Una città - anno IV - n. 34 - settembre 1994

sette111bre 1/~ • A:.·P; fh.· ·:.-' '.10 w; ' ' ~"·r l l • :n1::nnn1nm:m:mm,1DIM1>~..m»1m~ ntt:2tniu•n~~nnm:w11nDU1mntnnm l>mm:nn.11)mm11 Continuiamo il dibattito su Berlusconi e compagnia. E' VERGOGNA. Enrico Deaglio in un'intervista fatta ai primi di luglio fu preveggente: la crisi economica, il discredito internazionale, le poche possibilità faranno incattivire Berlusconi. L'ebreo nemico e Riina che aspetta. C'è solo da vergognarsi. In seconda e terza. DI ECCEZIONEIN ECCEZIONEè l'intervista a Paolo Cesari che non è disposto a cedere un millimetro di un principio garantista in nome dell'opposizione a un governo. ANDAMENTI E CAMBIAMENTI. Arturo M. L. Parisi, grande esperto di cose elettorali, ci ha fatto coraggio. La maggioritaria fa dimenticare che il 57% non è con Berlusconi, le europee non fanno testo, l'alleanza di governo è tutt'altro che monolitica e i giovani non vanno a destra più del normale. In quarta e quinta. Insieme a "orti di guerra" di Edoardo Al binati. LA FABBRICA INTEGRATAè quella di Melfi, dove la Fiat sta sperimentando il toyotismo e non tutto è negativo per operai e operaie. Intervista a Vittorio Rieser. In sesta e settima. HIDDEN KILLER, assassini in agguato, sono le mine antiuomo che restano sul posto a futura memoria di ogni guerra. Ce ne sono 200 milioni e uccidono 800 persone al mese. Possiamo menar vanto delle più micidiali: sono italiane. In ottava e nona. SKINHEADS E MODETTES è l'intervista a Alessandra Castellani sull'ideologia dei naziskin italiani, dal mito di Salò al razzismo differenzialista. In decima. NICHILISMO LIBERALE è la riflessione di Franco Volpi sulle possibilità di un nuovo ottimismo. In undicesima. UNA PARTITA DI CALCIO. Al riabilitatore psichiatrico i sintomi, la diagnosi, interessano molto meno del fatto che l'utente abbia voglia di fare una partita di calcio ••• Intervista a Giorgio Villa. In dodicesima e tredicesima. Insieme alla "stazione" di Antonella Anedda. LAPUNTA DELCAPPUCCIO. Francesco che sconfessa le crociate, che si fa povero fra i poveri, che dice che i luoghi santi sono ovunque fu santificato, divinizzato, reso inimitabile ••• neutralizzato. La straordinaria battaglia che si combatté attorno alla figura di Francesco. Intervista a Chiara Frugoni. In quattordicesima e quindicesima. NOI SIAMO DI JUNGBUSCH è il racconto di Lisa Massetti dell'esperienza fatta con un gruppo di giovani italiani che a Mannheim frequentano scuole differenziali e che nella loro differenza si trincerano. In ultima. 10 1(,

& un mese , un on B Distogliersi dalle prime pagine dei giornali fa bene. E comunque per quelle ci associamo a ciò che ci disse ancora in luglio, con preveggenza, Enrico Deaglio. Van per la maggiore l'arroganza stupida, il maschilismo, la volgarità sessuale, l'ostentazione della ricchezza, la corruzione, l'antisemitismo e il risentimento verso la cultura. Non c'è che da vergognarsi e da sperare che questa vicenda si chiuda al più presto e in modo indolore. Ma nel paese va poi meglio? C'è anche da sperare, per non doverci vergognare di noi stessi, di non diventare astiosi al punto da appassionarci di più a vedere in galera il tale, fratello del tale, che non a vedere fuori dalla galera chi ci sta passando estati come questa in attesa di giudizio, di un permesso che non arriva o per un po' di droga. Ce lo ricorda Paolo Cesari nella pagina a fianco. Ringraziamo Chiara Frugoni per averci parlato di Francesco. Di un altro Francesco, diverso da quello, imbalsamato, al cui mausoleo siamo stati in fila tutti da bambini. (Andrebbe ormai sancita come altamentemeritoria ogni opera di desantificazione! Tanto più ch'è fondato il sospetto che ogni imbalsamazione sia servita a far sparire un t~stamento). Tirato giù dall'altare, Francesco ricomincia a parlarci. Quella sua ambizione da ragazzo, quella sua ansia di cambiare, di fare la scalata sociale a costo del meno nobile degli ideali: sposare una nobile. E quel suo progetto, una volta convertito, altrettanto ambizioso, da pazzoide, forse anche un po' da fanatico ... Quando arrivò a Bologna e vide che l'ospedale dei suoi francescani aveva pure il tetto, lo fece smontare immediatamente, fra lo stupore incredulo dei ricoverati. Ma che non fosse mai dato, a un frate minore, un tetto in muratura! A un suo discepolo che gli chiedeva il permesso di avere un salterio, rispose che, poi, domani avrebbe voluto una Bibbia, poi un commento alla Bibbia, e "si sarebbe gonfiato", sarebbe salito in cattedra e avrebbe cominciato a giudicare gli altri ... (lo richiamò poi e glielo diede il salterio). Epoi quelle sue idee! Che le radici stanno in un bagaglio, che bastano le statuette di un asinello, di un bue, un po' di paglia e la memoria. Quella sua visione tragica della natura, coi carnivori in agguato e contemporaneamente quell'orto di fiori, da godere solamente alla vista. Epur riconoscendo il male che fanno, quel suo consiglio a riprovarci ancora, con gli uccellacci ... Sognava un uomo nuovo, Francesco? Eall'inizio fu talmente megalomane da pensare di riuscirci? E poi quel suo voler andare, quel suo viaggio incredibile dal sultano ... (Tanti auguri a un papa ormai vecchio emalato che vuol andare a Sarajevo! Speriamo che quelli dell'Onu non si mettano in mezzo con i loro sinistri "motivi di sicurezza".). E quel suo accumulare malattie quasi a voler ripagare da solo tutto il male che non riusciva a togliere dal mondo. E non era stata quella l'idea rivoluzionaria di Cristo: farsi capro? E, soprattutto, quelle incredibili dimissioni, date nel momento del massimo successo, per continuare, da solo, a dare l'esempio. (Non fece lo stesso il Che? "Ancora una volta sento sotto i talloni le costole di Ronzinante" ... Che direbbe oggi del suo progetto? Detto fra parentesi: un regime fratricida non giustifica un embargo che affama, ma ci vuol molto a capire che è ancor più vero il contrario? Che nessun nemico potrà mai giustificare l'uccisione dell'amico?). Certo che alla fine Francesco doveva averne perse tante, delle sue sicurezze. Si confidò con le sue amiche? Ma sul fatto della povertà, degli ultimi, non cambiò mai idea. Ormai disfatto e moribondo gridava ancora: "senza glosse!". Alla lettera! Epoi, poi la sua morte, amangiare i dolci di mandorle e miele che si era fatto portare dalla sua amica Giacoma. A quell'Elia, il politico, che se ne stava intorno a esortarlo a una morte degna, da santo, disse di lasciarlo in pace almeno a morire ... Con un simile patrono non ci si vergognerà mai di essere italiani. Ma a maggior ragione, che tristezza! ABBONATEVI A UNA CITTA' Abbonamento annuale a 10 numeri: 30000 lire. Sostenitore: 50000 lire. C.c. postale n.12405478: Coop. Una Città a r.l. Redazione: p.za Dante 21, 47100 Forlì - Tel. e fax: 0543/21422. La redazione è aperta tutti i giorni, certamente dalle 17 alle 19. Una città si può trovare in tutte le librerie Feltrinelli. E nelle librerie: a Bologna: Tempi moderni, e Libreria Delle Moline; a Cesena: Dedalus, Bettini e Minerva; a Faenza: Moby Dick; a Pesaro: Pesaro Libri; a Milano: Utopia, alle librerie della Statale, CUEM di Via Festa del Perdono e CUESP di Via Conservatorio. 2 UNA CITTA' ,O E' VERGOG La vergogna e l'umiliazione che stanno provando tanti italiani. Tuttociòche di ipocrita c'ènel mondo cattolico:famiglia più maschilismoe soddisfazione sessuale dei maschi. L'antisemitismo di Fini. Le parole sinistre di Riina e il possibile fallimento della lotta alla mafia. Il discredito internazionale e il rischio dell'incattivirsi della situazione. Intervista a Enrico Deaglio. Questa intervista è stata fa((a all'inizio di luglio. Nell'impossibilità di aggiornar/a, la pubblichiamo ugualmente perché, malgrado tu((i gli avvenimenti intercorsi, non ha perso nulla della sua a((ualità. Anzi. Tu che hai seguito tutta la campagna elettorale dalla Tv, che immagine ti sei fatta di Berlusconi e che idea dei motivi della sua andata al potere? Berlusconi ovviamente non avrebbe potuto vincere le elezioni se non avesse avuto la televisione. Se fosse stato un grandissimo industriale, ma avesse, per esempio, prodotto intelaiature in alluminio e ne fosse stato anche il più grande produttore del mondo, senza avere la televisione non avrebbe ottenuto nulla e non già per la propaganda che s'è fatto, ma perché ha costruito ecomunicato un modello di vita. In questo modello di vita c'è lo sport, c'è il successo imprenditoriale, capitalistico, c'è l'intrattenimento, ci sono una serie di valori in parte antiquati e in parte moderni. Lì valgono le cose che diceva Pasolini: la sua televisione ha al centro la famiglia e nello stesso tempo tutto ciò che nel mondo cattolico c'è di ipocrita, per cui, per esempio, dal punto di vista della libertà sessuale è apertissimo, dal punto di vista del maschilismo e della soddisfazione dei maschi è apertissimo. E poi naturalmente c'è l'esaltazione del consumo e del successo che si vede dal consumo. Questo è il modello di vita che lui propone. Gli anni 50 dell'America. Il tutto adattato intelligente.mente alla situazione italiana, per cui una parte della satira o degli spettacoli di informazione e di intrattenimento tengono conto che esiste un 30% di Italia che vota a sinistra ..., quando parla di una polifonia dice in effetti una verità. Ma detto questo, non c'è alcun dubbio che Berlusconi abbia scientificamente usato le televisioni di cui è proprietario per lanciare la sua immagine. Sto dicendo cose banali, mi sembra strano che qualcuno metta in dubbio simili ovvietà. Basterebbe a confermarlo quello che dissero i sondaggi, non tanto sugli spostamenti di quel che si chiama "voto conscio", ma su quello che gli esperti di marketing elettorale chiamano "il ventre molle del mercato", rappresentato essenzialmente dalle donne e dalle persone anziane. Ebbene, verso i primi di marzo, quando si era ancora al "testa a testa", un sondaggio della Directa rivelò che Berlusconi stava vincendo perché il 40% delle casalinghe aveva già dichiarato intenzione di voto per Berlusconi, mentre in tutte le precedenti campagne elettorali il voto delle casalinghe rimaneva totalmente incerto fino all'ultimo giorno, in quanto molto mobile e fluttuante perché abbastanza dipendente dal marito, dalla famiglia, dal parroco. Invece lui aveva già catturato il voto di quelle persone che, però, guarda caso, passano molte ore davanti alla televisione e non hanno un'idea politica ben formata. D'altra parte Berlusconi stesso lo affermò apertamente. Durante una convention in campagna elettorale, quando a un certo punto i regolamenti gli impedirono di fare tutto quello che avrebbe voluto fare, disse: "io a questo punto ho il 35%, calerò nei prossimi dieci giorni perché, dal momento che il mio prodotto, cioè me stesso, non è più visibile da tot milioni di persone, necessariamente calerà". Esattamente come vendere detersivi e improvvisamente non poter più fare pubblicità, mentre la concorrenza continua a farla... Lui cc l'aveva chiarissimo, ha organizzato tutto in questa logica. A Milano Italia il pubblico è appaltato ai partecipanti per disposizione del garante, quindi, mettiamo, tu dai 60 biglietti a uno, 60 biglietti all'altro, e 60 all'altro ancora. Allora si vedeva che quelli di Forza Italia erano capaci di fare quel mestiere, lo facevano professionalmente, decidevano chi si doveva sedere nella prima fìla, per esempio una ragazza con delle belle gambe. chi doveva parlare e dove doveva essere seduto, ti davano i nomi di chi parlava prima. E quello che faceva questo mestiere era uno che lo faceva per il casting delle loro trasmissioni con pubblico, e poi, dopo, si rivedevano il tutto, decidevano chi era andato bene e chi era andato male, cosa dovevano fare, e le cose che a noi potevano sembrare ridicole, cioè tutti vestiti uguali, erano esattamente gli aspetti che loro volevano comunicare. E poi erano entusiasti: volevano vincere, era un obiettivo, aziendale o quello che vuoi, sapevano che lì, se si vinceva, c'era il bonus, i candidati volevano vincere, chi organizzava sapeva che era il suo lavoro... come un concessionario Fiat che sa che deve vendere ... nelle sezioni Pds meno gente che ai Milan club Gli altri erano molto meno entusiasti. Occhetto è venuto diverse volte e devo dire che è un uomo umanamente simpatico, però, per esempio, prima e dopo la trasmissione, si lamentava che non ne aveva voglia, diceva: "perché la fate così tardi, io a quest'ora sono stanco, quanto dura...". Invece gli altri li vedevi preparati, scattanti, non vedevano l'ora, si erano preparati come fanno tutti quando ci sono queste cose qui, e lui aveva questo atteggiamento che un po' piace anche. quello di un comunista che non fa paura, di uno zio buono coi baffi che si vede che non farebbe mai del male a nessuno, che è umano, però nello stesso tempo non è entusiasta, non ha passione, si vedeva che non ci teneva più di tanto. Del resto Berlusconi aveva fatto lo stesso per la scelta dei candidati. Andò in giro alla Fininvest già a novembre, chiedendo chi erano le persone conosciute dalla gente. che avevano una buona immagine, che avevano un'azienda che funzionava, oppure che conoscevano tante persone: medici, notai, commercialisti, avvocati, con non più di 45 anni, poi li chiamava e gli faceva il provino televisivo, gli faceva fare una scuola quadri per una settimana... Infatti vedevo quelli che venivano da me, erano tutti la stessa cosa ... E il Milan? Il Milan è fondamentale. Milan più televisione è una miscela formidabile. Abbiamo fatto una trasmissione il giorno in cui loro vinsero insieme la presidenza del Senato e la coppa dei campioni col Barcellona, c'erano Rivera, Ormezzano, Formentini. e in platea avevamo tutti questi Milan-club e loro lì lo dicevano coscientemente: 'T Italia deve essere organizzata come il Milan''. Il tipo di Forza Italia che si è presentato come responsabile organizzativo era il manager della società Milan Football club e diceva che loro erano proprio organizzati così, che organizzavano 600 voli charter ... E' un modello di organizzazione sul quale Bcrlusconi crede. per quello disse a Spaventa: ·'ma che cosa vuole questo, fa il professore. provi lui a vincere due coppe del mondo come ho fatto io invece di parlare" ... Lo sport è un modo di produzione di consenso, di felicità, con un mondo di comunità che vi ruota attorno ... E se uno facesse il conto delle persone che in Lombardia o in Veneto vanno in sezione del Pds e di quelle che vanno al Milan-club, probabilmente si vedrebbe che sono I O volte di più quelli che fanno riferimento ai Milan-club. Questi ultimi poi non votano tutti per Berlusconi, è più complicato, però questo aspetto -lui ha preso una società che stava andando in serie 8, ha rischiato del suo, ha messo i suoi soldi, è arrivato con gli elicotteri, ha comprato i calciatori che costavano più di tutti, è lui alla fine a decidere quando l'allenatore gli rompe i coglioni- contiene elementi importanti che vanno a far parte di culture popolari. L'assalto alla Rai è avvenuto subito e in modo plateale ... Berlusconi in questo momento sa di avere una compagine di governo estremamente fragile perché gli mancano i voti al Senato, perché è pur sempre una coalizione con la Lega che tutti sanno essere in rotta di collisione, perché Alleanza Nazionale, pur essendo molto simile a Forza Italia, è pur sempre un partito diverso. Ma soprattutto sa che molto difficilmente riuscirà a mantenere tutte le promesse fatte in campagna elettorale. Ecco perché in questo momento Berlusconi ha la necessità vitale di avere un consenso televisivo pressoché totale. Tra l' altro, che Berlusconi non si sarebbe accontentato delle sue tre reti ma avrebbe necessariamente dovuto averle tutte, l'avevo anche già scritto, in tempi non sospetti. appena lui vinse le elezioni. Perché essenzialmente lui deve fissare dei tempi e deve garantire che quei tempi siano rispettati. Se, cioè, si promettono sgravi fiscali agli imprenditori, per 15 giorni si va avanti su questa campagna con la televisione a fare da grancassa e alla fine del quindicesimo giorno ci devono essere dei risultati da far vedere a qualcuno. Un milione di posti di lavoro? Ogni mese ci dovrà essere una tv che dice "questo mese ne abbiamo creati 100 mila''. attento a parlar male del governo, è sabotaggio! E' il modello delle convention che ha fatto sempre per la Fininvest e quindi, secondo me, la cosa che più gli dà fastidio è il fatto che ci sia un'altra televisione che gli chiede conto. che lo contraddice ... Ovviamente è un modello totalmente autoritario. lo ne avevo avuto i segnali nelle ultime puntate. In una il sottosegretario agli Esteri Trancino di An, un avvocato conosciuto di Catania, mentre si parlava dell'atteggiamento che aveva l'Europa nei confronti dei ministri di An, disse molto duro: "io vi avverto, non è che potete continuare a dire queste cose sul!' Italia perché qui si incorre nel reato di sabotaggio, articolo tal dei tali ...". La Mal fa, che era presente, disse: "come, adesso non si può più parlare?", e lui: "io l'ho detto, faccia attenzione. misuri le parole, perché se lei parla male del governo italiano si può incorrere nel reato di sabotaggio ...". La seconda era una trasmissione sugli americani in Italia, c'era Livio Caputo, sottosegretario agli Esteri. Noi avevamo un collegamento con Modigliani da Boston e a un certo punto Caputo sbotta e dice: "Deaglio. lei come li sceglie gli ospiti? Perché noi dobbiamo fare elcicollegamenti con della gente che parla male del governo?". I controlli sulle trasmissioni che cosa sono? Sono, semplicemente, che devi invitare loro come ospiti, il pubblico deve essere depurato o liofìlizzato e non deve far casino, possibilmente non deve esserci, e basta. Berlusconi si è sempre sottratto al confronto, a qualsiasi confronto. Ha fatto quello con Occhetto e I' intervista con Minoli, ma col pubblico mai. Da noi disse che sarebbe venuto e poi invece affermò che quella trasmissione lì era un agguato perché c'era il pubblico che non si controlla, eccetera. C'è da dire anche che non è una persona dai nervi saldissimi, lo si vide alla conferenza della stampa estera quando perse le staffe quasi subito. Per questo ha bisogno di essere in una situazione in cui è tutto deciso da lui: i tempi, le battute, se uno fa una domanda lui la deve già sapere prima. Negli Stati Uniti i programmi con i politici sono dei massacri, si dicono cose mostruose, anche sul piano personale, sono una gogna, però i politici ci vanno perché se ti sottrai alla prova è molto peggio. Il giornalismo lì è terribile, altro che qui. Loro sono molto provinciali, c'è il loro mondo, la Fininvest, lo spettacolino ... più in là di lì non vanno, lui è convinto che va a Napoli, fa due sorrisi, dice due cose ... Ma è una comunicativa che funziona con gli attori, con i calciatori, con i venditori di prosciutti, ma non è che possa andare tanto più in là. Tu il problema l'hai avuto con Fini. E' per il libro della Fargion sugli ebrei italiani deportati, che diedi a Veneziani, nella trasmissione su Combat film. Non l'hanno mandata giù. L'antisemitismo è il loro nervo scoperto e infatti vogliono sempre distinguere la repressione dalla deportazione, che loro addebitano tutta ai tedeschi. Quando dici loro che dietro il tedesco c'era il questore, o il poliziotto, o il miliziano, vanno in tilt. Mi sono sempre chiesto, per esempio, perché loro non abbiano cavalcato la vicenda di Perlasca, fra I' altro il figlio s'è presentato con loro. In fin dei conti Perlasca era un fascista, aveva votato ancora per il Msi, l'ha sempre detto e loro potevano dire: "noi abbiamo sbagliato però chi ha fatto altrettanto in Italia? Nessuno di sinistra ha fatto quanto Perlasca, uno che ancora dopo 40 anni non ha chiesto niente, quando è ricomparso in pubblico ha ribadito che era fascista, e così via ...". Se fossi stato Fini l'avrei fatto. Evidentemente c'è proprio un problema. Credo, cioè, che Fini sia intimamente antisemita. C'è questa lunga intervista, credo all'Europeo, di Caradonna, vecchio fascistone, filo israeliano, in cui diceva che Fini, al fondo, era proprio un antisemita, che trafficava con i palestinesi ... se l'economia andrà male il nemico ebreo ••• E comunque gli attacchi antisemiti adesso ci sono già: Sgarbi ha fatto la battuta sull'ebreitudine del giudice Colombo, Furio Colombo e Fiamma Nirenstein rimossi, gli attacchi a Modigliani, che è ebreo, e alla lobby finanziaria internazionale che boicotta l'Italia sui mercati... Una volta lessi una notizia d'agenzia: "pesante battuta d'arresto per la lira, qui in Borsa si dice che sia stata la lobby ebraica'' ... Telefonai a Gad Lerner e anche lui ci rimase. E questa, secondo me, sarà una cliquelle cose che. se l'economia andrà male. verrà fuori. Loro, ). 1

come ogni regime, devono creare il nemico. In questo momento il nemico è il comunista, astioso, livoroso, che non sopporta di aver perso, che non ama che le cose vadano bene ... e questa figura c'è già in Italia, è l'intellettuale, è Eco che dice che sene va via. Ma poi l'ebreo potrà entrare ... E' una cultura fascista, è assolutamente uguale. Veniamo al punto forse più preoccupante. Con la mafia? Le cambiali scadono. Nei primi cento giorni di cose che vadano a favore del popolo non se ne sono viste, si sono viste invece due cose: l'attacco ali' informazione, che più di qualsiasi altra cosa ha impiegato il tempo del governo, e l'attacco aJ.lalegge sui pentiti. Le urne erano ancora calde e già dicevano che Caselli se ne sarebbe dovuto andare, Violante anche, Cordova anche. Parole, per altro, ripetute con ancora più charme da Riina. E quindi era chiarissimo per chiunque che lì c'era un problema. Poi Biondi che va a Palermo, incontra gli avvocati, e dice che la legge sui pentiti non va bene ... Se riescono a far cadere la legge sui pentiti vedremo Riina, nel giro di uno o due anni, agli arresti domiciliari per motivi di salute, vedremo il dissequestro dei beni, vedremo lo smantellamento progressivo del concetto di "cosa nostra" come cupola, come organizzazione unitaria, per ritornare al concetto delle bande criminali autonome una dal1' altra. Il che, poi, sicuramente vorrà dire mettere a repentaglio la vita di tante persone, perché i mafiosi sono cattivi. Noi ci accorgiamo adesso, anche se con vent'anni di ritardo, del fatto che un'enorme accumulazione di capitale, illegale, criminale, mafioso, ha trovato la propria strada di lavaggio, di reinvestimento, in una parte grossa d'Italia, e che, di conseguenza, ha anche fatto emergere delle persone che la rappresentano: industriali, commercialisti, avvocati, uomini politici, sottogoverno. E pensiamo veramente che tutta questa parte di società, che è società civile ormai, non diversa dalle altre, non voglia la propria rappresentanza politica, qualcuno che faccia i suoi interessi? E non è assolutamente logico che di fronte al pericolo vero, reale, immediato, di perdere la roba e di andare in galera questa gente faccia qualcosa? Una persona di 50 anni ricco, che ha le ville, i panfili, che da un momento ali' altro, grazie a uno stronzo di giudice comunista, può perdere tutto e finire in galera, non mette fuori miliardi per mandare su uno che faccia finire tutto ciò? Ma è normale che lo faccia! contro la mafia si sta perdendo l'occasione storica Credo che in un modo o nell'altro Berlusconi sia debitore rispetto a questo mondo e che alla fine, non so quanto rapidamente perché ovviamente non è semplice, debba allaccare sui punti fondamentali: il sequestro dei beni, il 41 bis che prevede le restrizioni in carcere per i mafiosi, e soprattutto la legge sui pentiti. Credo che questo per Berlusconi sia un problema. Le parole di Riina sono state un segnale sinistro ... Ma perché la mafia, dagli omicidi Falcone-Borsellino in poi, ha ricevuto colpi terribili, ha subito per la prima volta un attacco nazionale, sia dal punto di vista militare, sia dal punto di vista di comprensione del fenomeno, sia dal punto di vista di mobilitazione, di riconoscimento del fatto. Ora ha I O mila persone in carcere. Con la legge sui pentiti sono venuti giù come dal pero. E questo perché Cosa nostra è sempre stata un'organizzazione abbastanza democratica per cui la circolazione delle notizie ali' interno era in realtà libera, tutti sapevano tutto. Non era affatto un'organizzazione comp~imentata come le Brigate Rosse, o l'Ira irlandese, dove uno conosce solo i componenti della sua cellula. La mafia è costituita in tutt'altro modo. Se uno deve andare a Torino gli dicono "fai affidamento a Nino", e allora quando questo viene preso, se parla può raccontare che a Torino c'era Nino, che a Vercelli c'era quell'altro, e ricostruire tutto l'organigràmma. E' ormai un esercito di disertori, gente che ha abbandonato il proprio esercito perché si è vista sconfitta, perché gli hanno ammazzato i familiari, perché si sentiva in pericolo di vita. In ogni caso va dal nemico e dice: "io vi racconto tutto, voi mi date il salvacondotto". Nel giro di due anni, hanno preso tutti. Ma lì è nato il problema, perché lo stato non era nella condizione di gestire una cosa del genere, ha fatto finta che fosse un fatto normale, ma quando tu hai 700 pentiti che parlano, e che potrebbero dire di più, ma sei tu a dover andare passino per passino ... In realtà lo stato si sta dimostrando incapace di gestire la vittoria. Tornando a Berlusconi. Durerà? Il popolo italiano si è dimostrato abbastanza coglione nel votarlo, nell'andare dietro a un uomo di questo genere, uno che si mene la cipria a sessant'anni ... Ma l'ha votato perché era l'espressione vincente dell'imprenditoria, del farsi da solo; è passato sopra a tutto, al fatto che lui fosse corrotto, anzi, qualsiasi cosa si dicesse sul piano della corruzione andava benissimo, voleva dire che era più furbo ... Una cosa inaudita, che io considero una vergogna e un'umiliazione per l'Italia, per la sua storia, una cosa che tulii, a un certo punto della loro vita, si dovranno vergognare di non aver capito. Adesso il problema è di vedere per quanto tempo lui può ripetere questo gioco, perché, secondo me, un conto è ottenere il consenso in questa maniera, un conto è mantenerlo. E tranne l'esempio brasiliano, che poi si sa come è finito, non esistono, che io sappia, esempi di persone che abbiano mantenuto il consenso con la televisione. Il problema è quello di vedere quanto questo idillio durerà, perché poi, tutto sommato, non è che si possa pensare che la gente viva in continuazione del suo sorriso, della sua battutina. Fra l'altro il personaggio non è affatto un comunicatore formidabile. Certamente uno come Reagan era sicuramente molto meglio e anche più solido, cioè rappresentava qualcosa di più presente nella società americana, nella capacità di governare. Allora bisognerà vedere se questa roba qui non stuferà, se cioè non ci sarà un effetto di assuefazione nei confronti suoi, dei suoi ministri, di tutta questa gente qui, perché è vero che rimanere in video tanto tempo di per sé garantisce il successo, ma quel che succede è una cosa nuova e non so quanto la ripetizione continui a divertire lo spettatore. Se le cose vanno bene a Berlusconi, cosa a cui non do più del 30% di possibilità, cioè che l'economia vada bene, che la borsa tiri, che ci siano le assunzioni, ecc., ecc., andrà avanti, ma se la cosa va male, lui può diventare cattivo, e la sua faccia sorridente può cambiare. hanno studiato ogni eventualità . per mesi, ma ••• E le possibilità che le cose vadano male sono legate anche molto alla situazione internazionale, con un'Europa che assolutamente non ci ama, con gli Stati Uniti che ci amano poco e soprattutto con i mercati finanziari privati che sono in condizione in qualsiasi momento di mandare l'Italia a catafascio in una settimana. Se Berlusconi fosse invece un battistrada in Europa? Non direi proprio. Voglio dirvi una cosa divertente: un giorno incontro il mio amico Boato -che ha fatto tutta la commissione bicamerale, lui come al solito è stato perfetto, molto diligente, sempre presente- e mi dice che in particolare per mesi e mesi hanno discusso tutte le regole che riguardavano la televisione, per evitare qualsiasi cosa che potesse favorire qualcuno, hanno esaminato tutti i casi possibili in cui uno avrebbe potuto trarre vantaggio dalla televisione ... Un solo caso non hanno considerato: che Berlusconi si candidasse ... Mi ha detto: "è andata così, a nessuno è venuto in mente, perché se fosse venuto in mente a qualcuno, bastava mettere un comma alla legge elettorale e non succedeva nulla di quello che è successo". Curioso, no? - DI ECCEZIONEIN ECCEZIONE Pur di essere contro un governo si è a favore della carcerazione preventiva? L'eccezione giustificherà anche la tortura? Econtro i mafiosi è permesso tutto? Il vilipendio di cadavere conta meno dell'arresto di Paolo Berlusconi? Intervista a Paolo Cesari. Paolo Cesari è fra i promotori della campagna "Giù le mani da Caino" per l'abolizione della pena di morte. Il cosiddetto "decreto Biondi" è apparso a quasi tutti anche a sinistra come uno scandalo. In generale, Il giudizio sulla sua strumentalità ha schiacciato ogni altra considerazione ... Non riesco a ragionare sulla strumentalità del decreto. La prima obiezione che è stata fatta riguardava la costituzionalità del decreto. A mio avviso il fatto che alcune migliaia di persone possano essere in carcere ingiustamente di per sé giustifica il carattere di necessità ed urgenza del decreto. Ho il sospetto che strumentali fossero lecritiche al decreto, che cioè avessero come obbiettivo il governo piuttosto che il decreto in sé. Ci sono dati assolutamente inequivocabili -ricordati da Berlusconi a Trieste- come il fatto che più volte la Corte europea abbia condannato l'Italia per la carcerazione preventiva, che Amnesty costantemente citi la lunghezza della carcerazione preventiva in Italia, che in carcere ci sia quasi il doppio dei detenuti ospitabili, che una percentuale molto alta sia in attesa di giudizio e che una percentuale molto alta risulti poi assolta. Una cosa è accusare la strumentalità di questo provvedimento -fatto per scopi privati, per impedire la carcerazione del fratello, come immediatamente si è detto, ed è perfettamente lecito che ciò sia denunciato- un'altra è aver impedito che venisse discusso ed eventualmente approvato un provvedimento, secondo me assolutamente urgente, per quanto riguarda la giustizia italiana. Fra l'altro mi ha molto colpito la prima dichiarazione fatta da D'Alema a questo riguardo: "noi n{?t:amo un_partito forcaiolo", e infatti la discussione del provvedimento non ha fatto altro che alimentare un atteggiamento giustizialista nell'opinione pubblica. Enei confronti di questo atteggiamento i progressisti nulla hanno fatto per distinguersi, l'hanno fatto proprio, con dei danni molto grandi, perché i partiti di sinistra né sono stati premiati dal punto di vista elettorale né hanno affermato il principio. lo mi chiedo: se l'iniziativa del governo è strumentale come mai prima non l'ha fatta l'opposizione? Trovo che tutto questo sia molto pericoloso. Non voglio discutere sulla strumentalità o meno del provvedimento, quello che mi interessa è che il governo aveva posto all'ordine del giorno quel tema: che cosa vietava all'opposizione, ai progressisti -cioè a coloro che appunto ritengono la campagna sui diritti dei cittadini una cosa utile- di fare la propria campagna, invece di usarla esclusivamente per mettere in difficoltà il governo. lo trovo che mettere in difficoltà il governo nei confronti dell'opinione pubblica in questo modo, alla lunga favorisca le forze che oggi sono al governo invece che un discorso liberale nei confronti di una giustizia giusta, per usare uno slogan che usano i radicali. Si deve fare una battaglia di principio sempre e comunque, a costo di provocare danni che possono anche essere irreversibili? lo già non sono d'accordo con la domanda per un punto molto semplice: perché si dà per scontato che l'uso della carcerazione preventiva possa essere usato per costringere, convincere, aiutare a parlare l'imputato. Trovo questa cosa perlomeno non conforme a quella che è la nostra legislazione. S'è diffusa una concezione che mi trova distante: non capisco perché questo privare della libertà corrisponda solo al carcere e non invece agli arresti domiciliari. Trovo che questo discorso valga esclusivamente perché si tratta di personaggi non encomiabili, che per quanto riguarda la storia della mia vita sono sempre stati dall'altra parte; mi chiedo, se invece di riguardare appunto questi personaggi riguardasse altre persone, quale sarebbe il mio atteggiamento, quale sarebbe il tuo atteggiamento e trovo che ci sia perlomeno qualcosa di irregolare nel voler sempre giustificare tutto con la eccezionalità della situazione. Non riconosci l'eccezionalità? Sull'eccezionalità io in genere sono assolutamente contrario. Naturalmente conosco in modo del tutto superficiale queste cose, ma, nella stragrande parte degli ordinamenti, norme che vengono introdotte in modo straordinario, eccezionale, poi permeano, anche se non rimangono, tutto il comportamento. Il discorso sull'eccezionalità è un discorso che diventa tremendo e voglio fare un esempio: ricordo, ero proprio un ragazzo, il modo in cui veniva giustificato l'uso della tortura inAlgeria nei confronti degli algerini. Era il discorso banale che viene costantemente fatto: se tu prendi un attentatore, sai che ha messo una bomba e torturandolo per sapere dove ha messo la bomba puoi salvare delle vite, che cosa fai? E' chiaro che, posto in questi termini, diventa un problema praticamente insormontabile, maquesti sono stati gli argomenti costantemente usati dall'esercito francese e poi dal governo per giustificare la tortura, e stiamo parlando dei primi anni '60. Naturalmente poi la tortura diventò indiscriminata ... Rimanendo più vicini a noi, la raccolta delle firme da parte di Almirante per la pena di morte era legata all'eccezionalità del caso terrorismo, la legislazione contro i terroristi in carcere era dovuta a condizioni eccezionali e via di questo passo, ma tutto ciò secondo me lascia dei segni profondi nella cultura giuridica e ha un'influenza proprio sul modo di pensare delle persone. Sinceramente non è che sappia dare una risposta e che sia così sicuro che non ci debba essere l'eccezionalità, dico semplicemente che tutte queste cose sono degli strappi alla democrazia, cose contro cui, oltre tutto, le persone come me si sono sempre battute, anche perché le persone nei confronti delle quali queste norme sono state attuate in genere erano persone non dico vicine a noi, ma che comunque potevano essere assimilate a un mondo che era vicino al nostro. E' chiaro che tutta questa ansia giustizialista viene giustificata nei confronti dei potenti con un atteggiamento, uso una parola orrenda, proprio plebeo: la felicità di vedere quello che è potente messo in catene. Questa è una cosa che io trovo incivile. Nella vicenda De Lorenzo c'è stato un caso eccezionale, lo cito perché io non so cosa avrei fatto personalmente. Quando si è discusso in Parlamento l'arresto di De Lorenzo, Russo Spena, oltre tutto napoletano, che ha fatto della campagna contro la politica di De Lorenzo il senso del proprio impegno, ha votato contro l'arresto ... lo penso che l'abbia fatto in base a dei principi, perché uno li sostiene anche se vede l'awersario in difficoltà e non fa prevalere il principio che il fine giustifica i mezzi. Il punto è questo: la giustizia è un servizio che viene offerto e deve funzionare umanamente, perché purtroppo una cosa è la verità giudiziaria, un'altra è la verità, molto complessa da trovare. Se quei principi non vengono rispettati sicuramente si va verso un regime illiberale e, dato che chi regolarmente viene poi colpito sono le minoranze di tutti i tipi - politiche, sociali, sessuali, eccetera-, io sono il più diffidente possibile nei confronti delle limitazioni delle libertà, delle violazioni dei principi, delle leggi eccezionali. Non sottovaluti i pericoli presenti in un governo come questo? lo dico semplicemente che il punto centrale è di non subordinare la propria iniziativa, il proprio modo di pensare, a quelle che sono le iniziative del governo. La strume·ntalitàdi iniziative del governo mipreoccupa poco, la do per scontata. Mi preoccupa che non si discuta se in quello che sta succedendo nelle inchieste di Mani Pulite, negli strumenti che vengono usati, ci sia il rispetto delle leggi. Prendiamo il 41 bis. Il problema è di capire se questa norma sia una norma che in qualche modo, lo so che è una parola brutta da dire, si awicina alla tortura oppure no. Se uno mi dice che questo è stato il mezzo utile, io voglio sapere di che mezzo si tratta e se quel mezzo non è un mezzo democratico io non sono disposto ad accettarlo. Credo, ma non solo per un problema di principio, che faccia più danni di quelli che pretende di risolvere, per cui nessuno mi convincerà mai ... E' chiaro che ogni volta che si dice "o Roma o morte" la situazione non va bene, cioè di fronte a un dilemma, a un quesito mal posto, uno si trova nell'impossibilità di agire. Per esempio, per un periodo di tempo incredibile in questo paese a parlare del federalismo è stata la Lega. Qui tutti si sono dimenticati che il federalismo, sia quello nazionale che quello sovranazionale, è un prodotto della sinistra, della cultura di sinistra ... Il paradosso è che per combattere la Lega che dice una cosa -al di là della strumentalità del secessionismo-, si neghi quella cosa ... Il problema è che, nel momento in cui vengono offerti dei temi, uno deve dire le cose che pensa e che vorrebbe fare, non semplicemente rispondere strumentalmente per sconfiggere l'avversario, perché quello che spesso avviene è che non si sconfigge l'avversario, ma vengono sconfitte le idee per cui ti dovresti battere. Vorrei concludere riferendo un esempio che riguarda una persona che stimo e che fa delle cose molto utili. Parlando proprio di questo decreto, Luigi Manconi, fra l'altro denunciando i limiti dell'opposizione dei progressisti, diceva che in questo decreto non è previsto il carcere per i concussori e invece è previsto per il vilipendio di cadavere e il modo in cui lo diceva era per dire "chissà a chi è venuta in mente questa cosa ...", si sa invece che questa è stata una delle poche modifiche proposte al decreto da Scalfaro. Allora, a me ha colpito molto questa cosa, nel senso che il vilipendio del cadavere non è una cosa piccola: tutti noi quando leggiamo che vengono profanati i cimiteri ebraici, non so se è vilipendio di cadavere, abbiamo una reazione rispetto a questo e queste profanazioni vengono vissute come cose di gravità enorme. L'Antigone in fondo tratta di questo ... Luigi Manconi dice delle cose assolutamente ragionevoli su questo problema della giustizia, anche se, ripeto, molto caute, e poi scivola su questo semplicemente perché gli serve da un punto di vista polemico ... Uno dice "esce Paolo Berlusconi dal carcere e mi preoccupo del vilipendio di cadavere?", cioè qui siamo di fronte a dei problemi in cui c'è l'attualità politica, la meschinità dell'attualità politica in Paolo Berlusconi, e un tema di principio, il vilipendio di cadavere, cioè un tema grande e grosso ... - UNA CITTA' 3

, 01,t,ca La fine dell'appartenenza. L'abbaglio aritmetico a cui porta la maggioritaria. Le forti contraddizioni fra gli alleati di governo. La pregiudiziale antifascista non esisteva fra la gente. Lo spostamento a destra dei giovani riequilibra un andamento normale che il 68 aveva alterato. Un cambiamento lontano dall'essere concluso e una partita decisiva che si giocherà sulla legge elettorale. Intervista a Arturo M. L. Parisi. Arturo M. L. Parisi è ordinario di Sociologia politica alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna, è vicepresidente dell'Associazione li Mulino ed è Presidente della Società Italiana di Studi Elettorali. Lei studia i comportamenti elettorali, a suo tempo coniò l'espressione "voto di appartenenza". Come vede i cambiamenti che le ultime elezioni hanno messo in evidenza? E il voto di appartenenza è finito? Di fronte al dato elettorale, e ancor più di fronte ai cambiamenti, credo che l'errore più pericoloso dal quale bisogna guardarsi sia quello di confondere il livello del risultato istituzionale (cioè a dire il cambiamento dei rapporti di forza parlamentari e delle relazioni tra partiti) col livello del comportamento di voto. E così come prima, quando vigeva la legge elettorale proporzionale, dall'apparente immobilità del risultato istituzionale (dal fatto cioè che a dispetto di tutte le attese la forza parlamentare dei singoli partiti finiva comunque per modificarsi di pochi punti percentuali) eravamo indotti a supporre una corrispondente immobilità nei comportamenti di voto e negli orientamenti politici, ora rischiamo di fare l'errore opposto. Poiché la nuova legge elettorale enfatizza a livello istituzionale i cambiamenti, potremmo essere indotti ad enfatizzare oltre il lecito il cambiamento avvenuto nei comportamenti e negli orientamenti dell'elettorato. Rischieremmo così di contrapporre un'era della stabilità ad un'era del cambiamento come se negli orientamenti politici degli elettori fosse scattato un qualche misterioso interruttore, senza riuscire a individuare poi il perché questo interruttore sia scattato al1'improvviso proprio ora. Credo invece che gran parte delle vicende delle quali parliamo debbano essere lette come l'esito di processi di lungo periodo nei quali è difficile individuare precisi spartiacque. Pur ali' interno di un processo di trasformazione che dal dopoguerra non ha mai co·noORTI DI GUERRA In occasione della visita di Vittorio Emanuele a Cuneo, i maggiorenti scelsero i più bei ragazzi della città, i più robusti, e li schierarono debitamente nudi e ingessati, su piedistalli, lungo la strada che il re avrebbe percorso col suo seguito. Sembravano veramente statue, statue classiche. Tutti i malati di gozzo vennero invece chiusi in cantina, perché non turbassero i festeggiamenti con la loro deformità. Quando il re passò di lì sulla sua carrozza, fu veramente compiaciuto dello spettacolo delle statue viventi, il colpo d'occhio era sorprendente, ma all'improwiso si cominciò a sentire la voce dei gozzuti, che gridavano dal fondo delle cantine: "Siamo noi i cuneesi, Cuneo siamo noi! Siamo noi!" Edoardo Albinati sciuto soste, il 68 resta tuttavia l'unico punto di frattura ancora riconoscibile. Ciò che nel dato elettorale viene oggi a definitiva evidenza è la crisi delle relazioni tra partiti ed elettori prodotta dai movimenti sociali e politici che si svilupparono nel nostro paese tra la metà degli anni 60 e la metà degli anni 70. In particolare il cambiamento che diviene oggi visibile a livello di massa è riconducibile alla pro- . fonda incrinatura introdotta da quei movimenti in quel tipo di relazione che chiamiamo di appartenenza, che aveva dominato fino a quel momento il comportamento di voto. Non posso dimenticare d'altra parte che già in passato l'errore di confondere nell'analisi il livello del risultato con quello dei comportamenti e degli orientamenti fu causa di gravi equivoci interpretativi. Penso al risultato delle elezioni del 1975, a quello che fu definito il "terremoto del 15 giugno" quando assistemmo ad un cambiamento elettorale che per le sue dimensioni è del tutto paragonabile all'ultimo risultato elettorale. il cambiamento del tipo di relazione col partito Anche allora c'era stato infatti un cambiamento nella normativa elettorale che aveva enfatizzato nel risultato la portata effettiva del cambiamento generale. A causa dell'abbassamento della età di voto dai 21 ai 18 anni erano andati improvvisamente "in linea" tutte in una volta sette classi di leva elettorale. E quali classi! Quelle che avendo vissuto in prima persona la rivoluzione di valori e di relazioni che chiamiamo ancora con il nome di "68", accomunate dalla rottura con i riferimenti partitici precedenti e da una conversione politica verso sinistra. L'aumento di 5 punti percentuali a favore dei partiti di sinistra, polarizzatisi in gran parte attorno al Pci, portò i più ad attribuire il segno politico che era esclusivo di una sezione minoritaria (quella giovanile) alla massa dell'elettorato. Un abbaglio del quale fece presto giustizia il voto del 76 che mostrò appunto come fosse imprudente vendere il grasso della balena democristiana senza averla prima catturata. Fuorviati dalle interpretazioni del cambiamento del risultato la cui portata era in effetti tutto sommato meno rilevante di quel che appariva, si tardava a prendere consapevolezza di un cambiamento ben più rilevante che dietro di esso andava sviluppandosi. Esso non riguardava tanto la destinazione partitica del voto, prima democristiano e in quel momento comunista, quanto appunto il tipo di relazione che l'elettore intrattiene con il partito per il quale vota. Per questo motivo, con la collaborazione di Gianfranco Pasquino, formulai la tipologia che individuava fra gli elettori tre tipi prevalenti di relazioni con i partiti verso i quali indirizzavano il loro voto: il voto di appartenenza, il voto di opinione e il voto di scambio. La tipologia avendo finalità prevalentemente analitiche non si preoccupava di avanzare previsioni. Sulla sua base veniva tuttavia formulata l'ipotesi di un crescente ridimensionamento di quella quota di elettorato che era stata fino a quel momento all'origine della stabilità complessiva del nostro quadro politico, e annunciava correlativamente la crescita di quel tipo di elettore che viene spesso scambiato con l'elettore tout court: l'elettore d'opinione. Un elettore guidato sostanzialmente da un atteggiamento laico e razionale, che ha un rapporto di alterità rispetto alle alternati ve in campo e che esprime nel voto soprattutto un giudizio di congruenza tra fini e mezzi. A partire da allora la nostra ipotesi ha incontrato nelle dinamiche elettorali ripetute verifiche che mostravano il ridursi costante del numero di elettori che intrattengono con i partiti un rapporto di stabile incorporazione. Però fino all'ultima consultazione questo era un cambiamento di qualità della relazione, un cambiamento per così dire invisibile, che si sviluppava nella maggioranza dei casi all'interno dei perimetri partitici preesistenti. L'elettore continuava a votare Dc, ma il tipo di rapporto che lo legava alla Dc non era più di appartenenza. Era diventato di opinione. Non aveva più, cioè, la stabilità, i tratti di fedeltà precedenti, ma andava conquistato volta per volta. L'errore nel quale gli analisti, e, purtroppo per loro, gli stessi uomini di partito, sono caduti fino alla fine stava nello scambiare la stabilità del comportamento con la qualità dell'atteggiamento, dimenticando che un elettore può esprimere lo stesso identico voto, dando però ad esso significati diversi. Un cambiamento del quale ci •accorgeremo solo alla fine, perché osservando dall'esterno, l'elettore sembra apparentemente uguale al vecchio elettore di appartenenza. Quello che è accaduto ai democristiani è accaduto peraltro anche ai socialisti e ai comunisti. L' elettore è andato "laicizzandosi". Pur continuando a far riferimento alla antica chiesa, ha sciolto il nodo di incorporazione ecclesiastica che ad essa lo legava in modo indissolubile. Questo non autorizza a ridurre tutti i cambiamenti degli anni 70 al solo superamento delle appartenenze. Accanto ad elettori che hanno modificato il tipo di relazione che intrattenevano con i partiti pur continuando a far riferimento allo stesso partito, ci sono stati elettori che hanno cambiato il partito di riferimento pur continuando ad intrattenere con il nuovo partito lo stesso rapporto di appartenenza che li legava al partito di provenienza. Ma questo fenomeno è stato sicuramente più circoscritto. Esso interessò in particolare la generazione dei nati tra il 46 e il 65, che modificò l'orientamento dell 'appartenenza dal centro-destra alla sinistra. Pur all'interno di una tendenziale contrazione dell'appartenenza, questa generazione si mosse in senso opposto rivitalizzando questo tipo di rapporto con la politica. Ecco perché una lettura deterministica e uni lineare è sicuramente fuorviante. Resta tuttavia che l'esperienza del la generazione 4665 ha tratti sicuramente originali. l nati dopo il 65 sembrano infatti connotati da un abbandono di riferimenti partitici definibli in termini di appartenenza. ARREDAMENTO NEGOZI E SUPERMERCATI ORIEZZA =:-SINTESI 4 UNA ClffA' _,Q Questo cambiamento non è tuttavia sufficiente a spiegare l'ultimo cambiamento elettorale. L'incidenza degli elettori nati dopo il 65 è infatti nell'elettorato ancora troppo modesta. Dietro la vittoria di Berlusconi stanno a mio parere soprattutto vicende che fanno immediatamente capo ali' offerta partitica. Prima che alla crisi e alla trasformazione degli orientamenti degli elettori, al modificarsi del loro rapporto con la politica, essa è riconducibile a una crisi interna ai vecchi partiti. E soprattutto alla crisi interna dei partiti di governo, a cominciare da Dc e Psi. Anche se è plausibile pensare che l'elettorato di Forza Italia sia composto in gran parte da elettori "laici" dei vecchi partiti di governo, non mi sentirei di escludere che in esso siano confluiti anche nuclei di appartenenza dei vecchi partiti, spinti dal la assenza di alternati ve plausi bi!i a loro disposizione. Lei ha definito il voto d'opinione come un voto laico-razionale. E' questo che sta succedendo? Nell'analisi avanzata alla metà degli anni 70 fu questa appunto l'ipotesi alla quale approdammo. Le verifiche empiriche ci costringono tuttavia per il momento ad una correzione. Se è infatti sicuro che assistiamo alla dissoluzione delle relazioni di appartenenza, ispirate a modelli di partecipazione ideologici e fideistici, l'elettore che prende il posto degli elettori di appartenenza è più definibile in negativo, come "non di appartenenza" che, in positivo, come laico-razionale. Una delle condizioni minime per definire il voto di questo elettore come razionale, sarebbe infatti il possesso di alcune informazioni basilari. Tutte le ricerche dimostrano invece che tra gli elettori che sembrerebbero essere "di opinione" il grado di informazione non è maggiore di quello degli elettori di appartenenza. Tenendo conto che grazie ad una maggiore scolarizzazione questi elettori dispongono comunque di un minimo di informazione, si potrebbe addirittura dire che essi sono politicamente più disinformati dei loro predecessori. la magia di un blocco unico, omogeneo, è durata anche troppo L'elettore d'opinione, quello che dovrebbe essere l'elettore che giudica solo sulla base della propria opinione, si rivela spesso un elettore che ha molte e contradditorie opinioni, al plurale, ma è incapace di esprimere nell'opinione quel giudizio "a ragion veduta" che la definizione evocherebbe. Equi è difficile non ricordare i limiti di una democrazia che si affida sempre più ai media e a messaggi semplificati che i media, e soprattutto quello televisivo, sono portati a trasmettere. Il risultato è un pullulare crescente di idee confuse, che in un certo momento grazie alla diversa capacità manipolatoria dei contendenti in campo sono spinte a coagularsi e polarizzarsi attorno a scelte collettive che sono stabili e definite solo in apparenza. La realtà è invece che dietro di esse il mondo delle opinioni non riesce a superare lo stato gassoso ed evanescente. Pensando al futuro sarebbe perciò più prudente muovere dal riconoscimento che il superamento delle vecchie appartenenze ha aperto una fase di grande instabilità dove gli orientamenti collettivi possono modificarsi improvvisamente in direzioni molteplici e opposte. Quindi grande instabilità, idee molte e confuse, tanti sbocchi possibili. Ma la vittoria della destra sembra indiscutibile... Indiscutibile solo sul piano del risultato istituzionale. Sul piano degli orientamenti non è male ricordare che la nuova maggioranza ha dalla sua parte solo il 43% dei voti e che, quindi, dall'altra parte resta pur sempre ancora il 57%. Anche dopo le europee? Innanzitutto è necessario ricordare che nell'ultimo voto di giugno più che ad una espansione della destra si è assistito ad una polarizzazione dell'elettorato di questa area attorno a Forza Italia. I rapporti di forza complessivi si sono modificati invece pochissimo, molto meno di quello che le percentuali darebbero ad intendere. Le elezioni europee sono infatti molto condizionate dal tasso di partecipazione al voto. Vince non tanto chi raccoglie più voti ma chi ne perde di meno. Per valutare l'origine e la reale misura della vittoria della destra quello che va assolutamente evitato è un approccio di tipo calcistico che interpreta il risultato a partire dall'ultimo (e magari unico) goal che ha assicurato la vittoria, senza considerare il comportamento della squadra nella partita e la sua qualità di fondo. E poi si fa in fretta a dire "vittoria della destra". Quello che al momento è fuori discussione è la sconfitta degli avversari. Grazie ad un crescente processo di semplificazione il mito di Berlusconi si è gonfiato sotto i nostri occhi come un palloncino. Prima la maggioranza dei seggi della Camera è stata scambiata con una maggioranza nell'intero Parlamento. Poi si è affermata una lettura che scambia il 60% dei seggi alla Camera con la maggioranza dei consensi popolari. Si è quindi dimenticato che la vittoria non è andata ad un solo partito ma ad una coalizione di partiti divisi e rissosi, uniti solo dalle convenienze elettorali. Procedendo su questo cammino si è infine scambiata la vittoria dei distinti partiti con quella di Berlusconi quasi che egli fosse stato eletto Presidente del Consiglio con il voto diretto della maggioranza degli italiani. La realtà è invece che anche dentro il supposto partito di Forza Italia coesistono assieme alla struttura aziendale della Fininvest, che ha piazzato con successo l'ennesimo prodotto, altre componenti a questa non riconducibili. Basta guardare, ad esempio, ai liberali che sono portatori di un progetto distinto che verrà man mano ad evidenza. Penso alle dimissioni di Calligaris da capo gruppo al Parlamento Europeo perché ostile al progetto di confluenza nel Partito Popolare Europeo portato avanti dal vertice di Forza Italia. Non meno importante è peraltro l'avversione di Urbani alla modifica della legge elettorale in direLA FORTEZZA SINTESI s.r.l. 47034 FORLIMPOPOLI (FO) - ITALV Via dell'Artigiano, 17/19 Tel. (0543) 744504 (5 linee r.a.) Telefax (0543) 744520 .- GRUPPO ~ .... ~ IFZZA

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