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L'Olivetti è un caso tutt'altro che isolato; negli S.U. e in parecchie grandi

industrie europee ci si è posti già da anni su questa strada. Esiste una ricca

letteratura (prevalentemente anglosassone) a questo proposito, che vede

nello sviluppo delle tecniche basate sul 'time span of discretion' e sul supe-

ramento delle tecniche di tipo tayloristico ( ivi incluse naturalmente le tec-

niche di job evaluation) la chiave per uno

sviluppo umano del lavoro,

cioè,

in altri termini, lo strumento per un controllo

elastico

della classe operaia

che tenga conto della sua permanente tendenza all'autonomia. Uno dei

profeti d i questo nuovo umanesimo del lavoro, funzionario della Glacier

Metal Company, non ha dubbi nell'affermare che «Nel caso di una retribu-

zione corrispondente al concreto livello di discrezionalità, l'interessato ( ! )

si troverà in uno stato di soddisfazione ( ! ) , per cui non presenterà richieste

di aumento e non manifesterà atteggiamenti di ostilità o risentimento (!)» (24).

Ma, a questo punto, è bene vedere sistematicamente come gli addetti alla

riorganizzazione del lavoro industriale, managers, sociologi del lavoro e indu-

strial engineers, affrontano l e questioni relative al la riorganizzazione del

modo d i produrre. Farebbe un grave errore chi credesse che l e idee d i

questi illustri

operatori socio-tecnici

rappresentino l a reale dinamica del

modo capitalistico di produrre. Sarebbe come confondere Agnelli e la Con-

findustria con Ruffolo, non capire la differenza tra i l progetto capitalistico

così come avanza nella realtà e l'esigenza d i mistificazione (vale a dire:

universalizzazione del dato) che gli è connaturata. Ciò non significa che le

idee di questi signori siano del tutto irrilevanti, anzi. Gl i addetti ai lavori

(sociologi e compagnia) sono gente interessante, i l cui permanente contatto

coni e fonti del potere obbliga a porre (prevalentemente in modo sbagliato)

i problemi giusti. Rappresentano i l terreno sul quale, pur attraverso mille

mediazioni, vengono poste le contraddizioni che derivano dall'incapacità del

capitalismo d i ridurre permanentemente l a classe operaia in forza lavoro.

Ciò che qui c i interessa d i questi sviluppi della scienza a l servizio dei

padroni è la problematica generale che sottendono come espressione di con-

traddizioni che maturano scelte organizzative e tecnologiche di nuovo tipo.

E' nelle caratteristiche che seguono che, in genere, vengono rilevati i

connotati principali del modo di produzione attualmente dominante.

a)

Rigida divisione dei compiti tra le diverse funzioni, per es: fabbri-

cazione, controllo tempi e metodi, controllo qualità, manutenzione, supervi-

sione. Ciascuno degli

enti

preposti ad una. determinata funzione ha prescrit-

tivamente delimitata l'area d'intervento e i relativi margini di autonomia.

b)

La direzione generale attraverso un articolato sistema di deleghe

di potere assicura l'ordinato sviluppo del processo produttivo dimensio-

nando in modo diverso le modalità operative dei diversi enti a seconda delle

esigenze di

equilibrio socio-tecnico

che di volta in volta si presentano.

(24) J.M.M. T h e tinte span of discretion, tr. it. Isper. In A. Anfossi, Prospettive socio-

logiche sull'organizzazione industriale,

Franco Angeli 1971, s i legge a p. 339: «La

capacità di autoregolarsi delle parti è una condizione perché possa autoregolarsi i l

sistema nel suo insieme... Un sistema che si autoregoli a livello globale, ma senza

decentrare l a capacità d i autoregolarsi delle parti non può essere 'efficiente' non

soltanto per i costi che deve sostenere, ma anche perché un elemento della sua

inefficienza è i l 'potere negativo' che si esercita là dove è precluso l'esercizio del

potere positivo...».

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