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zione. Questo può voler dire accentuare volontariamente la lotta quando

i capitalisti sono economicamente alle corde, superando i l proprio com-

portamento «naturale» che è quello di rallentare la lotta quando l'eco-

nomia fa acqua. Si tratta però di affrontare i problemi della divisione e

dell'organizzazione del lavoro, delle alleanze, dell'internazionalismo e

della organizzazione operaia in fabbrica.

L'elemento dirimente è che l'organizzazione rappresenti diretta-

mente e controllabilmente gli operai e non sia organo di gestione di un

accordo, professionalmente interessato alla sua applicazione senza con-

trasti. I l solo vincolo è che tale organizzazione sia connessa alle altre

rappresentanze di fabbrica e ai centri politici degli operai. I delegati

non sono esattamente questo ma sono la cosa più vicina ad una rappre-

sentanza reale degli operai che esista ora. E' importante che alla vigilia

dell'autunno questa rappresentanza sia in piedi. Purtroppo la seconda

condizione è molto più difficile da soddisfare: quale è oggi la organizza-

zione politica degli operai, dei contadini, degli sfruttati (che non sia

anche organizzazione di un po' di padroni, di professionisti, ecc.)?

Le stesse condizioni del movimento nelle piccole fabbriche nel sud,

nei settori in crisi (tessili, edilizia), tra i disoccupati, sono molto precarie.

Sono problemi reali il pericolo di spaccature tra operai occupati e disoc-

cupati, delle grandi fabbriche e delle piccole, del nord e del sud e la

diversa possibilità di concedere dei grandi e dei piccoli padroni (anche

sepossono esistere motivi soggettivi per cui i sindacati possono esaspe-

rare piuttosto che contrastare queste tendenze).

Per ora l'attività degli operai nella preparazione dei contratti non è

stata grande. Non c'è neanche l'ombra dell'attività dirompente che

rompeva tut t i gl i argini tre anni fa. Allora alla FIAT erano in pieno

svolgimento gl i scioperi spontanei di primavera; a Palazzo Nuovo, con

gli studenti, poi con i gruppi, c'era assemblea tutti i giorni; funzionavano

attivamente più centri di iniziativa politica e di dibattito permanente

ed emergevano, letteralmente a furor di popolo, i temi della piattaforma,

che erano quindi estremamente condivisi, pochi e chiari. Ora la situa-

zione è evidentemente assai diversa. Le bozze di piattaforma sono state

il risultato di elaborazioni di vertice, spesso assai generosé, ma di vertice.

Non c'è accordo pieno sui punti tra i vari sindacati, come si è detto, ne

all'interno dei sindacati. Le richieste sono sfumate, complesse, difficili

e per ora ignote agli operai.

Questo è tuttavia in parte i l risultato di uno stato di fatto: i movi-

menti non si creano a comando. E del resto i nuovi quadri emersi dalle

lotte di tre anni fa, strutturati come sono, possono condurre un dibattito

più sottile di quanto non fosse allora possibile. Bisogna solo ricordarsi

che non sono i quadri che fanno gl i scioperi e comunque quelli che

devono decidere, quelli i cui interessi e la cui comprensione vanno

messi in prima linea sono tutti gli operai. E opinione di chi scrive che

la piattaforma non possa non essere complessa e che abbia ben poco

senso tentare d i creare alternative (che del resto sarebbero d i fatto

rese impossibili dalla pratica scomparsa di centri di elaborazione poli-

tica esterni alla rete dei delegati). Quello che conta è la sostanza orga-

nizzativa e politica che ci sarà dentro i gusci degli accordi quando saranno

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