L'annata- teatrale italiana è g1a avanzata. Le compagnie hanno dato la misura precisa delle loro possibilità affrontando riesumazioni e « novità » ; diversi attori di primo piano hanno definitivamente rinunciato a comparire sulle scene in quest'anno legati come sono dal lavoro cinematografico, prescelto da alcuni per le non buone ragioni che sappiamo (non buone per il pubblico s'intende !), da altri come un diversivo alla lunga - gloriosa, ma affaticante - carriera artistica. Non dirò che sia possibile un bilancio, ma uno sguardo d'orizzonte compiuto è già possibile darlo. Per quanto riguarda le compagnie non è fuori luogo osservare la sempre piu vasta penetrazione del regista. Abbiamo diversi complessi (almeno cinque) che contano su un loro regista esclusivo; quel che è più importante è che in alcuni casi questo regista è un autore drammatico. E pare che si faccia onore. Certo che questa introduzione del regista tanto precedentemente avversata è segno di mentalità mutata, di una mag- .giore cura nell' interpretazione del lavoro, è insomma garanzia che ci stiamo avviando ad uscire delle scogliere del guittismo. Il livello delle compagnie è notevole. Morto il grande attore o quasi, i complessi sorgono più -omogenei e crediamo con completo vantaggio del teatro e della -dignità dello spettacolo. Qualche residuo di mattadorismo? Non neghiamo di averlo riscontrato -qua e là, attorno ai grandi nomi, YIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì di~~ ma dobbiamo onestamente riconoscere che, pure costretti ad un repertorio tagliato a misura del primo attore (o prima attrice), i complessi erano sempre m tono per una signorile linea artistica. L'ultima di queste compagnie che abbiamo ascoltata è stata quella della Gramatica. La nostra grande Emma porta questo anno sulle scene un repertorio di prim'ordine, del tutto confacente ai suoi mezzi espressivi, fatti di una sensibilità acuta che sottolinea non la parola, ma la frase, di una aggressività nell'attacco e di una tale dissoluzione, diresti persino fisica, negli abbandoni, che attanaglia lo spettatore. Grandi mezzi di recitazione romantica. Su questa sua forma interpretativa la Gramatica ha innestato il lavoro moderno, tutto lievi'tà di parola, delicato sfioro di zone sentimentali non comuni; prototipo di tale genere di lavori, « Isa, dove vai? » di Lodovici. Il pubblico non vi trova il « fatto» , essendo l'azione ridotta a quel minimo che giustifichi entrate e uscite degli attori, sfumature di situazioni. Eppure è tratto all'applauso. Non avremmo creduto che un pubblico disusato al teatro da tanto tempo come quello in mezzo al quale ci trovavamo quella sera, avesse potuto seguire con tanto appassionato interesse la vicenda di Isa, cosi fuori dalle situazioni banali, tanto diversa forse dalle esperienze di ognuno dei presenti. La recitazione della Compagnia che ha esteriorizzato certe scerie che avrebbero dovuto essere soltanto dette e invece fu. . rono gridate può avere influito a trattenere il respiro dell'uditorio ; ma in genere il lavoro si impose da solo. E questo nonostante che la sera precedente avesse trionfato in un onesto lavoro, «Quella», Cesare Giulio Viola, gran mago del sentimento comune. Che conclusioni si possono trarre anche in vista di quelle novità che sono state finora portate alla ribalta? Che il pubblico sa_anche essere fine se noi vogliamo che lo sia, sa anche stare a teatro come ad una scuola, se dignità d'arte ve lo trattiene. E che quindi non ci sembrano più scusabili autori come De Stefani, Adami, Tieri, e quanti altri sarebbero da unire ad essi (vogliamo metterci anche il giovane Manzari ?) i quali s'accontentano del « numero » di produzione, fornendo taluni (Adami) il traliccio per una commedia di maschere, altri dissimulando la fattura frettolosa e l'intento di colpire il pubblico medio sotto apparenze speciose, sotto vacue posizioni sentimentali. Il loro lavoro è sano sotto lo aspetto dell'artigianato ; ma in questi tempi di dura riconquista 23
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