

iniziativa reazionaria della magistratura, della polizia, del governo e perchè
contro ambedue si è reagito da sinistra molto debolmente, quasi solo con la
pubblicazione d i lettere e proclami d i protesta per violata legalità o per
eccesso nell'applicazione della legge. E' facile dire che la risposta dovrebbe
essere di massa; ed è anche inutile. Di fatto l'unica risposta venuta finora
è la risposta corporativa degli organi direttivi dell'Università di Milano; che
è stata puntualmente coronata da successo, dimostrando quanto sia difficile
cambiare alcunchè i n Italia, anche verso destra, se non si rispettano gl i
interessi e l e suscettibilità delle corporazioni formali e informali che c i
governano. (Non a caso l'espugnazione» della Statale è potuta avvenire solo
dopo che i l rettore Deotto e i l Senato avevano ritirato le proprie dimis-
sioni). Non sappiamo quanto abbia avuto successo l'altra risposta, quella
del Corriere, anch'essa corporativa i n fondo, ma assai meglio condotta,
chiamando in ballo principi non gretti e perciò forse non così immediata-
mente seguita dal pronto inchinarsi dell'autorità.
Certo completamente inascoltate sono state e saranno le accuse di violata
legalità della sinistra. La maggioranza di destra (di centro diceva «La Stampa»,
ma è uno strano centro che non ha nulla alla sua destra) del Consiglio Supe-
riore della Magistratura si è ulteriormente rafforzata con le ultime elezioni e
non è detto che non si consolidi ancora con i membri «laici» che saranno
eletti da un Parlamento anch'esso proclive a sostenere «la legge•e l'ordine».
Non si tratta quindi di una tendenza passeggera. Se riforme ci saranno, nei
piani di chi governa lo stato, ci saranno soltanto quando la scuola sarà stata
«pacificata», la stampa emendata, i l gruppismo imbavagliato dalla ripetuta,
ferrea, specifica applicazione delle leggi vigenti ( pe r non parlare degli
omicidi impuniti).
A mio avviso, perchè si ritorni ad un'attività di massa, in particolare in
questi settori, perchè per le lotte operaie altra è la situazione e altri sono
i problemi, non basta irrigidirsi e resistere. (Resistere con chi?) E ' neces-
saria una profonda autocritica e un aperto dibattito, un chiarimento dei
concetti stessi che sono stati usati in questi anni. Questo chiarimento avverrà
comunque, con o senza l'assenso delle dirigenze dei gruppi in cui si è ragge-
lato i l movimento degli anni scorsi; con o senza la loro sopravvivenza come
organismi vitali. E' realmente un ripensamento collettivo di cui siamo tutti
in varia misura partecipi (come degli insuccessi siamo tutti in varia misura
colpevoli) e di cui è traccia nello smarrimento diffuso nelle file dei compagni.
L'assenza del movimento di massa non è una inspiegabile patologia ma è
la conseguenza della mancanza di metri e valutazioni condivisi.
Il discorso è più facile, al livello della valutazione e del metro, per la
scuola.
Il movimento degli studenti negli ultimi anni aveva realmente mutato la
situazione di fatto nella scuola. Non era stato in grado di creare alternative
vitali, ma certo aveva esplicitato l a crisi profonda dela struttura preesi-
stente, radicalizzandone drasticamente le contraddizioni. La scuola italiana,
statale, centralizzata, napoleonica nelle origini e gentiliana nei regolamenti
non è una struttura per l'educazione dei cittadini; i professori sono real-
mente più funzionari che educatori. La sinistra non aveva mai affrontato
questo aspetto, salvo che a livelli estremamente minoritari, anche perchè i l
suo modello di scuola differiva per altri aspetti (classi che vi hanno accesso,
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