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lità reale a questa prospettiva. Non si trattava d i valutare numericamen-

te l'entità delle forze politiche in posizioni di rottura coi partiti tradizionali;

il dato più rilevante era piuttosto la intensità del tipo di partecipazione po-

litica, del grado di militanza, della volontà di porsi al servizio di una pro-

spettiva di classe. D'altro lato, il grado .di combattività e di autonomia mani-

festati dalla classe operaia, i l recupero, in certi casi faticoso, operato dalla

mediazione sindacale, ponevano i l problema della messa in discussione del-

la direzione politica della sinistra di classe e dei margini di presa e auto-

nomia d i una direzione antirevisionista all'interno del processo stesso.

Sull'opposto fronte di classe v i era, ovviamente, da prevedere l a rea-

zione al ciclo di lotte testè conclusosi e la volontà di vanificare, sul piano

politico, i l valore concreto dei risultati raggiunti. E ' da allora che entra in

crisi i l centro-sinistra, in quanto formula politica espressione d i una fase

ormai superata dello scontro di classe, cui le forze conservatrici tendono a

sostituire una gestione politica che ricacci indietro l a classe operaia. La

mediazione del centro-sinistra appare irrimediabilmente logorata e la strate-

gia della tensione, già con l a strage di piazza Fontana, assume connotati

ben precisi.

L'unico tentativo dei partiti riformisti di procedere verso nuove forme

di gestione politica è emerso dalla teoria del PSI sugli "equilibri più avan-

zati", a cui i l PCI non ha neppure opposto qualcosa d i maggiormente r i -

goroso, sia pure in senso riformista. A destra invece si è proceduto con

maggiore coerenza, con un disegno preciso di restaurazione e di repressione

delle avanguardie, mediante l'utilizzazione spregiudicata d i tutt i gl i organi

dello Stato e degli strumenti di governo. Già l'elezione del Presidente della

Repubblica testimoniava l a crisi definitiva di un equilibrio politico decen-

nale e, a prescindere dalla durata del governo testè ingediato, è comunque

certo che la scelta autoritaria e repressiva è un dato reale di cui bisogna

tenere conto.

I risultati elettordli hanno mostrato una disponibilità dell'elettorato

verso questa scelta corporativa e autoritaria del sistema politico; i n ogni

direzione. Al centro la DC ha ottenuto un notevole successo impostando la

campagna elettorale in termini estremamente manipolativi e autoritari: l a

scomparsa d i qualsiasi argomentazione "razionale" dal discorso elettorale,

il ricorso a parole d'ordine di tipo '48, l'accento sull'ordine, la efficiente e

spregiudicata utilizzazione dell'apparato statale in armonia con questa im-

postazione politica hanno mostrato, se ancora ve ne fosse bisogno, che la

democrazia politica basata sull'esistenza di una "opinione pubblica" razio-

nalmente orientata (che è poi in realtà i l presupposto della via costituzio-

nale e parlamentare dell'azione politica dei partiti revisionisti) è una pia

illusione; i regimi tardo-capitalisti sono contraddistinti da un tipo autori-

tario di formazione del consenso, inteso non come mandato razionalmente

motivato quanto come delega abdicativa a un ceto politico la cui lontananza,

impenetrabilità e indecifrabilità da parte del popolo è i l presupposto della

sua stessa legittimazione. La Democrazia Cristiana, durante l a campagna

elettorale, ha dato una precisa dimostrazione di questa tecnica di estorsione

del consenso, chiedendo voti non per fare qualcosa quanto per poter essere

messa in condizione di poter decidere

dopo

cosa avrebbe fatto.

E' proprio sulla base della constatazione di come certe forme manipo-

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