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contenuto dell'insegnamento) ma non per questo e perchè la statalità della

scuola sembrava l'unica garanzia contro le iniziative del clero e dei capitalisti

e l'unica possibile via di accesso alla sua direzione, dato che nessuno aveva

pensato agli studenti come possibili soggetti del mutamento. Nella sua prima

fase i l movimento degli studenti ha negato con successo l a scuola come

organo dello stato e il professore come funzionario. Tutto ciò però è in reale,

profonda contraddizione non con questo o quel regolamento, con questo o

con quel preside, ma con tutto l'ordinamento della scuola italiana, soprattutto

col fatto che essa rilasci titoli aventi valore legale, con tutti i privilegi e i

diritti relativi ( e non si tratta di diritti «formali»: l o stato è i l massimo

«datore di lavoro» per i laureati e l'accesso all'insegnamento, all'amministra-

zione, al la magistratura, dipendono totalmente dai t i tol i d i studio). Una

così grossa e permanente contraddizione non resta in piedi a lungo senza

evolvere, in un senso o nell'altro. O viene seguita da mutamenti di fatto di

altri organi dello stato, dalla modificazione dei rapporti di produzione, dei

rapporti di potere tra le classi e quindi dal mutamento dell'intera struttura

politica e giuridica: o si traduce in modifiche delle leggi e dei regolamenti

in modo da ristabilire la coerenza sostanziale e formale dell'insieme; o tende

prima o poi a ridursi e a rifluire.

I l movimento degli studenti ha tentato di seguire la prima via, di esten-

dere cioè il mutamento a tutta la società; di trasformarsi in movimento poli-

tico in senso lato, di entrare in concorrenza con le forze politiche dominanti.

A suo tempo è stata messa in luce la debolezza che sarebbe derivata dall'ab-

bandono del terreno specifico; oggi, quali che siano le valutazioni da dare

delle cause, è indubbio che i l tentativo di affrontare i problemi della produ-

zione e dello stato con lo stesso slancio e gli stessi mezzi con cui erano stati

affrontati quelli della scuola, pescando le tesi e le ideologie che non erano

state fisiologicamente elaborate nel vasto bagaglio della sinistra, da Bakunin

a Mao, è fallito. I tempi sono più lunghi; l a linea di demarcazione t ra i l

bene e i l male non passa tra una generazione e l'altra. Continuando sullo

stretto sentiero su cui molti hanno camminato, e sono rimasti soli, non c'è

che la disperazione della violenza o l'opportunismo del massimalismo verbale.

Le conseguenze nei due casi sarebbero ben diverse: perchè l a violenza ci

coinvolge. Per i l movimento sarebbe comunque l a sconfitta. Anche se è

incommensurabile con l a tragedia e l a morte d i cui spesso l a lotta delle

classi è intessuta discutere di professori e di scioperi, crediamo che è anche

di questo che bisogna discutere perchè è su questo terreno che la reazione

sta operando ed è dalla vittoria su questo terreno che può nascere la forza,

in tutti i sensi, degli operai.

L'unico metro •di fatto usato dagli studenti per distinguere l e scelte

positive da quelle inaccettabili è stato quello della riassorbibilità. Le scelte

riassorbibili erano negative, riformistiche, quelle non riassorbibili positive,

rivoluzionarie. Questo era i l rovesciamento completo della valutazione rifor-

mista secondo cui solo i l possibile (cioè i l riassorbibile) è positivo. Bisogna

accentuare l e contraddizioni, non risolverle. E ' inutile dire che i l gradua-

lismo era da rifiutare; che era giusto interrompere la infinita sopportazione

per cui i rari esempi di moralità tra i docenti della sinistra erano arrivati

ad avallare una scuola insopportabile e lo scandaloso opportunismo con cui

gran parte della sinistra accademica si era ridotta ad essere una clientela

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