

4. Organizzazione del lavoro: dinamica e prospettive
E' possibile avanzare un'ipotesi generale sulla natura del processo d i
riduzione della classe operaia a forza-lavoro. Per una lunga fase dello sviluppo
il capitale non abbisogna di particolari strumenti di integrazione della classe
operaia all'interno della produzione diretta, in conseguenza della debolezza
della classe operaia stessa e della capacità che gli
strumenti d i controllo
esterni
( lo Stato e le sue appendici repressive) hanno di controllare i movi-
menti di un corpo sociale che non si è ancora riconosciuto come fondamento
della ricchezza sociale. I n questa fase i l potere, come diretta coercizione
sugli operai, è lo strumento attraverso i l quale i l capitale si autovalorizza;
lo, sfruttamento più bestiale è l a regola dei rapporti d i lavoro entro l a
fabbrica e l a legge fondamentale del movimento complessivo. I l problema
del capitale è qui di assicurarsi i l dominio sui movimenti «interni» dei lavo-
ratori, ma tale dominio è posto immediatamente nella natura dello scambio
capitale-lavoro, e l a forza-lavoro non ha ancora storicamente l a forza per
incidere sulle condizioni dello scambio nè in riferimento alla sua collocazione
entro l a produzione. Lo sviluppo dell'accumulazione è l'appropriazione d i
masse sempre più grandi e sempre più concentrate di forza-lavoro e i l loro
legame con un volume sempre più grande di capitale fissato in impianti e
macchinari.
Qui si intrecciano per i l capitale due problemi che sono le due faccie
di una stessa medaglia: assicurare l'uso razionale del capitale fisso e la piena
disponibilità della classe operaia nei suoi movimenti come forza-lavoro.
Ma
il
primo scopo è raggiungibile solo nella misura in cui si realizza i l secondo.
E per i l capitale i l controllo della forza-lavoro diviene vieppiù questione
centrale, giacchè entro la produzione i l proletariato acquisisce storicamente
la coscienza del proprio sfruttamento. E' attraverso la divisione del lavoro
(le diverse forme che tale divisione assume nel corso dello sviluppo) che i l
capitale tenta la frantumazione del lavoro e la sua riduzione a appendice
liquida. Lo sviluppo si pone nella produzione come sviluppo delle barriere
interposte entro la forza-lavoro. E' i l periodo aureo del Taylorismo; i l lavoro
frammentato, disaggregato nella meccanica ripetizione di movimenti elemen-
tari, lo studio (negli uffici Tempi e Metodi delle grandi aziende) d i ogni
pezzo del processo complessivo, queste sono t ra l e caratteristiche fonda-
mentali di questo periodo. Ogni aspetto della produzione viene sminuzzato e
analizzato i n funzione dell'esigenza d i incrementare l a produttività indivi-
duale e di legare gli operai a operazioni il cui svolgimento riduca al minimo
il rapporto con gli altri operai. Henry Ford che, in questo campo, fu i l vero
precursore, vedeva i l problema con molta lucidità. «Dividere e stiddividere
le operazioni, tenere i l lavoro i n movimento, queste sono l e chiavi della
produzione. I l preciso risultato dell'applicazione di queste massime è la ridu-
zione della necessità di pensiero da parte degli operai e la eliminazione di
ogni loro movimento superfluo. L'operaio deve fare possibilmente una cosa
sola con un solo movimento ( . . . )
Inoltre noi abbiamo l a • preoccupazione
dei fattori che rendono oggi necessario al capitalismo (italiano in particolare) una
politica articolata degli insediamenti industriali, di incentivi e disincentivi settoriali
e territoriali. Prescindendo dalle conclusioni cui giunge l'A. si tratta di una lettura
stimolante per la mole dei dati forniti.
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