Virgilio Gayda - Gli slavi della Venezia Giulia

- 18 - ritorio di Trieste, il suburbio e l'altipiano, il rapporto numerico fra slavi e italiani si sposta a favore degli slavi. Così, mentre anche dopo la revisione il censimento del 191 O segna a Triest~, città, la presenza di soli 19.694 sloveni e 1.978 serbo-croati, contro 95.383 italiani, sudditi austriaci : per il suburbio conta 22.432 italiani e 28.364 slavi e per l'altipiano, la desolata zolla brulla del Carso, 538 italiani e 8199 sloveni. Pure anche nel territorio l'elemento italiano, p~r quanto in minoranza, non solo ha potuto conservarsi, ma si è anche dilatato con l'aggregazione di unità slave. Qui, nel 1889, si contavano 32 classi di scuole popolari slave, con 2600 scolari e solo 4 classi italiane, con 290 scolari : nel 1909 vi erano 61 classi slave con 3275 scolari e 20 classi italiane con 1151 discepoli - ciò che significa che in venti anni i discepoli delle scuole slave sono aumentati solo del 25 per cento, mentre quelli delle scuole italiane del 400 per cento : e si 3a che una gran parte dei ragazzi italiani del territorio frequenta le scuole della città. Ciò prova la diffusione naturale della scuola e della cultura italiana. Il fatto è importante. In un regime scolastico nazionale di libera concorrenza, quando per la coesistenza di scuole italiane e di scuole slave, il popolo ha completa libertà di scelta, la scuola italiana, in un territorio popolato da una maggioranza slava, si sviluppa assai più rapidamente della scuola slava. Istintivamente gli sloveni si sentono attratti verso i focolari italiani della più alta cultura. Nella seduta del 22 aprile 1861 la dieta provinciale di Trieste, per la gran maggioranza italiana, decideva, a prova della sua tolleranza nazionale, di aprire nel territorio delle scuole slovene : ma il deputato slov~no Seriau domandava che, in luogo della lingua tedesca, come materia di insegnamento, si introducesse la lingua italiana. E' un fenomeno che si può osservare a Trieste, come per tutta la campagna della Venezia Giulia. Quando viene a contatto con gli italiani, anche fuori delle mura cittadine - dove c'è in azione, fra tante, anche la forza del numero - lo sloveno spontaneamente apprende la lingua italiana. Lo spingono la nec~ssità dei suoi piccoli B blloteca Gino Bianco

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