Una città - anno IV - n. 34 - settembre 1994

"' IO • era, in produzione, funzionava già. Le macchine c'erano già tutte, sai vole presse che erano ancora ferme, per fare 3 o 4 vetture al giorno a titolo sperimentale. Nella fabbrica integrata di Melfi la Fiat sta sperimentando il superamento del vecchio modello taylorista. L'operazione "prato verde": su migliaia di dipendenti solo 31 hanno lavorato in Fiat precedentemente. La Fiat vuol tenere per sé le decisioni su turni, tempi e inquadramento. L'importanza della formazione di operai e tecnici. La presenza rilevante delle donne. Gli spazi per l'iniziativa operaia. Intervista a Vittorio Rieser. Era una specie di gigantesco laboratorio che stava mettendo a punto le macchine egli aspetti organizzativi, e in questo laboratorio lavoravano mille persone. Quindi quasi un migliaio di futuri lavoratori di Melfi hanno lavorato, da settembre in poi, in stabilimento non per produrre, ma per provare a produrre. Mille lavoratori vuole dire certamente l'elite della produzione, di operai comuni tra questi mille cene erano solo una cinquantina, gli altri erano tulle figure qualificate: i conduttori, i manutentori, tutte le figure tecniche dei lavoratori. Un dato interessante è che di questo migliaio I IOerano donne, che non è poco perché se andiamo a vedere in qualsiasi stabilimento Fiat le donne sono, se va bene, il 2 o 3% nelle categorie al di sopra dell'operaio comune. Un dato ancora più interessante è la formazione sul campo che aveva questa gente, non solo il corso o qualche addestramento, ma il mettere a punto la fabbrica: c'è il progetto, poi, a progetto realizzato, si comincia a vedere come funziona e qui si operano diecimila piccole modifiche che ovviamente incidono sulla logica di fondo del progetto. La nostra impressione è che la Fiat formasse così la sua avanVittorio Rieser è ricercatore dell'IRES-centro studi e ricerche della Cgil di Torino. Tu hai fama di essere, nel sindacato, favorevole alla fabbrica integrata. Comunque sia te ne sei occupato, in particolare della Fiat di Melfi. Ce ne puoi parlare? Ho la nomea di essere favorevole alla fabbrica integrata, forse perché me ne sono occupato per primo, prendendola sul serio quando molti sostenevano che era pura propaganda atta a mascherare il solito taylorismo. Adesso tutti riconoscono che non è più taylorismo. Dopodiché io cerco sempre di tenere distinto il piano dell'analisi, che deve essere il più possibile avalutativa, dal piano politico, rispetto al quale, ad esempio sul!' accordo di Melfi, ho preso posizioni molto polemiche. In generale si può dire che si è aperta una fase nuova, non so dire se della stessa portata e della stessa durata di quella taylorista, ma certamente una fase che costituisce una risposta più avanzata del capitalismo alle nuove condizioni del mercato, della concorrenza internazionale, eccetera. Anche rispetto alla fabbrica integrata, comunque, il compito del sindacato è di contrattare al meglio le condizioni di erogazione della forza lavoro. Quello del sindacato non è un compito rivoluzionario, non è rovesciare il capitalismo, e quindi non è neanche quello di rovesciare il modello della fabbrica integrata. Uno può anche sostenere questa posizione, può dire, come ha detto Bertinotti un po' di tempo fa, "mettiamo la sabbia negli ingranaggi della fabbrica integrata", sono posizioni politicamente legittime, ma il sindacato non ha questi compiti, il sindacato deve, nell'ambito dei rapporti di produzione esistenti, contrattare nel modo più vantaggioso le condizioni di lavoro. la Fiat ha tenuto per sé orari, tempi e inquadramento Questo, per me, è un criterio-base valido sempre. Se un sindacato cerca di andare troppo in là rispetto ai suoi compiti istituzionali alla fin fine ci rimette e ci rimettono i lavoratori. Allora questo è il problema da cui io parto: come contrattare i problemi nuovi creati dalla fabbrica integrata. E a questo proposito? A Melfi per esempio cosa è successo? Il sindacato finora ha fatto molto poco e nel caso della Fiat di Melfi meno che meno, nel senso che, MUSTIOLA NEGOZIO AFFILIATO semplicemente, ha sempre subito l'iniziativa dell'azienda, a partire dalla scelta della localizzazione ed al collegamento di questa con alcuni vincoli sull'orario e sui turni. Del fatto che oggi il toyotismo prevalga come modello a livello mondiale e che quindi arrivi anche alla Fiat non si può far colpa al sindacato. Ma cbe Melfi nasca -prima che si discutesse di ogni altra cosa, prima che si cominciasse a costruire lo stabilimento, prima che ci fossero i lavoratori- con già fissati in partenza i regimi di orario su tre turni, notte e sabato compresi, senza riduzione di orario ed estesi anche alle donne, non era affatto inevitabile, era semplicemente una condizione politica, posta dalla Fiat, che il sindacato ha subito. La seconda tappa è stata l'accordo del 11 giugno '93 dove, senza negoziazione, il sindacato prende atto di un nuovo metodo di misurazione dei tempi precostituito dalla Fiat. Esiste tutt'ora, nel resto degli stabilimenti Fiat, un sistema di misurazione dei tempi noto come TMC I, derivazione del I' MTM classico internazionale. E' un sistema di tipo tayloristico ed è un sistema che, a detta dei compagni esperti, pur nel limite di aver come punto di riferimento un personaggio inesistente - cioè l'uomo medio, con una stessa sequenza di movimenti che nella realtà, invece, sono diversi se fatti da un uomo di vent'anni o di cinquanta, da un uomo o da una donna- ha una sua logica, assegnando a un certo mollimento un tempo maggiore degli altri sulla base di un' osservazione degli effetti stancanti di certe operazioni, e così via. E in più, su questo sistema si è innestata una contrattazione sindacale che ha ottenuto dei tetti di saturazione del lavoratore, delle pause. Questo sistema, bene o male, negli stabilimenti Fiat, anche negli anni peggiori, non è stato rimesso in questione, ma a Melfi lo si è aggirato, in parte con la scusa che certe linee di montaggio nuove, più flessibili, non erano quelle tradizionali, q uindi non c'era più la pausa di 40 minuti, ma di 20 ... A Melfi la Fiat ha introdotto unilateralmente, come sistema di partenza, un nuovo sistema di calcolo dei tempi che, secondo i calcoli dei nostri esperti, ovviamente calcoli approssimativi perché su queste cose la Fiat non ha dato informazioni adeguate, comporterebbe mediamente, con grosse differenze da una mansione ali' altra, un'intensificazione dei tempi del 20%. Questo come condizione di partenza. E di questa decisione unilaterale della Fiat il sindacato ha preso atto. Ma che tipo di relazioni induALIMENTI NATURALI di PATRIZIA FERRARA viale Il GIUGNO, 62 tel 53063 Prodotti freschi (pane, biscotteria, torte, pizze, eccetera) e confezionati frutta e verdura biologica alimenti macrobiotici integratori alimentari J 6 UNA CITTA' striali ha immaginato la Fiat? Nel caso di Melfi la mia impressione è che la Fiat abbia progettato un nuovo modello organizzativo e delle nuove relazioni industriali, che non vuol dire un sistema totalmente di comodo, in cui il sindacato non esiste, ma un sistema in cui, già dal principio, sono decise quali scelte riservarsi e quelle su cui invece è opportuna una contrattazione sindacale. Ecco allora che la Fiat s'è riservata la scella dell'orario, del sistema dei tempi e, questo è un altro aspetto importante, le scelte relative all'inquadramento professionale. Su questo c'è un contratto che vale, ma in esso c'è un inquadramento talmente obsoleto che non è in grado di mordere su nuove realtà tecnologiche e organizzative come quelle di Melfi. E il fatto che nell'accordo non sia stata prevista alcuna commissione per discutere di inquadramento, vuol dire che è il terzo punto che la Fiat si riserva di decidere da sola. Ci sono altri aspetti su cui, invece, la Fiat offre terreni di contrattazione al sindacato. Fra questi il più importante è il salario variabile. lo non ho mai avuto pregiudizi contro voci di salario variabili, purché uno possa contrattarne e controllarne il funzionamento. Premi legati alla redditività dell'azienda, per esempio, dipendono da variabili finanziarie, di mercato, che nessuno è in grado di controllare. a Melfi un cottimo più vicino ai lavoratori A Melfi il salario variabile è legato a parametri di produttività, di qualità, di vari tipi di efficienza, con un riferimento a livello di stabilimento, a livello di officine e a livello di squadra, con un peso crescente per il livello più piccolo. Cioè, quando lo stabilimento sarà a regime, su 100 di salario variabile il 50% sarà determinato dell'andamento degli indici a livello di squadra, il 30% dagli indici di officina, il 20% dagli indici di stabilimento, quindi sono condizioni abbastanza ravvicinate ai lavoratori. Una commissione deve controllarne il funzionamento e quindi questo può essere il terreno dove si contratta, non limitandosi a registrare il premio, ma avendo modo di dire se gli obiettivi sono irraggiungibili o meno, se sono adeguate certe condizioni di organizzazione del lavoro. Ci sono altri aspetti di partecipazione sindacale effettiva, ad esempio sui problemi di formazione e nelle commissioni, dove rappresentanti sindacali e rappresentanti dell'azienda si confrontano su tutti i problemi che nascono dal nuovo modello organizzativo, sulle condizioni di lavoro, sulla possibilità di realizzare certi obiettivi di qualità, eccetera. Molto dipenderà da come sarà il sindacato di Melfi, nel senso che tutte queste questioni offrono delle notevoli possibilità per un sindacato che abbia un forte radicamento fra i lavoratori e una forte autonomia di classe. li problema è che aver accettato in partenza una serie di scelte unilaterali della Fiat non è stato il modo migliore per iniziare. E' anche vero che quelle scelte sono state fatte quando i lavoratori a Melfi non c'erano mentre adesso ci sono, adesso dovranno essere elette le Rappresentanze Sindacali Unitarie e se a Melfi nasce, com'è sperabile, un'autentica rappresentanza sindacale di azienda, questa potrebbe avere anche un' autonomia maggiore. Il secondo elemento è che il gruppo dirigente nazionale della Fiom è parzialmente cambiato rispetto ad allora ed è sperabile che quello attuale sia un po' meno docile di quello precedente. Nell'ultima vertenza Fiat il sindacato ha avuto un atteggiamento molto più combattivo e più autonomo che in passato, ma questo è anche legato al fatto che, siccome la vertenza riguardava anzitutto Torino e Milano, si è dovuto inevitabilmente dare spazio alle strutture sindacali torinesi e milanesi che da sempre avevano una posizione molto più autonoma di quella della dirigenza nazionale Fiom. E comunque è stata un'esperienza dove, per la prima volta dopo molti anni, il sindacato ha mostrato di nuovo una capacità dialettica e autonoma rispetto alla Fiat, anche se perii futuro c'è ancora un grosso punto interrogativo. A Melfi la Fiat ha fatto tabula rasa di ogni precedente professionalità. La linea del "prato verde". Puoi spiegarci? La Fiat ha scelto una zona senza industrie, il "prato verde", per tante ragioni, non solo per avere mano d'opera docile pronta a tutto. Passate esperienze di altri stabilimenti nel sud, anch'esse "prati verdi", con mano d'opera senza termini di confronto con una condizione precedente che non fosse di inoccupazione o di occupazione a bassissimo livello di reddito, hanno dimostrato che dopo poco anche lì c'erano fior di lotte. La differenza profonda riguarda la gerarchia. Se negli stabilimenti fatti in passato la gerarchia arrivava in massa da Torino, a Melfi, invece, nessuno arriva da Torino, è "prato verde" anche rispetto alla gerarchia. La Fiat, cioè, ha maturato una visione talmente negativa del proprio modello orgaTuttll a scelta chevuoi Vialedell'Appennino1, 63 - Forlì nizzativo precedente che non vuole nessuno bacato da questo model lo. Quando la Fiat di Melfi sarà a regime, su 7.000 dipendenti quelli che avranno lavorato precedentemente in Fiat saranno 31, di cui 2 o 3 massimi dirigenti, il direttore di stabilimento, il direttore del personale, scelti però tra i quadri Fiat che hanno dato prova di un certo anticonformismo. Quindi alla Fiat il "prato verde" vuol dire tante cose: vuol dire operai che non hanno termine di confronto, però vuol dire anche piazza pulita, cominciare da zero anche nella propria gerarchia. A Melfi lo sforzo di formazione è stato enorme: l'operaio comune di Melfi riceve grosso modo due mesi di formazione, l'operaio comune di Torino niente, solo un'ora di informazione sul nuovo modello organizzativo. E' vero che l'operaio di Torino lavora già in Fiat e ha un'esperienza che quello di Melfi non ha, ma i due mesi di formazione, che poi saranno seguiti da altri interventi, non sono solo per recuperare questa mancanza di esperienza industriale, sono perché gli si vuole dare nuovi strumenti. Probabilmente quelli di Torino li si considera ormai vecchi e irrecuperabili e si aspetta solo il momento di buttarli via. Una figura immediatamente superiore ali' operaio, una delle nuove figure di cui la Fiat parla molto, è il conduttore di processo integrato, da non confondere col conduttore di impianti, perché non è una figura tecnologica delle aree ad alta tecnologia, ma principalmente una figura organizzativa che ha il compito di sollecitare, organizzare, addestrare, al nuovo modo di lavorare anche sulle linee di montaggio. Ebbene, questa figura a Torino riceve 15 giorni di preparazione, che, a detta dei compagni, sono del tutto inadeguati, a Melfi riceve 3 mesi! . per mesi un gigantesco laboratorio Quindi, probabilmente, l'idea è che a Melfi si può fare davvero una fabbrica integrata, mentre a Torino, ammesso che poi gli stabilimenti restino, si possono fare dei miglioramenti, degli adattamenti, ma finché non ci si sarà liberati di quella che la Fiat considera una zavorra, sia a livello operaio che di gerarchie intermedie, si ha poca fiducia nella possibilità di realizzare fino in fondo qualcosa di nuovo. Ma a Melfi l'aspetto più interessante della formazione è stato che a settembre dell'anno scorso, lo stabilimento, pur non essendo ancora guardia. Credo che per chi ci lavorava sia stato molto appassionante: avere a disposizione un impianto tecnologico dove fare 5 macchine al giorno e su ogni macchina discutere ogni minimo particolare, ogni difetto, e poi andare a discutere su cosa si può cambiare, fa sicuramente sentire un po' la fabbrica come tua. Resta poi da vedere come reagirà l'operaio ai ritmi di produzione previsti dalla Fiat... Devo dire che io non credo molto ali' identificazione dell'operaio con la fabbrica. Secondo me non si realizzerà mai e mi domando se anche in Giappone ci sia, mi sembra che neanche i padroni ci credano molto, e quindi, anche senza pensare che questi operai adesso saranno al l 00% perla fabbrica, quella è stata certamente una grossa formazione. La formazione che uno ha mettendo in piedi lo stabilimento, avviandolo, è una formazione non teorica, ma pratica e molto Coop. Cento Fiori LAB. 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