

visivo, ecco i comuni lutti per la morte di funzionari esemplari, ecco final-
mente le estromissioni di magistrati eccentrici rispetto all'asse del potere e
pericolosi per il buon esito di tanto concorde operare.
Ampie conferme di tutto questo e del conseguente crollo di credibilità
dell'azione della magistratura si 'sono avute nell'indagine Feltrinelli e, parti-
colarmente, nella sottrazione dell'inchiesta al sostituto Bevere, che, per ragioni
di turno, avrebbe dovuto condurla (episodio del tutto corrispondente a quello
verificatosi nel dicembre 1969 quando fu escluso Paolillo).
Le vicende sono note e non è necessario riassumerle: le deviazioni della
inchiesta, che è stata l'occasione tanto attesa d i un massiccio intervento
sugli ambienti della sinistra non parlamentare con qualche sconfinamento
in direzione della sinistra parlamentare, si sono manifestate sin dall'inizio
con la rinuncia della procura di Milano all'esame immediato del cadavere di
Feltrinelli, i l totale suo disinteresse per la conservazione delle prove ( i tron-
coni del traliccio, i possibili frammenti, i l terreno circostante), l a mano
libera accordata ai carabinieri per le indagini sul pulmino Volkswagen, pozzo
di san Patrizio dei successivi ritrovamenti. Delle deviazioni l'opinione pub-
blica ha immediatamente preso atto, assistendo con crescente perplessità alle
scoperte dei «covi» e al ritrovamento delle non poche tracce che sembravano
lasciate da un Pollicino deficiente e però bene intenzionato a portare sempre
gli inquirenti verso una stessa direzione politica.
Nel contempo, e mentre lacune, omissioni, contraddizioni si sono molti-
plicate, la procura milanese ha spiegato un attivismo frenetico mai visto in
altre occasioni, quasi per mostrare che la effettiva direzione delle inchieste
(quali e quante non è dato sapere, poichè la morte dell'editore è stata i l
punto di partenza di ricerche a vasto raggio tutte centrate sullo sforzo di
collegare i tratti di un ipotizzato piano eversivo di sinistra, e di riconoscerli
nella loro consistenza organizzativa, finanziaria, d i articolazione interna-
zionale) era saldamente nelle mani del procuratore capo De Peppo e dei
suoi dipendenti-collaboratori, e che costoro non badavano a spese, prodigan-
dosi personalmente e con ogni mezzo per la buona riuscita dell'operazione.
L'opinione moderata e fascista è stata così rassicurata: l o stato, come
ha ripetuto un Rumor che per l'occasione (televisiva) aveva grottescamente
assunto la maschera del duro, sa difendersi e gli estremisti di sinistra saranno
neutralizzati: in quest'opera appoggiata per alcune settimane da una campa-
gna di stampa assolutamente inconsueta, chi ha avuto più frequentemente
l'onore delle prime pagine e delle pose fotografiche è stato il sostituto Viola,
il quale vi si è buttato coprendo sulla prima linea (quella delle risposte ai
giornalisti, delle comparizioni nei luoghi strategici, della enunciazione della
filosofia ufficiale che ha guidato l'inchiesta) l a ritrosa e ben altrimenti deci-
siva presenza di De Peppo, sempre più controllato e carismatico.
Lo stesso inserimento di Viola nell'inchiesta sembra non sia stato accom-
pagnato da un provvedimento formale di sostituzione di Bevere, al quale le
indagini sarebbero spettate: Viola è presente tra i primi che sono affiancati
a Bevere, e poi rapidamente si impadronisce dell'inchiesta: i fascisti (e i loro
giornali, con alla testa i l «Tempo» di Roma che fin dal 20 marzo aveva lan-
ciato un forsennato attacco a Bevere e attraverso lui a tutt i i magistrati
«rossi »e «maoisti») possono dirsi così soddisfatti: un magistrato imparziale,
efficiente, che dorme solo quattro ore per notte, simpaticamente incline a-
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