Una città - anno IV - n. 34 - settembre 1994

f zione del turno unico e il suo favore invece per il doppio turno che solo può consentire ai gruppi minori che coesistono ali' interno di Forza Italia di resistere ai diktat del partito-Fininvest. Credo proprio che lariforma della legge elettorale sarà ancora una voita iIbanco di prova della robustezza di questa maggioranza. Un banco di prova peraltro già montato considerata l'inevitabilità del referendum previsto per la prossima primavera. Questo per dire che ritengo il discorso ancora molto aperto. La magia del blocco unico, egemone, esteso, è già durata anche troppo. E il successo di Alleanza Nazionale? Debbo riconoscere che non esistono ancora al riguardo spiegazioni soddisfacenti. Il che equivale a dire che il successo di An sembra per più versi eccessivo. Mentre infatti dal punto di vista dei proponenti Alleanza Nazionale coincide pressoché completamente col Msi, per quanto riguarda i rispondenti, cioè gli elettori, essa ha raccolto consensi ben oltre i vecchi perimetri del neo-fascismo. Il fenomeno potrebbe essere spiegato con la dinamica del maggioritario che pinge gli elettori ad agglutinarsi attorno alla proposta che ha possibilità di vittoria. Ma questa spiegazione è valida solo in parte. In molte regioni infatti An era in competizione con gli stessi candidati degli altri partiti della coalizione di destra e non aveva quindi alcuna possibilità di vincere. Eppure anche in queste regioni essa è cresciuta vistosamente. la maggioranza degli italiani sono afascisti La spiegazione deve essere perciò cercata altrove. Da una parte nel ruolo giocato dai messaggi semplificatori dei media. lnnazitutto il messaggio che chiunque votasse per una delle forze della coalizione votava contro la sinistra e contribuiva alla vittoria di Berlusconi. Poi la sostituzione della sigla del Msi con quella di An, e questa con il voto e lo stile moderato di Fini che grazie alla televisione ha consentito di vendere per già esistente quella che è ancora a tuttoggi una mera ipotesi: appunto An. E' però evidente che questo equivoco ha potuto produrre il suo effetto perché c'erano molti che volevano farsi imbrogliare. Penso innanzitutto agli elettori non semplicemente moderati, ma decisamente conservatori che avevano alloggiato nel passato tra i democristiani e gli altri partiti del governo. Questo significa che è caduta la pregiudiziale antifascista? Que<;tosarebbe vero se si poLCsseassumere che l'antifascismo fosse un tratto dominante della cultura na1:ionale. La realtà è invece che la pregiudiziale antifa'>ci<,ta è u "''\J del tutto interna alla classe politica ciellenistica e non invece una pregiudiziale di massa. Non credo che sia discutibile il fatto che la maggioranza degli italiani sia stata semplicemente a-fascista. Nel male e nel bene. Nel male perché questo significa che i valori dell'antifascismo non sono mai diventati patrimonio comune. Nel bene perché proprio questo ci consente di escludere una lettura che interpreti il voto verso An come una regressione fascista. E i giovani? Hanno votato a destra? La risposta non è semplice. Questa volta abbiamo almeno il vantaggio di evitare i trabocchetti del confronto Camera-Senato che non ha avuto mai alcun senso. La diversa delimitazione territoriale dei collegi elettorali rende infatti l'operazione impossibile. Né possiamo guardare al dato complessivo che vede il risultato del Senato molto meno lusinghiero per la destra di quello della Camera. Esso è infatti da attribuire alle diverse strategie coalizionali suggerite ai partiti dalla differente normativa elettorale prevista per le due camere. Per analizzare il voto giovanile siamo perciò nelle mani dei sondaggi. Per dare una risposta corretta è però necessario metterci d'accordo su che cosa intendiamo per giovani. Essi possono essere identificati con le matricole del voto, o invece con gli elettori che votano solo alla camera, o invece pos. iamo estendere questa categoria finoacomprenderequanti abbiano meno di 30 anni. Per quel che mi riguarda preferirei far riferimento a quest'ultima definizione, anche perché, come ho già detto, riconoscono nelle eia si dei nati dopo iI65 una scansione di tipo generazionale che li contrappone a quanti sono nati nel periodo 46-65. Facendo riferimento a questo gruppo è sicuramente riconoscibile una forte presenza di orientamenti di destra. Questo connotato è però reso visibile ed enfatizzato, nella misura in cui questo gruppo viene messo a confronto con la generazione immediatamente precedente. Lo stesso non si può invece dire se il confronto viene operato con l'insieme di quanti hanno più di 30 anni. L'andamento dell'orientamento di destra è in altri termini di tipo curvilineo. Tra i nati prima del 45 prevalgono cioè gli orientamenti di destra. Poi, dopo il 45 si assiste a uno spostamento a sinistra, per registrare, dopo il 65, un ritorno a destra. Questo ritorno porta però l'ultima generazione su livelli inferiori a quelli delle generazioni precedenti al 45. Essi sono cioè più di destra dei fratelli maggiori. ma meno dei loro padri e dei loro nonni. I dati sconsigliano quindi una lettura dcstrista dcli' orientamento dei giovani. Sembra di capire che, tutto sommato, siamo rientrati in una normalità che solo la generazione del 68 aveva alterato. Infatti. La vera specificità è quella della gcnera1:ionc post-bellica. Una \pccificità ricono<,cibile a Iivello mondiale e non \OItanto all'interno della vicenda italiana. La generazione post-beli ica è certo quella per la quale è più facile riconoscere tratti comuni e coincidenze. Apparentemente è quella che ha azzeccato più di ogni altra le date giuste. Se non fosse che poi molte occasioni si sono rovesciate di segno trasformando le possibilità in limiti. La prima data "azzeccata" è stata quella di nascita: quella di essere nati a cose fatte, di essere usciti dal pancino della mamma solo dopo essersi assicurati che erano finiti i bombardamenti. E dopo questa tante altre: l'iscrizione alla scuola media dopo la soppressione dello sbarramento dell'esame di ammissione, l'ingresso nell'università dopo la liberalizzazione degli eccessi e dei piani di studio, l'inserimento nella professione nel tempo dei provvedimenti ope legis. il partito di massa è durato 20 anni, non di più Una generazione formatasi in un clima di ottimismo, di recupero di valori che la guerra e iIdopoguerra avevano fatto regredire. Una generazione cresciuta in un tempo di liberazione e di condivisione collettiva. Quasi ali' opposto della generazione immediatamente precedentedominata dalla scarsità di risorse, dalla paura e dall'ansia. Tornando ai giovani, bisogna quindi stare attenti ai paragoni. Dal punto di vista della politicizzazione -un tratto immediatamente evocato dall'elettore di opinione che dovremmo presumere capace di esprimere un giudizio competente, guidato dal senso di efficacia. e coinvolto nel processo politico- si deve riconoscere che l'ultima generazione è sicuramente meno politicizzata di quella precedente ed anche incomparabilmente più incompetente, tuttavia non meno politicizzata e competente della generazione più anziana. Anche su questo versante non approderei quindi ad un giudizio negativo né mi assocerei al le lamentazioni sul ladecadenza dei tempi. Si parla di videocrazia, di passaggio epocale nella storia della democrazia ... o, non sono per nulla d'accordo. Sono definizioni che per formazione culturale tendo ari fiutare. Di presunte svolte epoca Ii ne abbiamo vissute ormai troppe. Per fermarci alla cultura materiale penso all'annuncio della nuova epoca aperta all'inizio degli anni 80con l'csplosioncdclrinformatica distribuita. Quanto alla televisione ne andiamo scoprendo alcuni effetti solo ora, ma tutto è iniziato molto prima. E poi si inserisce anche essa all'interno di un processo più ampio di cambiamento 1ccnologico e culturale che si sviluppa con continuità. Credo proprio che dall'annuncio dcll'ini1.io di nuove epoche o ere po\<,adifenderci !>Oloil ~cmo della sto concetto a lezione mi capita di evocare dal l'esperienza quotidiana l'esempio delle zolle di sale o di zucchero che a causa dell'umidità spesso si formano contrapponendo quindi i grani così ammassati agli altri che mantengono la propria individualità. I primi resi dall'umido compatti e coesi e spostabili quindi solo in blocco, i secondi invece distinti e mobili. Anche nella società si determinano spesso fenomeni di questo tipo. Anche nella società ci sono eventi che ammassano gli ~ individui privandoli della loro distintività individuale. Anche nella società ci sono umori che talvolta legano i grani individuali costituendoli in blocco: il sangue, il sudore, le lacrime. E' di questi blocchi, non di un insieme più o meno grande di -;: granelli isolati, che il partito di massa è rappresentante. Ed è per questo che possiamo avere grandi partiti di rappresentanza individuale e piccoli partiti di massa. Ma, come abbiamo detto, il presupposto fondamentale per l'esistenza del partito di massa, è la sopravvivenza della massa. Se essa si dissolve, se gli umori che la tenevano insieme -il sangue, il sudore, le lacrime- si asciugano e addirittura si disperde anche la loromemoria, assieme alla massa si dissolve il partito di massa. Ed è appunto quello che è avvenuto nel nostro paese. Spesso proprio grazie ali' azione dei partiti di massa, sono venute meno le condizioni, le sofferenze, che quelle masse avevano prodotto. misura e ancor meglio il senso del ridicolo. Penso che i cambiamenti che stiamo vivendo siano certo profondi ma da qui a parlare di apertura di un'epoca ce ne vuole. Anche per quanto riguarda la fine delle appartenenze politiche, con la quale abbiamo iniziato questa nostra chiacchierata, spesso siamo portati ad enfatizzare le discontinuità e le contrapposizioni oltre il lecito. Deviati da un approccio modellistico e dalla tentazione di leggere i processi sociali come se fossero unilaterali e irreversibili spesso ci siamo inventati un passato mai esistito. Quasi che i connotati dell'elettore di appartenenza fossero attribuibili a tutti gli elettori del passato. Oltre ad essere parziale, anche la vicenda delle appartenenze partitiche è invece una vicenda storicamente circoscritta. Una vicenda che oltre ad avere una fine, ha un inizio e neanche troppo lontano da noi. A livello di massa è questo un fenomeno iniziato con la mobilitazione della prima guerra mondiale. Anche includendo al suo interno l'esperienza del partito fascista, si tratta perciò di una vicenda durata poco più di mezzo secolo. La realtà è che il fenomeno è ancora più circoscritto. Il processo di affermazione e organizzazione delle appartenenze consegue infatti una certa compiutezza solo nel secondo dopoguerra. Come spesso accade ne abbiamo preso consapevolezza proprio nel momento in cui iniziava il suo declino. Ad essere rigorosi il periodo del partito di massa, va dalla Resistenza al Centro-Sinistra: non più di vent'anni. Veramente pochi. Pensando alle ricerche degli anni 60 di Galli e del Cattaneo che di questo partito ci hanno lasciato la fotografia più completa, il periodo analizzato -appunto quello che va dal 45 al 63 - che essi pensavano come una realtà con radici antiche e un futuro non meno indefinito, si rivela ora chiaramente non una parte della storia, ma più o meno come l'intera storia. Ma c'è un futuro per la "forma-partito"? Se per "forma-partito" intendiamo il partito di massa mi verrebbe di dire che esso è definitivamente alle nostre spalle. Ma è certo più prudente stare alla regola del ·'mai dire mai". Non solo non si può escludere infatti che questo tipo di formazione politica torni in futuro a dominare la scena, ma potrebbe addì rittura darsi che mentre la nostra attenzione è rivolta altrove essa stia già rinascendo. Cerco di spiegarmi meglio. Presupposto fondamentale per l'esistenza del partito di massa, è appunto l'esistenza cliuna massa. Purtroppo nel linguaggio comune il concetto di massa ha f'inito per ridursi alla categoria della quantità. E' a causa di questo che quando si parla di partito di massa si pensa ad un partito grande, con un grande seguito. Una massa non è invece un grande numero di individui, ma un insieme di individui "ammassati". PcrchiarircqucE' quello che è avvenuto per le masse contadine, per le masse operaie, per le masse cattoliche prodotte dal processo di modernizzazione e secolarizzazione avviato nell' 800. Ma nulla esclude che altre masse si formino e assieme ad esse altri partiti di massa. Come escludere che tra gli immigrati che vanno ammassandosi in Europa possano svilupparsi partiti che li interpretino e rappresentino inquanto masse? Per quel che riguarda il presente dobbiamo però riconoscere almeno il superamento dei partiti di massa del passato e lo spostamento della rappresentanza da rappresentanza di masse a rappresentanza di individui. Un processoquestochehacerto in Berlusconi un nuovo protagonista, ma che è stato interpretato innanzitutto da Craxi. E' stato infatti il craxismo ad assumere compiutamente per primo come referente della sua azione l'individuo prendendo atto che il "Mondo operaio" al quale aveva fatto riferimento in passato il Psi poteva al massimo avere un senso come riferimento retorico nella testata della rivista ufficiale del partito. Non a caso -come oggi per Berlusconi- il referente tipico della proposta craxiana, al posto del mondo operaio, diventò quel "terziario avanzato" fatto di emergenti ..e yuppies di cui si amava discutere ali' inizio degli anni 80. Al di là dell'inevitabile folclore giornalistico, resta però che allora come ora il soggetto che chiedeva e al quale si offriva rappresentanza si imponeva per la rivendicazione di esser riconosciuto come individuo, portatore di progetti individuali, scioltoorrnai definitivamente da ogni appartenenza di massa. - PROGRAMMI DI FORMAZIONE AUTUNNO 1994 I. La classe come gruppo cooperativo Conduttore: Luca Ferrari, formatore Milano, 24-25 settembre 1994 Orario: 9,30-12,30/14,30- I8 Partecipanti: minimo 15, massimo 25. 2. Imparare a giocare in modo cooperativo Conduttrice: Sigrid Loos. pedagogista Genova, 15-16 ottobre 1994 Orario: 9,30-12,30/14,30-18 Partecipanti: minimo 15, massimo 25. 3. Lo sfondo integratore Conduttrici: Vanna Vecchioni e Rita Croci. pedagogiste Milano, 22-23 ottobre 1994 Orario: 9.30-12.30/14,30- l8 Partecipanti: minimo 12. massimo 30. 4. Teatro dell'oppresso ed educazione alla pace Conduttore: Roberto Mazzini. psicologo e formatore Milano. 5-6 novembre 1994 Orario: 9.30-12,30/14,30- I8 Partecipanti: minimo 12, massimo 28. 5. L'ascolto nella relazione educativa Conduttore: Alberto Dazzi. psicologo e formatore Genova. 26-27 novembre 1994 Orario: sab. 15-18.30. dom. 9,30-12/14,30-18 Partecipanti: minimo 12, massimo 20. L'iscri:ione è di [. 150000 per ogni corso (we,,kend). da inviare a mez::.ovaglia postale al Centro Psicopedagogico per la pace, Stradone Famese 74 - 29100 Piacenza. entro dieci giorni primo della data di inizio del corso. Per informazioni: CCP te/. e fax 0523/327288 UNA ClffA' 5

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