

dell'insurrezione, ma sono viceversa
parte integrante dell'insurrezione
in atto» (6).
Ma come possono questi compagni citare i giudizi di Lenin sul terro-
rismo come forma di lotta della guerra civile e pensare ai
GAP
e alle
Brigate rosse!
Lenin nel 1906, in un periodo di scontro armato tra le classi, racco-
manda d i legare i l terrorismo alle masse, d i non fare del terrorismo
indiscriminatamente ma di mettere al primo posto le esigenze di massa,
di non considerare i l terrorismo come strumento principale della guerra
partigiana. Potere operaio nel '72, i n un periodo
non
d i guerra civile,
non perde occasione per appoggiare ed esaltare indiscriminatamente
i gesti terroristici come atti di giustizia proletaria, come nuove forme di
lotta operaia ecc.
Sul n. 2 del giornale «Il comunista» (giugno '72), si cita questo passo
di Lenin: «... è nostro dovere mettere in guardia contro i l riconoscimento
del terrorismo come mezzo principale e fondamentale di lotta.., ma noi
non abbiamo mai rifiutato e non possiamo rifiutare per principio i l ter-
rorismo...
azione bellica
che può tornare utilissima e persino necessaria
in un certo momento della
battaglia,
date certe condizioni». Abbiamo
sottolineato «azione bellica» e «battaglia» per far vedere che qui Lenin
discute sulla importanza delle varie forme di guerra partigiana. Invece i
compagni de « i l comunismo» l o usano per giustificare u n omicidio
«politico» come quello d i Calabresi e traggono l a conclusione che i l
terrorismo è «un problema di tempi, di modi e di obiettivi: un problema
tattico da risolvere volta per volta». Tattico? Certo se c'è in corso una
guerra civile è un problema tattico stabilire quali at t i terroristici fare
e quali no, è appunto come diceva Lenin un problema d i guerra, ma
se la guerra non c'è, i l terrorismo è un problema strategico e si giudica
prima di tutto come linea politica strategica e non «atto per atto», con
la faciloneria di chi dice «vediamo se ci va bene• o no».
Un altro passo famoso di Lenin che i compagni di Potere operaio
non cessano di sbandierare è quello in cui Lenin raccomanda di unire i l
terrorismo all'azione di massa, e raccomanda gl i att i terroristici contro
i funzionari dello Zar perchè «ne colpisci uno e ne educhi cento». Voglio-
no forse sostenere questi compagni sulla base di questi giudizi che at t i
come i l rapimento di Macchiarini o di Nogrette si possono inserire in
una strategia marxista rivoluzionaria? I n realtà basta leggere con un
PG' d i attenzione e i l pénsiero d i Lenin viene fuor i chiaro: «Non le
azioni partigiane (dunque i l terrorismo d i cui si parlava non sono gl i
attentati dei socialisti rivoluzionari o i l rapimento d i Macchiarini, ma
azioni di una guerra in atto) disorganizzano i l movimento, ma la debo-
lezza del partito che non sa prendere nelle sue mani la direzione d i
queste azioni... Le nostre recriminazioni contro
la lotta partigiana
non
sono al tro che recriminazioni contro l a debolezza del nostro part i to
nell'insurrezione» (7). (Dunque i l terrorismo di cui si parla è quello eser-
citato dalle formazioni partigiane, o contadine, più o meno organizzate,
all'interno d i una insurrezione in atto). Anche qui Lenin si preoccupa
(6) La situazione attuale i n Russia, Opere, vol. 10, pag. 105.
(7) La guerra partigiana, Opere, vol. 11.
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