G. Ippolito Pederzolli - Da Custoza a Lissa

D! C~STOZ! ! LISSA d e l Prof.. ~G. IPPOLITO PEDE HZOLLI ,

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L' Italia ha ricacciata la spada nella vagma: :sce::;a in campo coll'indomito ardimento di un·popolo, che ih altri secoli legò l'universo al carro di Roma repubblicana, col _lirico entusiasmo e colla giovanile baldanz:t di una nazione che sa di aver sbattuti sul ceffo di sei tiranni le sue catene secolari, colla maschia fierezza di chi sa di poter vincere, essa esce dalla zuffa col volto coperto di polvere, di lividore, di sangue e di vergogna. È inutile crearsi d3lle illusioni, e nascpndere sotto pietose Aspressioni l'aspra realta delle cose: malgrado il disperato e sovrumano valore delle forze di terra e di mare, malgrado il virile atteggiarsi della penisola, malgrado i. miliardi senza numero gettati nella formazione delli eserciti nostri, l'Italia per inscipienza di capitani, per grettezza di sistemi, per calcoli principeschi, fu battuta per terra e per mare. Chiamiamo le cose col nome loro, e abbiamo almeno il coraggio di contemplarne la realtà quale ella sia. Dal petto di ogni cittadino italiano, dal tiglio di ogni pa.trict1 s'alza un grido d'ira, cade una lagrima di angoscia: quel grido è rugito di leone, che s'alza e agita le mandibole: quella lagrima è l'espressione di un dolore su-

-1. - premo: f[UC] grido é indizio che nelJi italiani )a Yirtù Yive ancora e sf:willa, quella lagrima dice che non i campi di Cusloza, le acque di Lissa., le valli Trenti-- ne, coperle di morti c di morenti, commuovono all'ira l' Itali a) ma il suo onore e la sua maestà, geitati vilmente nel fa.ngo, Di l ('h i la colpa di si 1riser3nda catastrofe ? A chi la rc:::.ponsabiJita di un lutto che co1pisce l' orgoglio,. c che vulnera la vita avvenire del paese?- Ecco il <.J.uesito che il popolo ilaliano, convertito moralment e in. tribunale supremo, dere sottoporre a se stes- ~o .· Fu t::olpa dell' esercito? No: esso superò in eroi· . . smo l' umana credenza: ~sso ~i spinse entro ai hafuardi granitici del qnadrhatero col coraggio del leone: esso lottò corpo a corpo coi più vecchi soldati d' Europa e ne fiaccò l' é)Jterigia, ricacciandoli per tre volle dai.Je Joro formidabili posizioni. Fu colpa di ge- ' uerali? No: non è nelle leggi della natura e nell'orcli- , ne dei fatti, che la vita e l' onore eli un popolo dipenda da uno, due o pochi individui: aH' arrogante inscipienza di un Lamarmora capace tutt'al più di eseguire una carica sul popòio inerme che grida liberta; alla stolta vanità di un Persano, indomito solo nel suo odio per Garibaldi c pcl partito democratico ben altri intelletti, ben altre braccia poteva opporre l' Italia: bastava gettare nell' elmo di un nostro lanciere il nome di venti dei nostri più infimi caporali, e trarne a sorte uno; quell'uno valeva più d' un Lamarmora c J'm1 P2.rsano. Le disfatte di Torin0_. del Po, dc1-

h Trebbia, del Transimcno, (li Canne non vinsero Ro· n1a 1:opubblìcana: a un duce vinto os~ a no opponcra un altro, e il caxallo di. Annibale, che aveva percosso colla sua zampa tutti i campi d' Italia, fu vi::;lo fuggire sanguinoso più tardi sui campt di Zama. Fn colpa di pessima organizzazione delle armato'? No: nn pugno di ciaHruni parigin i, senza org1nizzazione, scnzél fucili, senza scarpe Yinso a Jemappes lo ;lrnrate ùel dispotismo. Di chi dunque la colpa ~? Lasciamo per Dio una ' 'olLa per sempre in dispartù le roticonze e le ~ezze parole, o parliamo con franchezza: wolli vedono, molti intuiscono molli sentono qua"i istintivamente la verità, eppure cercano di ingannare so stessi e ui nascondersi la ~toria: cer li idoli non si vogliouo spezzare: sono iùoli di fango, eppure si vogliono tenere sulli altari: destano il riso la nausea o H disprezzo, eppure- si tollerano, non sappiamo se per codardia, 1 o per calcolo~ come Luigi XVI che fu tenuto per ùue-" anni nell'anticamera del carnefice di Parigi, e andò al patibolo, passando trionfante lJOChi mesi innanzi per la piazza eli Marte_, acclamalo salvatore della Francia, si vuole oggidi costringere l'Italia a trascinare ai suoi piedi un cadavere che pute e la inciampa. Di chi adunque la: colpa?. - Della monarchia. Fu la tiwnarchia, che soddisfatta dell'augusto regalo dr.I- }a Venezia, tentò con mano di ghiaccio di arrestare l'impeto irrompente della. nazione che correva alh ri~ross:-t 1li Cnstoza. M:-~lgrado gli sforzi eli Ilira.~.olL

-Gprr scuotere la frcùùezza del re e comprometterlo, matgraùo la minaccia a lui fatta: Sirel La corona d'Italia pesa più che quella del Piemonte, la monarchia inceppò, incatenò i movimenti di Cialdini, di Garibaldi, della flotta: sul fuoco dell'entusiasmo essa gettò r acqua della infingardaggine, della diffidenza, della inerzia: mentre 1'esercito arde d' impazienza di gettar~i sull'lstria c sul Trentino, h monarchia con orùini! contrordini, esitazioni lo costringe a fare una passeggiata militare umiliante attraverso alle città dòve non esistono austriaci: il quadrilatero rimane incolume, Venezia non è attaccata, l'Istria non si tocca, la flotta si manda ad impadronirsi d'un' Isola fortissima e inutile, e Medici entra nel Tronlino alla vigilia dell' armistizio ; dal 24 Giugno all' armistizio si aveva un mese di a~ionc libera c vigorosa , e questo mese fu impiegato a baLLere la testa di ponte di Borgoforte; e aù impaclroniesi delle ac~ que di Lissa. Li ozi eli Capua e la diffidenza del senato di Cartagine rovinarono Annibale: gli ozi di Ferrara o la diffidenza della monarchia rovmarono all' estero l'onoro d'Italia. L' unanimita della 8tampa italiana, nel qualificare di colpevole o di infame il procedere del gorerno è un fatto di gravo importanza: quanùo gli organi più temperati del paese giungono a parlare di tradimento di viltà di inettezza, e a condannare con robuste pro.. Leste il sistema; quando i municipi conservatori giun. gono a. fare delle intimazioni al re, che un' intimazio·

-7hc nobilo c superba è l' indirizzo del munlcjpio di Genova) bisogna pur cof.lchiudere, che il governo non ebbe nemmeno la precauzione di mettersi l~ masd•Pra. - Ma ,e questo governo che si oppone aHo s:'"1 .. ('io del pac ·c, che imbriglia i capi d eU' esercito. che a;~ fama i corpi volontari, che compromette l'onore d' Italia ~h i è egli·? Forse il gabinetto Ricasoli1 No: Y Italia sa quali furono gli sforzi del barone per spingere a un'azione piu audace: senza di lui non si sarebbe forse neppure occupato il Veneto: ce lo avrebbe consegnalo gcn tilmente la Francia. Quale è adunque qaesta forza ribelle misteriosa e onnipotente, che la vince sul voto unanime della nazione, sul voto dell' esercito, sul voto del ministero, sull' onore del paese? È il governo della monarchia: - che importava ad essa ' della maestà calpestala della nazione, dapoichè l'Austria aveva ceduto alla Francia un:altra foglia del carcioffo a lei destinato? Che importava al governo della monarchia dell' ira dol paese? Il governo della monarchia sapeva che la Venezia era sua, e poco gli caleva del resto: pen~a forse la meritrice, che il pane che mangia è comperato al prezzo della sua infamia? È questo un fatto cosi eloquen le, una lezione così severa, che l'Italia sarebbe indegna del nome ùi nazione civile se non comprendesse e l' uno e ì' altra. Da una parte sta unanime il paese, l'esercito, il ministero che vuole arditamente un·azione seria, vigorosa: dall' altra il goYcrno delln mon :n·c !Ji~ che Ynolc srcnderc a p'1 t li:

-8c la monarchia la vince su LuLii: la espressione tlcl !)Otere di un individuo c di una famiglia pesa più che H potere dell'intern. Italia: l'uno \ince i milioni. Dove è adunt1ue questo equilibrio tanto vantato dei poteri ùei sistemi costituzionali·? . ·Passiamo a una breve c succosa esposizione dei fatti: vediamo se noi affermiamo il vero: noli come sono a tutti , basterà accennarli: vi sono dci nomi e delle date, che tlicono .più di interi volumi: sono questi nomi c queste date che .noi evochiamo, ed é la Iora logica ine::>orabile che noi opponiamo aHa logica del poco scrviuoramc, che cercherà, con improvvìso voltafaccia, lenire . il ~so delle colpe del governo monarchico, non potenHole giustificare. La infelice c·ampagna dalla quale usciamo colle ossa peste~ c colla faccia livitla di sangue c di vergogna) va considera~ ta per maggior chiarczz11 nel suo insieme, e nei suoi episodi, nella sua sintesi, c nella ~ma analisi. È allora che noi vedremo scaturire due fatti della più alla gra - Yità, e che bastano da soli a condannare inapellabilrnente il vero, il solo autore della tragedia, alla quale assistettero trecento miia uomini in mezzo al fumo c al fuoco delle battaglie, e venti milioni di c1lladini , nelle cento ilaliche citta ! Osservando con uno sguarùo sintetico' l'insieme, il complesso della campagna, vediamo tutti essere fatalmen te, inesorabilmente.condotto da un genio malefico, da una mano ghiacciala che prima ancora dello ::;<·oppi•J delli.l guerra aYCYa fun~ c delcnniu;.l.tu le nw~~e ,

- 9 il numero delle battaglie, il giorno e le condli. ioni òef· la pace. Questa forza latente, questa mano ghiacciata, questo genio malefico è il goveeno della monarchia, ehe entrato in campagna, coll'idea prccon~etta di farsi tosto cedere il Veneto, (l'Austria lo arrcbbe ceduto '· anche die lro una seonfitta, come lo fece ùopo una vittoria) aveva.. per cosi dire, calcolato il nL1rnero delle cartucce che dovevano abbrucc.iarsi, risoluta ad accettare la pace appena offerta. L.. allro di tali fatti, che risulta dai diversi e sanguinosi episodi della campagna, è l'assoluta inscipienza dei generali della monarchia, c la grettezza stitica dell'organizzazione dell'esercito e della flotta. Il primo di tali fatti riguarda la volontà, il secondo la capadtà: nella volonta, o nelle intezioni, come meglio piace; H governo della monarchia ~i mostrò e~ goisla sino al ribrezzo, vigliacco Hno aU'abiezione: di fronle alla capacità si mostrò così diseredato d' ingegno, d'aver saputo far ridere l'c3tcro, anche sulle sanguinose giornale di Cnstoza e Lissa. Vigliaccheria ed impotenza, ecco i due estremi della condotta della monarchia nella recente camp3:gna. Basta soffermarsi anche leggermente ad analizzare di volo Ja genesi il principio, lo svolgimento e la fine della guerra, per convincersene senza esitazione. Lo spirito d'altronde con cui la monarchia si gettava nella guerra, fu fatto manifesto dallo sciagurato contegno del governo verso i volontari_, rappresentanti l ' elemento na.~ionale. c :"J i ignora l'ayversione biliosa,

- tost'iogata fin ùal principio, all'organizzazione tli quei ~orpi ero id, fiore dell 'itali@a gioventù c meraviglia del mondo"' che il governo osteggiò fin quasi alla vigilia della guerra'? Chi ignora che i volontari furono imposti dal paese, con pigl~o minaccioso, e che il governo li subì come una sciagura? Noi sappiamo positivamente, che ad Angelo Brofferio, stimolante Lamarmora all' accellazionc dei vod 1tari, si rispose: nta e non sapete che 20,000 volontari armati ci intttilizz.eranno lt-0,000 uomini di linea, elle dovramw sorvegliarlit Chi ig 10l'a, che incominJata la lotla c discesi fino a Bormio gli austriaci, i corpi volontari erano ancora parte a Varose, parte a Desenzano parte a Barlella, pri\'i eli scarpe, privi di camicie, privi di viveri e privi sopraltuto di buoni fucili e ùi artiglieria ? È questo lo slancio, è questa la lealtà, colla quale si muovo ad una guerra da giganti'? Gariùaldi, noi possiamo ::tcccrlarlo , sdegnato dal procedere del governo, ad un amico che gli ehiede\'a perchè si fosse creala una tale posi.zione, accettando senza condizioni il comando dci volontari, rispose : perchè souo stanco di vivere e voglio ;norire sul campo di batta.rylia. Noi abbiamo ricevute c.enlinaia di lettere dal carnpo dei volontari e centinaia di alLre ne abbiamo letto : nn solo era il grido, una sola l'accusa, un solo il la.. mento: sianw affamati, se1:tz' anmi, imbrigliati in ogni mossa. GOJ·ibaldi stesso non è per il got~ltO che un cat 1Jorale. Sono cose queste che fanno s4Hre il sangue al tcncllo c agli ocrh i: sono co~c che sofforano il tmorc.

't l Che cosa è çustoza? Vi fu chi qualificò quella bartaglia un equivoco: menzogna: Custoza è un delitto, e un delilto freddamente premeditato. L' m·rare, o co·· me si vuole, l' equivoco sarebbe troppo ·grossolano e condurrebbe ad ammettere l ' assenza totale del buon senso in tutti i membri del qu~rti~re generale supremo: Je posizioni erano conosciute: nel 1859 gli eserc.iti francesi e ilaliani le avevano studiate, e :wvicinate: si sapeva, che per gettarsi nel quadrilatero, bisognava avere almeno il coraggio di attaccarlo con quasi tutto il nerbo dell' esercito: si attaccò invece con una divisione, e mentre un attacco contemporaneo c rabbioso, ùal quadrilatero,_ dal Pù, nelle vaHi trentine e sul mare avrebbe potuto scuotere dalle fondamenla questo ammasso di bronzo igneo, che· si chiama Verona, Mantova, Peschiera e Legnago, si preferì invece andàre a dare la te.:;ta:nel solo quadrHatero con una divisione. Lo ripetiamo, l'errore è troppo grossolano, perchè possa essere uo errore: una causa ·piu grave, un movente più recondito deve aver generato Gustoza. A noi pare che l'interpretazione eli questo fatto non sia per nulla difficile. La monarchia sapeva che l'Au- ~tria, dopo una prima battaglia, vinta o perduta, avreb'\' he sonz' altro ccdutò la Venezia; l'onore delle arnti era salvo, e poteva farlo, senza compromettere la sua dignità di grande potenza; la monarchia sapeva anzi che tale cessione sarebbe stata fatta piu ·facilmente dopo una s~onfitta deHi italiani, che dopò una vittoria. La monatchia volle quindi offrire tosto b~t!aglia all 'An-

- 12stria, col minor numero di truppe possibile, p-oco importandole probabilmente di uscirne vincitrice o vinta~ essa sapeva solo che da quella baLLagli a scaturì va lacessione della Venezia, e la battaglia fu data. Ecco Custoza~ La cessione della V0nczia tenne dietro infatti a quel· la zuffa: le previsioni de~ governo, e della monarchia si rea.l;zzarono, cd essa stava per raccogliei·e il prezzo.' nefando della sna vitta: la monarchia sL:wa per accettare l'ignominioso mercato, quand: ecco Eorgere ad i m~ peùirlo una potenza, una potenza che non era entra~a nei cale oH preventivi dolb. monarchia, una potenza, colla quale per Yet·ità non si poteva celiare: questa potenza, che ruppe d' un colpo i progetti 0el principato italiano~ e che gli impecU di accetta1 e a prezzo di onta e di infamia il dono della Venezia, è il popolo italiano. Meraviglio.;o e commovente spettacolo ! Da un angolo all' altro della penisola non· risuonò che una sola parola, e quella parola era un rifiuto sdegnoso e crucciato del dono infame; era una maledizione alfa Francia imperiale, che· aveva potuto creder capace l' Italia di accettare la sua morte civile. La monarchia si 1rovò sconcertata., attonita, distrutta: quando essa credeva di toccare il lido, si trovò, come Ulisse, sbalzata di nuovo in mezzo alle tempeste: il contegno dell' italiani l'aveva trovata impreparata e sbalordita. Che fare? A quale delle due correnti abbandonarsi? A quella francese, che reclamava l'accettazione della pace e della Venezia, o a q'Iella del popolo italiano, che respingeva con isdr.gno il turpe conato? Tale era

- 13la po~izione della monarchia dopo Cn:;toza . ta: prima corrente conduceva all' ahdicaz ione, all' infamia, alle tradizioni di Carlo Il c Luigi XVI: la seconda conduceva a una guerra disperala, ma sublime. La monarchia non ebbe il coraggio nè di essere infame, iJUanto. lo. vo.leva la Francia, nè di essere coraggiosa € disinteressata, quanto lo voleva l' Italia: pensò di trovare il modo di obbedire alle esigenze della Francia, senza mostrare di disubbidire a quelle più imperiose della nazione: volle in una parola salvare le apparenze: lasciò che l' Austria ritirasse, comodamente e senza molestarla, il grasso della sua armata a Viettna, a coillbattere i vincitori di Gischin e di Sadowa. e sei giorni dopo che le città:. venete erano sgombre, O·rdinò a Cialdini di passare il Po. Era precisamente il caso di voler far credere di sf<mdare una porta gia dirotta dai cardini. ll periodo che trascorse dal 24 giugno al 20 lu - glio, dalla battaglia di Cuswza a quella di Lissa è forse il più. ignominioso periodo di storia italiana. Mentre da una parte U ·eserciti prussiani, scoppiantlo come la folgore! invaùono quasi tutta la Germania, occupano la Boemia, la Moravia, l' m·ciJucato d' Au - stria; mentre sotto i colpi delh spada prussiana le cervella dell' Austria schizzano in aria, e ManteufeLe Falkenstein prendono a calci Ja vecchia Germania· l' Italia as5iste al ridicolo spettacolo di un generale d' armata che alla testa di t 50 mila uomini, senza incontrar resistenza, occupa poche mi glia · quadrato

- u~ - nel Veneto. Lnigi Napoleone aveva probabilmente it. qualche leLI ora confidenziale al te ordinato di por fine alla guerra, c il governo della monarchia, astro minore eli Franr.in, ubbidisce. Un urlo generale di im- . precazioni i alza da Torino a Palermo, e il governo risponde ('hO diciasette mila . palle furono scaglia· te contro la testa di ponte di Borgoforte. Lo sdegno dell' ilaliani tocca la vertigine, minaccia rompere a vie di fatto, e il governo della mùnarchia risponde, che le truppe di Cialdini CACCIANDO DAVANTI A A SE GLI AUSTRIACI hanno posto il loro quartiet· generale a Padova: la vertigine si trasforma in nausea e h nausea in bestemmia, e il governo risponde, che Cialùini ha occ'Upato Treviso. Tale è l'antitesi sciagurata detl'llalia da una paele, della Pru3sia daH' altra. Nulla nllncava ormai, perchè l ' opara codarda c diss·olvente della monarchia fosse compiuta, e perché il più nobile popolo della terra fosse fatto oggetto di legittima dìlfidenza ùa parto della. Prussia, e di sarcasmo atroce da parle dell' Europa. A coronare l' edificio giunse porò ben presto anche la notizia. dellà miseranda catastrofe di Lissa, dove poche o sdruseite na\'i austriache calano a fon.. do due legni da guerra italianì, ricaccia.no ad Aeco· 111 la {ormida'Jile flotta, perdendo solo da cinquanta a sessanta uomini e procurando al vintm ammiraglio di Helgoland il titolo di duca di Lissa. Noi abbiamo chiamato Custoza un delitt01' quale appellativo per questa catastrofe navale? Che cosa è Li ssa? L i :-;sa è ww viltà l

- 13 Abbiamo noi bisogno ùi dìchiararc ~hc r epopea sanguinosa del Palestro, c l' ero1smo di tutti i legni ricordò i tempi .più eroici di Roma , di Cartagine~ di Grecia, di Fenicia ? Abbiamo noi bisogno di dichiararD, che chiamando Lissa una suprema viltà, intendiamo rifcrirlo al comando supremo della flotta, e quindi non al solo Persano) ma al governo della Monarchia, che volle sempre tener celate le vergogne del nostro ministero della marina., temend{) che levandone il velo, ne uscisse tale fetore da ammorbarne anche la reggia? Fu detto da molti pubblicisti, amici miei, che la monarchia si era scavata la tomba in Aspromonte: é. un error~ dalle rupi insanguinate delle Calabria, la m o· narchia s~ese più forte di prirna. Garibaldi, dalla immensa maggioranza del p·aesc era ·considerato come rib~lle alle leggi fondamentali deUo Stato, e lo era in realtà. C()n qual logica poteva egli f::~r guerra alla monarchia., che lo bandiva pubblico nemico, ~crivendo sulla SLn bandiera il nome della monarchia? Credera> o non erodeva Garibaldi alla lealtà del principato italiano ? Si ? E allora dov3va c:ecamente fidare in lui, e res1arscne a Caprera a pescar coralli, a piantar cicDria. - No ? c allora percltè iniziare l'impresa di Roma, in nome della monarclJin, che voleva st.orpiado '! · La monarchia adunque ben foce a debellarlo, e meglio avrebbe fatto, parliamo ·dal punto ùi vi sta go , Yernatiro, a farlo impiccare come rihelle. Dirc!llo di più : twn solo ~td .\~vromoul e li.L lllOlEtr-

- ·f6" - . t'hia nou si :;cavò la tomba, ma non 13 scavò ncp· pure a Cusloza c a Lissa. Sui campi di Custoza e a Lissa fece naufraggio la fama usurpata di qualche generale e di qualche ammiraglio, ma non la monarchia. Non è col fare, sia pur male, ehe la n1onarchia ha cessato di esistere di diritto in Italia: fu per non ater {atto che essa si uccise. La monarchia si è affilata la mannaia, col condannare vigliaccamente un esercito, balùo di forza e d'ardire, a rimanersene per Io spazio· ùi un intero mese, inerte spettatore, colle armi al brac· cio, della stupenda epopea prussiana, mentre erano manifesti i tranelli che la diplomazia andava tendendo all'Italia. Possiamo ingannarci, ma crediamo fermamente che i giorni della monarchia sono oramai numerati. .La questione di Roma che si avanza minacciosa e feclama imperiosamente una soluzione, sara forse il scgna~e dello sfacello di un' istituzione, che disonora oramai la nazione italiana, che alla prova non ha saputo mostrare che impotenza, vigliaccheria, calcolo e infamia.. 783

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