Via Consolare - anno I - n. 2 - gennaio 1940

1 giovani allo specchio .Motivi universali della storia di Roma Cbiuccbicre sul marciapiedi Romagna Mediterraneo Frantumi di stagione Il Nucleo di Propaganda Il Cinquuntenurio della "Dante,, lo morte di Lucio d'Ambra Battimani Cosa pensate < Sere chiare L'arancia Hnduno del Lu nascita del Lu Hadio in gn Quattro parole n Bocca del Leo e : Estetica radiofonica Panorama: Prcsc1>e (Almanacchi I 940) A proposito dcli' attualità di Oriani Mortaretto Armando Ravaglioli Bruno AJasotli « Via Consolare • Dùw Gherardi Nevio Matteini Turi Vruile f.,ino Ferrari Giovanni Gatti Fuliggine Giuseppe Santaniello V. P. Agro e dolce Adolfo Gherardi Pestapepe ,A.rnui Padre Guardiano Cesare Bolognesi L'omino dei fuochi Spedizione In AbbonamentPoostale ANNO I - GENNAIOXVIII - NUMER2O Fondazione Ruffilli - Forlì

" .Cap'uwiden~aè la iotia di un popolociuile,, 1J.i ..Ea ua:i)ti:il1ima O'MJal//;i7.l7va7viOl//;e di Cf;ue:i1lo):iJituto è {Jjcu/1;a çpatal!i7viadi a:i:ii:itel//;7.lapto11ta ed eiiicace· pe'/JOçJl//;1iY1;atica filate p'leuidenti I Una poli-;.~adett'Jatiluio /lla~ionated/N1,icu'zcb~ioni cobtituibelea1tianquillitàpe'luoiepei i uobttiiamilici'zi Regie Terme A pochi cbilomet,ri da Forlì, nella ridente vallata del Montone che si allarga in mezzo a colline feraci, vigilata dalle Rocche della Romagna guerriera (il rudero ventoso di Sadurano, la fortezza toscana di Terra del Sole, il maschio di Monte Poggiolo ridente, lo sperone di Castrocaro stessa) sorge la bella cittadina che ospita le Terme dalle acque salutari. L'incanto del luogo e l'ospitalità della popolazione fanno del soggiorno una ricercata vacanza. La nuova gestione governativa ha consentito la· completa trasformazione degli impianti, la costruzione di elegantissimi edifici e ritrovi, la sistemazione a parco di una vasta area, allietata anche da fontane marmoree e in. cui la notte suscita magie di luci sapienti. La soddisfazione degli ospiti affluenti da ogni parte d'Italia è '.affidamento certo per il maggiore sviluppo dello Stabilimento e della· zona, degna del massimo interesse turistico. di Castrocaro Fondazione Ruffilli - Forlì

Anno GENNAIO XVIII Numero 2 ME N SI LE DI POLITI C .A. E D' .A. R TE DEL G U F DI FORLÌ I GIOVANAILLOSPECCHIO Non ho mai creduto alle ineluttabili contrapposizioni dei padri e dei figli, ai dilemmi dialettici che dipanano la storia della umanità fra gli antagon_ismi delle generazioni. La reazione del giovane all' anziano, del discepolo al maestro sono i primi tentativi di affermazione di una personalità originf!le, suscettibile per ciò che tocca la propria integrità; sono, in un certo senso i segni esterni del principio motore delta dinamica umana, non già la sostanza di questo o il fine. Ci sono invece delle epoche, nella storia dei popoli, che nascono col segno dei giovani. Epoche di transizione, di reazione contro l'ultimo decennio e l'ultimo secolo; è naturale che, nell'esaurimento delle vecchie formule, esse si rivolgano verso dove può esserci un motivo di speranza. Da dove aspettate il sole all'aurora se non dall'oriente ? Eccole quindi rivolte ai giovani, attendendosi da essi il prodigio della vita che sa sempre trionfare delle involuzioni storiche, delle tautologie di pensiero, delle meschinità degli uomini. Passata la guerra mondiale, eccettuato qualche pallido fedele della normale evoluzione, o qualche passatista senza nome, tutti furono d'accordo nel cercare la soluzione al bisogno di nuovi sistemi nella vita politica e sociale, come. negli studi e nelle arti, in un'ondata rivoluzionaria scaturente dalle masse giovanili non compromesse coi vecchi sistemi, capaci di riportare il mondo alla purezza delle origini. Da noi la Rivoluzione fascista scosse dalle fondamenta l'edificio sì che ne restassero in piedi soltanto le strutture veramente solide; altrove, con meno coraggio, ma con non minori speranze, si concluse pure che la salvezza poteva venire solo dai giovani. I rancidumi, le acque morte, i fusti scortecciati delle vecchie piante rabbrividirono nel timore di saltare all'aria al battere della ventata del « Largo ai giovani!». Fu allora il momento delle pronte conversioni, dei miracolismi, dei turibolamenti ai giovani, ai balilla più eroici dei padri combattenti e via di questo passo. Tale ingenuità più o meno in buona fede, fu denunciata anche da Arnaldo Mussolini. VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì ( 1

Che sistema educativo era dunque mai questo di presentarsi in una scuola, in una palestra e di dire: « Voi siete la migliore generazione esistita da quando mondo è mondo?». La rivolta delle leve non avvenne. E allora qualche vecchio sparviero si è tastato le penne, si è guardato attorno con occhi di nuovo coraggio e si è messo a fare il bilancio di ciò che i Biovani avessero mai costruito in tanti anni in cui non si era fatta se non lodarli e sopravalutarli. Il bilancio fu negativo. Le varie forme di espressione umanistica - letteratura, teatro, pittura, architettura, musica, scultura - sconvolte dal rivoluzionismo futurista, non hanno approdato a scoperte di nuovi filoni di comunicatività. Tutt'al più si può ammettere che « questi giovani » hanno riscoperto certi valori fondamentali della vita e dell'arte. Eppoi si è detto anche ultimamente - : I giovani che noi conosciamo sono per la massima parte estranei ad ogni movimento culturale, orientati alle discutibili forme di vita piena di movimento senza scopo, di promiscuità, di vuoto ottimismo. E si è aggiunto: Gli altri sono utilitaristi, senza fiamme ideali; non credono all'arte, ma al successo. Le accuse sono certo gravi e tali da motivare da parte nostra un profondo esame di coscienza. È giusto il bilancio, è logica la conclusione che fa risalire ogni nostra mancata affermazione alla mancanza di fede? Eppure dobbiamo constatare, pur nella nostra maggiore obbiettività, che in guerra e in pace i giovani sono stati e sono, nell'Italia fascista, in testa al popolo; troviamo che non mancano le belle intelligenze, dotate di una cultura fresca per niente sgobbona. Sappiamo che nei Littoriali ogni anno ci sono decine di giovani che superano difficili prove intellettuali, suscitando il plauso delle commissioni. Questo per quanto riguarda le riserve sulla capacità dei giovani. Noi sappiamo di propagandisti universitari che si commuovono parlando al popolo, abbiamo letto la mo.tivazione della croce al merito_di guerra attribuita alla bandiera di Curtq,tone che ha rinnovato i suoi fasti in terra d'Africa ; durante questo mese a Milano schiere di giovani, invitati da altri giovani, si raduneranno ad impostare in sede sentimentale e scientifica il tema del misticismo fascista. Ci sembra che questo valga a rattoppare le denunciate falle di utilitarismo e di mancanza di molle ideali. A questo punto, metteremo un segno di esclamazione o una frase di negazione? Ci bastano due parole chiare. L'appello alle forze giovani del paese per la rinascita della civiltà, non è fallito, nonostante i contrari pareri dei gufi; la rinascita è in atto, perchè è in atto una bonifica del costume, una ripresa dei motivi spirituali, una laboriosa sistemazione della nuova vita corporativa. Però fu ingenuo pensare che, senza preparazione di tempo e di nuova cultura, i giovani potessero senza altro affermare, fin da questa fase polemica, una tras.figurazi~ne artistica delle loro idee e dei loro sentimenti. Bisogna non dimenticare che dentro' di noi un nuovo mondo si sveglia proprio mentre vanno spegnendosi le ultime faville del vecchio. Siamo una generazione di trapasso; vittoriosa sul terreno storico, ancora in lotta su quelw spirituale e artistico che è il più duro da attingere. Scoraggiamento per la distrazione di molti nostri coetanei ? No, perchè siamo certi del loro cuore. E questo basta. Le costruzioni intellettuali sono delle minoranze. Piuttosto bisognerà dire - per noi stessi e per nostri amici che si attardano attorno alle formule invecchiate, agli « ismi » di ieri - che occorre l{Uardare alla vita con occhi del tutto nostri, senza cedere alle lusinghe delle esperienze del passato. Questo importa ; che anche sul fronte intellettuale siamo tutti su di una stessa linea ad affrettare il domani. ARMANDO RAVAGLIOLI 2 VIA COpiSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì

Motiviuniversaldi ellastoriadi Roma Attraverso il complesso di dati spesso frammentari è possibile ricreare la storia del nostro popolo. Sarebbe necessario per formare un quadro organico e completo posse• dere l'acume del filosofo avvezzo ad indagare ed a penetrare i nessi causali; l'intuizione dell'artista, che at• traverso gli indizi saltuari e scarsi può ricostruire gli sviluppi di una intera civiltà; l'animo del patriota, che dal suo amore è portato ad esaltare il tormento di ascesa di tutto un popolo. Quando Roma cade il tormento di questo popolo si chiama desiderio, aspirazione di rinascere. E nel pensiero degli uomini migliori chiaro appare lo sforzo di adeguare l'idea alla realtà, di portare la Patria al livello politico, che traspare potenzialmente nei palpiti ideali delle generazioni italiche. Penetrando in pieno medioevo si ha il formidabile urto di tanti popoE, attratti dal fascino di · una civiltà saperiore, ma tanto brutaE nella loro ansia da poter ben poco assimilare della gloriosa civiltà latina. Il cozzo tremendo, mentre sfascia le antiche istituzioni, prepara i movimenti, nei quali dovranno prendere forma concreta le nuove. :È una materia incandescente in pieno rivolgimento, che si plasma lenta• mente per la creazione di nuovi istituti. L'onda barbarica è una tempesta fu. riosa, che sradica, violenta e inesorabile, le opere di una antica civiltà. Ma gE invasori non sono ancora tanto ricchi spiritualmente da po• tere dominare i vinti. Lo stesso processo spirituale, che si verifica nella conquista romana della Grecia, si traduce nel sopravvento morale di un popolo, disfatto nelle armi ma fierissimo nello spirito e capace di attrarre i propri vincitori nel riflusso di una maturità civile e sociale. Un soffio di viva umanità ,che ri• splende nel potere spirituale della Chiesa, domina la informe materia. Alla civiltà delle armi e dei cuori succede la civiltà delle coscienze e dello spirito. La missione universale e il desiderio di redenzione sociale del Cristiane• simo tendono a ridare a Roma il primato occidentale. Sotto la spinta inesauribile della re• ligione il furioso movimento barbarico si plasma; alcuni, i migEori, vengono assimilati e condotti nel raggio d'azione della nostra civiltà; gli altri, troppo differenti da noi per diversità razzia)j o per tendenze etiche, sono eliminati. La materia ha preso corpo; una nuova civiltà sta plasmando gE istituti e la vita della nuova Italia. Il tormento d'ascesa, insito nella natura del popolo, . si trasfonde in un processo graduaie di evoluzione sociale, morale e poEtica. Al Dott. VINCENZO NARDI, volontario e mutilato di guerra, squadrista, nuovo segretario Federale di Forli, che, come autorevole membro della Consulta di VIA CONSOLARE, ha seguito e sostenuto la nostra pubblicazione fin dagli inizi, l' incondizionata promessa di credere, obbedire e combattere, anche su queste pagine, per la causa della Rivoluzione e della Patria. VIA CONSOLARE Fondazione Ruffilli - Forlì di 13 tuno. 1Jtad-o.tti Tolto il male grav1ss1mo del grande possesso fondiario, che sembra mortificare la personalità del lavoratore, la nuova borghesia dà alla propria attività un ritmo creativo. Il popolo è protagonista della sua storia e del suo progresso. L'eccellenza biologica si accompagna ad una superba, meravigliosa ricchezza di vita. La nuova civiltà è il parto della esuberanza spirituale della razza, che attraverso la decadenza politica non ha perduto tuttavia i suoi caratteri migliori. I numerosi nuclei cittadini divengono il centro di tale potente risveglio. La loro personalità s1 ingigantisce, acquista caratteri più definiti. Il lievito, il fermento della rinascita fa crescere l'incentivo delle aspirazioni, eleva ad esponente tutti i motivi più sublimi della natura umana. Quando il lungo e titanico contrasto fra il Papato e l'Impero domina la storia politica dell'Europa, il popolo acquista una più alta coscienza del proprio valore. Aderisce ad una compenetrazione fervida della propria missione, intravvede la necessità di potere giocare un ruolo di primaria importanza nella storia europea. Che manea ormai per lanciarlo definitivamente alla conquista del suo avvenire? Manca l'unità morale, manca la compattezza nazionale, che cementa in un blocco di cuori, di volontà e di aspirazioni migliaia di individui. Ma questa unità è in formazione; traspare nelle idealità dei nostri Grandi. Non importa se l'occupazione normanna del mezzogiorno spezza l'unità materiale. I sintomi favorevoli esistono e dovranno dare i loro risultati. 3

Ed è infatti la Nazione che trionfa nella prova suprema contro il Barbarossa. Una Nazione che va lentamente plasmandosi attraverso l'affinità dei suoi componenti, una Nazione che sorge compatta in armi contro il nemico. Legnano e Costanza sono senza dubbio le prime pietre ideali della nostra unità nazionale. Anche la vita politica si libera ben presto dai diaframmi delle tirannie feudali; il variopinto gioco prismatico delle dominazioni locali sfocia nella piena luce solare dell'idea di Patria. Un sentimento nuovo agita i fratelli, che- reduci da secoli travagliati di lotte, di dissidi, di ambizioni anelano di ritrovare la pace nell'armonia della grande famiglia italica. Però i tempi non sono ancora maturi. Le tendenze unitarie ghibelline, impersonate in Federico Il, e quelle guelfe, appoggiate alla dinastia degli Angiò. cadono di fronte alla resistenza dei Còmuni e del Papato; Il Papato esercita in questo periodo una funzione nazionale: ha capito che l'unità della Patria non può crearsi sull'apporto di forze straniere sia tedesche che francesi. L'idea di Patria deve sbocciare dal tormento del popolo e dalla sua ansia di riprendere le gloriose tradizioni di Roma. Fiorisce la civiltà comunale; il superbo impulso alle attività agricole e industriali, le magnifiche espressioni dell'artigianato, che nelle sue produzioni rivela le caratteristiche <.:reative della stirpe, il dominio dei mari e dei mercati sono il sintomo 4 FondazioneRuffilli- Forlì di questo nuovo, grande cammino di ascesa. "È l'epoca delle Repubbliche marinare, che attraverso i traffici diffondono le nostre correnti di vita. Al dominio mercantile si accompagna un meraviglioso influsso spirituale. Venezia, Genova, Pisa, Amalfi portano la loro bandiera m tutte le contrade del mondo. Intanto la cultura assume un significato più aderente alle nostre correnti di vita, si risveglia la tendenza alla ricerca scientifica, si forma una più chiara concezione dello Stato. In ogni manifestazione si avverte lo sforzo verso una maturità politica e spirituale e verso una unità di lingua, di pensiero e di religione. Quando declina l'idea dell'Impero ed il Papato versa in preda ad una grave crisi morale durante il periodo di cattività avignonese e si trova a dovere lottare contro due avversari fortissimi: gli eretici e l'Imperatore, le migliori forze italiane della pianura padana e della Toscana rivelano la loro nobile insofferenza e il loro sublime miraggio, che ~i traduce nel grande tentativo di Gian Galeazzo Visconti. I!: tutto un nuovo rigoglio di vita, un insofferente crogiolo di sentimenti. La Patria ha ripreso nel!' Europa incerta una funzione di avanguardia: ha insegnato agli altri le grandi vie della navigazione, ha rinnovato il culto delle tradizioni romane; ha additato ai popoli nuove vie di ricchezza con l'attività mercantile e bancaria, ha resa viva ed attuale l'idea dello Stato. Ma ali' interno il dannoso sforw di un equilibrio, difeso tenacemente dalla Chiesa per assicurare ti proprio potere, negletta ormai la funsione nazionale unitaria, e la tenace, sorda repressione di ogni tentativo destinato a porre le fondamenta di una unità territoriale, creano uno stato perenne di debolezza. Ancora una volta l' Eurcpa intera, come al tempo della decadenza del- !' Impero romano, gravita sull' Italia con la forza prepotente della sua massa. L'unione soltanto potrebbe salvare la Patria del servilismo politico. Ma invece le lotte interne continuano tenaci, irreducibili. Su questione territoriali, su questioni di ambizioni locali si incaglia nuovamente il sogno degli Italiani di una piena e sospirata libertà. Macchiavelli intravvede questa tragica situazione e nella forte concezione di un sistema di governo addita la via della salvezza. Il Segretario fiorentino, mente sagace e ferma di statista, uomo politico di fede e di coraggio, nel suo « Principe• getta le fondamenta dell'idea di Nazione, come espressione della concorde volontà di tutti i cittadini e vagheggia lo Stato, come espressione del!' interesse generale. Attraverso il connubio dei due termini il Macchiavelli intravvede una una condizione di forza e di felicità e la futura potenza della Patria. Ma egli è un titano in un mondo di deboli. una mente lucidissima in un mondo di miopi. Gli egoismi, le lotte fratricide, gli orgogli non sopiti portano ancora una volta l'Italia ad una dolorosa decadenza politica. Da protagonisti gli Stati italiani divengono le pedine del gioco francese e spagnolo. La stolta illusione che le forze straniere chiamate in Italia dai fratelli per combattere i fratelli di sangue, ma nemici di ambizioni e di aspirazioni politiche si trova rapidamente di fronte alla tragica realtà di una schiavitù imposta con la prepotenza. VIA CONSOLARE

Inutili sono i rimpianti tardivi; la situazione è ormai decisa ed a nulla valgono le fierissime resistenze contro gli invasori. Perduto il primato commerciale, disperse enormi fonti di ricchezza, abbandonate tutte le più utili iniziative industriali, avviatosi il traffico marittimo per altre vie l'Italia geme lungamente sotto l'oppressione straniera. Solo una magnifica ricchezza di vita spirituale afferma ancora la vitalità della stirpe. € la scienza italiana infatti che addita nuove vie di progresso e raggiunge altre conquiste; è la tecnica italiana che offre i miracoli di una rinnovata capacità costruttiva; sono le arti e la letteratura italiane che aprono nuovi orizzonti alla vita e alla storia. Questo splendido flusso sembra farsi più rigoglioso nella sensazione di un crudele costringimento politico; fe. nomeno strano questo che mentre vengono affogate nella odiosa prepotenza e nella crudele tirannia le aspirazioni politiche e le possibilità economiche, la stirpe trionfa con rigoglio inaspettato nel campo spirituale. i! la potenza della latinità imperiale che rivive nei protagonisti di questi secoli travagliati, è la superba civiltà di Roma che raffiora nella personalità dei nipoti. Si segue un processo inverso: mentre Roma col trionfo delle armi aveva preparato il terreno alla sua espansione spirituale nel mondo, l'Italia con la ricchezza spirituale e artistica del Rinascimento apre la via al suo immancabile risorgimento politico. Anche il Papato ora si fa centro delle aspirazioni unitarie. La Roma cristiana riprende la sua grande missione storica. Ed è in Italia che lo sforzo controriformista porta a notevoli risultati ed arresta la temuta disgregazione morale e religiosa dell'occidente. Paolo IV si fa campione delle lotte contro gli stranieri. Gli Italiani hanno finalmente capito VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì che ricorrere ad armi straniere per cacciare altre armi straniere è un gioco troppo pericoloso e colmo di svantaggi; hanno finalmente capito che l' indipendenza nazionale deve raggiungersi col sangue proprio, con una somma di sacrifici e di sforzi, con l'unione delle energie. Finisce il 600 e il dominio spagnolo va perdendo le sue posizioni. Nuove intense attività si svolgono entro l'ambito della Patria, nuove e più intense energie preparano materialmente e spiritualmente la grande riscossa. Sorge il Vico, che è l'espressione del nuovo spirito, nutrito di concretezza e di un profondo senso storico. Sorge il Muratori che richiama il popolo alla sue grandi origini storiche e addita le vie della rinascita. Il Piemonte diviene il centro delle aspirazioni italiane; la Casa Sabauda lega il suo nome glorioso al Risormento italiano. L'indipendenza porta il nome di mille martiri, di tanti patrioti. Non è un dono riflesso, ma una conquista ottenuta a prezzo di sacrifici incalcolabili. € la vera indipendenza, quella che consacra la nobiltà di un popolo di fronte alla storia, quella che non si potrà mai più perdere, perchè riposa idealmente sul capo di tanti e tanti martiri. Da quel giorno la marcia continua rapida e serrata. La funzione di avanguardia nel progresso dell'umanità è ancora la caratteristica inconfondibile del rinnovato Impero di Roma. Chiacchiere sul marciapiedi Il primo numero di « Via Coruolare « non è pa.ssato invano. Senza che ci fossimo sbrac• ciati per creare il « fatto > giornalistico, .senza che avessimo distribuito nei nostri scritti scapaccioni risorianti o sotterranei rabbiosi pizzicotti, il pubblico, il vasto pubblico si è accorto di noi. Da pochissimi (e certo per preconcetti che cadranno difronte alla nostra ~olonterosità e alla nostra serietà) .si è re.spinto il fascicolo che stava ad indicare una ripresa della Romagna culturale. ~ piaciuta la composta originalità della veste tipografica, la varietà degli ar,:;omenti esaminati, il tono serio ed equilibrato, lontano da ogni ricordo di goliardiche pose deteriori d'altri tempi, con cui abbiamo affrontato i grossi problemi della vita culturale italiana. In premio di questa nostra assoluta e meditata coscienziosità nessuno ci ha sottovalutato. Anche la critica - quando c'è stata - era evidentemente motivata dal peruiero che non. .si era di fronte ad una pubblicazione di dilettanti immaturi o alle produzUmi premorte di adolescenti deboli di midolle. Giovani e anziani, tutti si sono accostati a noi cordialmente e noi ne.ssunoabbiamo alloiv tanato : tutte le forze di Romagna debbono fare blocco e riu.sciremo veramente a tramutare in creature e pensieri vitali quell'inespresso che è ancora l'atmosfera e l'anima romagnola. Perchè noi, dopo il primo numero, ci sentiamo ancor più romagnoli che in partenza, se fo$$e po,.ibile. La Romagna colla sua gente, la sua storia, il suo significato ideale ci in,. leressa quanto mai. Vogliamo portarla all'ordine del giorno della Nazione. Insieme con noi sono i nostri collaboratori di ogni parte d'Italia; sono i giovani che accettando in pieno le nostre premesse di valorizzazione delle energie più vere e più sane della nostra stirpe ci hanno scritto il loro plauso e hanno iniziato la loro collaborazione. Con l'apporto della loro attività volonterosa giunge per noi 1d certezza di non soffocarci irt. un miope .strapae.sismo. Non dimentichiamo il complesso, i problemi generali per le questioni di campanile! In ul,. tima analisi, imerendoci compiutamente nel piano nazionale otte"emo anche più facilmente il trionfo del nostro fine : che si conosca e si ami questo angolo di mondo che è tanto bello e tanto ammirevole per la sua storia e che noi, per esservi nati, mettiamo avanti ad ogni cosa, come ogni uomo la .sua terra. • VIA CONSOLARE• 5

Romagna. Romagna! I ricordi affluiscono alla nostra mente per esaltare la nostra seconda Patria, la terra dei nostri padri, la regione che genera tuttora uomini dallo spirito generoso e vugnace, irretiti talora dall'impeto della subitanea vendetta, ma ingentiliti pur anche dalla divina gioia del perdono : rudi, leali, ferrigni, ma ancor anche umanissimi. Lasciamo la storia , rievocarla sarebbe arido sforzo e retorica pedanteria; occorrerebbe riferirsi di continuo ai numerosi testi ed ai preziosi manoscritti che le biblioteche conservano con vigile cura. Per. conoscere l'ardente paese bisogna discendere nell'animo dei suoi abitanti, compiere una passeggiata attraverso città, paesi. pievi, entrare nelle case dei contadini, dove si conserva pressochè intatto tutto un mondo di costumi, di tradizioni, di fogge che ornano ,la vita degli uomini e magnificano la semplicità delle cose. Per una conoscenza prof onda e perfetta di questa Terra bisogna leggere « La Vita di Arnaldo » che, come il faro delle Caminate, lumeggia e domina. Luce d'amore e dominio di volontà in queste pagine dell' Uomo romagnolo di nascita e di schiatta: intimamente, profondamente romagnolo, vissuto tra le colline dell'Appennino ove ci si deve portare per apprendere le tradizioni 6 Fondazione Ruffilli - Forlì e per intendere il temperamento popolare. Forse per respirare l'atmosfera che inonda e permea la nostra Romagna è necessario nascere e crescere su questa Terra; percorrerne a lungo e lentamente le strade gaie e assolate ; intendere la favella delle genti ospitali, forti e intelligenti; frequentare i suoi mercati ove la parola, su15gellata con ejfusione dalla poderosa e prolungata stretta di mano, « è ancora per i romagnoli il titolo più sicuro di garanzia » . Bisogna vivere anima ad anima, cuore a cuore. accanto a quella razza che dell'antica Roma non solo riecheggia il nome, ma di essa, della Grande, Immortale Madre, ricalca ancora l' orme dello spirito indomito e della diritta volontà. · Occorre scendere fra il popolo della terra e dei campi per bearsi di quella pura, integerrima austerità di vita e di opere ; per intendere, con superiore potere istillato dai cuori aperti e dagli spiriti leali, le aspirazioni della schiatta che non infrange la consegna. Se mai Terra o Regione d'Italia ha nei suoi abitanti i conservatori più fieri, pur nell'armonica, granitica, vissuta unità dell'orgoglio patrio e nazionale, della tradizione che non può disperdersi, ma perpetuarsi, annobilirsi, elevarsi, questa è la Romagna ; « Romandiola » piccola Roma, come la grande Roma protesa nel futuro, oggi più di ieri, domani più di oggi nella salda coscienza della forza, della volontà del lavoro. Superiore ai regionalismi, intesi nel senso miope della parola, la nostra Terra in ogni tempo ha costituito, gelosa custode di gloria, un baluardo di italianissima fede, di operosità e generosità senza tentennamenti. Su tutti i campi ove la causa della giustizia e la forza del diritto erano da difendersi, principalmente nel campo politico e patriottico, il Roma{?nolo ha fatto sentire l'ansia di ascesa del suo spirito ardente, del suo animo aperto alla nobile voce della Idea. È più che mai vero che lo spirito ed il sangue di una razza sana e tenace, generosa e volitiva sono la molla più potente per il rapido sviluppo del progresso e per l'evoluzione della civiltà. ECHI Il vice segretario dei Guf Guido Pallotta ha segnalato "Via Consolare" a tutti i Guf d' Italia e ha assicurato la sua personale collaborazione. Hanno presentato con espressioni lusinghiere il primo numero di "Via Consolare" molti giornali e riviste. Fra i maggiori ricordiamo : " Il Popolo di Romagna" • " La Nazione" • "Il Resto del Carlino" • "Il Corriere Padano'' " Libro e Moschetto " - " Il Bo"· "L'Appello" • "La Voce di Mantova" • " Il Corriere d' Irpinia". VIA CONSOLARE

M-E D I T E R R A N E O La prima riunione del Consiglio del Centro italiano di studi mediterranei tenutasi, giorni or sono, a Roma, ha dato ancora una volta spregiudicato ardire alle penne dei gazzettieri stranieri. Come al solito, basta che da noi, in maniera diretta od indiretta, si annunzi qualche provvedimento inteso a rafforzare la nostra posizione politica, militare, economica, culturale nel Mediterraneo che oltre Alpe ed oltre mare « illico et immediate> si rompano le cateratte, con conseguente dilagare di supposizioni, di fandonie, di deduzioni più o meno variegate di imbecillità. Ciò, in fondo, non ci dispiace. Segno è che di là delle frontiere si è finalmente capito che il problema del Mediterraneo è ormai per I' Italia il punto di riferimento e la misura di tutti gli altri suoi problemi, ritrovando in esso l'ordine logico di tutti i suoi scopi, la massima efficienza dei suoi sforzi, la sua inconfondibile personalità. Certo, a quei signpri farebbe comodo di aver a che fare coli' « Italiano » sognante un Mediterraneo inquadrato in un panorama di flutti e di cielo perennemente turchini, d' isole rocciose fitte di fichi d'India e di pinastri, di paesi abbaglianti di sole e di coste fragranti di brughiera e di zagare. Non sarebbe cosa sgradita per VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì quei signori, lo sappiamo, che allo scandire delle sillabe del magnetico nome noi rievocassimo solo patetiche canzoni, pittoresche danze, sanguinose corride, fantastiche immagini di superstiti Sherazade prigioniere negli harem delle favole ..... Purtroppo, ci rincresce per loro, ma non è così. I tempi in cui il Mediterraneo è stato per noi solo materia per le· cartoline illustrate, le oleografie, le scatole dipinte, le descrizioni dei romanzieri e dei poeti, non sono mai esistiti. Nè ieri nè oggi nè, tanto meno, domani. Non ci è consentito, per la ristrettezza dello spazio, di lumeggiare come il Mediterraneo, sbocco, anello degli incroci, via centrale del transito di Nazioni e d'Imperi, di correnti ideali e politiche e di traffici mercantili, sia sempre stato, almeno nella coscienza del nostro popolo più genuino, la navata centrale di quel tempio della pace, della giustizia e della potenza che si chiama Italia. Ma un esempio. può valere di norma alla obnubilata mente di quegli stranieri, sempre pronti ad attuare micrologie esegetiche anche delle pagine più inoppugnabili della storia. Siamo al 1878. L'-Italia ha da pochi anni raggiunto l' indipendenza e l'unità politica; ali' interno gravi questioni assillano i governanti e sfaldano l'ordinadi 1te().io, 11,,a, tteinl mento sociale; all'estero si è « tollerati » più per la dovizia dei ricordi che ci accompagnano che per l'effettivo valore contingente. Jl Congresso di Berlino di quell'anno ne è una prova anche troppo eloquente : tutti gli argomenti infatti del magno Congresso erano stati discussi e conclusi prima ancora che l'Italia avesse avuto il biglietto d'invito! Ciò nonostante, Garibaldi, uno fra i tanti, ha la chiara coscienza della funzionalità storica avvenire della nostra Patria nel Mediterraneo. « I nostri vicini - egli scriveva - sciaguratamente non vogliono persuadersi che gl' Italiani hanno cessato di essere i loro Iloti..... Alludo alla costa settentrionale dell'Africa ..... La Francia possiede immense r~gioni e può stendere sul vasto continente africano il benefico suo dominio. Nella Tunisia poi è un'altro affare. La Francia, padrona di codesto cuneo che s1 avanza a settentrione fra la Sicilia e la Sardegna, sarebbe una minaccia continua all' integrità del nostro Paese». Costa settentrionale dell'Africa, Sicilia, Sardegna, ecco i pilastri sui quali l'eroe sacro al ricordo di ogni Italiano voleva innalzare i muri maestri della futura Italia. Questa, dopo il lavacro di sangue del grande guerra, combattuta più contro noi stessi che 7

contro gli altri, dopo l'ondata rigeneratrice della Rivoluzione delle Camicie Nere, è sorta, « compatta, disciplinata, creatrice, guerriera, imperiale », facendo naufragare ogni ingiustizia contro lo scoglio <lei diritto. Mussolini che ha ridato al nostro popolo la coscienza della sua missione e l'orgoglio del suo destino ha compreso che gli obbiettivi storici dell'Italia s'accentrano nel Mare Nostrum. Perchè il popolo italiano è Mediterraneo. Perchè la sua storia è quella del Mediterraneo. Perchè la sua vita viene da quel mare. Il Duce fin dall'ormai lontano settembre 1923, fin cioè dal suo primo drastico atto di rivalutazione nazionale nell'arringo <lelle Potenze estere (l'incidente rapidamente risolto italo•greco di Corfù), ha sempre voluto garantire ali' Italia piena sicurezza di tranquillo sviluppo nel Mediterraneo. La politica di supremazia non si fa nel Medi- • terraneo. In questo mare si patteggia con l'Italia. Mussolini non ha mai desistito dal lanciare moniti in questo senso al mondo intero. Non si tratta, da parte nostra, di esclusive conquiste territoriali bensì di una espansione naturale che. porti ad una collaborazione intensa con i popoli a noi vicini, tale da valorizzare le loro infinite risorse. «L'Italia può fare ,questo: il suo posto nel Mediterraneo - ha detto il nostro Cap~ del Governo -, mare -che sta riprendendo la sua funzione storica di collegamento tra l'oriente e l'occidente, le FondazioneRuffilli- Forlì dà questo diritto e le impone questo dovere. Non intendiamo rivendicare monopoli o privilegi, ma chiediamo e vogliamo ottenere che gli arrivati, i soddisfatti, i conservatori non si industrino a bloccare da ogni parte l'espansione spirituale, politica, economica dell'Italia Fascista». Intanto il quadrilatero Sicilia : Tripoli - Tobruch - Lero, integrato dall' Albania, costituisce oggi un sistema formidabile di difesa e di offesa, tale da far pensare più di una volta a chi ardisse di infrangerlo. La decisione di lord Fischer di evacuare colla sua poderosa flotta per rifugiarsi con..... eroica velocità in Alessandria, appena 1iantumt È l'autunno. nel 1935 la situazione divenne tesa, potrebbe costituire materia di..... utile consiglio ai superficialoni spregiudicati. Ad ogni modo, qualunque cosa accada, l'Italia Fascista, sempre più forte nel territorio metropolitano e coloniale, vincolata dal sangue e dalla vittoria alla Spagna di Franco, stretta da legami indissolubili con l'Albania, cemento unificatore delle nazionalità balcaniche e danubiane, sola e sincera tutrice dell'arabismo, è l'elemento determinante della salvezza del mondo, perchè non tollera e non tollererà mai. che il Mediterraneo, che rappresenta per lei la vita, sia per altri pretesto di supremazia e di prestigio. Cade ad ognuno in cuore un'ombra di tristezza. Ma la terra squarciata si prepara al silenzio del lavoro. Fiduc'ioso il seme si affiderà all'aperto seno e dormirà..... sognando il germoglio di domani. Gli uomini della terra hanno nel viso un grig'iore di malinconia : ma di marmo scolpito son le rughe, e i muscoli di acciaio. Non è l'ora di orgiastiche bellezze. Così un pò per tutti gli uomini, è l'inverno che triste si avvicina. TURI VASILE VIA CONSOLARE

I I Nucleo_ di Propaganda Gianni Guizzardi su « Critica Fascista•, traendo lo spunto del Nu. eleo di Propaganda recentemente riordinato in seno ai Guf, fa · delle osservazioni molto giuste circa la psicologia dell'operaio e sul come esso vada avvicinato, giungendo a conclusioni assolutamente negative nei riguardi delta attività di propaganda come è attualmente con-- dotta dagli stessi universitari. Poi, dopo avere demolito, cerca di fissare delle direttive per riprendere il lavoro. Ora, è necessario per poter ragionare col vago sospetto di intendere alin.eno il significato del frasario che usiamo, mettere in chiaro che cosa il Fascismo intenda colla parola « propaganda» e che cosa i Guf si propongano colla loro iniziati-va di far scendere i giovani dal loro piedistallo sociale-culturale onde fare ad essi scoprire il popolo. Ci pare che il Guizzardi intenda nel senso troppo letterale la parola « propaganda », nel senso - scusateci - un pò tribunizio, di altri tempi e forse di altre esigenze. Andando ad accostarci agli operai di un dopolavoro non si deve pensare che sia nello spirito dello stato corporativo polarizzarli sul terreno sociale. Non si deve pensare che sia educativo accendere il loro entusiasmo per il fascismo, difensore del popolo, coll'insistere troppo su certe tendenze sempre presenti, anche se latenti, nell'imprenditore, di mirare esclusivamenle al proprio tornaconto. Anche il Guizzardi pare escludere questo sistema perchè parla di elevazione delta massa, legamento del lavoratore alla vita politica della Nazione. Ma perchè richiedere allora quel quasi professionolisrno della propaganda che sul finire dell'articolo descrive; Rerchè quel voler riservare la VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì propaganda ad elementi studenteschi provenienti dal popolo, ed esclusivamente a quelli, quel volerli fare rimanere per anni nell'officina a vestire la tuta ? Renderli in una parola uguali agli operai ? Ma, ciò facendo, questi giovani verrebbero un poco alta volta a perdere la possibilità di avere larghi orizzonti, cominceremmo ad avere innanzi a sè il lavoratore e solo il lavoratore; la loro propagando diventerebbe fatalmente unilaterale come quella di cui sopra si parlava. La «propaganda> che il fascismo trionfatore della vita politica italiana, identità colla vita politica italiana, si propone è niente altro che una « scuola > del popolo. Si tratta di colmare le lacune spirituali, intellettuali, professionali dei nostri lavoratori. Così il Partito « corporazione della educazione del popolo • ri-Spetta i propri impegni di fronte alla Nazione. In modo speciale preme al Partito di fare ri-Saltare · con intenti polemici contro il ricordo del vecchio mondo, che il popolo italiano è una unità assoluta di sentimenti e di idee, senza diaframmi classistici. I Guf, seguendo questa tendenza del Partito, inviano i loro giovani a titolo prima di tutto simbolico. Il fi· glio del grande industriale, in una sala di un dopolavoro, è una lezione di per sè, anche se non parla. Con-- tribui-Scea trasformare l'atavica concezione delta società che può essere nella mente dell'operaio. Non più classi, ma una Nazione. _ In secondo luogo i giovani dei Guf vanno per conversare, cioè per fare la • scuola• ; niente senso piatto, niente cattedratismo, ma senso dell'insegnamento, sì. Senso d'insegna- .mento che è principalmente senso di responsabilità. Non si può dire che la grande massa di questi propagandisti non si faccia onore anche in questo. Potrà qualche volta non conoscere il nome delle macchine, ma non c'è una volta che, messo di fronte ad un uditorio popolare, il propq,gandista non senta il grande dòvere di partecipare a quella folla delle idee nuove, di collaborare alla perfetta fusione fra le categorie sociali. Ciò che può fare perchè, venendo ad esempio dalle categorie medie, ha per la prima volta davanti, e l'incontro lo commuove, il popolo vero, che costruisce in umiltà la grandezza della Nazione; quel popolo che ha necessità di giustizia per il suo pane, ma ne ha più bisogno per il suo spirito. Quel continuo stare in contatto delle due sponde sociali permette al propagandi-Sta di misurare meglio che cosa occorra al popolo per essere elevato. Per andare incontro al popolo, non si deve discendere se "non dalle gradinate delle stolte albagie, ma non dalla aristocrazia dei modi e dalla superiorità del pensiero. Il Fascismo è popolo ma è anche gerarchia. Perchè il Guizzardi si lamenta dei reparti studenteschi dei battaglioni premilitari? Se questi reparti sono ben guidati e con uno stimolo di sana emulazione, non condurranno mai a conseguenze di contrapposizione coi reparti di operai che manovrano sullo stesso piazzale, ma permetteranno allo studente di rendere di più, secondo che la sua diversa maturità gli consente. Questo studente che scende fra il popolo e non è egli stesso popolo nel senso democratico, ma è un vero studente, cioè esponente del mondo della cultura e del comando, diventa un sensibile intermediario fra le categorie. Dovremo però col Guizzardi ammet9

tere che occorrono elementi scelti per questa opera? , Giovani maturi e generosi, dalle idee larghe e di fede provata? Nessuna difficoltà ad ammetterlo. Dovremo raccomandare una buona preparazione negli argo• menti, uno studio attento della psicologia popolare, un fare semplice, un linguaggio disinvolto che non risenta dell'imparaticcio scolastico? Ma era proprio questo il discorso che da tempo desideravamo di fare anche noi! Per fare questo basta avere più scrupolo nella ammissione dei giovani al Nucleo. (Possibilmente cercare di tenere lontane le mezze figure degli ambiziosetti avidi di segnalazioni). Per il resto, stiamone persuasi, il Nucleo di Propaganda sarà quanto mai rispondente ai suoi compiti cosi come è. Incontro al popolo, ma non col fare del tribuno che si confonde col popolo; colla serena semplicità dell'uomo che viene dal mondo della cultura e che sa di avere una parola da dire ai suoi camerati del lavoro. IL CINQUANTENARIO DELLA Il DANTE,, Nel 1889, auspice Giacomo Veneziani, che doveva suggellare colla vita sul Carso il suo amore per la patria, sorse in Italia la Società • Dante Alighieri•, collo scopo precipuo di n_iantenere vive la fiaccola dell'irredentismo, di propagare ovunque la lingua e la cultura italiana, di confortare moralmente e materialmente i numerosi lavoratori italiani che ogni anno emigravano in tutte le parti del mondo, abbandonati alla speculazione degli affaristi, che ne sfruttavano le sane energie, le validissime capacità. Sono trascorsi da allora cinquanta anni, densi di storia, meravigliosi per fatti memorabili, attraverso i quali, pur fra l'indifferenza di molti italiani e l'avversione degli stranieri la Società seppe sempre svolgere il suo nobile programma. Raggiunto con Vittorio Veneto l'unità nazionale, colla quale la Società vedeva finalmente avverate le speranze per tanti anni vagheggiate in segreto e finalmente coronato il martirio di Sauro e Battisti, e rivalutata colla Rivoluzione Fascista la nostra più gloriosa tradizione passata, il programma che fu annunciato dai fondatori, sembrerebbe oggi a tutta prima, esaurito. Ma ben pm alti compiti si presentano ora alla Società. Se tutelare e diffondere la lingua e la cultura Italiana fu per la •Dante>• nel tempo dell' Italia negletta, una delle sue più efficaci, gloriose e pericolose imprese, oggi, crescere del FondazioneRuffilli- Forlì prestigio politico della Nazione, è naturale che essa innalzi la sua azione sul piano imperiale. Evidenti ragioni spirituali, politiche ed anche economiche (per i riflessi turistici e commerciali, che ha la diffusione della lingua) lo esigono. Si apre cosi per la « Dante < un nuovo ciclo di attività, adeguato ai nuovi bisogni dell'Italia Imperiale. Attività che essa svolgerà degnamente come degnamente seppe assolvere il suo programma iniziale. Ma perchè questo avvenga, occorre che tutti gli Italiani, ed in particolare i giovani, siano consapevoli dell'utilità di questa opera, e diano con entusiasmo e con fede il loro appoggio morale e materiale. Tengano essi ben presente che la lingua di una Nazione è il più puro ed il più santo patrimonio che essa possegga: è lo strumento del suo cuore e del sue pensiero, del suo passato e del suo avvenire. Giovanni Gatti IN MORTEDI LUCIOD'AMBRA Che cosa resta in vita delle sue innumeri opere di narrativa e di teatro, dopo la morte di Lucio d'Ambra, tenace lavoratore della letteratura italiana, ventenne perpetuo della Accademia d'Italia ? Aveva tanta fede nell' ingegno italiano; talvolta forse una fede ingenua come quella che gli aveva ispirato uno degli ultimi scritti, quella sul teatro « Upim • cui avremmo voluto rispondere per esteso, se egli d'un tratto non fosse passato ad altre meno discutibili vicende. In quel suo articolo mostrava di ritenere che tutte le deficienze del nostro repertorio derivassero dal bisogno di pane dei nostri autori, costretti ai ripieghi dalle necessità finanziarie. Era quella ingenuità che gli permetteva di sognare tanto, di amare tutti gli artisti delle sue « false e vere> allo stesso modo; di fa.re tutto roseo, femminilmente gaio o pateticamente doke. Anche colle sue velature di malinconie egli è stato in fondo un consolatore. Come artista risentiva troppo della spirituale parentela colla letteratura francese, con Balzac e sopratutto con Bourget. Ma dei francesi se aveva la tenuità dello stile e la vena feconda che difficilmente però non si tramuta in ragione di esaurimento, egli non conosceva le forti contrapposizioni spirituali, i problemi tremendi, le ansie di verità così vive specialmente nelle apere di Bourget. Ha descritto, non ha costruito un mondo. Ha dilettato un vasto pubblico, non l'ha raddrizzato colla sferza. Per cui - per la fatale rivincita dei valori etici - è destinato ad essere sommerso nel mare della storia. FULIGGINE "PIA CONSOLARE

a GIOVANNI PAPINI Gog aveva visitato tutti gli uomini più illustri della nostra civiltà contemporanea: Edison, Freud, Hamsun, Knut, Ford, G. B. Shaw, Gandhi; si decise alfine a visitare ancM Giovanni Papini. Ma il ricordo della visita a Giovanni Papini era rima.sto inedito fra le carte e le memorie di Gog. L'autore lo ha raccolto e pubblicato. Un pò d'attesa. Ed ecco che Giovanni Papini apparve. Mi colpì la sua chioma ancora folta e bella e riccia: poi una fronte dura, come di pietra, che inquadrava l'ovoide del viso e contrastava col mento dalla curvatura dolce e delicata. Gli occhi un pò appannati sotto gli occhiali : parevan luce di fuoco torvo sotto boscaglia. Nei singoli tratti è brutto : il naso schiacciato, i denti che mal si assiepano verso la bocca tagliata un pò duramente, la pelle olivastra; ma nell'insieme, in tutto il suo volto, è spaventosamente bello. Mi accolse con cordialità: per significargli lo scopo della mia visita mi ero presentato e gli avevo offerto una statuetta che raffigurava il Pilota Cieco. Pilota - ma cieco; ma pilota. Per prima cosa gli volli domandare se fosse più felice ora, Accademico d'Italia, Pontefice Massimo delle lettere italiane, gran flabellario dell'arte italiana, voce d'Italia nel mondo, o nei giorni della sua tormentosa giovinezza di giovine pallido, come esaurito da uno sforzo precoce, in lotta col pane e con l'avvenire. - Meglio allora: giorni felici, selvaggi in cui assaporavo una tal quale gioia di cannibalismo letterario. Giorni passati. I giorni passati sono come un pò di Morte nella Vita ; ma forse proprio perciò ci sono cari. - Già - dissi io - giorni delle stroncature, giorni delle « Memorie d'Iddio ». E dalle « Memorie d'Iddio > alla « Storia di Cristo» c'è un gran passo e, se me lo consentiste, una evoluzione, una conversione. - Niente conversione o evoluzione. AnziÌutto è il volgo che non sa vedete in me se non lo stroncatore, il bastonatore,. lo sculacciatore. Ma no. Se ho stroncato è perchè noi toscani abbiamo nelle vene sangue etrusco, cioè il sangue di coloro che per primi inventarono la bonifica e la cloaca : io sono un infognatore, un infognatore dei mediocri, dei pusilli. Ma il mio vero fondo non è quello di plebeo bastonatore. La nostra civiltà, i banchetti letterari, purtroppo hanno il loro sottile veleno ed è necessario perciò rincontadinirsi, rinvillanzonirsi per acqtùs!are un pò di salute plebea. Se no si diventa etici a furia di consumarci con spleen. Ci dobbiamo rincontadinire : anche a CAMERATESCAMENTE Non è proprio di tutti i gi.orni una rivista che rnm appenda alla ~ua porta cartelli vietanti l'en-trata. Noi abbiamo questa ambizione. Pur senza scendere a compromessi col dilettar,.. tismo, dichiariamo che tutti i giova,ni collaboratori - con un nome o senza - troveranno la nostra Redazione ugualmente serena e cordiale. Essa è a disposizione per consigli, pareri, ecc. Arriveremo persino a restituire i manoscritti inviatici in esame, se gli autori dovessero richiedercelo. Per buona norma avvertiamo che, uscendo la rivista il 25 di ogni mese, il materiale urgente dovrà pervenire in Redazione non oltre il 15 precedente. VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì costo di mentire a noi stessi : ed è una suggestione di cui si ha bisogno : se no la cura non è efficace. In quanto a quella vostra sciocca parola • conversione » o «evoluzione •, vi dico che sbagliate. Non ci ho mai pensato neppur io stesso a· vedere se sono un « convertito•. Già ho affermato che l'anima è come un atollo madreporico e ci possono coesistere sentimenti che ai più sembrano contradditorii : ha ragione quel buop uomo con una valigia in mano -=- come egli stesso amava definirsi, Luigi Pirandello - di dire « uno, nessuno, centomila». La più grande corbelleria è « nosce te ipsum •. • Nosce te ipsum • appartiene agli sciocchezzai socrateschi. È più facile crearsi che conoscersi e preferisco crearmi. E poi conoscersi è un pò morire: allora si può conoscere il motore quando è fermo. Lo ha capito anche il milionario pescasserolese - che questa volta sia veramente Benedetto - che è più facile crearsi che conoscersi. Perciò ho odiato le etiche e le filosofie. - Però - dissi - vi siete ora fatto banditore di un ideale etico dell'uomo: un pò come l'amico che, da «Ardengo• incendiario, è diventato più «soffice» e si è rabbonito. Ha smesso il satanismo. - Vi ingannate. I giovani vorrebbero vedermi sempre con la mascella pronta a stritolare le ossa agi' imbecilli. Ma è impossibile. Occorre prima odiare e poi amare. Un poeta filosofo in un suo libro immagina che gli uomini emigrino nel paese dell'utopia, dove non c'è male, non odio, non passioni, ma, ritornati sulla Terra, vedono i loro compagni uomini lottare, amare e soffrire : e come sono felici di soffrire con loro ! Il male è necessar_ioin questo mondo al bene: il diavolo in fondo ha fatto almeno metà del mondo. Quindi, se mai, io che ho buttato fuori cafoni che si impippiavano in terra italiana, nella terra dell'arte, avrei diritto più di ogni altro a coltivare il mio giardino, da giardiniere calmo e placido e bonaccione, con una zappetta lu11

cida e p~lita: coltivare eleganti aiuole, senza fare il calibano fra le caverne. Poi chi vi dice che io costruisca etiche e pretenda di bandire la crociata ideale del rinnovamento dell'uomo ? - Ma, e l'ideale cristiano? - domandai - Oggi mi pare un pò difficile, oggi, nell'epoca dei feretri a motore, attuare l' ideale cristiano, della • Storia di Cristo» e di • Sant' Agostino». - Sapete: la vita o si vive o si scrive. Io la scrivo. Il che non toglie però che chi scrive non viva; se la crea, la vita. lo non sono Tolstoi, che commetteva funambolerie ascetiche: io sono sempre cli buona schietta razza toscana: quindi positivo. Oggi l'ideale cristiano è ben difficile inverarlo: il cilicio è molto lontano: ma - ora - basta la penna. La quale tratta la carta e non la carne: la carne degli uomini teme il solletico. Certe volte esco: vedo i muratori che costruiscono: sollevano massi, pietra, battono, dicioccano, proprio come al tempo degli schiavi di Ninive : quasi mi verrebbe la voglia di credere che veramente non c'è nulla di nuovo sotto il sole. La vita è oggi come cinque o sei millenni fa. Ma aumenta l'eleganza e l'estetica: questo è certo. Prima ci volevano scimitarre e spadoni o mazze di ferro e giacchi e gualchiere per accoppare un mortale: oggi basta un granello d'arsenico. E così pure prima per la fede ci volevano cilici e spini e graticole: oggi tutto è più elegante: basta un libro. Tutt'al più rilegato in tela e oro. Edito dall'Editore Vallecchi. Ma libro. (Non so se in quel momento Giovanni Papini fosse sincero o ironico: scettico, certo no. Non lo è stato mai). - Sicchè non siete mutato: siamo noi che crediamo veder mutato Giovanni Papini del « Dizionario del- ]' Omo Salvatico » da quello di « Un uomo finito». - Tutte le mie esperienze letterarie mi ricordano un giorno, un giorno soltanto della mia vita, il giorno di 12 FondazioneRuffilli- Forlì San Martin la Palma, un paese tanto lontano quanto bello: e là una casa di campagna con l'orto grande, i fichi dolci e generosi: era la mia immaginazione di fanciullo. Alfine arrivò il giorno sospirato: a saziare la mia fame non rimasero che pochi bozzacchioni pendenti dagli stecchi dello squallido orto. Quest'episodio, questa «sverza» della mia vita mi pare riassuma tante esperienze. Io amo le idee più per le speranze che possono suscitare e per i mezzi che possono offrire. Ci sono gli agoràfobi: a me non fa paura il camminare : anzi proprio quello mi piace, il mio vagabondaggio letterario. Mi fa paura invece la meta. Ai muli e ai cavalli si mettono i paraocchi, perchè proseguan dritto. A me piace conoscere tutto ed agganciarmi a questa o a quell'idea, a a questo o a quel movimento letterario. E così pure ora mi piace, più che credere, aver la volontà di credere. - Credere, mi venne di interrompere d'un tratto, credere: e che ne dite del giudizio di Wells sulla vostra « Storia di Cristo • : « Sarà pure un bel libro: non lp nego: ma i Vangeli sono più corti». - Quell'Abacucco da gazzetta proprio questo non capisce, che io ho bisogno di vedere la verità cristiana più lunga di quel che non sia nei Vangeli: lunga come l'amore, lunga come l'attesa e la speranza. Voi mi avete portato la statuetta del Pilota Cieco. lo penso che gli uomini di genio siano proprio come il Pilota Cieco. E proprio perchè è cieco il pilota può guidare : perchè coloro che vedono, vedono, ma non sanno di vedere. La mia vita è stata proprio così: un pilota che ha chiamato sulla nave i compagni; ma ha avuto - il pilota - biso~no di convincere prima sè e poi gli altri, molto spesso. Ma ha chiamato sulla nave. E questo è quel che più conta. Papini tacque. Ma ecco . che una contaclinotta di questi colli toscani portò del pane e formaggio, come regalo a questo grande toscano che è Giovanni Papini. Accettai di buon grado l'offerta che egli mi fece. E fu portato il pane e il formaggio. Pane scuro, opaco e buono donativo della terra; bianco formaggio, chiaro dono della pastorizia. Gabriele d'Annunzio avrebbe ordinato per lo meno caviale, Ma Giovanni Papini è tempra schietta e sopratutto sana. Sgranocchiava il suo pane. Poi disse: « Il pane: ecco il solo cibo che distingue l'uomo dall'animale. L'uomo è il solo che mangi pane. Forse perciò l'italiano è il popolo più civile. « Humanitatem homini dare• : ecco - secondo un Romano - l'ufficio d'Italia nel mondo. Ebbene al fiero barbaro, al Celta, al Teutone, a chi mangiava frutto salvatico o prodotti di pastorizia Roma insegnò l'uso del pane. E quando penso che questo è il gran popolo dei mangiatori di pane, son convinto che da noi la civiltà sarà sempre nuova e feconda. Pane: chi sa perchè di fronte al pane ci sentiamo come emigranti della vita». E fu allora che capii Giovanni Papini. L'emigrante ama di più la sua terra; la terra straniera gli fa sentire l'amore della terra materna. Come la stroncatura fa sentire più il bisogno d'amore, come l'ideale cristiano vissuto fra i libri fa meglio sentire la passione di quello inverato in pratica, come chi si è assiso a banchetti letterari di ogni nazione può meglio ritornare alla sua terra e amarla. E Giovanni Papini ama tanto la sua Italia: « Italia mia». La poesia: ecco la vera unità di Giovanni Papini; egli è poeta: sia che stronchi, sia che scriva le • Memorie d' Iddio » e la « Vita di Cristo• o scriva l'appello di civiltà in < Italia mia». Quel breve episodio del pane e del formaggio mi illuminò tutta la personalità di Giovanni Papini. Lo scopo della mia visita era finito. E fui ben felice di aver visitato un uomo come Giovanni Papini. Cioè un «Uomo». VIA CONSOLARE

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