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del vantaggio e chiedere più di quanto non si desiderasse concedere,

ma sono solo pezzi da far funzionare in maniera più conveniente alla

loro natura e alla loro psicologia. I l discorso è ben diverso se al la

modificazione si arriva sulla base di una lotta organizzata e consapevole

inserita in una strategia che si pone come contrapposta rispetto a quella

del padrone. Questo però non basta. I l soggetto che conduce le lotte può

contrapporsi non solo al padrone, ma anche ad al t r i gruppi operai;

può cioè tendere a creare i l privilegio per sè. Inoltre può non posse-

dere gl i elementi per prevedere le conseguenze a più lungo termine di

ciò che ottiene. Occorre quindi da una parte un metro per decidere

quando un mutamento è intrinsecamente vantaggioso per i l gruppo

operaio che lo ottiene e confrontarlo con al tr i mutamenti alternativi

o aggiuntivi possibili; ed ancora un metro per giudicare se i l muta-

mento corrisponde o no agli interessi della classe operaia nel suo com-

plesso, cosa che presuppone dei legami organizzativi con al tr i gruppi

operai e un «progetto» d i società. Circa la valutazione intrinseca del

mutamento, i l sindacato propone attualmente tre criteri: ricomposizione

delle mansioni, arricchimento delle mansioni, rotazione. Si tratta senz'al-

tro d i cri teri insufficienti. Non necessariamente un mutamento che

comporti una rotazione e una ricomposizione è più vantaggioso o i l più

vantaggioso per gli operai. Può essere più vantaggioso un mutamento

che comporti tempo per studiare o tempo per organizzarsi e discutere,

perchè può essere questa la via per influire ai livelli più alti del processo

decisionale attraverso la conflittualità. La decisione di questo metro può

derivare solo da un vasto dibattito con gli operai che arrivi alla formu-

lazione di un'analisi della fabbrica. Ma anche così non tutti i problemi

sono risolti: bisogna cercare di ricostruire al massimo la professionalità

o bisogna tendere ad aumentare i l livello generale di capacità? Posizio-

ni diverse su tutti i problemi citati sono alla base dei problemi reali che

si porranno durante la vertenza e dopo. Fare una classificazione unica

significa infatti rinunciare alla comodità di una politica di difSa, che

si limita a chiedere la salita delle categorie più basse senza preoccuparsi

degli slittamenti e dei problemi che si creano a auelli più alti. A che

livello vanno intersecate le categorie operaie e quelle impiegatizie? Van-

no intersecate secondo le retribuzioni d i fatto o quelle contrattuali?

Oppure senza tener conto degli attuali rapporti retributivi? E evidente

intanto che l'attribuzione non può venir fatta in blocco, meccanicamente,

ma che ci vuole un processo di valutazione e quindi un organo applica-

tivo. A suo tempo, per un problema formalmente diverso ma sostanzial-

mente analogo, quello delle job evaluations, l a funzione d i applica-

zione dell'accordo era svolta da comitati paritetici, d i delegati degli

operai e rappresentanti dell'azienda che facevano da corte arbitrale.

I metalmeccanici dichiarano oggi di non voler assolutamente ripe-

tere quell'esperienza che fu pesantemente negativa ( i delegati presero

molto sul serio la propria funzione di giudici). L'unico caso di inauadra-

mento unico attualmente in applicazione, quello della Nuovo Pignone

di Firenze, ha però creato problemi analoghi. A decidere dovrebbero

essere organi più collettivi, più direttamente legati agli operai, si dice.

E' possibile che per i metalmeccanici di alcuni reparti si possa farlo,

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