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differenze potrebbe barcamenarsi i l padrone per dare i l significato che

gli conviene alla «democraticità» che chiede.

La

CGIL

vuole, come da anni ormai, che i delegati siano espres-

sione diretta del gruppo operaio omogeneo, eletti su scheda bianca e

quindi senza distinzione d i affiliazione sindacale, revocabili i n ogni

momento, e che costituiscano i consigli, organizzazione del sindacato

in fabbrica. Tuttavia ciò che si afferma con entusiasmo a Torino non è

detto che sia ripetuto con uguale entusiasmo a Roma (si vedano gl i

interventi di Trentin sul ((non mitizzare i consigli»). La CISL tenderebbe

invece ad attribuire ai consigli e ai delegati una funzione parallela all'or-

ganizzazione del sindacato in fabbrica. La UIL chiede addirittura, come

modo di salvaguardare la minoranza, l'elezione di un delegato di maggio-

ranza e di uno di minoranza per ogni gruppo operaio che è uno strano

modo di salvaguardare la minoranza rendendola uguale alla maggioranza.

Si capisce bene che in queste condizioni una regolamentazione formale

dei consigli, che comporterebbe anche la denuncia dell'accordo intercon-

federale sulle commissioni interne e quindi una difficile trattativa d i

vertice a livello di confederazioni, come è stato già chiesto dai padroni

nel caso dei petrolieri, sia da evitare. Per intanto ogni regolamentazione

sarebbe limitativa dei compiti amplissimi che i delegati hanno svolto o

possono potenzialmente svolgere e poi si rischia la spaccatura i n tre,

almeno, e la difesa degli interessi di corrente, mentre nella realtà della

fabbrica l'unità tende a costruirsi naturalmente e i l peso delle minoranze

si determina di fatto dalla loro capacità di iniziativa e di guida, e nel caso

della FIM è stato ovviamente molto alto, come è stato alto nel '68 e '69

quello degli studenti e dei gruppi.

Si capisce bene come i n queste condizioni, c'è chi pensa che i l

modo migliore di salvaguardare e sostenere i consigli sia quello di non

farne oggetto esplicito d i trattativa, d i considerarli d i fat to esistenti,

come sono, ma di non nominarli esplicitamente, se non dove sia indi-

spensabile in quanto organi di applicazione contrattuale o di contratta-

zione. Si puo ben essere certi tuttavia che a mettere sul tavolo i l pro-

blema sarà i l padrone e che quindi ancora una volta molto dipenda dalla

funzione che i l consiglio svolgerà di fatto nella lotta e dalla composizione

che di fatto avrà al momento della firma.

c) Richieste sociali; rapporto tra operai occupati e disoccupati. Grande

epiccola industria.

Uno dei problemi d i fondo d i un momento d i diminuzione

della

(1) Si può ben di re d'al t ro canto che la grande diminuzione d i importanza se non scom-

parsa i n fabbrica dei gruppi dipende propr io dal la non accettazione del met ro uni ta-

ria, del control lo d i massa, e quindi da l mancato riconoscimento del le sedi natural i

in cui i l dibat t i to operaio si svolge, le leghe e i consigli, e non da un qualche ostacolo

burocratico. Una eventuale r ipresa de l cont r ibuto de i nuc lei po l i t i c i extrasindacal i

alla organizzazione del la l o t t a operaia passa attraverso i l riconoscimento d i queste

sedi, de i delegati, e •dei r i sul tat i contrat tual i , de l mutamento reale del le condizioni

di lavoro e d i l iber tà organizzativa i n fabbr ica come met ro per misurare l a propr ia

azione. No n p e r nu l l a i l Col let t ivo Lenin d i Tor i no , che è i l gruppo che con p i ù

costanza e intelligenza ha svolto un lavoro d i formazione pol i t ica d i quadr i operai i n

questi u l t imi anni , h a accettato questo met ro.

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