Paul Ignotus - La responsabilità degli intellettuali

TESTIMONIANZE PAUL IGNOTUS La responsabilità degli intellettuali ALIANA PER LA LIBERTÀ DELLA CULTURA

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PAUL IGNOTUS ' LA RESPONSABILITA DEGLI INTELLETTUALI ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA LIBERTA DELLA CULTURA BibliotecaGinoBianco

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Che cosa intendiamo per « intellettuali? » Si tratta forse di una classe sociale? Oppure di una co1nunità forn1ata da un certo nu1nero di famiglie il cui sostegno economico è dato da persone fornite di una laurea o almeno diplo1nate? Quando si parla di intellettuali in senso generale, si pensa, per solito, a una comunità di questo tipo. Quanto a me, nel porre questo problema della responsabilità, ho la mente piuttosto a una certa famiglia spirituale. Beninteso, non si tratta di fare astrazione dalla professione o dagli studi seguiti dagli interessati. ì\fa questi elementi non bastano per giungere a una definizione. Sono intellettuali: 1) lo scrittore, l'artista, lo scienziato; 2) la parte del gran pubblico particolarmente sensibile alle arti, alle lettere, alle scienze e che a queste si interessa; 3) in quest'ambito, coloro soprattutto che si appassionano alle questioni d'ordine generale riguardanti la filosofia, la 1norale, la vita pubblica, nonché le concezioni che investono ra1ni diversi del5 B1bliotecaGin0B ianco

l'arte e del sapere; 4) infine, e non da ultimo, coloro che sono capaci di parlare di queste cose in modo organico coerente. Il problema di stabilire chi sia veramente intellettuale si risolve generalmente dàvanti a un tavolo da caffè. Può sembrare questo, un procedi1nento frivolo o da romanzo. Tuttavia, le cose stanno così. D'altronde, la faccenda non è tanto indecorosa come potrebbe sembrare. I mercati e i bagni pubblici del mondo antico che i collegiali di oggi sentono rnagnificare ogni giorno, erano appunto il teatro delle più sottili disquisizioni e insieme del pettegolezzo irresponsabile o dei bassi intrighi. Socrate, se fosse vissuto a Parigi nel 1930, sarebbe stato senz'altro una colonna del Café du Dome. Tuttavia, egli ha fornito un ese1npio ben eloquente di superiorità intellettuale, di un certo ascetismo ed anche di quell'atteggiamento di responsabilità 1norale che deve distinguere appunto gli intellettuali. E ciò ha fatto al mercato, ai bagni pubblici, ai banchetti, non meno che sul campo di battaglia, in prigione e davanti alla morte. Da questo punto di vista, il problema dell'intellettuale non differisce sostanzialmente da quello dei comuni mortali. L'intellettuale è colui ·che parla ed anche « conversa » in luogo degli altri. Nel testimoniare sull'umanità o sull'onestà, egli 6 BibliotecaGinoBianco

considera, beninteso, non soltanto i suoi propri interessi, ma anche quelli degli altri. Egli aspira a un mondo nel quale vi sia meno sofferenza, meno menzogna e meno bassezza. Un mondo nel quale egli possa - e in ciò è un'esigenza primordiale - usare liberamente i suoi mezzi per raggiungere questo ideale. Il suo mezzo prediletto è l'espressione scritta o parlata. Se qualcosa è per lui più importante che per gli altri, questo qualcosa è la libertà di opinione. Devo dire che occorre un certo coraggio per affermare una cosa del genere : il coraggio di far proprio un luogo comune. Colui che afferma qualcosa che tutti sanno, si espone facilmente, soprattutto fra gli intellettuali, al ridicolo e alla denigrazione. Per quanto riguarda la libertà di opinione, è evidente che il rischio del ridicolo, oggi, è assai minore che trent'anni fa. La gioventù colta degli anni intorno al 1920 ·avrebbe considerato una rivendicazione del genere come qualcosa di antiquato e addirittura di cattivo gusto. Ma in seguito, molte cose sono accadute che hanno dato ragione agli uomini che a quel tempo, rimasero ~edeli a certi valori cc vieux jeu ». Non è giusto, tuttavia, gettare la croce addosso alla gioventù colta di allora. Il sorriso di commiserazione con cui essa rispondeva a quelli che si ostinavano a parlare di libertà 7 BibliotecaGin0B1anco

di opinioni era la reazione a un processo di evoluzione europea e arnericana che durava da un secolo e 1nezzo, ed anche una critica. Questo processo si estende dall'affermazione dell'enciclopedismo e dall'affermarsi delle aspirazioni americane all'indipendenza, fino al famoso « venerdì nero » della Borsa di New York nel 1929, sul finire, cioè, del terzo decennio del secolo. Orbene, io sono convinto che questo periodo di centocinquant'anni ha fatto di più per il bene dell'uomo che non ciascuno dei 1nillenni che lo hanno preceduto; e ciò"in ogni campo. Nla è anche certo tuttavia che questo periodo ha prodotto nel mondo molti fenomeni sco~ raggianti, spaventosi o più semplicemente nauseabondi. Esso ha creato città tentacolari di una bruttezza ripugnante, nelle quali era difficile stabilire se fosse più sconcertante lo spettacolo di bambini rachitici e cenciosi che giocano a palline per vicoli 1naleodoranti, oppure lo sfarzo impudico dei cc nuovi ricchi », parvenus dell'industria e del comn1ercio. E via via che avanzava la liquidazione dell'analfabetismo, un'aìtra specie di analfabetismo si _espandeva nel dorninio stesso della letteratura, annegando l'u1nanità in un mare di pagine di stupidità stan1pate, al cui confronto i racconti per l'infanzia o i rniti religiosi potevano apparire cristalli purissimi, sfavillanti non solo di nobiltà 8 BibliotecaGinoBianco

/ e bellezza, ma persino di rigore scientifico. Il personaggio tipico di quest'epoca è il filisteo illuminato e liberale da Flaubert 1nagistralmente scolpi- · to nel suo cc Nlonsieur Ho1nais·». Chi non avrebbe indietreggiato davanti a ciò che costui considerava co1ne cc la Libertà »? La paura e il sospetto erano tanto più legitti1ni quanto più la faccenda fosse riguardata con vero spirito di libertà. Più tardi, anche Anatole France doveva prendersi gioco -- per bocca dei suoi eroi - di quella libertà che permette a ciascuno di trattare di cose che non conosce e di quella specie di eguaglianza che non perinette né ai ricchi né ai poveri di dormire sotto i ponti. È incontestabile che l'indi~ferenza verso la miseria era caratteristica di .tutti i campioni del progresso borghese. Ma un giudizio ancor severo deve essere dato per ciò che riguarda l'indifferenza relativa ai mezzi impiegati nella lotta contro la miseria. Robespierre aveva vietato l'organizzazione degli operai con il pretesto che ciò avrebbe li1nitato la loro libertà individuale e, per la stessa ragione, uno statista e storico inglese, per altri versi intelligente e di idee progredite, si opponeva alla gio~nata di otto ore. E quando ciò non fosse bastato a un giovane d'ani1no aperto e delicato per considerare quanto 1neno con sospetto ogni rivendicazione di libertà, la più grande crisi economica 9 • BibliotecaGinoBianco

della storia, della quale ho detto - e che vide milioni di disoccupati e lo scempio di carichi di caffè gettati in mare - doveva incaricarsi di dare al quadro il tocco decisivo. A torto o ragione (ma senza dubbio non del tutto a torto) la responsabilità dell'insieme di quei fenomeni veniva attribuita alla economia capitalistica fondata sulla libera concorrenza, men tre la libera concorrenza economica - del tutto a torto, ma in modo comprensibile da un punto di vista psicologico - veniva identificata con la libertà di pensiero. Era il tempo nel quale un giovane moderno, allorché gli accadeva di riflettere un po', si sentiva obbligato a mostrarsi avversario della libertà. Poiché, per divenirne invece l'assertore, egli avrebbe dovuto riflettere molto, molto di più, o addirittura prevedere gli eventi. Da quell'epoca in poi abbiamo scoperto (meglio: gli habitués di tutti i caffè del mondo avrebbero potuto scoprire) che il signor Homais aveva ragione. La libertà, vale a dire la libertà d'opinione, non è tutto. l\1a, senza la libertà di opinione, nulla ha valore. La libertà individuale senza la organizzazione sociale dell'economia è poca cosa; l'organizzazione sociale dell'economia senza la libertà individuale è meno di niente. Un socialismo che non è controllato dalla moltitudine degli individui liberi non sussiste. Inutilmente questo tipo IO BibliotecaGinoBianco

di socialismo rende lo Stato padrone della fabbrica quando poi lo Stato diventa proprietà di una esigua m~noranza di privilegiati. Né impo~ta che tut.:. to ciò avvenga in nome della razza, della nazione · storicamente intesa, del re che governa per grazia di Dio o della classe operaia che regna per mandato della « necessità storica ». La verità è che a noi non è n1ai accaduto di vedere un Dio o una classe - operaia che abbiano preso posizione in favore di una dittatura, e se la cosa può apparire forse discutibile per quanto riguarda le intenzioni di Dio, non altrettanto può dirsi per ciò che riguarda la classe operaia. Il che abbiamo veduto di recente nel 1nio paese, l'Ungheria. ' Sta di fatto che coloro i quali denigrano la libertà di opinione non avrebbero potuto accusare una smentita più eloquente di quella offerta dai fatti di Ungheria. Più di una volta ho inteso miei amici liberali, tolleranti e intelligenti, tenermi questo discorso: « È evidente che per noi intellettuali la libertà è un elemento vitale. Ma per quale ragione, la stragrande maggioranza degli. uomini dovrebbe curarsene? Come si può pretendere che un contadino ancora semiselvaggio, superstizioso, intellettualmente arretrato le attribuisca un'importanza qualsiasi? E, soprattutto, perché mai gli operai delle fabbriche abituati all'azione collettiva 11 BibliotecaGinoBianco

della lotta di classe, dovrebbero preoccuparsene? È il salario che conta per essi, e non certamente la libertà. Questi gli argon1enti. E in essi c'è una verità: che agli operai il salario interessa in modo particolare. Forse - e tengo a sottolineare questo « forse » -- il salario importa all'operaio più di ogni altra cosa. i\Ia l'operaio, quando già non lo sapesse, ha avuto 1nodo di apprendere fra il '49 e il '53, anni dell'apogeo della dittatura staliniana in Ungheria: che la perdita della libertà di opinione, comporta, presto o tardi il ribasso del suo salario. Esaminare in che modo, in che 1nisura e in quali circostanze i salari diminuiscono è una questione che mi porterebbe troppo lontano. l\!Ia il fatto è che più gli operai cc esercitavano » una dittatura implacabile e più essi erano sfruttati. La soddisfazione di pensare che a sfruttarli non era un'impresa capitalistica, bensì un'oligarchia statale e politica imposta dallo straniero non era che una pia consolazione. l\!Ia anche a voler fare astrazione dal crollo dei salari e dalla depressione del livello di vita, si è capito in Ungheria che, per l' operaio la schiavitù nella quale la dittatura lo precipitava, era altrettanto insopportabile ·che per l'inteltuale tendenzialn1ente anarchico, per il piccolo borghese o per il piccolo agricoltore tenacemente individualista. Si è finito per riconoscere che, rinun12 BibliotecaGinoBianco

ciando ai diritti della· critica politica, si rinunciava anche a ogni libera manifestazione - libera e sorridente - della vita-individuale e familiare. Un tempo era ancora possibile im1naginare « tirannie illuminate » o « assolutismi liberali ». Ma, allo stato di evoluzione della tecnica moderna, l'alternativa fra dittatura totalitaria - una dittatura che investe ogni momento della vita privata e penetra nei più segreti recessi delle alcove - e democrazia non può essere elusa. Colui che· ha vissuto negli anni contrassegnati dal regno di Hitler o di Stalin sa perfettamente che cosa significassero gli applausi cadenzati in onore dei capi elevati al rango di idoli, gli svaghi collettivi, il tempo libero organizzato, che cosa significasse infine un sistema nel quale· l'istitutore esorta i fanciulli a spiare i loro genitori. In quei paesi e fintanto che duri una simile·- condizione, l'élite intellettuale e le grandi masse non possono avere aspirazioni più urgenti della tutela di quegli stessi diritti dei -quali gli spiriti progrediti ed illuminati di trent'anni fa erano indotti a sorridere. Il li48 è, oggi, più attuale che mai. L'umanità, grosso modo, ha ricevuto le due lezioni fondamentali su questa verità. La prima è stata la lezione fascista; la seconda quella comunista. Al ten1po dell'espansione del fascismo tedesco 13 BibliotecaGinoBianco

e segnata1nente dopo i fatti della guerra di Spagna, le persone dotate di una certa finezza n1orale ed intellettuale hanno cominciato a comprendere co- -sa volesse dire la perdita della libertà non soltanto per l'artista e per le sue civetterie antiborghesi, ma anche, e in grado superiore, per quel proletariato che, secondo il memorabile detto di Enghels e di Marx, non avrebbe nulla da perdere se non le sue catene. La classe operaia spagnola se ne rese ben conto e lo stesso accadde in gran parte per la classe operaia francese ed inglese. Per quanto riguarda gli operai italiani e tedeschi, buon numero di essi possono essere st~ti ingannati da una prosperità fittizia dovuta al ·riarmo, ai successi militari, agli "slogans" della propaganda e alle sfilate; 1na anche per loro il risveglio non era lontano. Dobbiamo essere obbiettivi e dobbia1no riconoscere che i comunisti hanno avuto una parte considerevole in questo lavoro di disintossicazione delle masse. E fra questi, gli adepti della infallibilità staliniana, gli agenti e i pappagalli della dittatura eurasiatica si trovavano in pri1na linea. Erno Gero, del quale forse conoscete il no1ne e che, accanto a Rakos.i, era l'agente più intraprendente della dittatura staliniana in Ungheria, nella sola ed unica conversazione che ho avuto con lui, 1ni disse personalmente, scandendo ogni parola: cc I russi sono diventati 14 BibliotecaGinoBianco

1naestri nell'arte degli improvvisi voltafaccia ». Questa è una verità incontestabile. Negli anni intorno al 1930 i Russi hanno scoperto, effettuando una svolta improvvisa, l'importanza delle libertà e hanno inaugurato la politica dei fronti popolari. Quali si fossero le loro preoccupazioni tattiche, _ dobbiamo riconoscere che essi vi si impegnarono con coraggio e fermezza e che, d'altra parte, essi hanno avuto ragione di agire in tal modo. I portavoce della verità ufficiale spiegavano ai teorici comunisti o anarchicheggianti, divorati dagli scrupo- - li, che fin quando non fossero assicurati le libertà e i diritti dei cittadini, non c'era da illudersi di alcun possibile progresso sociale. Quanto al fascismo, mentre faceva appello alla potenza delle vecchie caste privilegiate e agli istinti degli oppressi di se1npre, si compiaceva nell'attribuire a se stesso la missione di un movimento socialista moderno e rivoluzionario. Ora, i bolscevichi, aln1eno {ino al 1939 e cioè fino alla famosa stretta di mano fra Stalin e Ribbentrop, non cessarono di accusare, con notevole perseveranza, il fascismo internazionale di tutta una serie di crimini di cui vi risparmio l'enumerazione, dichiarando nel contempo che uomini capaci di così barbariche gesta non avrebbero mai potuto operare nel senso del progresso umano. Essi non avevano timore di procla15 BibliotecaG1noBianco

mare che uon1ini di stato come Gladstone, Gambetta, Kossuth, Cavour, Garibaldi, Mazzini erano da considerare assai più progressisti di Hitler o di Mussolini. Questi comunisti non avevano timore di apparire « vieux jeu » allorché si richiamavano al retaggio spirituale del Ij48. E avevano ragione. I comunisti non si ingannavano (io parlo naturalmente di quelli che avevano finito per credere agli « slogans » della loro stessa propaganda) se non in quanto essi pensavano che tutte queste · verità ·fossero valide solamente contro i pericoli di oppressione che vengono da destra. In seguito ab- ·biamo imparato che una dittatura che si richiama alle parole d'ordine di sinistra può praticare l'oppressione nazionale, il genocidio, lo sfruttamento e l'irregimentazione delle 1nasse né più né meno di una dittatura di destra... Inutile aggiungere ch'essa è capace egualmente di versare il sangue e di ridurre al silenzio l'avversario. Senza dubbio, la 1naggior parte degli intellettuali comunisti lo hanno sempre saputo, come io stesso lo sapevo; né cerco di nasconderlo. Pur essendo alquanto lontano dal comunismo, io ero fautore del fronte popolare. Non era affatto un segreto per noi che il regi1ne bolscevico era fertile in fatto di drammi collettivi. lVlapersino la maggior p~rte degli avversari furono sorpresi di vedere che attraverso i 16 BibliotecaGinoBianco

drammi collettivi questo regime nella sua evoluzione, prendeva una piega so1nigliante a quella del fascismo. Durante il periodo nel quale il bolscevis1no non conosceva più alcun freno - periodo che del resto coincideva con gli ultimi anni della vita di Stalin - la redenzione del mondo alla maniera dell'estrema sinistra somigliava stranamente a quella offerta dall 'estren1a destra. Nei paesi dell'ovest non ci si rende conto che il comunismo significa in pratica, la persecuzione dei comunisti e soprattutto degli intellettuali comunisti. Durante il regi1ne Rakosi molti scrittori e intellettuali comunisti venivano torturati a morte nelle prigioni. Anche adesso molti scrittori con1unisti sono in prigione (l'eminente romanziere Dery, il drammaturgo Hay e il poeta Zelk sono, fra essi, i più noti), benché non si possa negare che, in linea generale, l'attuale governo ungherese non è più così intollerante e tirannico, nelle questioni dell'arte e della letteratura, come i governi precedenti, al tempo della dittatura culturale di Zdanoff. Fra gli scrittori non comunisti ve ne sono alcuni . di valore verso i quali il Governo si è dimostrato generoso. Per esempio, lo scrittore Laszlo N émeth, artista 1nolto dotato e coraggioso, che non è mai stato comunista e nemn1eno uomo di sinistra, ha ricevuto in questi giorni dal governo di Budapest il pre17 BibliotecaGinoBianco

mio Koussuth, che costituisce uno dei più alti riconoscimenti. Per far apparire questa decisione in armonia con il frasario della macchina propagandista del governo ungherese, la stampa comunista magiara ha dichiarato che nel numero rivoluzionario della Gazzetta Letteraria (Irodalmi Ujsag) l'articolo di Németh era il solo contributo ineccepibile. Questo vi può interessare tanto più che sulla rivista « Rinascita » del marzo 1957 il sig. Togliatti ha criticato aspramente questo numero ed ha menzionato espressamente l'articolo di Németh come il peggiore di tutti. È un vero peccato che i comunisti ungheresi non si siano preoccupati di render nota al camerata Togliatti per tempo la loro decisione di onorare questo distinto scrittore ungherese. Gli avrebbero potuto risparmiare la pena di sconfessarlo per difetto di informazione. Destra e sinistra: c'è una differenza fra queste due parole? E quale? Io rivolgo questa domanda soprattutto ai miei amici italiani e francesi che, n1i sembra, sono pur sempre soggiogati dal fascino della parola cc sinistra ». Io non saprei farne loro un addebito, poiché, lo ripeto, sebbene sempre lontano dal bolscevismo, e in generale dall'estrema sinistra, io stesso ho subito più di una volta il fascino di quella parola; e ciò soprattutto al tempo nel quale le forze di estrema destra infierivano. 18 BibliotecaGinoBianco

E, senza voler passare per infallibile (potrei parlare, nonché una mezz'ora, un'intera giornata dei miei possibili errori), debbo dire che avevo ragione di lasciarmi affascinare. Destra e sinistra, in politica, son termini molto recenti; essi datano, se non sbaglio, dalla rivoluzione francese. Precedentemente, la destra in Inghilterra, significava semplicemente il partito governativo, la sinistra l'opposizione. Dopo la rivoluzione e per circa un secolo e mezzo, la distinzione fra i due termini è rimasta assai netta: la sinistra reclamava un progresso rapido e preciso sotto il segno della libertà individuale e attraverso l'eguaglianza dei diritti e delle fortune. Adesso, il fascismo italiano e il socialis1no detto da Hitler « nazionale » hanno creato una completa confusione falsando i significati tradizionalmente attribuiti a quelle espressioni. Questi movimenti sommergevano la società civile grazie a un dinamismo rivoluzionario di passioni collettive manovrate e tentavano di imporre al n1ondo intero delle forme di vita degne soltanto di tribù barbariche o di vecchie caste sclerotizzate: tutto ciò grazie a un certo equipaggiamento tecnico e a certe formule di organizzazione moderna. Io mi asterrò dal parlare a coloro chesono stati completamente travolti da questa torbida corrente. Sarebbe sterile impostare una discus19 BibliotecaGinoBianco

sione con i fascisti. Ma non sarebbe inutile forse ricordare coloro che, dati i due feno1neni paralleli, bolscevismo e fascismo, ne avevano tratto la conclusione che fra i due non c'era in realtà alcuna differenza. Alcuni di loro, come Ortega Y Gasset, li respingevano a1nbedue senza distinzione. Altri, come numerose personalità tedesche o, per esempio, il belga Henri de Man che, al suo esordio se1nbrava dover diventare un i1nportante pensatore del socialismo, accettavano l'idea di un'Europa fascistizzata come un'altern_ativa sopportabile per gli europei del mondo rivoluzionario comunista. Voi tutti ricordate senza dubbio il vecchio capo co1nunista francese divenuto cc capo hitleriano » e i vecchi dirigenti sindacalisti entrati a far parte dello stato maggiore politico di Pétain. Poco importa di sapere se essi fossero in mala fede (quasi tutti, senza dubbio, lo erano, ma un uomo in mala fede non sa necessariamente di esserlo), ed anche costoro potevano facilmente persuadersi che, partecipando alla crociata antibolscevica, non facevano altro che servire le stesse idee un tempo professate con entusiasmo su posizioni di estrema sinistra. E durante i primi anni di guerra non mancarono degli scrittori - fuori dei territori caduti sotto il dominio hitleriano -, come ad esempio J ohn Burnha1n, scrittore pieno di idee che danno 20 BibliotecaGinoBianco

da riflettere e dotato di un'eloq1:1enza insinuant~, che ravvisavano sia nel bolscevisn10, sia nell'hitlerismo, sia nel 1nussolinis1no sia nel Ne"' Deal alla Roosevelt, delle rivoluzioni di managers. Gli osservatori della sua specie consideravano d'altra parte ccme evidente la rnancanza di ogni differenza fra destra e ·sinistra. Avevano .ragione? A quel te1npo certamente no. Sarebbe stato un errore grossolano accettare le pretese di egemonia mondiale formulate sotto le direttive di Hitler come una proiezione sia pure molto deformata dell'aspirazione delle masse alla elevazione del livello di vita e al progresso sociale. D'altra parte, un rifiuto 1notivato dallo stesso principio non sarebbe stato più valido. Considerare il fenomeno Hitleriano co1ne una « rivoluzione » sarebbe stato un vero attentato contro tutto ciò- in cui vale la pena di credere nell'ambito del progresso, del 1niglioramento delle condizioni di vita, delle riforn1e del regin1e econo1nico e della mobilitazione delle nuove forze sociali. Finché il inondo non fosse liberato dall'incubo dell'egemonia totaìe, sarebbe stato non solo teoricamente falso, ma anche pericoloso perdere di vista il carattere reazionario del 1novimento e dei suoi seguaci. Non era più il caso, naturahnente, di fermare l'attenzione sull'atteggiamento di quei conservatori 21 BibliotecaGinoBianco

« vieux jeux » che, a parte qualche eccezione degna di tutto il rispetto, facevano prova di una troppo generosa tolleranza verso questa variante di destra della « rivoluzione ». Essi, d'altronde, avevano le loro ragioni, o meglio degli argomenti scambiati per delle ragioni. Questa rivoluzione era come una vendita di beneficenza che permetteva loro di conservare gli antichi privilegi; così almeno speravano. ~1a tutto ciò portava il marchio dell'oppressione del popolo; e in ciò si rivelava lo spirito vero di questa rivoluzione. A quel tempo c'era effettivamente una grossa differenza fra la sinistra e la destra, e quelli che lo negavano avevano indubbiamente torto. Oggi le cose andrebbero riguardate in modo diverso: in ogni caso, l'errore di quegli uomini sarebbe men grave. Lo schieramento delle forze sociali e delle idee che caratterizzavano la nostra storia, dalla decomposizione dello stato feudale fino al tentativo fascista dì egemonia mondiale si è modificato. Il fascismo ha fallito. Io non pretendo che abbia fallito definitivamente e in modo così categorico come noi avremmo voluto. Più d'una delle sue conquiste stupefacenti è ancora vivente sia negli spiriti sia in determinati apparati statali. Il fatto che il razzismo « ariano » possa ancora trovare libero corso nell'Africa del Sud e che in Spagna 22 BibliotecaGinoBianco

sia sempre il gauleiter di Hitler e di Mussolini a tenere le redini del potere, è sufficientemente disgustoso. lvia non c'è dubbio, d'altra parte che si tratta di fenomeni loèali~ per quanto disgustosi, appunto, possano apparire. Il fatto è che né la falange né il razzismo dei boeri minaccia di espandersi sul resto del mondo. D'altr~ parte, certe teocrazie e certi feudalesimi tradizionali, il cui numero del resto è n1olto diminuito, si incamminano a vista d'occhio verso la loro liquidazione. Giorno per giorno, il grosso capitale industriale va perdendo il suo carattere privato per integrarsi nelle i1nprese più o rneno statalizzate, nei grandi monopoli di Stato. Io non voglio porre qui la questione se, ed in qual caso, questo fenomeno sia un bene od un male, e in quale caso si tratti di una conquista sociale e in quale caso invece del contrario. Io n1i li1nito a constatare che si tratta di un fenomeno universale verificabile in tutte le comunità tecnica1nente progredite. Secondo la teoria di Burnharri, non si tratta più di capitalisn10. Tutto dipende evidentemente da ciò che si intende per capitalismo. Certo è che, se si fosse dovuto descrivere nelle sue grandi linee-, cinquant'anni or sono, il sistema di· imposte, la legislazione del lavoro, la politica della produzione e del commercio di una qualsiasi delle grandi potenze attuali, molte qualificazioni si 23 BibliotecaGinoBianco

sarebbero potute escogitare al riguardo, tranne quella di cc capitaljsta », nel senso, s'intende, del capitalismo privato. Così dunque, non soltanto il tentativo fascista di conquista del mondo è penosamente fallito, ma noi vediamo anche sfaìdarsi il privilegio sociale e finanziario, familiare e privato che, la sinistra liberale dapprima e quindi il socialismo, si erano prefissi di abolire. Nella lotta contro il feudalesimo, il capitalismo e il fascismo, la sinistra ha riportato una vittoria storica. -E qui sarebbe certa1nente gradevole poter concludere che ormai non è più il caso di temere, per l'un1anità, la 1ninaccia delle oligarchie, dei tiranni e di quello spirito retrivo e barbarico che toccò, sotto Hitler, il suo parossismo. Purtroppo, invece, un simile timore è del tutto attuale. Una moltitudine di feno1neni angosciosi e terrif~canti pesa sull'umanità. I progressi vertiginosi delle scienze naturali e dalla tecnica da una parte e, dall'altra, la rivalità e l'irresponsabilità di coloro che detengono i poteri politici econo1nici e 1nilitari creano per l'umanità una situazione di pericolo al cui limite si trova non soltanto l'oppressione, 1na addirittura lo sterminio. I privilegi individuali aboliti nelle aule dei parlan1enti rientrano per le anticamere mi24 BibliotecaGinoBianco

nisteriali con rinnovata cupidigia, sotto la forma dell'autocrazia di Stato. Gli ideali i cui seguaci avevano ed hanno quasi diritto di considerasi su posizioni di sinistra sono più che mai esposti ad ogni sorta di offese e di . minacce. Non sembra, tuttavia, potersi affermare che queste offese e queste minacce siano opera esclusiva delle potenze contro le quali la sinistra si è battuta fino ad oggi. Noi possiamo designare il pericolo rnondiale che inco1nbe con il nome di neodestra o neo fascismo, ma allorché vogliamo conoscere la provenienza non possiamo trascurare che il prefisso « neo » sta ad indicare appunto una « nuova forma ». È difficile nascondere il fatto che fra le forze di questo n1ovimento si trovano certe potenze e certe passioni che, nella vecchia terminologia sarebbero state qualificate di cc sinistra ». È ben vero che sotto gli auspici di :NiacCarthy un neo fascismo si è lanciato alla conquista del potere e che per poco non ha raggiunto lo scopo. Ma è vero altrettano che una sorta di fascismo - o se si vuole un fascismo d'altra sorte - si è installato nell'Unione Sovietica durante gli ultimi anni del regno di Stalin, quando si potevano riscontrare in questo paese, oltre lo sterminio di intiere comunità, la persecuzione nazionale e razziale, le manife25 BibliotecaGinoBianco

stazioni di un nazionalismo esasperato fino alla venerazione quasi superstiziosa della gerarchia, insomma la disuguaglianza sociale e, in una parola, tutto ciò che rende intollerabile ad un uomo di sinistra, un ordine di estrema destra. Se è vero che nell'oppressione, nella persecuzione, nella segregazione dei popoli di colore si possono ravvisare dei tratti che ricordano stranamente il costume fascista, è anche vero che queste masse gialle o brune o nere, raggruppate al seguito di certi Bonaparte locali e pieni di odio nazionale e razziale, aiutano i loro padroni a trarre partito dalla congiuntura economica e militare e imboccano la strada del neo-fascismo! Mi troverei a disagio a dover stabilire in che modo è di destra o di sinistra il Colonnello Nasser il quale, dopo essersi impadronito del potere, con metodi rivoluzionari, tenta d'imporre la sua volontà a certi popoli, grazie all'alleanza con potentati arabi ancora schiavisti e il califfato moscovita del marxismo-leninismo, e intanto sorride ai magnati del grande capitale americano. Certi uomini di sinistra e una parte considerevole delle genti di colore si volgono a lui con simpatia, con il pretesto che quest'uomo, bene o male, ha riscattato un popolo coloniale. E . questo consenso, nei suoi risultati, potrà rivelarsi non meno fatale dell'indulgenza manifestata da cer26 BibliotecaGinoBianco

tuni verso gli orrori dell'hitlerismo, con il pretesto che i tedeschi avevano diritto di mostrarsi indignati per l'iniquità delle clausole del trattato di Versailles. In che cosa, tutto ciò che son venuto dicendo, si riallaccia al problema della responsabilità degli intellettuali? In questo: che tutto ciò riveste una importanza universale e fa parte della situazione mondiale che gli intellettuali hanno il compito di comprendere e di spiegare pri1na di chiunque altro. Ciò vale soprattutto per gli intellettuali di sinistra, fra i quali, se me lo consentite, pongo me stesso. Qualsiasi malinteso ne possa derivare, non dobbiamo constatare e proclamare i cambiamenti che si sono verificati, durante gli ultimi dieci anni, nell'interpretazione delle parole cc destra » e cc sinistra ». Noi abbian10 anche il compito di fare intendere. agli altri che il carattere dell' oppressione e dello sfruttamento non cambiano affatto di pari passo con la relativa giustificazione ideologica o con il colore della pelle degli sfruttati. Noi dobbiamo sforzarci di far capire tutto ciò a coloro che si trovano nelle stesse nostre condizioni di spirito e non soltanto a Londra, Parigi, a Ne'\-vYork e a Roma, ma anche a Bombay, a Changai, a Tokio e al Cairo, -- a questi ultimi soprattutto. In fine e non da ultin10, occorre assolvere questo com27 81bliotecaGinoBianco

pito nei riguardi di quelli che vivono a Mosca. È possibile che essi non capiscano una parola del nostro messaggio, ed è ancor più , erosimile che, avendo capito, si trovino nella condizione di dover rispondere co1ne se non avessero capito affatto. E tuttavia, presto o tardi, dovranno porgere orecchio alla verità non soltanto coloro che costituiscono la intellighentsia dell'Unione Sovietica ma anche i loro 1naestri, i dirigenti dell'U .R.S.S., se vogliono veran1ente proteggere la ìoro patria e il loro stesso potere dal pericolo di una terza guerra mondiale. Io non faccio parte di coloro che giudicano la svolta operata in Russia dopo la morte di Stalin come una pura fonnalità o corne una semplice mistificazione. Io sono convinto che vi siano in Russia delle forze sincere che miravano a distruggere la cortina di ferro e a rendere più umana e giusta la vita degli uo1nini. Queste forze, per il momento, nella frenesia della ristalinizzazione, sono condannate al silenzio o costrette a pensare con la testa degli altri. I 111ieicon1patrioti sono quelli, forse, che meglio di ogni altro hanno capito il senso della destalinizzazione e del processo contrario. Il mio paese è stato schiacciato dai carri armati di Bulganin e di Krusciov. E, nonostante tutto, io desidero sinceramente che il mio popolo possa vivere in pace e in a1nicizia non soltanto con i popoli 28 BibliotecaGinoBianco

di Bulganin e di K.rusciov ma anche con il loro governo quando questo rinunci spontaneamente a coìonizzarci. Gli intellettuali dell'Unione sovietica, purché vogliano e possano liquidare le formule vuote con le quali sono· stati regolati meccanicamente gli eventi di questi ultimi anni, potranno anch'essi aiutarci a questo fine. Difficilmente si potrà trov::ire una soluzione della questione ungherese che possa essere appoggiata quantomeno dalla parte più coi1ciliante del popolo magiaro, finché continuerà a rin1asticare che la rivoluzione ungherese voleva essere un colpo di mano fascista dovuto agli intrighi di agenti occidentali e a rifiutare di riconoscere che si è trattato della sollevazione del novantanove per cento della popolazione contro i Quisling sovietici, i quali d'altra parte, così comportandosi, hanno giocato e tradito la stessa Unione Sovietica. Questo per quanto riguarda la questione ungherese. Per quanto concerne invece la chiarificazione delle idee sia gli intellettuali sovietici, sia quella parte dell'umanità di pelle bianca o nera o gialla che è consapevole di stare a sinistra, devono convincersi che è necessario condannare categorican1ente e senza riserve mentali le innovazioni e il retaggio di Stalin allo stesso titolo che gli atti compiuti dagli altri dittatori della stessa specie. Fintanto che si considera il genocidio 29 BibliotecaGinoBianco

e le ire neroniane come dei semplici « errori » o come forme di cc deviazionismo di sinistra » o come volgari « tralignamenti »; fintanto che si considera peccato veniale il cannibalismo meccanizzato, le cui vittime del resto furono in gran parte dei comunisti, si coprono d'infamia le concezioni che si professano, e il proprio ordine sociale, considerato tuttavia come rivoluzionario e progressista. Poiché in tal modo si proclama implicitamente che i massacri perpetrati sotto falsa accusa sono soltanto degli inconvenienti paragonabili al gesto di un qualsiasi tizio che sputa in tram. « Chiamare gatto un gatto e Rolet un ribaldo » è compito tanto più difficile quanto più sempÌice in apparenza. Ed è senza dubbio il compito più importante dell' intellighentsia. 30 BibliotecaGinoBianco

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