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il

decentramento di tipo I ( verso le unità di produzione) e di tipo

I I

(verso le

unità amministrative). Sarebbe ridicolo chiedersi quale dei due corrisponda alla

lineamaoista e quale no. La sola risposta plausibile a una simile domanda è: a

seconda dei tempi e delle circostanze Tanto un dogmatico che un empirista

entrambi incapaci di intendere un procedimento dialettico — ne dedurranno che la

metodologia di Mao è puramente empirica; o comunque, che risulta tale facendo

usodelle categorie proposte da S.

E' vero il contrario. Non soloMao, ma tutti i grandi politici agisconosecondo

una linea coerente. Tanto più i grandi politici rivoluzionari, i quali sono così fedeli

ai loro principi e tendono con tale ostinazione al raggiungimento di certi fini

daapparire sovente come utopisti.

Nella ricostruzione di S., Mao appare coerente non solo per quanto concerne

il riferimento all'ideologia pura ( i principi), ma anche nell'elaborazione e nell'uso

dell'ideologia pratica. La stessa ricostruzione schurmanniana tende a essere

un

prodotto, uno specchio della ideologiamaoista. S. individua e fa proprio i l modo

di pensare di Mao, che egli deduce principalmente dai due saggi sulla contraddi-

zione e dall'analisi della pratica politica ( 2).

Nella misura in cui S. ha assimilato questo

metodo

(per quanto riguarda

ovviamente l'analisi e l'interpretazione, che sono i suoi compiti in questo libro),

sono relativamente poco importanti i suoi errori spiccioli di giudizio. Quel che

conta è che egli stesso ci fornisce gli strumenti per correggerli, una volta che siamo

inpossesso di dati ulteriori. Direi che la validità dell'analisi di S. è provata dalla

suaapplicabilità ai fatti cinesi anche oltre quanto egli stesso abbia fatto.

Aquesto proposito vanno fatte alcune osservazioni sul Supplemento relativo

alla rivoluzione culturale. Non si possono non condividere

in

merito le osserva-

zioni di Martinelli, e del resto dello stesso autore. E' stato scritto mentre la

rivoluzione culturale era ancora in corso: si tratta di un limite oggettivo. Mancano

quindi alcuni dati di fatto essenziali per la sua comprensione globale, e i l quadro

èspostato

in

una direzione. Diciamo che è spostato a sinistra: o meglio, in dire-

zioneanarchico-utopica.

Tuttavia l'analisi è estremamente ricca, si ricollega organicamente a quella

cheprecede, e fornisce gli elementi per la comprensione e per l'indagine in dire-

zione corretta non solo del periodo conclusivo della rivoluzione culturale ma

anchedelle contraddizioni — insieme pericolose e vitali — che attualmente trava-

gliano la società cinese.

Per questo raccomanderei la lettura attenta e l'utilizzazione più ampia anche

di questa parte del libro. Le preoccupazioni pratiche dell'autore, l'uso politico che

egli ha fatto della rivoluzione culturale cinese in rapporto con

la

rivolta giovanile

negli Stati Uniti non solo non tolgono nulla ma aggiungono alla sua validità: nel

quadro appunto di una cultura non accademica. La relazione di S.

Storm over

America

-

Storm over China

recò scandalo fra gli illustri orientalisti dell'Univer-

sità di Londra. Menare quello scandaloera ed è opera di cultura, al più

alto livello.

(2) Vedi a p. 128: «Straordinaria è la semplicità di questo modo di pensare; accettate alcune

premesse filosofiche fondamentali del marxismo-leninismo, esso procede e combina le idee

in una serie infinita d i dualismi. I l criterio principale per sottoporre un'idea al pensiero

ideologico è che essa ha una connessione definita con la realtà pratica; se è così, allora i l

pensiero ideologico può finalmente scoprire i l suo opposto dialettico reale. Se i l dualismo

si trasforma i n una contraddizione, allora i l pensiero ideologico procede ulteriormente ad

affrontare i l nodo in cui è possibile risolverla».

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