Una città - anno IV - n. 34 - settembre 1994

line : quello della persona sociopatica che accusa la società, che ritiene di essere vittima della società. Ma il farmaco non ha una funzione riabilitativa? Spesso i parenti ci dicono: "prende le medicine eppure non migliora, sta sempre più in casa ...". Il risultato del farmaco è sempre quello di costruire un piccolo capro espiatorio: una persona sempre più chiusa in casa, sempre più acatisica, che, cioè, marca il passo come se non sapesse decidersi, sempre più piena di tremori, sempre più inibita. Viceversa è ristabilendo circuiti di desiderio -che possono prevedere anche piccoli momenti di crisi che, però, non spaventano nessuno- che si può riportare il farmaco a ciò che deve essere: un utilissimo strumento, soprattutto in psichiatria, per gestire il bruciore estremo della crisi. Non per cancellarla, ma per consentire che la stessa crisi diventi un linguaggio, un testo sul quale poter lavorare, una base di rapporto. Quando il dolore è troppo forte occorre una piccola sedazione, divinum est sedare dolorem, diceva la scuola salemitana, ma usare un farmaco continuamente per evitare un futuro dolore è un po' come se noi prendessimo tutta la vita gli antibiotici temendo di sviluppare una infezione da germi piogeni. anche dopo crisi gravissime ora lavorano al bar ••. Quindi in molti casi bisogna pensare coraggiosamente che il farmaco deve essere sospeso. Il rapporto coi familiari diventa decisivo ... E' il concetto fondamentale del continuo patteggiamento del permesso riabilitativo da parte del contesto familiare e sociale di una persona. E senza il permesso a che una persona si possa riabilitare in certi luoghi, in certe funzioni, non andiamo molto avanti. E' come la barzelletta di quello che crede di essere un chicco di grano e dopo trent'anni di manicomio esce ma torna angosciatissimo dicendo al medico: "ho incontrato una galDIFFUSIONE SPECIALISTARTICOLIDABAMBINO CENTROCOMMERCIAL«EIl GIGANTE» BABYCROSS · GIGANTE ViaCampodeiFiori47100ForfìTel.0543/72102F3ax0543/724797 BABYCROSS · RIMINI ViaNuovaCirconvallazion2e1,47037Rimin(iFO)Tel.0543/777552 110 eca l:i1no 1anco lina", e il medico: "ma lei è un uomo ...", "io lo so ma la gallina no". Occorre, cioè, che anche gli altri sappiano che una persona può giocare a bocce, può stare in mezzo agli altri, fare battute di spirito, lavorare, con le dovute cautele e garanzie. Il concetto di continuo patteggiamento del permesso riabilitativo si rità ad un movimento sociale che è in atto da tempo. Con la legge 180, del maggio '78, s'era creata una contrapposizione con le famiglie di persone che venivano scaricate dal manicomio a casa, o che non trovavano più le agenzie sociali che accogliessero il loro disagio. Alcuni familiari si erano associati per rivendicare la riapertura dei manicomi. Ma da alcuni anni -forse grazie anche al lavoro di tantissimi operatori, che hanno aperto servizi, facendo lavori ingrati, come i trattamenti sanitari obbligatori, muovendosi anche in autostop, come è accaduto a me più volte, o chiedendo alle camionette dei carabinieri di accompagnarci- nessuna associazione di familiari porta più avanti questa piattaforma. Si sono resi conto che sarebbe una follia riaprire i manicomi: si riaprirebbe una grande ferita interna. E non si vergognano più di essere parenti di disagiati mentali, ma ne fanno un elemento forte del loro impegno civico e ora, senza queste associazioni, noi saremmo come senza un braccio. Sono proprio le associazioni dei parenti che ci consentono di lavorare. di avere udienza anche presso i nostri amministratori. Il patteggiamento è rivolto a quei familiari che per tanti anni hanno continuato a delegare tutto al farmaco, e che, quando si accorgono che non è servito a niente. cominciano a chiedersi il perché. E se all'inizio le domande sono di tipo psicoeducativo, in eguito, attraverso queste domande, emerge sempre la storia di vita della persona, della famiglia, e i privati miti di malattia. Emerge tutta una componente magica del vissuto della malattia. Circa I' 80% dei nostri pazienti -quelli dichiarati- prima, durante o dopo il trattamento, hanno frequentato esorcisti, o hanno chiesto l'intervento del mago, o corteggiato le sette carismatiche. E' una dimensione veramente sorprendente. Così come è sorprendente che l'operatore non si occupi di questa dimensione e dello stesso coefficiente di magia presente nella sua propria formazione. Ma questo è un discorso un po' a parte che sarebbe importante sviluppare ulteriormente. Chi sono i vostri utenti? Gli utenti li suddividiamo in due classi: i cosiddetti giovani, persone che stanno al di sotto dei quarant' anni, con una frangia di adolescenti molto consistente, che non hanno precedenti di ospedalizzazione; e quelli al di sopra dei quaranta-quarantacinque anni, che quasi sempre hanno fatto uno o più ricoveri e hanno seguito uno o più cicli di elettroshock. Ora, chi ha avuto un periodo di ricovero, e quindi di separazione dal suo ambiente, di più di cinque anni dovrebbe essere prognosticamente male inquadrato nella riabilitazione. Invece va detto che in Italia, proprio grazie alla chiusura dei manicomi, abbiamo ottenuto risultati stupendi anche con dei sessantenni. Ma detto ciò; è certamente vero che queste due tipologie, che tendono a mischiarsi, meriterebbero di essere tenute separate. Noi lo stiamo facendo. Abbiamo venti gruppi di attività, di gite, di attività estive, ludiche, espressive, lavorative, e tendenzialmente, salvo molti momenti di festa e alcune gite particolari, tendiamo a tenere separati "i giovani" dagli anziani. Teniamo presente che la persona che passava tre anni in manicomio era poi riconoscibile a vista dappertutto. Quindi il portato è diverso, le stereotipie istituzionali sono forti e necessitano un approccio differenziato rispetto alla persona che non ha mai visto istituti totali, o, e questo è molto importante, a quella che pur avendo avuto molti periodi di crisi ha fatto solo brevi periodi di ricovero tornando a casa ogni volta. Tante persone che hanno avuto periodi di crisi anche gravissima oggi lavorano, per dire, al bar in cui prendiamo il caffè. Qui nel quartiere Prati, nell'arco di un chilometro abbiamo otto nostri pazienti gravi che lavorano, che sono inseriti in mezzo alla gente, che vivono una loro vita. Questo è un aspetto molto importante. Hai parlato di adolescenti ... Una novità sta nell'espansione della fascia adolescenziale nella nostra attuale società, se pensiamo Pest Control Igiene ••blentale • Dlslnfesta•lonl - 0-attl••••lonl · Dlslnfe•lonl • Allont■n■-to col-bi da edifici • 111onu111entl • Dlslnfesta•lonl di parchi • giardini • Indagini n■tur■llstlche 47100 ForD • via Meucc~ 24 (Zona lndustriak) TeL (0543) 722062 Telefax (0543) 722083 che l'accesso al lavoro è sempre più ritardato, e si può essere post adolescenti fino a 27-28 anni. Certo, c'è un bel passaggio considerando che nelle miniere di carbone inglesi del 1705 lavoravano ragazzi di sette anni. Non c'è dubbio che l'adolescenza sia un luogo privilegiato per l'osservazione e la previsione degli sviluppi patogeni della società. E accanto alle patologie classiche è mutata certamente la tipologia del break down evolutivo, della crisi evoluti va che si manifesta ad esempio in tante cose: l'abuso di droghe, l'abuso di alcool, un certo tipo di frequentazione in discoteca, le condotte ordaliche, volte a ricercare il limite fra "ce la faccio e non ce la faccio", "vivo o non vivo", come, per esempio, guidare a 200 all'ora di notte. Ma tutto questo senza alcuna patologia. La cosa drammatica è che molti ragazzi totalmente normali, se possiamo usare questo termine, purtroppo muoiono in incidenti perché vivono in un contesto per cui la percezione di esserci è molto labile, è come se dovessero cercare sempre delle sensazioni, delle percezioni per esserci, per sentirsi. non sono qui per te ti dice un camice sporco L'università non ha più un grande coefficiente di sentimento di identità, così come un mercato del lavoro che accoglie ed espelle. E quando si ritorna disoccupati dopo due anni di contratto di formazionelavoro, si ritorna adolescenti, ed è un processo molto doloroso che alimenta una sorta di rabbiosa contrapposizione nei confronti proprio degli esponenti della mia generazione, cioè di persone viste come inserite, che ce l'hanno fatta anche . perché hanno avuto un imprinting ideologico. Negli adolescenti attuali io vedrei, non espressa, ma presente, una sorta di nostalgia dell'ideologia, cioè di qualche cosa che garantisca sul piano dell'esserci. Quindi gli adolescenti che ce la fanno, che riescono, sono quelli paradossalmente dotati di un credo religioso, di un'appartenenza forte. Come i I fatto di appartenere in modo parossistico alla tifoseria della squadra di calcio perché è l'unica cosa che rimane, l'unica cosa che consente di essere qualcuno con gli altri in un progetto comune: sostenere la squadra del cuore. E il fatto che la tifoseria sia qualche cosa di più complesso di quello che noi possiamo immaginare è dimostrato anche dal recente successo di Forza Italia: un grido calcistico è diventato in due mesi il più forte partito politico italiano. Questo la dice lunga sui processi di aggregazione e sui livelli immediati e deideologizzati di aggregazione fra le persone. La contraddizione fra processi riabilitativi e quindi socializzanti e una società che tu chiami autistica persiste ... Infatti. Oggi le persone per lo più fingono di parlare fra di loro, ma parlano di televisione. Quei pochi che non guardano la televisione non capiranno niente della realtà, però possono cogliere meglio come la gente, i gruppi familiari, i gruppi di amici, si incontrino e fingano di parlare, fingano di dialogare, perché parlano dell'ultimo spettacolo televisivo visto. Questo incontrarsi e parlare di televisione riporta ad un'idea di comunicazione fondamentalmente autistica. Molti nostri pazienti parlano con la televisione, e non c'è molta differenza. Ormai da tre anni con i miei pazienti ho smesso di fingere di conoscere personaggi di cui so vagamente solo il nome, e allora chiedo i caratteri fisici e i miei pazienti mi guardano stralunati. Negli ultimi tre anni, attraverso il lavoro di riabilitatore, mi è diventato ancora più chiaro che non possiamo riabilitare i nostri utenti ad una normalità orribile, ad una normalità autistica, ma che l'obiettivo è quello di restituire frammenti di normalità arricchita con dei correttivi, con delle migliorie, cercando di modificare alcuni aspetti magari microscopici, ma che incidono, se vuoi anche solo sul piano estetico, nell'ambiente. Vuol dire ripensare anche le stanze dove viviamo, gli ambienti dove siamo costretti a vivere. Come si può uscire da una dimensione autistica per noi operatori? Richiamandoci alla dignità di un lavoro che, se non è gratificante dal punto di vista economico, permette di campare e che -cosa importante- è scelto. Allora per la nostra riabilitazione il primo esame da fare è misurare il piacere di andare al lavoro alla mattina. Il secondo è verificare, fermandoci un attimo, se abbiamo in mente i nostri utenti prima di venire in contatto con loro. Bisogna avere in mente la persona o le persone che abbiamo di fronte. Terzo elemento fondamentale è tirare fuori il meglio da ciascuno di noi. Se io ho, ad esempio, un piacere particolare per l'opera o per un certo tipo di arte, io questo devo farlo entrare nel mio lavoro, perché mi fa piacere, perché è bello, perché ne posso parlare, posso far sentire questo piacere, questa mia vitalità attraverso il piacere di parlarne. Un'immagine, pensate quanto diffusa, di un ufficio pubblico, di un ambulatorio dove l'infermiere legge il giornale, il medico è distratto, non vede l'ora di scappare, i camici sono sporchi ... è un biglietto di presentazione istituzionale: "noi non siamo qui per te". Se invece abbiamo persone vestite dignitosamente, che stanno volentieri lì, che rispondono garbatamente, con una rieducazione alla gentilezza, questo ci fa pensare che quelle persone sono lì per noi, che stanno bene e quindi fanno stare bene anche gli altri. •' i rialzi in legno a forma di pesce, di uccello, di fiore Queste considerazioni derivano anche da un recente viaggio a Trieste con una quindicina di miei colleghi e con il mio primario, che ha lavorato otto anni a Trieste con Basaglia, e c'è tornato praticamente solo in questa occasione. E quello che tutti abbiamo afferrato è questo senso di incidere sulla normalità della vita ma arricchendola. Abbiamo visto un' ex-degente che batteva al computer su una scrivania meravigliosa, fatta con un disegno di Antonio Villlis, che è un designer argentino che lavora per la cooperativa di Trieste, e l'esterno dei cassetti era dello stesso materiale del battiscopa della stanza. Questo dava proprio l'idea di un pensiero. O una biblioteca, ad esempio, fatta con i rialzi per i libri di legno, e ogni rialzo aveva la forma di un pesce, un fiore, un uccello, un albero, e dopo un po' l'occhio coglieva questa diversità pensata anche nei piccoli particolari ... piccoli correttivi, sempre da inventare, da aggiungere, da migliorare ... • (m CORRIERE ESPRESSO GROUP INTERNATIONAL FORLI' - P.zza del Lavoro, 30/31- Tel. 0543/31363. Fax 34858 RIMINI - Via Coriano 58 - Blocco 32/C - Gros Rimini Tel. 0541/392167 - Fax 392734 SERVIZIO NAZIONALE E INTERNAZIONALE 70 SEDI IN ITALIA UNA CITTA• 1 1

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