Alfabeta - anno III - n. 31 - dicembre 1981

... "' " .5 ~ <>. ..... oO °' ..... ~ -<, l ..... ,,., ,; ~ -<, e edizzoni e o sono i viaggi di Potocki il vangelo di Giuda gli amori di Vanja e leggende di Prag i viaggi di Potocki il vangelo di Giuda gli amori di Vanja e leggende di Prag i viaggi di Potocki il vangelo di Giuda gli amori di _Vanja edizioni e/o Via Monte Altissimo, 7 Roma Freeman Dyson Turbare l'universo Un protagonista della fisica moderna affronta in una autobiografia di raro fascino intellettuale i temi su cui si decide il futuro: gli armamenti nucleari,. il disarmo, l'ingegneria genetica, la colonizzazione dello spazio. Presentazione di Luigi A. Radicati. Cari G. Jung Psicologia e alchimia In una delle sue opere più suggestive, Jung interpreta la sapienza alchemica, con i suoi simboli e le sue immagini cifrate, come una grande metafora dei processi psicologici ·e delle metamorfosi della psiche. Jean Seznec La sopravvivenza degli antichi dei Un classico contemporaneo di storia delle idee. Dal Medioevo all'età • barocca, l'iconografia documenta la vitale presenza dell'antichità pagana nella filosofia, nelle arti, nei trattati astrologici e astronomici. Peter B. Medawar Consigli a un giovane scienziato Un Premio Nobel per la medicina ha scritto un'affabile "guida pratica" per chi vuole fare ricerca. Franco Fornari Il codice vivente Femminilitàe maternità nei sogni delle madri in gravidanza. Boringhieri <li!, .;~--------------~ lJIU tecaginou vita. Mutò gli aspetti degli uomini che si lasciarono crescere la barba e allun- • gare i calzoni; ma il suo brivido si propagò nelle case, in cui fecero la loro comparsa mobili imbottiti, tappezzerie perché non rimanesse alcunché di nudo. Anche le pareti esterne delle case cominciarono ad essere rivestite di edera cosi come il loro interno si coprì di rivestimenti e di imbottiture. Ma questo mutamento non doveva limitarsi all'esteriorità delle cose perché il freddo penetrò anche nel cuore degli uomini e l'umidità invase il loro spirito (the damp struck within. Men felt chili in their hearts; the damp in their minds ..), ed essi cominciarono a fasciarsi di frasi per avvolgere con un po' di tepore i loro sentimenti; contemporaneamente gli uomini rivestirono di sotterfugi e di ipocrisia i loro discorsi; si creò un divario tra i sessi, si moltiplicarono i figli come la vegetazione e sorse così l'impero britannico. Tutto il linguaggio risultò più gonfio, trasformando la lirica in epica e gli articoli in discorsi fluviali; sorsero così «le enciclopedie in venti o trenta volumi». È il caso di ricordare a questo punto che il padre di Virginia Woolf, Leslie Stephen, era stato l'editor del Dictionary of Natio.nal Biography? I Moments of Being, i momenti di essere, nei quali mondo interno e mondo esterno si ricongiungono, sono scene in cui Virginia Woolf avverte la scossaimprovvisa di un'esperienza e dice che questa «shock-receiving capacity is what makes me a writer» («questa capacità di ricevere scosse è ciò che fa di me una scrittrice». La scossa dell'esperienza, che proviene da un colpo sferrato da un nemico nascosto dietro l'ordito della vita che ci circonda, è una domanda ma è anche «a revelation of some order», la rivelazione di un ordine, «il segno - continua V. Woolf - di qualcosa di reale che si cela dietro le apparenze». Ora, non ci sarebbe felicità per gli uominiseessinon dessero una risposta a quella domanda nella quale è racchiuso lo strazio della loro vita; quella domanda ci chiede di uscire dall'isolamento in cui versa il nostro esile io per ricongiungerci con quell'esperienza più ampia che è anche il teatro della nostra origine. Come possiamo rintracciare quésto ordito celato alle nostre spalle e conferirgli quell'unità che ci libera dal suo effetto inquietante? Attraverso la parola, e mediante una continua, incessante rifondazione del nostro linguaggio. «Io sento - scrive Virginia Woolf- che ho ricevuto un colpo; ma è, come io pensavo da banibina, semplicemente un colpo sferrato da un nemico nascosto dietro l'ovatta della vita quotidiana·; esso è, o diventerà, la rivelazione di qualche ordine, è il simbolo di qualcosa che si cela dietro le apparenze; ed io lo rendo reale esprimendolo in parole. È soltanto esprimendolo in parole che faccio di esso un'unità: questa unità significa che esso ha perso il suo potere di farmi del male». In Onde è Percival ad insegnare che sono falsi i tentativi di dire che « io sono questa cosa» e che «lui è quest'altra», e che è per la volontà di essere distinti e separati che accentuiamo le nostre colpe trascurando che «c'è una catena che turbina continuamente in un cerchio azzurro-acciaio». «Da questo- scrive ancora Virginia Woolf in Moments of Being - io pervengo a ciò che potrei chiamare una filosofia ... che dietro l'ovatta della vita quotidiana è nascosto un ordito; che noi - intendo tutti gli esseri umani - siamo allacciati ad esso; che l'intero • mondo è un'opera d'arte; che noi siamo parti di quell'opera d'arte. Amleto o un quartetto di Beethoven è la verità su questa massa immane che chiamiamo mondo. Ma non esiste nessuno Shakespeare; rion esiste alcun Beethoven; certamente e decisamente non c'è alcun Dio; noi siamo le parole, noi siamo la musica; noi siamo la cosa stessa». Dunque questo mondo, con la sua struttura più profonda e celata ~I di là \JU della nostra responsabÙità, è conquistato nel dominio della parola. La nostra origine è in realtà iscritta nei nostri linguaggi; rivisitarli, allora, significa rintracciare l'antefatto delle nostre esistenze perché siamo nel linguaggio come sfdice che siamo al mondo. L'ispezione degli usi del linguaggio, la sperimentazione di usi alternativi delle parole diventano la chiarificazione delle nostre situazioni esistenziali. Per questo diventano essi, i giuochi, le sperimentazioni linguistiche, il tema stesso della nostra leueratura. Direte che esagero se dirò a questo punto che lo scopo di cui il linguaggio appariva come il mezzo, come lo strumento, è in realtà quello di indicarci il linguaggio stesso come scopo? Che lo scopo è il mezzo? Non è lo stesso che dire con McLuhan che il medium è il messaggio? Così la ricapitolazione degli usi delle frasi nei loro impieghi alternativi, variati, sorprendenti o addirittura stravolti diventa il tema della scrittura letteraria e contemporaneamente una rifondazione critica del linguaggio. Questo avviene nei lavori di Harold Pinter nei quali il tratto dell'imprevedibilità e dell'insospettato, che è proprio dell'arte, nasce dallo stravolgimento del linguaggio. Nei dialoghi di Pinter l'insicurezza e l'instabilitlt delle situazioni umane è espressa attraverso un'operazione di dislocazione del linguaggio e attraverso continui e inquietanti stravolgimenti dei ruoli linguistici che rendono provvisoria e parziale ogni soluzione. Nel secondo atto di 0/d Times il personaggio di Deeley dice ad Anna che Kate dopo il bagno non riesce ma~ ad asciugarsi perfettamente; al che Anna replica: «Perché non l'asciuga lei? - Deeley. Lo consiglia? - Anna. Lei lo farebbe bene - Deeley. Con l'accappatoio? - Anna. Come potrebbe, senza? - Deeley. Senza? - Anna. Come potrebbe asciugarla, senza? Senza l'accappatoio? Ah, non lo so. - Anna. Senta, l'asciughi lei stesso con l'accappatoio. Pausa. Deeley. Perché non l'asciuga lei? - Anna. lo? - Deeley. Lei lo farebbe bene». La mobilità di questo linguaggio lascia scorgere il continuo, implacabile incontro dei personaggi con il trauma dell'imprevedibilità e della casualità delle vicende umane. I destini degli uomini- ma non è poi lo stesso, identico destino? - dipendono dalla sospensione della parola, sono appena lembi appesi ai casi e ai destini ondeggianti delle parole. Il significato delle situazioni emerge da una corrente di parole che fluisce rifluisce su se stessa, che passa e ripassa, per cui conoscere è in realtà riconoscere e ripetere. Questo riconoscere e ripetere rende conto dell'atteggiamento fondamentale del teatro di Samuel Beckett e di Harold Pinter in cui il presente rifluisce sull'origine, in cui l'attimo presente è la folgorazione in cui si staglia l'origine, instaurando un ordine che decostruisce la dimensione della temporalità ordinaria, scavalcando le coscienze e le apparenze soggettive della vita comune. E così Hamm in Finale di Partita di Beckett dichiara: «la fine è nell'inizio e tuttavia andiamo avanti». Il dispiegamento delle parole nei dialoghi di Pinter è una regressione della fine verso l'origine,versol'inizio. La vicenda passata che in 0/d Times Deeley racconta ad una ragazza viene a coincidere con ciò che presentemente dice e fa con la ragazza al momento del suo racconto. In effetti si racconta quello che si sta dicendo; il dire risulta la propria storia e la propria ricapitolazione; ciò rende conto del carattere di riepilogo che il linguaggio opera di continuo nei confronti di se stesso nel teatro di Pinter. È dunque in questo linguaggio che risulta iscritto l'ordine nel quale Pinter proietta le vicende umane. Ora, se la civilizzazione contemporanea è, da un lato, l'instaurazione di un regime di automatismi che grava sulla coscienza del singolo, è pur vero che essa segna l'epoca di quella mobilità di tecniche e di strumentazioni espressive che configurano la nuova funzione dell'uomo contemporaneo come •grande fabbricatore di alternative», come dichiara Musi!. Musi! ha infatti cercato nella sperimentazione di un dispositivo stilistico fondato sui tropi della metafora e della similitudine la risposta che l'uomo deve dare nell'epoca della Zivilisation. Ma la metafora non è più soltanto a questo punto una figura stilistica, perché essa contiene la radice esistenziale dell'avversione per •tutto ciò che si dà l'aria d'essere stabilito per sempre, i grandi ideali, le leggi e la loro piccola impronta pietrificata, il carattere pacifico». La metafora riflette la vita dell'uomo contemporaneo che «non crede ai legami», per il quale «tutto possiede il valore che ha soltanto fino al prossimo atto della creazione, come un volto al quale si parla mentre cambia ad ogni parola». L'uomo senza qualità pratica «una forma d'esistenza indefinita» che altro non è che «l'impulso ad associare e a dissociare», rifiutando, come dice lo scrittore austriaco, «la ragione borghese statizzata» propria dell'uomo razioide. In un'annotazione dei suoi Diari del 1905 Musi! ravvisa il limite del suo stile fondamentalmente nel tentativo di designare la realtà «con parole diritte, tastanti», cioè con una tecnica di denotazione direi/a che non appare più praticabile e che rivela «intelligenza unilaterale». Ciò che esperimenta Ulrich nel corso della sua radicale meditazione, mentre cammina nella sera leggera di novembre con i pugni chiusi nelle tasche in preda ad ira e a dolore, è lo sgomento di fronte allo spaesamento della sua intelligenza, di fronte all'irriconoscibilità della mente propria della tradizione. E, a poco a poco, egli perviene a quello che è del resto il regime stilistico delle parti finali dell'Uomo senza Qualità, e cioè un diffuso stato metaforico, in cui metafora e similitudine, da un lato, sono segni di equivocità in quanto connettono una pluralità di sensi e categorie semantiche tra loro distinte, ma'dall'altro appaiono invece destinate a realizzare una condizione di univocità di senso che è la condizione di una ritrovata seppur precaria unità e razionalità proprie dell'altro stato, dell'altra imerpretazione, e della società estatica di Ulrich e di Agathe. L'intelligenza, lo spirito, che sarebbero parole ormai vuote per se stesse, vengono investite di una nuova esperienza linguistica che consente all'Uomo senza Qualità una comunione con le cose. «Quando si ama infatti-. scrive Musi! - tutto è amore, anche se è dolore od orrore. Il ramicello sull'albero e il vetro pallido della finestra nella luce crepuscolare diventavano un'esperienza profondamente celata nel suo intimo ... Le cose non sembravano fatte di legno e di pietra, ma di un'immoralità grandiosa e delicatissima che nel momento in cui veniva in contatto con lui diventava profonda commozione morale». O ra, questa connessione tra io e realtà, tra esperienza intima e cose risulta essa stessa il tracciato di un'immane metafora che produce, attraverso slittamenti semantici e transizioni tra categorie diverse d'espressione, una condizione di univocità tra mente e natura. Per questo, appunto, quando si ama tutto è amore, anche se è dolore od orrore. L'incesto finale tra l'Uomo senza Qualità e la sorella Agathe, la loro società estatica, è esso stesso uno stato metaforico: «aleggiava davanti ai loro occhi - scrive Musi! - il sogno di fondersi in una forma sola ... come quando due creature appaiono fianco a fianco, eppure in segreto sono una sola». E così al termine di una lunga conversazione nasce l'illuminazione che Ulrich così confida alla sorella Agathe: «Abbiamo trovato molte risposte lambiccate, ma mi sono dimenticato la più semplice: che i due possono avere l'intenzione e la capacità di prendere le loro vicende soltanto come una metafora... Basta pensare che ogni metafora ha due sensi per la ragione, ma uno solo per il sentimento. Chi considera il mond9 solamente come una metafora potrebbe dunque vivere come esperienza univoca ciò che ha invece due sensi secondo la misura del mondo». Così la metafora risulta il dispositivo semiologico che esprime la forma d'esistenza dell'uomo contemporaneo il quale, rifiutandosi di farsi rinchiudere entro uno schema rigido e invariante di esperienza, sottopone la vita a continui esperimenti, violandone l'ordine definito e pietrificato, provocandola lungo possibilità alternative, strappandola a se stessa e ricomponendola nelle pratiche associative della similitudine. Ed è questo impulso ad associaree a dissociarecheconfina l'uomo contemporaneo in una forma d'esistenza indefinita, dispersa e quasi nomade. Gli scrittori alla svolta di questo secolo si erano trovati in possesso di strumenti espressivi e di tecniche narrative che erano forse adatti ai loro scopi e alle loro funzioni narrative, ma non ai nostri in quest'epoca segnata dall'avvento della civilizzazione. Quelli erano moduli legati al fiore azzurro di certezze che nel frattempo si erano andate sfaldando nel corso della dissoluzione del rapporto antropocentrico. Erano necessarie altre risorse espressive in grado di cimentarsi con la nuova forma di vita; era perciò inevitabile che si cominciasse a «sfasciare e a sfondare». Non è forse per questo che· da allora nella letteratura, nelie arti, nel teatro assistiamo al paesaggio di cose rotte e cadenti e udiamo il rumore di oggetti sfondati e infranti? Ma ora considerando la situazione che abbiamo cercato di delineare dobbiamo constatare esiti carichi di tensioni e di elevata complessità. Se posso indicarne uno è quello per il quale le pratiche letterarie hanno da un lato tracciato e sottolineato l'assurdità, l'insensatezza e la mancanza di comunicazione nelle situazioni dell'umanità contemporanea; ma dall'altro hanno formulato le loro analisi nei termini di procedure espressive che sono coinvolte nei procedimenti della civilizzazione. L'espressione del disagio della civiltà contemporanea si fonda su risorse espressive e su una varietà di linguaggi emerse dalle tecniche della civilizzazione. Così Beckett e Pinter hanno esibito quel fenomeno di «fissione semantica» che, secondo Lévi-Strauss, si manifesta nella produzione in serie di oggetti la quale conduce ad una scissione tra la presenza reale, effettiva dell'oggetto e il suo significato, la sua essenza. Ma la loro presa di distanza dalla civiltà contemporanea è paradossalmente formulata tutta all'interno dei linguaggi stereotipi della civilizzazione, impiegando le parole e le espressioni ~me entità reificate, come strutture per sé stanti, in sé compiute come il readymade. In un diverso rispetto, anche quel Musi!che denuncia nella civilizzazione un mondo estraniato di esperienze senza colui che le vive, procede a recuperare il centro estatico del significato e della motivazione nelle pratiche linguistiche associative e dissociative che l'Uomo senza Qualità compie nel corso della sua esistenza indefinita e nomade. Significativamente egli dichiara che la nostra vita dovrebbe essere tutta e soltanto letteratura. Questo è forse il tratto o uno dei tratti più salienti di questa situazione per certi lati paradossale: che l'oggetto prodotto dalla civilizzazione è un oggetto che mostra un aspetto seriale, ano[limo e impersonale ma che al tempo stesso esibisce l'indicazione tecnica delle sue potenzialità diverse, ponendosi dunque per noi come un oggetto altamente problem~tico. ( Una versione più ampia di questo scritto è s1a1a leua in apenura del Convegno « Leueratura e civiliz::z.ai.ione» 7 tenwosi a Palermo dal 21 al 24 ottobre1981).

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