

popolazione attiva e di quella occupata e di ristrutturazione della produ-
zione e della composizione della forza lavoro è i l mantenimento della
occupazione, la creazione di nuovi posti di lavoro adeguati alla forza
lavoro esistente nei luoghi in cui esiste, il mantenimento di un collega-
mento tra operai occupati e disoccupati e tra i vari livelli degli occupati
(evitare cioè di creare settori di sicurezza e privilegio, settori di sfrut-
tamento più intenso e di insicurezza e settori di disoccupazione). Questo
significa affrontare i problemi non dal punto di vista della fabbrica ma
daquello dell'intera classe operaia. Tre anni fa la risposta sindacale al
problema erano stati gli scioperi per le riforme ed era stata una risposta
inadeguata. Oggi i sindacati di categoria (in particolare i metalmecca-
nici) dichiarano di voler cercare i l massimo collegamento tra loro, di
voler potenziare le organizzazioni di base interaziendali, come i consigli
di zona, di voler porre i problemi generali
durante
i contratti e non
dopo. Le richieste per ora sembrano però ancora scarsamente articolate,
ementre la scelta di non posporre i problemi generali a quelli contrat-
tuali è tatticamente giusta, è difficile pensare che si vada molto oltre
unapressione sulle scelte degli investimenti pubblici, in caso di suc-
cesso. Del resto il problema è gravissimo e rimanda ad una elaborazione
politica tutta da fare. E' il problema del mezzogiorno. Molti sono con-
vinti, in particolare chi scrive, che una diversa scelta degli investimenti
pubblici- non costituisce una soluzione, neanche la strada giusta per
unasoluzione, per il mezzogiorno. E gli scioperi per l'occupazione sono
tradizionalmente perdenti. I soldi dello stato si riducono ad un finan-
ziamento alla borghesia meridionale su cui i l vecchio giudizio salve-
miniano non puòessereche rafforzato, mentre i cortei per l'occupazione
sonouna riconferma dei meccanismi clientelari, nel sensoche segnalano
la disponibilità di qualche migliaio di persone a marciare dietro una
bandiera rossa e quindi avvertono il notabile locale del partito al potere
cheè i caso di aprire i rubinetti. La merce che si tratta è il voto. Anche
CiccioFranco commercia in voti, conmezzi diversi. Ma questo è un pro-
blema che nessuna volontà può risolvere nel '72 e che rimanda a un
lavoro di base da ricominciare. Ben diverso è i l caso della grande e
piccola industria. E' nota, o almeno conclamata, la scarsa disponibilità
finanziaria delle piccole industrie ed è quindi oggettivo il pericolo di una
spaccatura e della firma di contratti aziendali, per le industrie grandi,
con rimandi per le piccole. La Confapi ha chiesto un rimando di sei
mesi; la posizione delle confederazioni sembra essere quella di mante-
nere a tutti i costi l'unità della lotta e della trattativa, dichiarando però
fin dall'inizio una disponibilità a trattare una diversa data d'inizio
degli aumenti e dei mutamenti concordati, ferma restando la durata
dell'accordo fino e non oltre la prossima scadenza comune. Potrebbe
essere il male minore; ma bisogna tener presente che una soluzione al
problema della piccola industria non si troverà mai se i padroni non
sarannomessi alla frusta.
d) Appalti
Il problema degli appaltisedei subappalti, come quello del lavoro
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