

poco che un gruppo d i magistrati può fare all ' interno d i strutture che sono
di per sè repressive, l a gravissima portata del disegno eversivo che s i sta
realizzando, opponendovisi i n ogni momento senza l e reticenze e l e conse-
guenti coperture d i responsabilità che s i sono dovute lamentare propr io i n
occasione del l 'affare Feltrinel l i.
Giuseppe Dewelz
LACIRCOLARE BIANCHI D'ESPINOSA
Recenti disposizioni di legge hanno attribuito alla magistratura inquirente
unaserie di poteri che normalmente erano praticati in via esclusiva dalla polizia
giudiziaria. Meglio sarebbe dire hanno
restituito
agli organi inquirenti ciò che la
polizia aveva loro tolto per prassi consolidatissima.
Si tratta di provvedimenti che riguardano gli aspetti essenziali di un procedi-
mentopenale: dalla conservazione delle prove e del corpo del reato, all'interroga-
torio degli indiziati, all'esame dei testimoni, all'azione di prevenzione e controllo
sulle attività dei «sudditi».
La storia che abbiamo alle spalle insegna quale scempiopossaessere fatto dei
«diritti civili» per opera della polizia giudiziaria quando tutti gli atti
preliminari
sonoconsegnati nelle suemani; non solo, ma quale decisiva e irrimediabile influen-
zaessi abbiano su tutto i l procedimento penale, poichè in tal modo i l giudice, sia
essoun procuratore della repubblica o un magistrato istruttore, si trova nelle condi-
zioni di un notaio che limita la suaopera alla formalizzazione delle iniziative prese
da altri organi insindacabili senzaaveremai la possibilità di mutare il quadrogene-
rale delle indagini. In sostanza i l sovrano ordine giudiziario, in relazione alle inda-
gini su di un qualsiasi caso penale, non era, e aggiungiamo non è, in grado di
svolgerenessuna attività propria, ma deve limitarsi a protocollare quelle che gli
vengono servite sul piatto dal potere esecutivo.
A rimediare, o soltanto amedicare timidamente, questa situazione sono venute
le recenti disposizioni, ivi compresa quella dell'assistenza dell'avvocato agli inter-
rogatori dell'indiziato di reato. Medicamentopenoso, per la verità, timido e barcol-
lante come un neonato. Ma tuttavia, a quanto pare, pericolossimo per le forze
dell'ordine che si sono sentite molto offese. E infatti non sonomancate le campagne
di stampa contro tali pericolosissime innovazioni, considerate usbergo della delin-
quenzaorganizzata, prodotto della criminale volontà di assicurare per sempre l'im-
punità al reo. Torna bene i l vecchio adagio: la fortuna della polizia consiste nel
fatto che non tutti possonoprovare di essere innocenti, non occorrendo, nel nostro
sistema, che sia l'accusatore a dimostrare l'altrui colpevolezza. Certo la pomatina
riformatrice stesa sul potere inquisitorio dei poliziotti, rendeva più semplice dimo-
strare la propria innocenza, sebbene non sovvertisse ancora l'ordine fra accusa e
difesa, la cui logica continua ad essere: difenditi se puoi, e se non puoi sei colpe-
vole. La pratica politica della polizia è i l completo rovescio dell'«habeas corpus»,
ecioè l'«alibi». Chi non ce l'ha è reo confesso,essendogià indiziato per principio.
Ma nella patria del diritto anche la frizioncina dei nuovi provvedimenti ha
provocato innumerevoli reazioni, comeabbiamo visto. Per porre rimedio a codeste
diminuizioni, a codesti intoppi messi fra i piedi a polizia e carabinieri, sono inter-
venuti i Procuratori Generali con le loro interpretazioni autentiche delle norme
nuove. Essi hanno detto in sostanza: lasciate al potere legislativo fare e disfare,
mettiamoci d'accordo fra di noi. Uno schiaffo dato è uno schiaffo ricevuto e basta.
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