «tutti i principi della crisi dei presupposti e dei È attraverso questa «disarmonia• tra condotte di corruzione attuali e• schemi formali preesistenti di identificazione (anche giuridici) che passa nel «nuovo stato patrimoniale» la via maestra della impunità dei nuovi corrotti e dei nuovi corruttori. Note 1) F. Carrara, Programmadel corsodi dirillo criminale, tipografia Giusti, Lucca 1873, paragrafo 2545 2) F.S. Merlino,L'lta/iaqual't, Feltrinelli, Milano 1974, p. 79 3) La ricostruzione è tratta da «Rivista penale», voi. XL, 1894, p. 196 e ss. 4) G. Saivernini, Il ministro della malavita, Feltrinelli, Milano 1966, p. 511 e ss. 5) Vedi «Rivista penale» citata, p. 306 6) Tutti i tentativi fatti già alla fine del Ma possiamo distinguere tra Salvati e Stame? Con un gioco linguistico misuratissimo si potrebbe dire, per l'uno: «salvàti»; per l'altro «sta amen» ... Inoltre Stame porge l'orecchio a Laboratorio politico, grande e influente questa nuova rivista, che dal politicismo (o primato del politico sull'economico, che è primato weberiano e non marxista) e dal rizoma operaista antico si è spostata in tutti i suoi da molto tempo, subito ha prodotto una tecnicità Luis BuOuel, «Ah! Che gioia aver assassinato i nostri figli», (L'Aged'Or, 1~30) fondamenti, su cui i filosofi ragionano oggi»... Va veramente troppo oltre questa consolazione. Troppo oltre, s'intende, in una rivista «dichiaratamente ideologica della nuova sinistra» come afferma il risvolto. Poi Stame sostiene che ogg{è incerta «la distinzione fra neo-liberismo e neo-anarchismo», vanno dunque assieme i compagni autonomi e sommersi con uno o due piedi in prigione, e i quasi fascisti... Non vuole più la risposta politica, che è propria della cultura istituzionale della sinistra, ma vuole la risposta «tecnico-istituzionale». S'interessa insomma dell'ingovernabilità. Del decisionismo (con rispetto per le idee di Schmitt). « Il problema reale è riuscire a capire quanto della ingovernabilità è dovuto alle contingenze politiche e quanto è dovuto a elementi strutturali e invarianti dei processi di decisione» (p. 40). sofisticata, un attacco all'etica, con posizione fra «/ab» e «lib» a/l'inglese; è una nuova rivista... L·tngovernabilità era il tema aet n.l, di Laboratorio politico e CarloDono/o diceva limpidamente (p. I 04) «le analisi marxiste» danno implicita l'ingovernabilità nella dipendenza (o ridotta autonomia) dello stato dai risultati del processo di accumulazione (con primato economico); e come problema politico affermano che si dà ingovernabilità «solo quando la lotta di classeproduce una situazione di equilibrio instabile delle forze»: e, diceva appunto Dono- /o, «oggi non ci bastanopiù queste verità sempre vere». Da qui la nuova rivista. Poi col 11. 2 abbiamo letto mesi fa una gara stupefaceme di virtuosismo teoricistico nell'esaminare il Progetto. Dava il mozzafiato. Non si sapeva sceglierese erapiù bravo Asor Rosa con la secolo scorso per configurare anche i membri del parlamento come «pubblici ufficiali» in mododa poternepunire le eventuali condotte delittuose erano restati infruttuosi: vedi su ciò C. Bertolini, I/ deputatoo senatore corrotto e la relativa nota di presentazione in «Rivista penale», voi. XXXVII, anno 1893, p. 329 e ss. 7) J. Legrès, Les entreprises publiques en France, in «Esprit», gennaio 1973, n. 1, p. 79 8) Quali e quante fossero le ambiguità nel processo di finanziamento pubblico dei partiti risulta dalla relazione conclusiva del deputato Galloni alla fine della discussione alla Camera dei deputati il 9 aprile 1974. Secondo Galloni «il finanziamento dei partiti da parte dello stato è possibile sul piano della correttezza costituzionale, lasciando impregiudicato il problema della natura privatistica o pubblicistica dei partiti. Anzi, se dobbiamo partire dalla valutazione della situazione attuale, dobbiamo dire che i partiti mantengono e conservano la loro natura di libere associazioni, però di associazioni qualificate, con una funzione specifica in relazione alla formazione della volontà politica del paese. Diventano quindi gli strumenti necessari per l'esercizio della sovranità popolare per determinare la politica nazionale del paese. Sotto questo profilo il finanziamento dei partiti diventa allora dal punto di vista costituzionale un provvedimento necessario nella misura in cui si ritiene che solo attraverso il finanziamento pubblico, i partiti possano espletare questa loro fondamentale ed essenziale funzione» (Atti parlamentari, Camera dei Deputati, VI legislatura, Discussioni, seduta del 9 aprile 1974, p. 14197)! 9) S. Rodotà, Neisoldideipartitinonmettere il dito, in «la Repubblica», 1 ottobre 1981, p. 1 sua proposi(! finale diventata famosa: «abbandonare un'etica virtuistica: il fine della lotta non è una società virtuosa; è un insieme di uomini felici»... Oppure Cacciaricon lesue tre aree, « la pro-duzione del progettato», «lo strappo del presupposto, l'essere-lanciato via-da», cii progetto come ontologicamente costitutivo dell'Esserci» (o struttura esistenziale originaria)... Oppure Bodeisobrio, con lefamiglie di strategie... O Tronti, nella sua posizione cosi definita da Bodei: «il potere, non più demonizzato, diventa lo strumento per dirigere i processi, la spina dorsale del progetto che sostituisce il teleologismo» (p. 60)... Ci ricorderemo di ciò come il punto alto della sofisticatura intellettuale. Si stava allora, all'inizio del/'81, ancora nel prolungamento degli anni di cammino, di avvicinamento /asciando perdere tutto il resto, con la via di Napolitano... E abbiamo così ricordato il n. 1 e il n.2 di Laboratorio politico al lettore, mentre sono usciti il 3 e ora il 4 sul sindacato. In una rivistadi sinistra, forse, non si può più distinguere fra slittamento che è un passaggio utile, e capovolgimellto. Forse si può distinguere meglio stando in Alfabeta· che una rivista di sinistra, con tendenza e linea di elaborazione, propriamente non è (mentre ci sono, fra gli altri, un autonomo esule ricercato, un marx-freudiano, un vetero e neoleninista, ecc.) Qui si informa, qui si recensisce, senza azienda né gruppo politico, si registra, soltanto ... E certo mentre si ammira il teoricismo di Laboratorio politico, pur cosi lunare, o si cerca di distinguere tra Salvati e Stame invano, viene proprio da dire: sembra che adesso elaborare è peggio ancora. Quaderni piacentini Nuova serie, I, I 981; Milano, Franco Angeli; pp. 201, lire 5.000 (ctr. Michele Salvati, «Presente e futuro: un programma critico»; Federico Stame, «I luoghi della restaurazione»). Laboratorio_politico n. 2, marzo-aprile 1981 «Critica del progetto»; Torino, Einaudi pp. 166, lire j.ÙOO
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