

qualche volta l i hanno sequestrati, l i hanno neutralizzati additandoli al
disprezzo del proletariato.
L'altro punto del programma terrorista dice: lo scontro ha raggiunto
un tetto, al di là del quale gli operai non riescono ad andare, per supe-
rarlo bisogna passare ad una
fase superiore di lotta.
Questa fase supe-
riore di lotta consisterebbe nel lasciare le fabbriche e le scuole, darsi alla
clandestinità, fondare gruppi terroristici che iniziano la lotta armata. I
gruppi terroristici avrebbero così una funzione di avanguardia perchè
iniziano la lotta armata. Questi compagni che credono che i l terrorismo
sia una forma di lotta superiore a quella che oggi conduce la classe
operaia commettono un errore imperdonabile che va combattuto sino
in fondo.
I l terrorismo, esercitato da piccoli gruppi di pochi intellettuali è
infatti una forma arretrata, primitiva, borghese della lotta d i classe.
Nella storia, questo tipo di terrorismo è stato attuato da intellettuali
incapaci di legarsi alle masse ed in assenza di un partito rivoluzionario
capace di assumere la direzione politica del proletariato e dei suoi alleati,
anche col lavoro clandestino. Molti compagni confondono i l lavoro clan-
destino col terrorismo. C'è invece un abisso tra terrorismo e lavoro clan-
destino: i l primo è finalizzato ad atti terroristici, i l secondo invece ha
sempre come compito di sostenere, organizzare e permettere i l lavoro
di massa del partito anche in condizioni di illegalità, ma lo scopo è sem-
pre i l lavoro d i massa. Secondo questa teoria l'esercito popolare s i
costruisce attraverso l a fusione d i gruppi terroristici; perciò comin-
ciandoli ad organizzare si comincia a organizzare l'esercito popolare.
Questo non è mai avvenuto nella storia ed è una prospettiva che non
ha nulla a che fare col marxismo rivoluzionario. I l proletariato infatti
non si muove nella prospettiva di sviluppare i l terrorismo, ma da più
di cento anni usa gli unici strumenti che sino ad oggi si sono rivelati
validi per i l socialismo: cioè la creazione del partito comunista attra-
verso i l lavoro di massa, appoggiato e sostenuto dal lavoro clandestino,
e lo sviluppo della guerra popolare rivoluzionaria. Non si può sostenere,
come hanno fatto alcuni compagni, che i rapimenti di Macchiarini, di
Nogrette, e dell'industriale Zaballa i n Spagna «sono nuove forme d i
lotta operaia (!) nella metropoli» e che «si tratta di azioni che portano un
segno di classe, proletario e comunista ( ! ) ed esprimono una volontà
sovversiva ed un bisogno di rivoluzione che è delle masse sfruttate e non
di esigue minoranze». («Potere Operaio» mensile n. 47-48, pag. 2, Giugno
1972). Ripeto: questi atti terroristici hanno i l segno di classe della pic-
cola borghesia ma non hanno nulla a che fare col proletariato (nuove
forme di lotta operaia?) e tanto meno col comunismo. Neanche si può
sostenere che «la questione della lotta armata è stata posta all'ordine
del giorno in modo definitivo ( ! ) dagli avvenimenti d i questi mesi i n
Italia e a livello internazionale». E si precisa che non si parla del Viet-
nam ma dei rapimenti di Macchiarini, Nogrette ecc.! («Potere Operaio»,
stesso luogo). Questo è assolutamente sbagliato. La lotta armata oggi in
Europa non è affatto né i l problema principale nè all'ordine del giorno
in modo «definitivo» per i l proletariato.
Per iniziare una guerra popolare rivoluzionaria deve esistere una
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