

finanziato dallo Stato, attraverso • credito agevolato e contributi a fondo
perduto.
Il decentramento della Fiat giunge in un momento della vita dell'azienda
che vede il rapido incremento degli acquisti da terzi, passati da 328 miliardi
nel '61 a 945 nel '70. La percentuale degli acquisti da terzi sulla somma
del fatturato più il valore della produzione di capitali fissi, ha raggiunto poco
meno del 55%, i l valore più alto registrato negli ultimi sette anni. I l decen-
tramento della Fiat diviene coglibile come un momento della più generale
politica di dislocazione all'esterno, soprattutto verso le aziende medio-piccole
collegate, di una sempre maggiore serie di lavorazioni. C'è però una qualifi-
cazione da fare: mentre le aziende fornitrici della Fiat sono generalmente
impegnate nella produzione meccanica di accessori e parti componenti, le
aziende decentrate già esistenti e quelle che sorgeranno in futuro saranno
prevalentemente adibite al montaggio. e alle operazioni finali del ciclo (18).
Lo spostamento in stabilimenti decentrati del montaggio e delle fasi finali,
mette le direzioni aziendali nella condizione da un lato di ridurre l'accumu-
lo di tensioni che l'inserimento di nuove masse di forza-lavoro produce, di
depotenziare la carica antagonistica, e dall'altro di agire con maggiore libertà
sui mercati del lavoro delle zone depresse: Vasto non è Torino e Lordstown
non è Detroit.
I meridionali a Torino, gli algerini in Francia, gli spagnoli e i turchi in
Germania, i neri negli Stati Uniti, se hanno costituito con il loro sfruttamento
la spina dorsale di tanti miracoli economici, sono diventati oggi la struttura
portante della lotta operaia contro l'organizzazione capitalistica del lavoro.
La capacità che questa nuova generazione operaia ha dimostrato, negli ultimi
anni, di scatenare lotte selvagge legando la lotta contro le condizioni del suo
supersfruttamento alle condizioni generali della produzione in fabbrica, le-
gandosi quindi alla massa dei proletari industriali, questa capacità è il grande
fatto nuovo che costringe i l capitale a ristrutturare i piani della sua crescita,
dal punto' di vista delle forme nuove della produzione industriale. Con le loro
lotte i proletari hanno fatto buttare a mare centinaia di discorsi manage-
riali e le dotte dissertazioni accademiche sulle economie di scala esterne e
interne; i l capitale prende così, atto che l'unica vera
economia di scala
è per
esso quella sulla quale cresce i l minor potenziale di contestazione.
Con la crescita delle dimensioni produttive cresce non soltanto la scala
della produzione e l'immissione di masse di forza-lavoro nel processo produt-
tivo, cresce anche i l ruolo della grande industria come principale regolatore
della vita socio-economica complessiva. Così come nella grande fabbrica è
necessaria l a realizzazione d i condizioni tecnologiche che riducano perma-
nentemente l a classe operaia a forza-lavoro, nella struttura generale della
produzione, nella società, i l capitale riproduce l a stessa fondamentale esi-
genza, articolando le sue scelte in riferimento ad un potenziale di contraddi-
zioni e di tensioni da ridurre permanentemente a elemento conflittuale ( e
programmabile) della sua ulteriore crescita (19).
(18) I dat i relativi alla FIAT sono estratti prevalentemente dagli at t i della
Conferenza
economica sulla struttura del monopolio FIAT, tenuta a Torino alla fine del maggio
1971. La lettura di questo testo è consigliabile anche per capire la direzione di fondo
su cui si muovono i sindacati in riferimento ai problemi della grande industria.
(19) A questo proposito si può utilmente vedere P. Ferraro,
Progresso tecnico, ventagli
di produttività
e
sviluppo,
Milano 1970, dove è contenuta una descrizione analitica
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