

tra questa piccola borghesia e i l grande capitale, ma anche dal fatto che
il revisionismo ha ancora una grande influenza sul proletariato e perciò
questi strati intellettuali non trovano una corretta collocazione poli-
tica come alleati del proletariato e tanto meno una direzione politica
proletaria.
Da questi giudizi incerti derivano altre forme di opportunismo.
Come, ad esempio, non attaccare i terroristi perchè
non tutti
sono provo-
catori. Questo è liberalismo: non attaccare chi sbaglia perchè non è
un provocatore. Oppure non attaccare i terroristi perchè se no si rischia
di screditare ogni forma di violenza: è opportunismo ancora peggiore:
non attaccare chi sbaglia per paura di screditare le cose giuste. Alcuni
argomenti con cui queste posizioni vengono sostenute meritano di essere
analizzati.
La teoria del
piacere.
Dice: se un atto, che chiaramente si inserisce
in una strategia terrorista, non marxista, ci piace, fa contenti gli operai,
noi diciamo che ci va bene e che è un atto coerente di lotta proletaria.
Questo è sbagliato: se un gesto terroristico è molto popolare, è giusto
registrare questo «sentimento» delle masse e darne un giudizio positivo,
ma bisogna contemporaneamente attaccare l a strategia terrorista e
smascherarne i l carattere piccolo borghese e non proletario. Su questo
punto si deve insistere: mol t i credono che una azione sia legata alle
masse se fa contenti gli operai. Si può sviluppare la teoria della
conten-
tezza,
che cioè è compito dei comunisti fare contenti gli operai. E' sba-
gliato. Una azione è legata alle masse non quando è genericamente popo-
lare e fa contenti, ma quando esprime le esigenze e gl i interessi veri
dellemasse e quando è un mezzo con cui il proletariato si rafforza come
classe rivoluzionaria. Non è compito dei comunisti fare azioni esemplari
che «piacciono» agli operai. Simile è la teoria del
riconoscimento,
che
dice: non importa se le masse non sono protagoniste in prima persona
delle lotte e delle azioni, basta che vi si riconoscano. I compagni che
pensano che le masse si riconoscono allo stesso modo nel rapimento
di Macchiarini e nello sbullonamento delle rotaie dell'Alfa Romeo, hanno
un concetto mitico delle masse. Essi pensano che le masse si ricono-
scano i n una azione quando mol t i individui sono contenti d i quella
azione. Non basta! Le masse non sono una somma di individui ma delle
classi sociali, esse si riconoscono nelle azioni che esprimono le loro
esigenze, le loro lotte e le rafforzano
in quanto classe,
per questo è àncora
oggi valido i l grande principio marxista: che le masse devono sempre
essere protagoniste i n prima persona della lotta. Non nel senso che
tutti
gl i individui della massa devono partecipare alle azioni, ma nel
senso che anche le azioni di avanguardia, fatte da pochi, devono espri-
mere gli scopi, i metodi, le idee delle masse. Solo allora i l «riconosci-
mento» delle masse nell'azione delle avanguardie si esprimerà in fatt i
concreti e non resterà invece una idea solitaria di alcuni compagni.
Dalla teoria del riconoscimento deriva quella della
prefigurazione.
Essa dice: dobbiamo fare in piccolo oggi, ciò che domani dovrebbero
fare le masse; per essere avanguardie si deve far vedere alle masse
con azioni esemplari ciò che vogliamo fare succedere, dobbiamo prefi-
gurare i l futuro della lotta di classe. E' evidente i l carattere velleitario
— 32