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vità, l'incremento delle operazioni di ribaditura, di aggiustamento del pro-

dotto stesso (senza considerare l'incremento degli scarti di produzione). I n

altri termini ciò che si 'risparmia' tirando i l collo degli operai addetti alle

operazioni d i fabbricazione viene rimangiato per un verso dalla considere-

vole mole di addetti al controllo qualità che si rende necessaria, e per l'altro

dalle operazioni di aggiustamento necessarie per una importante massa d i

prodotti. La 'soluzione' che la direzione Olivetti ha trovato per questo pro-

blema è emblematica della strada su cui si sta incamminando la riorganiz-

zazione del processo produttivo nella grande industria italiana ed è espres-

sione di tendenze già da anni in atto in molte industrie europee e, in modo

particolare, degli Stati Uniti.

In breve si tratta di questo. Mentre prima l'addetto al tornio o a una

qualsiasi macchina utensile era prevalentemente un 'conduttore', gli accordi

sindacali di questi ultimi anni all'Olivetti tendono a trasformarlo in una figura

autonoma

che oltre alla conduzione della macchina la predispone a seconda

del programma di lavorazione, l'attrezza, mette a punto gli utensili, esegue

i pezzi di prova e si dà i l benestare di inizio lavorazione, affila, sostituisce

eregola gli utensili, esegue

l'autocontrollo

sulla produzione, e molto spesso si

dà i l benestare di qualità (23). E' ja figura dell'operaio autonomo in auto-

controllo. Non si poteva trovare un'espressione più adeguata per indicare

una situazione in cui l'operaio è tenuto ad impiccarsi da solo, come si dice,

a fare il boia e l'impiccato

autonomamente.

Negli accordi Olivetti i l passag-

gio da una categoria a quella superiore è determinato, generalmente, dal

grado di autonomia dell'operaio, in altri termini dal suo 'bisogno' di con-

trollo. E ' appena i l caso di notare che la necessità di controllo sul lavoro

.operaio è espressione di una esigenza contemporaneamente di natura tecno-

logica e sociale: quella di verificare il grado di

annullamento

del lavoro entro

i meccanismi della produzione capitalistica. Cioè uso razionale dell'impianto

da parte della forza lavoro e, dentro dò,

fluidità

e

ordine

nell'erogazione

della capacità lavorativa. Ciò che è ancora una volta espressione (sia ogget-

tivamente che in termini di programma della direzione capitalistica) dell'in-

treccio tra tecnologia e organizzazione del lavoro.

E' curioso (e per chi concepisce il capitale esclusivamente come insieme

di merci o come tecnologia e non come rapporto sociale che passa sia

all'esterno

che

all'interno

della merce, inspiegabile) che proprio nell'epoca

che vede la massima riduzione del lavoro a elemento collaterale (dal punto

di vista del rapporto di valorizzazione) del processo produttivo e l a sua

riduzione a erogazione, al più, di una generica attività di adattamento alle

condizioni oggettive (borghesi) della produzione, è curioso che proprio in

quest'epoca si sviluppi una tendenza verso ciò che ingegneri industriali, socio-

logi e addetti alle 'nuove' politiche del personale chiamano autocontrollo.

Nella fase in cui si tocca il livello massimo di scollamento tra le condizioni

del lavoro e l'attività lavorativa sotto i l capitale, l'autocontrollo diventa lo

strumento necessario per un recupero che consenta, nello sviluppo della

produttività, il superamento di quell'accumulo di tensioni che oggi si sviluppa

sulla base del lavoro frammentato.

(23) L'accordo per i conduttori dei torni automatici è del dicembre '68, per gli operai dei

torni a revolver l'accordo è del maggio '70 e per gli operatori alle macchine per la

costruzione di molle del dicembre '70. Le date sono importanti.

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