Virgilio Gayda - Gli slavi della Venezia Giulia

N, 17 . 24 marzo 1915 PUBBLICAZIONE SEmMANALE ContoCorrentecon la posta ~~~ a PROBLEMI !Tl\Lll\NI • I~ '\71' ----- ~ 1 -')o ~>, VIRGILIO Gl\YDJ\ J\r J,~ '"\, GLISLAVI \~ ~l ~1.\"- DELLA t,~ (.~~~ o:~ t VENEZIGAIULIA t ][ . ] C\.ì \ c1\ \, I _f ~'(~ ------ t Rll.VA & c. EDITORI. MILJ\NO r. Md·'~ -e ~ ~b ~-~-■[•~,<:--~ e Ll.iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiliiiiiiiiiiiiiiaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiil

PROBLEMI ITFiLIFiNI XVII. Brblo er.a GinoBianco

B1bliotee,aGino Bianco

PROBLEMI ITflLilìNI XVII. V. GI'iYD lì. ~ GLI SLlìVl$ DELLlì Q? VENEZllì GI Lllì MILflNO Rf\Vft & C. - EDITORI 1915 8,bllotèca Gino Bianco

PROPRIETÀ RISERVATA TIP,LIT,RIPALTA•MLIANO B bl!oteca Gino 81dnco

•••••••••••••••••••• Il possesso italiano della Venezia Giulia solleva due problemi, che bisogna considerare. Alle spalle di Trieste, dietro il litorale dtl Friuli e dell'Istria, che è tutto italiano, si stendy una zona in parte slava : la Carniola : come si regolerà lo sbocco di questa massa al mare, che rimarrebbe fuori della nuova frontiera italiana? Dentro i confini della Venezia Giulia ci sono forti colonie di slavi : come si r~goleranno i rapporti ·fra gli italiani e gli slavi? Si tratta di due problemi che già oggi si discutono e che stanno alla base di tutta la sistemazione politica di una annessione all'Italia delle tre provincie d'oltre confine. La loro soluzione sta in gran parte già nell'analisi degli elementi che li compongono. Lo sbocco degli slavi al mare. Il problema dello sbocco della Carniola rientra nel generale problema della via al mare di tutto l'hinterland commerciale di Trieste, che si stende molto al di là dtlla provincia slava, fin nel cuore dell'Austria. La Carniola, la terra che confina immediatamente con il territorio di Trieste, non ha di per sè una grande importanza economica. Il suo aspetto non può assolutamente incrociare la soluzione del problema nazionale e politico di Triest~. E' un paese agricolo di lento sviluppo (il 44 per cento della sua superficie è ancora occupata da boschi e il 34 da pascoli alpini), che non conosce ancora l'industria, con una popolazione contadina rareBiblioteca Gino Bianco

, fatta, 522.773 abitanti (53 per chilometro quadrato), divisa in piccolissimi centri campagnoli (il 70 per cento della popolazione abita in villaggi con meno di 500 abitanti) : non ha correnti commerciali e di espansione che possano dargli una forte individualità e importanza economica e la necessità di una vita autonoma. Per questo il problema d'ella Carniola non può staccarsi da quello generale dell'hinterland di Trieste. Ora si può affermare che un tale problema non è una questione di sovranità politica, ma più semplicemente di costituzione. Esso si risolve con i trattati commerciali. La còincidenza perfetta fra gli interessi economici di Trieste e quelli della sua bas~ commerciale interna è già una sicura garanzia che nessuna violenza ed oppressione sarà fatta alla vita economica dei paesi interni. Trieste, insieme allo Stato che la occupa, ha interesse di conservare e moltiplicare la sua fortuna. Questa fortuna è rappresentata in gran parte dal suo commercio di transito, di importazione e di esportazione,' delle provincie centrali dell'Austria. Trieste può dunque solo volere che, anche per l'avvenire, un tale commercio sia regolato e garantito con un sistema di trattati internazionali che mantengano e valorizzino il suo completo sviluppo naturale. E poichè l'interesse delle provincie interne del!'Austria verso il mare è solo quello di avere una via sempre aperta al mare, che le salvi dalla soffocazione e dalla saturazione dei loro mercati indigeni, esso appare automaticamente tutelato dalle naturali necessità di Trieste. Pochi paragrafi di legge, illuminati da un 'ampia visione del mondo economico moderno, bastano dunque per risolvere definitivamente il problema. Le grandi necessità economiche, ridotte alle loro più pure manifestazioni, libere dalle tendenze militariste e imperialiste, portano spesso naturalmente ad una solidarietà, ad un compromesso di interessi fra i diversi paesi. B1bllotecaGino B1dnco

-711 problema di Trieste. Più essenziale si presenta il secondo problema. Come si potrà mantenere l'omogeneità o almeno la fusione del popolo della Venezia Giulia, che oggi appare diviso in due diversi strati : italiano e slavo? Può essere fondato il pericolo avvenire di un irredentismo slavo dentro i nuovi confini d'Italia? Il problema, che deve essere analizzato nei suoi precisi plementi, ci porta a parlare degli slavi della Venezia Giulia. Il loro essere ci può dire, almeno in parte, il loro avvenire. Per questo esame bisogna distinguere fra Trieste e le altre provincie della Venezia Giulia che la fasciano - a nord e a sud - il Friuli orientale e l'Istria. Trieste è la Vslra capitale della Venezia Giulia. Ne è anche il punto fondamentale, per tutti i problemi nazionali, politici, economici e di cultura. Triestp è un grande emporio mondiale, è una vasta città di lavoro e di ricchezza, ha una concentrazione densissima di popolazione : fuori di Trieste, il paese, con piccole oasi cittadine e pochi altri centri costieri di lavoro, è tutto campagnuolo, con una placida vita lenta, una popolazione di media densità, che si appoggia sul suo grande centro - Trieste : e vi alimenta regolari correnti permanenti dì immigrazione. P~r questo Trieste dà il tono all'intera regione: la sua influenza cittadina è decisiva, si irradia su tutta la campagna. Sotto il dominio dell'Austria ciò non è sempre apparso evidente. Finora si è mantenuta una divisione amministrativa della regione che fa tre diverse provincie di un territorio popolato complessivamente da non più che 869 mila anime, isola Trieste dall'interno e dalla sua campagna, la riducp in una strana provincia chiusa tutta in una sola città e, mentre neutralizza tutti i naturali elementi di coesione del territorio, crea fra le sue diverse parti un artificiale antagonismo di interessi. Ma bisogna ben stabilire che, fuori di questa finzione del sistema amministrativo austriaco, la Venezia Giulia Biblioteca Gino 81dnco

-8rappresenta un tutto unito, che fa capo a Trieste. E il grande centro di Trieste, che raccoglie attorno al suo porto già quasi il venticinque per cento di tutta la popolazione della regione, riportato in contatto con la sua campagna, sarà, insieme ·a Fiume, che irradia la sua influenza sulla costa orientale dell'Istria, nel Quarnero, la base naturale, non solo politica ed economica, ma anche nazionale di tutta la Venezia Giulia. Per questo ci interessa esaminare, prima di tutto, il problema italiano e slavo di Trieste (I). numeri del censimento e I loro artifici, Il censimento austriaco del 1900 dava per Trieste, con il territorio della sua provincia : 116.825 italiani, sudditi austriaci (77.40 per cento) 24.679 sloveni, 451 croati, 8.800 tedeschi. Quello del 191O, corretto ancora da una curiosa revisione che non ebbe esempio nelle altre provincie dell'Impero e nella quale l'elemento italiano fu escluso da ogni controllo, portò gli italiani a 1 I8.959 : ma gli sloveni a 56.9 I 6, i croati a 2.403, i tedeschi a 11.856. Aggiungiamo subito che la città propria, elemento decisivo, risultava popolata da 95.383 italiani e solo 19.694 sloveni, cosl che, ancora oggi, la massa slava di Trieste è sparsa fuori della città, nel brullo territorio del Carso, ed è rappresentata da inferiori strati incolti. Aggiungiamo ancora che, nello stesso anno, secondo i risultati del censimento si trovavano a Trieste 29.439 italiani, sudditi del regno d'Italia, che per una gran parte si possono considerare - a differenza di tutti i tedeschi e di molti slavi - indigeni del paese, discendenti da cittadini del regno, che vi sono nati e che, nel 1866, non hanno usato del diritto di opzione per il mutamento di cittadinanza. ( I) Per un più ampio orientamento sul problema italiano d'Austria e le questioni austriache vedi: Virginio Gayda. - L'Italia d'oltre confine (Torino Fratelli Bocca) e L'Austria di Francesco Giuseppe (2A edizione-id.) 81blir:iteca Gino Bianco

-9Con tutto questo gli italiani non possono assolutamente accettare i risultati del censimento nazionale austriaco del 191 O. I censimenti, in Austria, sono spesso strumenti di manipolazione politica. I governi se ne servono per le loro lotte nazionali : quando vogliono comprimere una nazionalità fanno apparire progressivamente nei 1'cnsimenti che essa non ha nella sua terra una maggioranza assoluta, che invece vi sono a canto ad essa delle forti minoranze crescenti di altra nazionalità, cui bisogna pure riconoscere dei diritti, e con questo sistema si crea un 'apparenza di legalità, di perfetta giustizia distributiva al1 'opera che sgretola l'egemonia nazionale, l'unità di un popolo. Ciò è avvenuto in Bosnia-Erzegovina, in Galizia, in Dalmazia. I più inverosimili abusi accompagnano queste operazioni di chimica nazionale. Nel caso specifico di Trieste essi sono stati tali che uno stesso organo più indipendente dello State, la Commissione centrale di statistica. ha sentito il dovere di denunciarli, osservando che i risultati del censimento di Trieste non corrispondono alla realtà. (Il volume, 1 ° fascicolo sul censimento del 31 dicembre 191 O). . Le irregolarità del censimento, pensate dalle autorità dello Stato per diminuire artificiosamente nelle statistiche gli italiani di Trieste e aumentare in loro confronto la massa slava, si possono elencare• in modo preciso. Anzitutto per stabilire la nazionalità dei censiti fu alterato e sforzato il principio usato per tutte le altre provincie dell'Impero. Invece della << lingua d'uso », si è fatta valere, come segno distintivo della nazionalità, la « lingua materna » - ossia la lingua di origine. Questa differenza ha un valore non trascurabile, sopratutto per Tr.ieste, città di forte immigrazione. Masse slave penetrano in città : ma, restandovi qualche tempo, spesso si italianizzano, si assimilano ali 'elemento indigeno cittadino. Esse perdono la lingua slava : i loro figli parlano spesso solo più l'italiano. Per un tale rapido spontaneo processo di assimilazione, che vedremo meglio nel seguito di questo studio, la immigrazione slava di Trieste si risolve di fatto, con il tempo, in un diretto aumento della massa italiana, che si ingrossa dei nuovi .elementi acquisiti. Ma questi nuovi giovani elementi, per il sinB•blioteca Gino Bianco

- 10 - golare princ1p10 del censimento di Trieste, sono stati sottratti dalla somma degli italiani e compaiono nei quadri slavi, ptrchè i loro padri, che li denunciarono, parlavano in origine slavo. Un criterio perfettamente opposto fu invece usato, a vantaggio dei tedeschi, nel censimento della popolazione czeca di Vienna. Nonostante questo primo artificio però il cènsimento regolare del 1910 aveva ancora dato : 142.113 italiani, 37.063 sloveni, 1422 croati, 9689 tedeschi. Ma le autorità non v-0llero ritenere validi questi risultati e ordinarono una revisione, unica per Triestt e Gorizia (Friuli) in tutto l'Impero, affidandola solo a funzionari tedeschi e slavi, che poterono segnare sulle carte le cifre che ho più sopra riportate. Esse furono ottenute con ogni spècie di violentazione. Impiegati italiani di Stato dei gradi inferiori dovettero piegarsi ali 'ordine superiore di qualificarsi per slavi, mentre perfino dei cittadini italiani del regno vennero iscritti di ufficio fra gli slavi. Così le cifre statistiche han potuto rappresentare un impressionante aumento, in dieci anni, della massa slava di Trieste, a canto a quella italiana, che mostrerebbe di svilupparsi solo molto lentamente, minacciando di perder,e nell'avvenire il posto della maggioranza che oggi ancora occupa. Ma queste cifre, ho detto, sono false e non possono delineare nessun quadro preciso del rapporto numerico fra italiani t slavi a Trieste, come negli altri centri cittadini del Friuli orientale - sopratutto Gorizia - e dell'Istria - sopratutto Pola. La importazione degli slavi a Trieste. Con tutto ciò non si può certo escludere oggi che esistano a Trieste dei nuclei slavi. Essi devono solo essere ridotti di numero. Ma la loro natura nazionale t sociale deve essere anche analizzata un po' attentamente, per comprend'erne il valore vero. Il loro rapidissimo aumento numerico a Trieste in pochi dtcenni, assai più forte delB1b 1oteca G1'10 B 8f1CO

- 11 - I'aumento naturale della popolazione, basterebbe già a provare che v'è qui un fenomeno di vera e propria importazione vasta e recente di slavi a Tri9ste - donde la conclusione che una gran parte di questi sloveni di Trieste rappresenta un elemento non indigeno, ma acquisito, forst fittizio. La prova precisa dei numeri conferma limpidamente questa affermazione. Trieste, grande città di lavoro e di traffici, assorbe uomini da tutte le provincie dell'Impero. Però i maggiori suoi contingenti di immigrati slavi vengono dalla Carniola. La Carniola è il grande vivajo degli sloveni. I movimtnti della popolazione tra questa regione e Trieste hanno perciò un preciso valore dimostrativo. Nel decennio 1891-1900 gli abitanti di Trieste, sudditi austriaci, sono cresciuti comp19ssivamente di 21.133 cittadini : di essi solo 4225 rappresentano un aumento naturale della popolazione, mentre 16.908 sono degli immigrati da altre regioni. Nello stesso periodo il movimento della popolazione slovena della Carniola · segnava queste cifrt: aumento naturale 41.683, emigrazione 32.491. Naturalmente non tutta la somma degli immigrati a Trieste è data dagli immigrati dalla Carniola : ma è certo, e lo vedremo presto in modo più preciso, che per una gran parte essa viene veramtnte dalla provincia slava. Più rapida ancora è questa progressione di immigrazione a Trieste nel decennio 1901-191 O: aumento complessivo della popolazione 50.911 - di cui per aumento naturale 14.377 (63~8 maschi ~ 7974 femmine), per immigrazione 36.534 (19.653 maschi e 16.881 femmine) - mentre per la Carniola, nello stesso decennio, si ha : aumento naturale 51.809 (27 .946 maschi e 23.863 femmine), diminuzione per emigrazione 33.964 (19.096 maschi t 14.868 femmine). Diamo queste cifre un po' dettagliate, perchè esse ci possono illuminare, per ogni sua piega, il problema. Esse dimostrano : 1 ° l'importanza che, negli ultimi due decenni, ha avuto per Trieste il fenomtno immigratorio; 2° il rapporto esistente fra tale fenomeno e I'aumento repentino della massa slava registrata a Trieste negli ultimi tempi ;

12 - 3° la recent~ data di questa importazione della massa slava a Trieste, che esclude per essa ogni diritto di indigenato in confronto agli italiani; 4° l'aspetto in parte fittizio della immigrazione slava, che assume il carattere di vera emigrazione t~mporanea di lavoro - poichè mentre naturalmente la popolazione slovena, come quella triestina, dà un'eccedenza di femmine sui maschi, la immigrazion~ triestina e la emigrazione slava della Carni ola danno un 'eccedenza di maschi - ciò che può lasciar concludere che gli elementi importati a Trieste non vi sono venuti colla loro famiglia, per impiantarvisi definitivamente. Rimane a pr~cisare meglio qualche punto, per dimostrare definitivamente l'origine immigratoria e recente del1 'elemento slavo di Trieste. Abbiamo in proposito parecchi dati che si completano. Un'analisi del professor9 tedesco Bernt calcola che, nel decennio 1900-191 O, gli sloveni penetrati a Trieste, città, siano 28.412. Ancora : il censimento del 191 O rivela la presenza a Trieste di 11.164 abitanti ancora heimatberechtig (pertinenti) a Comuni della Carniola : ciò che può lasciar supporre, per la maggior parte di essi, che sono venuti a Trieste solo da poco tempo e sono in ogni' -caso originari di comuni sloveni. Finalmente : le due scuole elementari private slovene di Trieste, dttà, erano, nel 1912, frequentate da 1722 allievi di cui però solo 1025 nati a Trkste, ciò che prova che 697 bambini sloveni, corrispondenti a un proporzional 9 numero di famiglie slovene, sono venuti a Trieste dopo la loro nascita, ossia solo da pochi anni. L'attrazione nazionale di Trieste. Un altro punto deve essere ancora precisato. Qu~sta immigrazione slovena di Trieste rappresenta un fenomeno naturale, irresistibile, necessario, dovuto alla spontanea espansione di Trieste e al sistema geografico? Si deve in sostanza considerare come un fatto elementare Btblioteca Gino Bianco I ·'

\ - 13 - che, non si può deviare, senza violentazione delle leggi sociali naturali, così da legittimarp la conclusione che anche per l'avvenire si dovrà contare su una progressiva invariabile invasione slava di Trieste e per ciò su un crescente indebolimento della massa italiana di fronte a quella slovpna? Il problema è decisivo, poi che tocca tutto l'avvenire nazionale di Trieste. Molta gente afferma : anche con una occupazione italiana, l'italianità di Trieste non potrà salvarsi: essa è fatalmente condannata a sommergersi sotto l'onda slava che avanza. Questo pregiudizio viene da un esame superficiale dei fatti. Trieste è una grande città di traffico che cresce ed ha bisogno ogni giorno di nuove braccia di lavoro: fuori di Trieste il contado è slavo ed ha scarse risorse sue : è naturale chp esso si rovesci su Trieste, ne prenda lentamente possesso, come avviene per ogni grande centro di officine che si nutre e si dilata con le sue riserve campagnuole. Ma questa teoria, così disperata per l'italianità di Trieste. può bastare a spiegare tutto solo per chi vede il fenomeno dal di fuori, da lontano, ed è cosl poco positivista da accontentarsi di stabilire un rapporto fra causa ed effetto, senza ricercare ancora come si passa dalla causa all'effetto.- La chiave del problema è qui. Bisogna considerarne attentamente tutti i vari elementi in cui si scompone. Un fatto fondamentale : la vertiginosa rapidità di sviluppo di Trieste. AI principio del diciannovesimo secolo, la città non contava che 24 mila abitanti : nel 1880 contava già 141.740 abitanti esclusi gli stranieri; nel 191 O 232 mila. In un secolo la sua popolazione si è dunque decuplicata. Questo aumento prodigioso non può spiegarsi tutto solo con un fenomeno di germinazione, di riproduzione della popolazione originaria : ma è dovuto in gran parte, come appare del resto chiaramente già dalle statistich~ che ho citato per gli ultimi decenni, a un fenomeno di addizione, cioè di immigrazione dalle altre provincie. Ora è certo che. sin dagli inizi, ha avuto una gran parte in questa immigrazione l'elemento sloveno. Pure, fino agli ultimi decenni, le statistiche austriache non hanno rivelato a Trieste la presenza di una forte massa slava differenziata. Ancora il censimento del B•blioteca Gino Bianco

- 14 - 1880 segnava: 88.773 italiani, 26.035 sloveni. Ciò, significa evidentemente che gli slavi immigrati a Trieste, fin negli ultimi tempi, sono stati gradualmente assorbiti dagli italiani. II fenomèno della immigrazione slava di Trieste si è accompagnato con un altro fenomeno naturale di assimilazione da parte dell'elemento indigeno cittadino, ne è stato così neutralizzato nei suoi effetti nazionali, si è tr)ldotto anzi in un aumento diretto della forza numerica italiana. II fatto è fondamentale. Esso dimostra quanta potenza naturale di attrazione abbia la massa italiana di Trieste (lo stesso si può dire di tutti i centri cittadini della Venezia Giulia) : dimostra come slavi ed italiani non debbano essere sempre considerati elementi antitetici e perciò irreducibili avversari nazionali : come per ciò, in ogni caso, debba essere ridotto nella sua portata il pericolo della immigrazione e della convivenza slava dellè terre italiane. L'azione del governo d'Austria contro gli italianl. Perchè dunque, nell'ultimo decennio, a Trieste, come per tutte le provincie adriatiche dell'Austria, la massa slava non soltanto è rapidamente cresciuta e si è differenziata dalla massa italiana, ma comincia ad affermare un diritto nazionale, quasi un diritto di egemonia, in opposizione al principio italiano originario della popolazione indigena? Questo punto è importante, perchè con esso si alimenta in Austria e in Germania, e anche in qualche strato più ignaro della opinionè pubblica italiana, una corrente che vuole quasi negare il diritto italiano di Trieste e affermare una irreparabile minaccia slava dell'avvenire per il possesso italiano di Trieste. II problema si può risolvere con una semplice constatazione di fatti. Il nuovo movimento di penetrazione slava con i suoi specifici caratteri è legato ali 'opera del goVèrnO di Vienna. Dopo il 1866, il governo d'Austria, Biblioteca Gino Bianco

\ - 15 - nella illusione di arrestare il movimento della unificazione nazionale italiana rimasto incompiuto, dopo l'annessione del Veneto, ha tentato di snazionalizzare rapidamente le sue superstiti terre italiane, per togliere ogni ragione d'essere ali 'irredentismo italiano, ogni base alle sue future rivendicazioni. Questa opera, cominciata da prima vagamente, con episodi frammentari, è divenuta col tempo un sistema. Il governo ha tentato con ogni mezzo di sostituire, dov'era possibile, degli slavi agli italiani, di incuneare delle colonie slave, nelle zone italiane, perchè il paese perdesse la sua unità nazionale e non potesse più dirsi tutto italiano. A questo punto dunque nei movimenti della popolazione, per le provincie italiane d'Austria, appare un elemento estraneo che li altera _e li devia e lavora a dirigerli per certe sue linee politiche prestabilite. Il fenomeno della emigrazione slava a Triestè è sempre esistito : ma assume ora un carattere diverso : è gonfiato dal governo e raggiunge proporzioni nuove, prende una tendenza artificiale di movimento programmaticamente antiitaliano. Ciò spiega la nuova invasione slava delle terre italiane d'Austria, sopratutto di Trieste, e la sua particolare natura. Essa si accompagna poi naturalmente con una opposizione da parte del governo alla immigrazione tradizionale di elementi italiani, sopratutto operai, dal regno e dalle altre provincie italiane d'Austria, che potrebbe neutralizzarla e compensarla. Queste due formule : importazione e favore dell 'elemento slavo: espulsione e compressione dell'elemento italiano - regolano tutta la nuova politica di massa instaurata dall'Austria e accelerata per dieci anni dall 'ultimo governatore di Trieste, il principe di Hohenlohe. Si cominciano a riversare slavi nei campi della vita cittadina che sono più direttamente nel controllo dello Stato : la burocrazia, gli uffici, i tribunali, le chiese, i cantieri. Nel 1910 solo a Trieste gli slavi occupavano già 3700 posti, fra 4600 impiegati subalterni di stato. Nei cantieri del Lloyd quasi la metà della maestranza operaia è già slava. Nella stazione delle ferrovie di stato di 828 salariati 728 sono di origine slava. Da per tutto si ritrova la stessa inflessibile tendenza. Ed è sopratutto questa Biblioteca Gino Bianco

/ - 16 - gente, mandata avanti negli ultimi decenni dal governo, che ha detèrminato l'aumento della massa slava di Trieste segnato dalle statistiche. Ma appare anche chiaro il suo carattere che bisogna subito accentuare : questi nuovi immigrati sono degli espone.nti del governo d'Austria, del suo sistema politico : essi rapprçsentano una parte a Trieste fin che rimane a Trieste un governo d'Austria. Se un giorno questo governo cadesse, molti di essi abbandonerebbero la città o, tornati in un contatto naturale con la massa italiana, ne sarebbèro progressivamente assorbiti. Due cause hanno impedito, negli ultimi decenni, l 'assimilazione rapida di questi nuovi elementi slavi importati : la mole della loro immigrazione, forzata dal Governo, avvenuta non comè per il passato lentamente. gradualmente a seconda del quotidiano bisogno di lavoro di Trieste, ma di colpo, per grandi masse, superiore alla capacità di digestione di questo enorme crogiuolo nazionale che è Trieste : è la nuova politica separatista delle autorità governative che hanno, con ogni mezzo, tentato di tenere abitualmente divisi gli slavi dagli italiani, di isolarli, per mantenere intatta ed anzi accentuare la loro fisionomia, 1a loro individualità nazionalè estranea nella città italiana. Con questo io non pen~o certo a consigliare al nuovo governo che si potesse stabilire a Trieste e nella Venezia Giulia una politica di oppressione e di violcmtazione nazionale contro gli slavi per ridurli a dirsi e parere italiani. Basterebbe che un governo non prendesse partito nei rapporti fra le due razze : lasciasse svolgersi 1iberamente le lèggi naturali che già in passato li hanno regolati ed hanno difeso la italianità di Trieste : fermasse solo questa eccessiva, artificiosa, esclusiva importazione dell'elemento slavo dallè altre provincie dell'Austria, che il governo di Vienna oggi favorisce non per necessità, ma come arma di combattimento contro gli italiani. Deve essere poi osservato che il nuovo confinè politico, che potrebbe dividere la zona di Trieste e di tutto il litorale dalle zone interne dell'Austria, sarèbbe già esso un mezzo naturale per diminuire ed arrestare le penetrazioni slave delle terrè italiane. Possiamo intanto documentare, con fatti precisi, le 81bhòteca Gino Bianco I

- 17 - due cause cui abbiamo accennato. Aperta la nuova linea ferroviaria dei Tauri il governo ha importato di colpo a Trieste Spttecento famiglie di ferrovieri sloveni, che sono state concentrate tutte insieme in poche grandi case, proprio in uno dei rioni della città già più minacciati dalla propaganda slava. Costruendosi il nuovo Porto di S. Andrea, a Trieste, si son viste discendere dal Carso t dalla Carniola, chiamate dal governo, squadre di centinaia di manovali sloveni, mentre braccianti triestini e friulani italiani non potevano aver lavoro. Queste schiere; compatte, calate come eserciti di conquista, che vivono tutte insieme, anche se sono reclutate dagli strati inferiori e non hanno perciò cultura t spesso coscienza nazionale, non possono più essere facilmente assimilate. Ma le autorità del governo le separano ancora nettamente dall 'elemento indigeno cittadino, le organizzano, le raccolgono tutte; negli stessi quartieri, dotandole di tutti gli elementi economici e sociali necessari per una vita completament@ autonoma delle loro colonie - venditori, medici, avvocati, impiegati - educano fra esse, con ogni mezzo, uno spirito sciovinista, che vorrebbe rivtndicare a questo piccolo esercito di nuovi venuti dei diritti esagerati" di sovranità nazionale su una terra di millenaria civiltà italiana. E di fronte a questa opera coalizzata di governi e di slavi conquistatori, la difesa italiana di Trieste non ha potuto fin'ora appoggiarsi sulla sua grande base; naturale che le è alle spalle, l 'Imlia, si è tenuta solo con un supremo sacrificio eroico, nell'attesa della liberazione. L'espansionedella lingua lta1ranafra gll slavi. Che cosa però rappresenti ancora la forza dell'italianità quando essa, pur S!!nza usare di mezzi coercitivi, può diffondersi liberamente con una pacifica propaganda di cultura, appare in qualche cifra, che si può raccogliere nel movimento delle scuole. Fuori della città di Trieste, nelle duç zone che compongono il così detto terB•blloteca Gino Bianco

- 18 - ritorio di Trieste, il suburbio e l'altipiano, il rapporto numerico fra slavi e italiani si sposta a favore degli slavi. Così, mentre anche dopo la revisione il censimento del 191 O segna a Triest~, città, la presenza di soli 19.694 sloveni e 1.978 serbo-croati, contro 95.383 italiani, sudditi austriaci : per il suburbio conta 22.432 italiani e 28.364 slavi e per l'altipiano, la desolata zolla brulla del Carso, 538 italiani e 8199 sloveni. Pure anche nel territorio l'elemento italiano, p~r quanto in minoranza, non solo ha potuto conservarsi, ma si è anche dilatato con l'aggregazione di unità slave. Qui, nel 1889, si contavano 32 classi di scuole popolari slave, con 2600 scolari e solo 4 classi italiane, con 290 scolari : nel 1909 vi erano 61 classi slave con 3275 scolari e 20 classi italiane con 1151 discepoli - ciò che significa che in venti anni i discepoli delle scuole slave sono aumentati solo del 25 per cento, mentre quelli delle scuole italiane del 400 per cento : e si 3a che una gran parte dei ragazzi italiani del territorio frequenta le scuole della città. Ciò prova la diffusione naturale della scuola e della cultura italiana. Il fatto è importante. In un regime scolastico nazionale di libera concorrenza, quando per la coesistenza di scuole italiane e di scuole slave, il popolo ha completa libertà di scelta, la scuola italiana, in un territorio popolato da una maggioranza slava, si sviluppa assai più rapidamente della scuola slava. Istintivamente gli sloveni si sentono attratti verso i focolari italiani della più alta cultura. Nella seduta del 22 aprile 1861 la dieta provinciale di Trieste, per la gran maggioranza italiana, decideva, a prova della sua tolleranza nazionale, di aprire nel territorio delle scuole slovene : ma il deputato slov~no Seriau domandava che, in luogo della lingua tedesca, come materia di insegnamento, si introducesse la lingua italiana. E' un fenomeno che si può osservare a Trieste, come per tutta la campagna della Venezia Giulia. Quando viene a contatto con gli italiani, anche fuori delle mura cittadine - dove c'è in azione, fra tante, anche la forza del numero - lo sloveno spontaneamente apprende la lingua italiana. Lo spingono la nec~ssità dei suoi piccoli B blloteca Gino Bianco

- 19 - commerci, dei suoi rapporti economici con la città, il suo istinto, la sua natura mobile, la sua coscienza nazionale ancora crepuscolare, che gli fa considerare la sua lingua slovena un semplice dialetto e il parlare italiano la lingua vera. Dove ci sono centri italiani, essi irradiano immediatamente nella campagna, tra gli slavi, un po' della loro italianità. E ciò avviene, si pensi, già oggi, quando tutto il sistema della vita pubblica paesana e le cure dei funzionari governativi sono volte solo a negarè e ridurre l'italianità, a neutralizzare tutta la sua influenza, mentre, dopo l'ann~ssione del Lombardo Veneto al regno, gli italiani d'Austria, rimasti in pochi, sono stati tagliati fuori delle loro basi di rifornimento umano e intellettuale, hanno perduto i loro centri tradizionali di studio e devono lasciar~ il paese, andare essi stessi in paesi stranieri, a Vienna, Graz, Innsbruck, città tedesche, per educarsi. Lo stato nazionale degli sloveni. Lo stato generale di cultura degli sloveni è anc@ra troppo poco progredito per dare alla gran massa un moto nazionale spontaneo. Vi sono oggi in Austria, più di un milione di slovèni - ed essi entrano solo per una piccola parte nelle terre italiane cui l'Italia aspira - sparsi fra la Carniola, la Carinzia, la Stiria meridionale, l'alto Goriziano, l'altipiano carsico di Trieste e dell'Istria: e pure, fino a pochi anni fa, essi avevano una sola scuola media slovena indipendentè : a Lubiana. Mancavano gli allievi, i professori, i libri di testo. Quando nel ginnasio tedesco di Gorizia, il govern9 aprì delle classi parallele slovene per i nuovi immigrati, si dovette usare per la geografia un libro di testo in lingua croata, che è diversa dalla slovena, e un testo « non approvato » dal ministero della pubblica istruzione per il latino. Non c'erano altri libri. II parlare sloveno, a differenza del serbo-croato, è ancora qualche cosa come un dialetto, senza letteratura, Sènza neppure unità, nè precise forme Biblioteca Gmo Bianco

-20cristallizzate, tanto che se ne trovano molto varie per ogni regione. Non è ancora una vera lingua definitivn. A Trieste, con la sua popolazione che è la metà di quella della Carniola, si pubblicano 55 periodici in lingua italiana : in Carniola, con i suoi 523 mila abitanti, non più di 53, in lingua slava. E non c'è v.eramente ancora neppure una coscienza collettiva, unanime, limpida, in questa razza, che la distingua nazionalmente. Materia in formazione, spesso : nulla più. A spiegare la natura del nazionalismo slavo degli immigrati sloveni di Trieste e di Gorizia dell'·u1tima ora basta un confronto ,con la mentalità del loro paese di origine : la Carniola. Qui vi sono ancora, fuori che a Lubiana, tutte scuole medie con lingua di insegnamento tedesco - ciò che potrebbe bene rappresentare una violentazione nazionale, poi chél nella provincia i tedeschi non sono più di 28 mila, contro il blocco compatto di mezzo milione di slavi. Nel febbraio 1913 vi fu un'adunanza dell'associazione dei professori sloveni di queste scuole, per formulare un voto che chiedesse la slavizzazione di tutte le scuole medie della Carniola. Dei 319 membri dell'associazione, solo f82 si presentarono alla chiamata : 52 votarono per la slavizzazione. 31 contro, gli altri si astennero. Si può concludere. Il movimento slavo di Trieste, come queJlo di gran parte della regione italiana della Venezia Giulia, dell'ultimo decennio; non rappresenta un fatto naturale, definitivo, ma un fenomeno in gran parte artificiale, determinato da un programma politico di governo, e perciò transitorio, legato alla sorte stessa del governo eh~ lo ha provocato. Con tutto questo non ha potuto ancora distruggere, nè intaccare irreparabilmente nulla déllla italianità del paese : è potuto sembrare JJna minaccia, talvolta grave, ma non è \Jn fatto compiuto. Ridotti i rapporti fra italiani e slavi di nuovo, come un tempo, alla loro espressione naturale, sotto un governò più giusto ed oggettivo, si ristabilirà fra i due popoli un equilibrio nazionale, che la pacifica comunione di vita e di cultura e la irresistibile influenza italiana, non più alterata da alcun elemento estraneo, potrà spesso, trasformare in omogeneità. L'Italianità di Trieste è e sarà. Biblioteca Gino Bianco

- 21 - 11 problema orientale del Friull e dell'Istria. Abbiamo considerato lungamente il problema di Trieste, perchè, esso, come si è già osservato, è al centro di tutto il problema della Venezia Giulia. Ristabiliti 1'unità de'1a provincia ç il contatto della grande unica città centrale con tutta la campagna, fin nel più lontano confine, l'influenza di una grande massa compatta italiana, si irradierà per tutta la provincia, ridarà vita a tutte le oasi italiane, rimaste anche nella zona, chç sembra più compattamente slava, nell'interno dell'Istria, trasformerà e riorganizzerà nazionalmente tutto il paese. Ma anche fuori di Trieste, a nord e a sud, per lò altre regioni della Vençzia Giulia, nel Friulli orientale e nel1'Istria, gli italiani sono delle masse imponenti. Sono la razza indigena della terra, rappresòntano una massa che può già equilibrare, senz'altro aiuto, _la gente slava. Il censimento del 1910 dà queste cifre : Friuli orientale : 90.119 italiani, 154.564 sloveni : Istria: 147.417 italiani, 55.134 sloveni, 168. 184 serbo-croati. Nelle due dunque gli slavi sembrerebbero avere, di frontç agli italiani, una maggioranza numerica, per quanto non molto soverchiante. Ma anche per que~te cifre sono necessarie molte riservò. Ricordiamo anzitutto che per il censimento nazionale del Friuli e dell'Istria fu imposto, come per Trieste, il principio della « lingua materna » e non quello generale usato per le altre provinciç dell'Impero della << lingua d'uso », e ciò ha certamente ridotto la somma degli italiani, nelle città, sopratutto a Gorizia e a Pola, centri di forte immigrazione slava, dove però molti slavi han cominciato ad italianizzarsi. Osserviamo purè che il Friufi orientale, come per Trieste, i risultati del primo censimento regolare furono sottoposti ad una singolare revisione, dalla quale Vçnnero esclusi tutti i controlli degli italiani. che ridusse gli italiani da 93.143 a 90.119 e aumentò invece gli $love,i da 151.167 a 154.564. Biblioteca Gino 81dnco

-22Ma altri artifici, a danno degli italiani, appaiono ancora nel censimento. In Istria, per esempio, nel distretto di Volosca, nel decennio 1900-910, si sono fatti salirè gli sloveni da 647 a 3568, con un aumento assolutamente inspiegabile e inverosimile del 500 per cento, in soli dieci anni, mentre si sono fatti discendere gli italiani da 1307 a 958 (ad Albona: da 3959 a 2396). Tutto quèsto può già abbastanza chiaramente dimostrare che, anche per le altre regioni della Venezia Giulia, come per Trieste, i risultati del censimento non corrispondono alla realtà del patse, ma devono essere corretti, con un ·aumento della somma degli italiani e una corrispondente diminuzione della somma degli slavi. Anche la natura di questi slavi del Friuli orientale e dell'Istria deve esstre esaminata, per precisare con essa la natura dei rapporti che sussistono fra essi e l 'elemento italiano. Notiamo anzitutto la indiscutibile diversità del grado di cultura dei due elementi nazionali, italiano è slavo. Per misurarla possono bastare queste cifre. Nell'anno 1911-12 vi erano, per tutta la Venezia Giulia, 17 istituti d'istruzione media : di 5615 studenti che li frequentavano, 357 4 erano italiani e soli 1317 slavi. Gli italiani hanno una cooperativa su 857 abitanti, gli sloveni su 1316 e i serbo-croati su 1605. In Istria ( 1908) l'italiano paga in media, per impòste dirètte, corone 5,94; lo slavo 3,31. La media di imposta fondiaria, ;segno proporzionale alla produttività, è in Istria di 2,09 per ettaro nei comuni italiani, e solo 0,90 nei comuni slavi. Bisogna poi ancora osservare che le due razze sono topograficamente divise. Nel Friuli, gli italiani occupand la zona co~tiera e quella che si stènde lungo tutto il confine del regno, da Cormons a Cervignano, per la grande pianura che si allarga da Udine: gli sloveni popolano la parte orientale, montagnosa e incolta della regione. Le città poi sono tuttt prevalentemente italiane : Gorizia, Gradisca, Monfalcone. Solo Gorizia, negli ultimi anni, è stata invasa dagli sloveni che volevano, con I 'aiuto del governo, conquistarla, per farne un centro cittadino proprio. Nel 1890 la città contava 3750 sloveni : nel 1910, dopo la revisione dèl censimento, 9819 Biblioteca Gino 81c1nco

-23slavi e 14.720 italiani, i quali non s~gnavano alcun aumento nel decennio. Questo movimento di numeri per gli slavi appare troppo violento, per sembrare naturale. Anche in Istria, italiani e slavi occupano due distinte zone parallelç. Gli italiani popolano ininterrottamente tutta la lin~a costiera occidentale - da Muggia, di fronte a Trieste, a Pola - dove ci sono i più importanti centri cittadini ed economici e la maggior densità della popolazione, la vera base del paes~ - e i principali punti della costa orientale sul Quarnero, Laurona, Fianona, Albona. Gli slavi - sloveni a nord, croati a sud - sono tutti raccolti nella campagna interna, sul territorio che culmina nella catena del Vena e del Monte Maggior~, sempre più desolato e spopolato quanto più lontano dalla costa. Ma anche in queste zone interne essi non hanno una massa omogenea, compatta, come quella italiana della costa. Vi sono in esse oasi, ramificazioni italiane, che rappresentano ancora i. maggiori centri di vita paesana dell 'int~rno e, pur stretti dall'assedio dei governi e degli slavi, sono riusciti a serbare fino ad oggi quasi intatta la loro ·individualità nazionale. Sono grandi e piccoli centri : Albona, Antignano, Buie, Dignano, Grisignano, Montona, Pinguente, Pisino, Pedena, Portole, Visignano, Visinade, ecc., sparsi un po' da per tutto, che mantengono un contatto d~ll 'italianità dalla costa all 'interno, perpetuano a torno, nella loro campagna, l'influenza italiana, ,e potranno riprendere, appena fossero vivificate da un maggior aiuto, la loro funzione di assimilazione 0 almeno di organizzazione della massa contadina, che è nel cerchio della loro vita, alla loro im~diata dipendenza economica e sociale. La funzione delle città italiane. - Bisogna tener sempre ben presente il valore nazionale di attrazione, la forza di influenza di questi centri cittadini, che sono, anchp nell'interno del paese, tutti italiani e rappresentano ancora i soli nuclei organizzati e B bhoteca Gino Bianco

- 24 progrediti di vita sociale, in una regione campagnuola, scarsamente popolata, che si appoggia tutta, per i suoi traffici quotidiani, sulle sue città. Le correnti di affari, di piccoli o grandi mercati, che si sviluppano tra questè città e il contado, irradiano pure spontaneamente, sempre più lontano, quanto più cresce il valore del nucleo cittadino, con una inavvertita ma profonda ondulazione, la lingua italiana, un movimento di cultura e insieme di pacifica e irresistibile propaganda nazionale. Lo hanno intuito anche i governi d'Austria e p 9 r questo hanno concentrato i loro colpi contro l'italianità sopratutto sulle città, sentendo che, cadute queste, crollavano non solo gli ultimi punti di appoggio della difesa italiana, in questa lotta impari di popoli e di governi avversi, coalizzati, ma anche le più salde ragioni di quel prodigioso dominio italiano sulli:i terre adriatiche, che ha infiltrato il suo spirito fra tutte le genti slave del litorale, facendone, in Istria, come in Dalmazia, qualche cosa di suo, di assolutamente diverso dall'altra gente slava, che non è mai vissuta a contatto con l'italianità. Sotto questo aspetto si può dunque anche dire che ogni sviluppo avvenire della vita, dei traffici, e dell'opera cittadina di Trieste, come di Gorizia e dei vari centri istriani, significherebbe, quando non ci fosst più l'azione neutralizzatrice di un governo avverso, una progressiva sicura espansione dell'elemento e della influenza. italiana, fra gli slavi. Si può rilevare, in proposito un fenomeno molto tipico 9 illustrativo. Cinquant'anni fa le isole del Quarnero potevano sembrare assai meno italiane di oggi. La città di Lussinpiccolo, ad esempio, aveva una percentuale di parlanti italiano minore di oggi. Lo sviluppo della navigazione ha portato immèdiatamente, S9nza coercizione di sorta, uno spontaneo, impetuoso sviluppo dell'italianità. Così avviene nella campagna. I contadini slavi, che vivono dentro la sfera di azione di una città italiana, parlano italiano. L'apprendono spontaneamente. Un tale fenomeno di bilinguismo è tipico per provare la volontaria sottomissione degli sia-vi agli italiani. Fra gli slavi istriani non è solo l'élite intellettuale, ma è la massa, vicino alla città, che parla italiano : fra gli italiani, assai più progrediti nella cultura, non Biblioteca Gino Bianco

- 25 - c'è che una trascurabile minoranza che parli slavo. Questo bilinguismo degli slavi è generale per tutta l'Istria, non solamente sulla costa, dove c'è più contatto con la massa compatta italiana, ma anche nell'interno, n_ei villaggi dove non ci sono scuole italiane. Vi fa forse solo qualche eccezione la zona montana di qualche distretto : Volosca (dOV.èpure si parla come ad Abbazia-l'italiano) e Castelnuovo. Il bilinguismo è già la prima premessa di una coesione, anche di una fusione dell'elemento slavo con I'italiano. In altri tempi, quando i rapporti nazionali del contado con le città non erano ancora alterati dalla politica austriaca e dai suoi fervidi agenti tra i contadini croati, i preti e i maestri, esso ha dato manifestazioni tipiche. Nelle prime elezioni per la Dieta istriana del 1861, la cosl detta « dieta di nessuno », i deputati eletti, anche quelli della campagna slava, furono tutti italiani. I contadini croati e sloveni, spontaneament.è affermavano il carattere esclusivo italiano della vita pubblica istriana. L'istinto e l'interesse quotidiano spingono il contadino slavo a cercare il contatto con gli italiani, ad assimilare la loro lingua e un po' della loro cultura. Nell'archivio del municipio di Capodistria si conservano ancora dei vecchi protocolli - 1848 - che esprimono una spontanea sintomatica affermazione dei contadini slavi dell'Istria. Essendosi domandato loro che nazionalità volevano fosse fissata per l'Istria, risposero, con un plebiscito di quasi tutti i villaggi : l'italiana. Ancora, dopo il '60, i villaggi slavi, interrogati in quale lingua volessero il bollettino ufficiale, in italiano, in slavo o in tedesco, rispos_èro, senza esitazione : in italiano. Il lento inavv-ertito assorbimento di molti elementi slavi da parte degli italiani dell'Istria, che ripete esattamente il fenomeno già osservato a Triest_e, si manifesta in fatti palpabili. Un censimento del 1848, per esempio, dà per l'Istria: 228.035 abitanti, di cui 74.010 italiani (32,5 per cento); 29.310 sloveni ( 12,8); 123.160 serbo-croati (54 per cento). Nel 1880 un altro censimento dava: 284.154 abitanti, di cui 112.700 italiani (39,6 per cento); 40.960 sloveni ( 14,4); 123.245 serbo-croati (43,3). L'assoluta stazionarietà della massa indigena Biblioteca Gino 81c1nco

- 26 - serbo-croata, che contrasta così singolarmente con il suo rapidissimo aumento segnato dagli ultimi censimenti, pur in un tempo di più forte emigrazione, non si può spiegare che con una perdita del suo sicuro aumento natural~ : perdita dovuta certamente in parte ad un movimento di emigrazione, ma in gran parte anche ad una progressiva assimilazione da parte della massa italiana, che si è così ingrandita con molte unità slave. L'operanegativa del governi d'Austria. L'attaccamento del contado alla città e alla sua civiltà, che faceva degli slavi una dipendenza, un complemçnto degli italiani autoctoni, si è perduto lentamente dopo il '60 : ma dopo il '60 si è anche mutata la politica del governo di Vienna, che non rimase più spettatore passivo del movimento nazionalç italiano, ma gli si levò decisamente contro, scagliandogli anche contro i contadini slavi. Su questo punto si deve sempre insistere. La violenza e la fobia italiana, che hanno spesso accompagnato negli ultimi anni, in Istria e nel Friuli, a Trieste e in Dalmazia, il nascente movimento nazionale slavo, non sono dei suoi attributi naturali, necessari, che possano lasciar pensare ad una insanabile inconciliabilità dei rapporti fra gli italiani e gli slavi ed a una pericolosa agitazione inçvitabile dei nuclei slavi, che restassero dentro i nuovi confini del regno, ma sono il risultato pratico, immediato, di una politica di governo anti-italiano, che ha messo popolo contro popolo, ha sferzato i più bassi istinti della massa slava più incolta, per farne una buona arma contro la cultura italiana, deviando quella che doveva essere la linça naturale di ascesa del popolo slavo del litorale vissuto da secoli a contatto con gli italiani·: un quieto moto parallelo, spesso fuso a quello italiano, una collaborazione di cultura, a traverso la naturale diffusione della lingua italiana. Con tutto ciò, più profondo dell'ostilità ispirata che si Biblioteca Gino Btdnco

- 27 - scopriva prima della gu~rra europea - oggi non pm - in molti strati della gente slava per gli italiani, è rimasto in essi uno spirito di fedeltà, che non si può trascurare. Nel movimento cooperativo e del piccolo credito agricolo, che comincia a diffondersi largamente in Istria, si vedono molti contadini slavi dis~rtare i loro istituti nazionali e affidare i loro risparmi e i loro affari solo alle banche italiane. Ciò prova già quanta importanza, anche nel campo nazionale, può avere un'azione eco-- nomica italiana, che sappia difendere e attrarre gli inter~ssi della piccola gente contadina slava. L'indl.fferenzanazionale della politica di Venezia. Si potrebbe tuttavia domandare perchè non si è compiuta la fusione dell'elemento slavo con quello italiano, nei secoli passati, quando la proporzione numerica fra italiani e slavi era più favorevole ai primi e gli slavi erano in più bassa cultura ~. sotto il dominio di Venezia, non c'era nel paese guerra all'italianità. Risponde la storia. Non si conoscono slavi autoctoni dell'Istria. Essi compaiono per la prima volta nel paese nella metà del settimo secolo. Sono i vindi, che fuggono dinanzi agli avari, e i bulgari, che si propagano anche in Istria -~nel Friuli. Ma contano ancora poco. Sette secoli dopo però è la stessa repubblica veneta che, per ripopolare la contrada, vuotata dalle epidemie e dalle guerre, importa slavi perchè colonizzino l'Istria. Tra il 1463 e il 1657 si contano a più riprese molti di questi trapianti di slavi su terra italiana. Dopo la guerra austro-veneta per gli uscocchi, l'Austria e Venezia popolano ancora di slavi i loro confini, facendoli venire dall'altipiano interno della Dalmazia e dalla Croazia .. Si tratta di colonie di rudi lavoratori stranieri. Ma Venezia non foce nulla per italianizzarli. La sua politica, intenta ai commerci, non ebbe mai delle preoccupazioni nazionali e non cercò mai una espansione al di là della costa. Non riconobbe cosl agli slavi che importò in Istria B 1otec.aG110B,anco

- 28 - alcuna importanza : non li violentò, ma non tentò di avvicinarseli. Li tenne anzi divisi dall'elemento italiano, come una massa inferiore. Li lasciò vivere in pace, ma non diede loro scuole, nè istituzioni e amministrazioni. E per questo gli slavi si perpetuarono quello che erano. Quando si muovevano ed entravano in città, si perdevano fra gli italiani : ma la grande massa, rimasta immobile nella campagna, lontana dai centri cittadini, completamente isolata, nella sua inerzia ignara, serbò silenziosamente quel vago elemento slavo, che un giorno il governo d'Austria ha ridestato e acceso per avventarlo contro i suoi antichi p.atroni. Conclusione. Abbiamo così esaminato, con un'analisi forse un po' minuta e faticosa, ma necessaria per precisarne i veri termini, la questione slava della Venezia Giulia, nei suoi rapporti con il popolo italiano. L'esame ci consente ora una conclusione rapida e sicura. Esiste un problema slavo della Venezia Giulia: ma esso non è tale da potersi sovrapporre a quello italiano, çhe è il solo originario, dominante, fondamentale. Esso,• anche ridotto nelle sue vere proporzioni, non si presenta insolubile : sopratutto non potrà divenire un problema di esistenza per il possesso italiano della Venezia Giulia. Per la loro natura, la loro massa numerica complessiva, le loro posizioni nazionali topografiche, la loro cultura con le sue tendenze, gli slavi di queste provincie non sono dei nemici pericolosi per gli italiani. Lo sviluppo del paese ridurrà ancora progressivamente la loro importanza nazionale. Ma essi possono anche divenire, come un tempo, gli amici, i collaboratori fedeli spontanei degli italiani, quando venisse nel paese una politica non di gendarmi, ma di uomini di giustizia e di libertà, di cultura e di rispetto umano, una politica sotto la bandiera d'Italia perfettamente opposta a quella fondata sul rancore e la violenza, sulla distruzione e sull'arbitrio, che I'Aust~ia vi ha mantenuto per quarant'otto anni, proseguendo senz'armi la guerra contro la libertà d'Italia, per prepararne una nuova. Biblioteca Gino Bianco

PROBLEMI ITALIAN.I l. - Gaetano Saloeminl - Guerra o Neutralità ? 2. - Luigi Einaudi - Preparazione morale e prep~razione finanziaria. 3. - Rlessandro Lustig - La preparazione e la difesa sa.nitaria dell' esercito. · 4. - Gl'Istriani a Vittorio Emanuele Il nel 1866. 5. • Mario /liberti - J\driatico e J\\edlterraneo. 6. - Giulio Caprin - Trieste e l' Italia. 7. - Guglielmo Ferrero - Le origini della guerra presente. 8. - Ugo Ojetti - L'Italia e la Civiltà Tedesca. 9. • Pietro Silva - L'Italia e la guerra del 1866. 10. - Enrico Burich - Fiume e l' Italia. 11. - Concetto Pettinalo - Russia, Balcani e Italia. 12. - Diario Triestino, 1815 - 1915 - Cent'anni di lotta Na• zionale. 13. - .llntonio Pisce/ - li conflitto austro-serbo e gli interessi italiani. 14. - Carlo Errera - Il confine fra Italia e J\ustria. 15. - Cesare Ballisti - Il Trentino italiano. 16. - Pietro Silva - Come si formb la Triplice. 17. - Virgilio Gayda - Gli Slavi della Venezia Giulia. 18. - G. II. Borgese - Guerra di redenzione. Entro il maggio 1915 saranno pubblicati allri sei volumetti, così da completare una prima serie di Ventiquattro. La raccolta "Problemi Italiani,, ~ diretta da un Comitato presieduto da UGO OJETTI e composto da Luigi Bertelli, Giulio Caprin, Salomone Morpurgo. Abbonamento alla prima serie di Ventiquattro Opuscoli Lire 'DUE. lntJlare cartolina tJaglia agli Editori RA V A 8, C. • MILANO, Corso Porta Nuova, 19 Biblioteca G•no Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==