Via Consolare - anno I - n. 2 - gennaio 1940

tere che occorrono elementi scelti per questa opera? , Giovani maturi e generosi, dalle idee larghe e di fede provata? Nessuna difficoltà ad ammetterlo. Dovremo raccomandare una buona preparazione negli argo• menti, uno studio attento della psicologia popolare, un fare semplice, un linguaggio disinvolto che non risenta dell'imparaticcio scolastico? Ma era proprio questo il discorso che da tempo desideravamo di fare anche noi! Per fare questo basta avere più scrupolo nella ammissione dei giovani al Nucleo. (Possibilmente cercare di tenere lontane le mezze figure degli ambiziosetti avidi di segnalazioni). Per il resto, stiamone persuasi, il Nucleo di Propaganda sarà quanto mai rispondente ai suoi compiti cosi come è. Incontro al popolo, ma non col fare del tribuno che si confonde col popolo; colla serena semplicità dell'uomo che viene dal mondo della cultura e che sa di avere una parola da dire ai suoi camerati del lavoro. IL CINQUANTENARIO DELLA Il DANTE,, Nel 1889, auspice Giacomo Veneziani, che doveva suggellare colla vita sul Carso il suo amore per la patria, sorse in Italia la Società • Dante Alighieri•, collo scopo precipuo di n_iantenere vive la fiaccola dell'irredentismo, di propagare ovunque la lingua e la cultura italiana, di confortare moralmente e materialmente i numerosi lavoratori italiani che ogni anno emigravano in tutte le parti del mondo, abbandonati alla speculazione degli affaristi, che ne sfruttavano le sane energie, le validissime capacità. Sono trascorsi da allora cinquanta anni, densi di storia, meravigliosi per fatti memorabili, attraverso i quali, pur fra l'indifferenza di molti italiani e l'avversione degli stranieri la Società seppe sempre svolgere il suo nobile programma. Raggiunto con Vittorio Veneto l'unità nazionale, colla quale la Società vedeva finalmente avverate le speranze per tanti anni vagheggiate in segreto e finalmente coronato il martirio di Sauro e Battisti, e rivalutata colla Rivoluzione Fascista la nostra più gloriosa tradizione passata, il programma che fu annunciato dai fondatori, sembrerebbe oggi a tutta prima, esaurito. Ma ben pm alti compiti si presentano ora alla Società. Se tutelare e diffondere la lingua e la cultura Italiana fu per la •Dante>• nel tempo dell' Italia negletta, una delle sue più efficaci, gloriose e pericolose imprese, oggi, crescere del FondazioneRuffilli- Forlì prestigio politico della Nazione, è naturale che essa innalzi la sua azione sul piano imperiale. Evidenti ragioni spirituali, politiche ed anche economiche (per i riflessi turistici e commerciali, che ha la diffusione della lingua) lo esigono. Si apre cosi per la « Dante < un nuovo ciclo di attività, adeguato ai nuovi bisogni dell'Italia Imperiale. Attività che essa svolgerà degnamente come degnamente seppe assolvere il suo programma iniziale. Ma perchè questo avvenga, occorre che tutti gli Italiani, ed in particolare i giovani, siano consapevoli dell'utilità di questa opera, e diano con entusiasmo e con fede il loro appoggio morale e materiale. Tengano essi ben presente che la lingua di una Nazione è il più puro ed il più santo patrimonio che essa possegga: è lo strumento del suo cuore e del sue pensiero, del suo passato e del suo avvenire. Giovanni Gatti IN MORTEDI LUCIOD'AMBRA Che cosa resta in vita delle sue innumeri opere di narrativa e di teatro, dopo la morte di Lucio d'Ambra, tenace lavoratore della letteratura italiana, ventenne perpetuo della Accademia d'Italia ? Aveva tanta fede nell' ingegno italiano; talvolta forse una fede ingenua come quella che gli aveva ispirato uno degli ultimi scritti, quella sul teatro « Upim • cui avremmo voluto rispondere per esteso, se egli d'un tratto non fosse passato ad altre meno discutibili vicende. In quel suo articolo mostrava di ritenere che tutte le deficienze del nostro repertorio derivassero dal bisogno di pane dei nostri autori, costretti ai ripieghi dalle necessità finanziarie. Era quella ingenuità che gli permetteva di sognare tanto, di amare tutti gli artisti delle sue « false e vere> allo stesso modo; di fa.re tutto roseo, femminilmente gaio o pateticamente doke. Anche colle sue velature di malinconie egli è stato in fondo un consolatore. Come artista risentiva troppo della spirituale parentela colla letteratura francese, con Balzac e sopratutto con Bourget. Ma dei francesi se aveva la tenuità dello stile e la vena feconda che difficilmente però non si tramuta in ragione di esaurimento, egli non conosceva le forti contrapposizioni spirituali, i problemi tremendi, le ansie di verità così vive specialmente nelle apere di Bourget. Ha descritto, non ha costruito un mondo. Ha dilettato un vasto pubblico, non l'ha raddrizzato colla sferza. Per cui - per la fatale rivincita dei valori etici - è destinato ad essere sommerso nel mare della storia. FULIGGINE "PIA CONSOLARE

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