Laevoluzionferancese S e c'è un termine che ricorre frequentemente nei discorsi dei nuovi responsabili politici francesi, è quello di «contratto•. La recente conferenza stampa di Mitterrand - prima manifestazione politica di questo genere dal mese di maggio - ne fornisce un esempio molto eloquente. Il Presidente della Repubblica evoca, a proposito del proprio mandato presidenziale, il «contratto a lungo termine• cbe lo lega al Paese; intervenendo sulle nazionalizzazioni e la politica economica, espone in termini di contratto i rapporti che vuole avere con il mondo delle imprese, in particolare con i lavoratori e la confindustria; pronunciandosi sui problemi della società, si esprime in termini simili, facendo eco alla dichiarazione di intenti in cui sostiene «la necessaria supremazia della contrattazione sul ricorso alla violenza» ... E, se si osservano i recenti discorsi di molti ministri o leaders politici della nuova maggioranza, se ne ricavano più o meno gli stessi toni ... Naturalmente, è molto difficile e addirittura imprudente tentare dianticipare gli sviluppi della nuova politica francese. Cento giorni sono assai pochi, anche se il bilancio del nuovo governo non è privo di ampiezza. Ma è interessante riflettere su ciò che possono significare per il futuro alcuni leitmotiv dei discorsi dei nuovi responsabili politici. Qui, proporrò una interpretazione di questa ripetuta invocazione della necessità di forme contrattuali nella democrazia. In nome di una domanda essenziale: vi si trova forse l'abbozzo di una nuova forma di politica? Da Giscarda Mitterrand I. Può stupire ilfatto che ~iconsideri il termine «contratto» come un nuovo venuto nel vocabolario politico. Dopotutto, il Contratto sociale è vecchio di due secoli, e ogni democrazia può. risultare, in un certo senso, come la forma politica destinata alla socializzazione del contratto. Che cosa si intende, in questo caso, per «contratto»? Nient'altro che una estensione a tutto il campo politico e sociale di un modo particolare di risoluzione dei conflitti di interessi, elaborato dal diritto privato, in breve di una convenzione tra interessi diversi. Il che rinvia immediatamente a tre problemi strettamente connessi: quello del contenuto della convenzione; quello delle modalità di arbitrato; quello della legittimazione del contratto. In termini più politici: che compromesso adottare in un conflitto sociale? Chi rappresenta i protagonisti nella negoziazione? Come far rispettare le soluzioni adottate? In teoria, ogni democrazia riconoscerà sicuramente simili principi. In realtà, nella pratica politica, la cosa è meno certa. E se è impossibile trattare un simile problema in poche righe, si possono però fornire alcuni argomenti di appoggio a un dubbio di questo genere, per esempio per sostenere la tesi per cui la democrazia stile Quinta Repubblica non ha minimamente usato il contratto come modo di governo. Perché la Francia degli ultimi dieci anni, e in particolare la Francia giscar- •diana, ci ha abituati piuttosto a un progressivo scivolamento verso una forma di soffice dispotismo, quello dei politici pusillanimi, quello del governo effettuato attraverso leggi predeterminate e decreti, per natura non contestabili attraverso le normali vie del diritto. Un dispotismo soffice: apparenza di procedure nella forma, violenza delle decisioni unilaterali nella sostanza. Certo, di solito le teste cadevano solo simbolicamente. Essenzialmente ne risentivano solo le carriere. Se non i corpi, almeno lo spirito, l'immaginazione, l'iniziativa erano penalizzati. Apparentemente. preoccupato solo di fare bella figura nella tormenta eco.- nomica mondiale, raramente un governo è stato cosl incapace di dialogare, incapace di ascoltare, se non di capire. Incapace anche di farlo per finta: è stato il governo dei mesi di agosto, per usare una espressione che è più di una metafora. Quante decisioni imJean-Paul de Gaudemar re molti fatti reali. Così, esempi come il rifiuto di anche solo ricevere i sindacati. Raymond Barre, Primo Ministro, si era specializzato in questo atteggiamento, facendone l'emblema della sua ferma volontà di combattere l'inflazione salariale. Il Primo Ministro, ma anche, per imitazione, il Ministro del Lavoro, il Ministro della Sanità ... solo per citare alcuni esempi che hanno nutrito abbondantemente le cronache. Quanto al Ministro della Pubblica Istruzione, non si accontentava di rifiutare gli incontri con i sindacati,-ma utilizzava buona parte delle proprie Marul Duchamp, «Alla maniera di Delvaux», /942 portanti sono state prese, in quei momenti in cui il potere era sicuro di non suscitare alcuna reazione! Come se il governo fosse veramente sicuro di se stesso solo nella vacuità sociale dell'estate; come il governo di un popolo di anime morte! Potere delle vacanze, vacanza del potere, se nella democrazia il potere è qualcosa di più della pura costrizione, della forza imposta. Delle anime pie hanno talvolta difeso questo atteggiamento come assenza di ipocrisia. Ma è chiarissimo che si trattava solo di una falsa franchigia, perché ciò che si scartava e rifiutava sistematicamente non erano solo le discussioni inutili - si sarebbe applaudito - ma l'idea stessa di discussione, l'idea stessa di concertazione, l'idea stessa, di conseguenza, di un potere che sieserciti in modo contrattuale. La cronaca politica degli ultimi anni non manca di esempi a questo riguardo, sia nel caso del Capo di Stato che in quello dei suoi ministri. Se il progressivo distacco di Giscard dalla opinione pubblica è un indizio alquanto simbolico, si possono elencaenergie a denigrarli, addirittura a insultarli ... Strano atteggiamento collettivo che costituiva, di fatto, la negazione stessa di una democrazia contrattuale: negazione di ogni valore della contrattazione stessa, come se questi personaggi politici considerassero segno di sconfitta anche il semplice incontro con l'avversario, come se avessero conferito alla semplice discussione e al dialogo una portata ben più che simbolica, come se li avessero considerati come la manifestazione di una reale spartizione del potere; negazione, anche, di ogni idea di rappresentatività, di ogni legittimità del principio di delega: come capire, altrimenti, le infinite diatribe, sino alla nausea, contro tutti imanifestanti, contro tutti i sindacati, contro tutti i gruppi qualificati come «agitatori• pubblici per il semplice fatto di essere emanazione di fenomeni collettivi. Indubbiamente bisogna sottolineare quanto si sia distanti dalla idea di contratto sociale. Perché, in fondo, se predominava una tendenza, era quella di considerare il corpo socialecome un insieme non strutturato di individui. Quasi che il governo, volendo negare a ogni costo le forze sociali di opposizione, avesse voluto porsi di fronte, come interlocutori, soltanto degli individui. L'analisi economica di una simile tendenza è beninteso facile a farsi, soprattutto nell'ambito di una rivalutazione delle tesi liberali e ultra-liberali. Ma forse non si è fatto sufficientemente attenzione ai suoi aspetti politici e simbolici. Che alcuni intellettuali si siano lasciati convincere, non deve forse stupilinguaggio in termini di contratto: stiamoforseassistendoallaapertura di un nuovo ciclo politico, in nuce negli aspetti più riformatori del gollismo (partecipazione, politica salariale contrattuale, • nuova società> di ChabanDelmas, timidi tentativi di regionalizzazione), ma che aveva conosciuto soltanto l'abbozzo di uno sviluppo reale prima di venire definitivamente interrotto dal dispotismo soffice di Giscard, e dai suoi modi di esercizio dell'autorità, che potevano dirsi solo apparentemente moderni? È legittimo ritenere che, al di là delle fraseologie elettorali, il vero problema politico concerne attualmente lo sviluppo di una nuova forma di esercizio del potere fondata sulla generalizzazione della negoziazione, il riconoscimento del principio di delega, la legittimazione delle convenzioni adottate, da parte dello Stato? 2. Per tentare di sostanziare questa ipotesi, si può utilizzare il materiale • fornito dai discorsi e dalle risoluzioni del nuovo governo negli ultimi tre mesi. Prima di tutto, sembra difficile considerare come secondari quelli che sono stati i primi passi del nuovo Presidente della Repubblica e poi del nuovo Primo Ministro: ricevere, per sentirne il parere, le rivendicazioni e le lamentele, tutte le organizzazioni del mondo sindacale, padronale, associativo... Bisogna vedervi soltanto ungesto di opportunità, o addirittura di opportunismo politico? È poco probabile, soprattutto se si tiene conto • dell'importanza degli equilibri di interessi alla vigiliadelle elezioni legislative. Si può invece scorgervi la volontà di rompere solennemente con i comportamenti del precedente governo, per ' affermare che, ormai, re decisioni sarebbero state prese solo dopo avere sentito tutti i pareri, salvo non poterli assecondare complessivamente. Tuttavia, non si può considerare come ' secondario l'ingresso di alcuni sindacalisti nei gabinetti ministeriali più legati ai problemi sociali (Solidarietà Nazionale, Lavoro, Pianificazione...). '\ re troppo, perché un intellettuale può facilmente ritenere di non essere nulla, al di là della affermazione della propria singolarità ... Ma sul piano politico, simili atteggiamenti sono stati troppo psicologizzati: capriccio di Principe fragile, incapace di lottare contro i mali del tempo e le proprie indecisioni, prigioniero delle proprie appartenenze di classe; isteria di politicanti immaturi; usura di un potere troppo a lungo detenuto dalle stesse persone, ecc.... L'ipotesi non è necessariamente sbagliata, ma certo insufficiente. Ciò che mi sembra essere stato in gioco, è prima di tutto la negazione semi esplicita di ogni contrattualizzazione dei rapporti politici e sociali, la negazione se non l'incapacità di dare una forma politica effettiva a una idea già presente da molto tempo nella dottrina e talvolta addirittura nella pratica del gollismo. (Così, un certo sviluppo della politica contrattuale in materia salariale, alla fine degli anni 60.) Di qui, si capiscono i problemi sollevati dalla attuale riattivazione di un Ridurre un simile evento alla manifestazione di ambizioni individuali o di «comunelle» politiche non è convincente: c'è, in questo caso, il segno di una volontà di radicare nelle istituzioni stesse la politica contrattuale. Il licenziamento episodico di alcuni dirigenti sindacali scompare di fronte a questo atto di legittimazione del principio di delega. Ma esaminiamo alcuni esempi, forse più probanti, tra le misure già prese o i progetti più recenti. Decentramentoamministrativo e riformagiudiziaria La «legge Defferre» relativa al decentramento. Eccoci in un campo eminentemente politico, quello della amministrazione delle regioni e delle collettività locali. Un campo in cui il principio di delega sembrava legittimato in maniera ottimale, perché posto a fondamento del funzionamento del potere legislativo e degli organi esecutivi delle collettività. Tuttavia, ciò che cambierà è fondamentale da questo stesso punto di vista: il potere esecutivo reale, ormai, non apparterrà più ai soli delegati del potere centrale • (i prefetti), ma agli eletti dalle collettività locali (sindaci, presidenti dei consigli generali, consigli regionali ...), mentre i prefetti, o meglio i «commissari della Repubblica», avranno ormai solo un potere di controllo a posteriori.
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