

crati di un'organizzazione ma rappresentanti di lavoratori investiti da un preciso
mandato: contribuire all'unità e alla forza di classe.
Vogliamo cioè realizzare in fabbrica quella capacità di mobilitazione
perma-
nente,
di unità offensiva, che abbiamo contribuito a organizzare sul territorio, in
collaborazione con altre avanguardie, nei confronti delle quali pure abbiamo una
seriemolto grossa di divergenze sulla tattica e la strategia. Ma questo è il momento
di unirsi attorno ai livelli più alti dello scontro, di rendere permanenti i momenti
più combattivi delle lotte passate, di misurare i l passo su quelli.
L'Eni protagonista della politica anti-proletaria
Ma
il. fascismo è solo una faccia, è solo uno strumento di un progetto molto
più vasto e di lunga prospettiva del capitalismo italiano.
Unacosa è certa: che la svolta a destra e i provvedimenti repressivi che
l'accompagnano non rappresentano delle misure di carattere eccezionale e quindi
provvisorio
(p.es. contro i l terrorismo o contro la crisi delle aziende). I l capitale
italiano vuole poter contare su una classe operaia diversa, sia per composizione
cheper distribuzione territoriale. Punta sul sud non perchè voglia sottrarre i l sud
allamiseria ma perchè vuole impiantare laggiù delle fabbriche ancora più isolate
dalla realtà sociale, in mezzo alla miseria e alla disoccupazione. L'ENI e la Monte-
dison, protagonisti del «piano chimico», sono i primi responsabili. Che destino
spetta ai pochi proletari meridionali che potranno godere i l «privilegio» di essere
assunti in queste fabbriche? (Che siano pochi ce lo dicono gli stessi padroni e lo
stesso ufficio di programmazione). Basta guardare, senza fare delle ipotesi, a come
si lavora a Taranto, a Gela. Sono le fabbriche italiane dove si muore di più, dove
lamafia degli appalti, protetta e promossa dalle direzioni IRI e ENI, manda allo
sbaragliomigliaia di operai. La grande fabbrica al sud, la grande fabbrica dell'ente
di stato, non porta — comequalcuno vuol ancora farci credere — una «moderniz-
zazione» della societàmeridionale, porta lo sfruttamento senza veli, brutale come
le vecchie solfatare siciliane. Ed è significativo che proprio gli impianti chimici
di base, cioè quelli conmaggiore intensità di capitale e con minor numero propor-
zionale di addetti, vengono installati al sud.
Perchè?Per lasciare lo stato della disoccupazione quello che è, anzi per aggra-
varlo e ottenere così un doppio risultato: ricattare i disoccupati con i l miraggio
di un lavoro, ricattare gli assunti con la prospettiva di assumere, a condizioni molto
inferiori, quelle migliaia di braccia che premono sui cancelli.
Ormai il progetto del capitale va avanti senza veli. Una volta venivanoancora
araccontarci cheavevano in mente una società della pienaoccupazione, oggi dicono
chiaro e tondo che prevedono la permanenza di elevati livelli di disoccupazione.
Per allinearsi coi paesi più progrediti, aggiungono, cioècon gli Stati Uniti (bell'esem-
pio di paese progredito!) E per allinearsi con questi paesi progettano già un
programma di controllo della povertà chesecondo le intenzioni del ministro Piccoli
si dovrebbe chiamare «salario minimo garantito», cioè sussidio di disoccupazione
permanente.
Orapossiamo facilmente immaginarci le migliaia di giovani meridionali che,
frastornati dalla propaganda sul «sud che si sta industrializzando», preferiranno
aspettare invece di emigrare subito. E aspetteranno invano. E nell'attesa? Siamo
sicuri che finiranno per fare qualcosa che l i farà definire «terroristi e teppisti»
dal governo, dai padroni e dalla stampa. Così come avviene per i neri d'America,
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