

sionale
in fabbrica
e di farla gestire da qualche comitato con tut t i i
rischi di ambiguità che questo comporta.
E' chiaro che non c i sono soluzioni facili al dilemma. Malgrado
i non molti dati disponibili è possibile affermare: 1 ) che non è vero
che ci sia una tendenza alla proletarizzazione generale: se talune fun-
zioni impiegatizie si proletarizzano, crescono però le mansioni di ricer-
ca all'esterno dell'azienda e crescono le funzioni tecniche e quelle impie-
gatizie elevate; 2) non è vero che ci sia una ricomposizione del lavoro ai
gradi bassi tale da giustificare la sua difesa come se si trattasse di una
rinata individualità del lavoro. La soluzione degli automatismi è quindi
illusoria; ma l a soluzione della difesa della «professionalità» rischia
di coprire una pura operazione verbale e di risultare quindi perdente.
Da un lato è inutile sperare di modificare l'organizzazione del lavoro
operando solo sulle retribuzioni e senza chiedere con la precisione e la
forza adeguate le modificazioni richieste nella scuola e nella tecnica
di produzione. Dall'altro, se i l padrone quando parla di carriere operaie
pensa solo a qualche modifica degli inquadramenti e non a una modifi-
cazione della produzione (riduzione reale delle mansioni di montaggio
ripetitive, attraverso la meccanizzazione e i l decentramento; aumento
delle mansioni tecniche e organizzative), allora le carriere sono un bluff,
bene o male che se ne pensi, ed è sbagliato appoggiarle se non altro
dal punto di vista del realismo politico.
Se invece pensa a una modificazione della fabbrica, allora i l costo
delle «carriere» i n termini d i minore occupazione, d i lavoro gravoso
negli stabilimenti decentrati ecc. si vedrà che non è così che si risolve
il problema. I l rapporto t ra istruzione e produzione va affrontato i n
termini più generali e senza nascondersene le difficoltà. Non si nuò pen-
sare di aprire a tut t i la strada per diventare in qualche modo diplo-
mati o dottori e pensare di dare a tutt i i dottori e i diplomati che ci
saranno i privilegi dei dottori e dei diplomati di ieri, che erano privi-
legiati proprio perchè erano pochi e figli di borghesi. Non ci sono tanti
Posti da dottore nel sistema produttivo così com'è. Per risolvere i l pro-
blema ci sono due strade. Quella dei padroni è di dare parte dei privilegi
vecchi ai dottori nuovi creando posti di lavoro anche dove non servono,
purché resti immutata l'attuale struttura produttiva, capitalistica e
gerarchica. Quella di parte operaia è di dare a tutt i l'istruzione neces-
saiia a ragionare e produrre e quindi sostituire alla struttura gerarchica
della produzione una struttura democratica. Nel corso del processo
i padroni devono sparire perchè sparisce la loro funzione. Nessuno si
illude che lo facciano volentieri e quindi nessuno pensa che i l processo
sia graduale e programmabile come qui descritto. Ma questo significa
che bisogna chiedere non l'istruzione aziendale ma l'istruzione tecnica
egenerale. E se questo porta a uno spostamento verso i l terziario, biso-
gnerà chiedere i l lavoro part time per gli studenti nelle fabbriche. E una
scuola che insegni a ragionare e produrre. Sarà eresia, ma non sembra
esserci altra via d'uscita. Nell'immediato bisogna evitare di fare della
professionalità un elemento portante della formazione dei nuovi qua-
dri, quali che siano i compromessi di fatto che bisognerà analizzare al
momento della firma. Un contratto dura tre anni: un quadro operaio,
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