fare
l'advocatus diaboli.
Hegel e De Sanctis citavano a memoria, cioè
sbagliavanoperchè sapevano troppo e non controllavano quel che sape-
vano. Plebe sbaglia perchè in lui l'ignoranza trionfa sopra ogni evidenza.
Nota bene che attribuendo a Lenin le parole di Bernstein aveva davanti
il testo di
Marxismo
e
revisionismo,
che cita in nota.
T. Dicevi che non sa leggere tre righe di seguito, e invece ciò dimo-
stra che non è capace di leggerne correttamente manco una. Questo
non toglie che restiamo sempre nell'ambito della filologia. Come filo-
logoPlebe è un asino, di ciò mi hai pienamente convinto e ti supplico
di non offendere ulteriormente le mie orecchie con altre prove. Ma
come filosofo?
A. Timoro mio carissimo, non sono io a partire dalla filologia,
sibbene il Plebe medesimo, che è vichianamente convinto dell'unità di
filologia e filosofia. Già il libro in cui ebbe luogo la nascita del pensiero
plebiano, quella
Nascita del comico
che Piero Pucci ribattezzò
Nascita
del riso,
si fondava tutto sulla scienza etimologica. I l Pucci annotava
spiritosamente (7): «Pensiamo che, utilizzando le etimologie in modo
3osì diretto e meccanico, il Plebe senta aleggiare intorno a sè qualcosa
di monastico e conventuale, per esempio, quando fa colazione al mattino,
sendochè
colazione
derivi da
co(l)latio,
riunione di preghiera o di letture
sacre, durante o dopo le quali i monaci si ristoravano». Ma allora i l
pulcinella mirava alla cattedra, e quindi le sue etimologie almeno le
cercava sui lessici, sperando che i commissari al concorso ignorassero
(come ignorarono) le sue gesta filologiche nelle note hegeliane alla
Filosofia del diritto.
Adesso invece che ha sciolto ogni ritegno perchè
non parla più ai commissari, bensì alla maggioranza silenziosa sua
sorella in analfabetismo, non scomoda più i lessici ma solo la sua
fantasia quando trae ogni cosa alle sue origini.
T. Dimmi per esempio qual è per lui l'origine della parola «conte-
stazione». Non mancherà certo di registrarla.
A. Difatti, eccoti servito appuntino. I l Plebe (8) si propone di non
risalire «oltre i l tardo Settecento». «Può già bastare. Troviamo infatti
nel 1778 una spaventosa frase latina che, per una discutibile civetteria,
un illuminista tedesco, tutt'altro che dinamitardo, i l Lessing, pone in
calce a una sua operetta polemica...».
T. In calce?Come è possibile? Vorrà dire sotto il titolo, come epi-
grafe o motto.
A. Non sottilizzare. Se leggi Plebe in questomodo non andrai mai
al di là della prima pagina. L'«in calce» saràmesso lì per impressionare
lamaggioranza silenziosa sulla sapienza del Nostro, che dalla filologia
edalla filosofia si estende financo alla tipografia. Nella nota a piè di
pagina (questa sì «in calce»), che è fatta a uso dei doti e in cui si dà
il titolo dell'opera lessinghiana
(Eine Duplik),
anche Plebe dice «sotto
il titolo». Ma lasciami continuare: «... in calce a una sua operetta pole-
mica, invero piuttosto mediocre...».
( 7 ) P. Pucci,
La nasci ta de l r iso,
i n «13c1fagor», A . X I , 1956, pp. 352-55 ( l a citazione è
a pp. 352-53).
( 8 )
Fi losofia del la reazione,
Rusconi, Mi lano 1971 (c i tato i n seguito
Reazione),
p . 37.
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