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subire un rinnovamento; vale la pena di citare dalla stima che Pollock riporta

sulla distribuzione percentuale del le ore lavorative, alcuni dat i relat ivi al la

produzione d i grandi apparecchi elettrici: Montaggio 27%, Trasport i Interni

27%,

Lavorazione de i pezzi

22%, Control lo 13%. Non c'è bisogno d i com-

menti. L'introduzione del transfer per la produzione del rul lo del carello nel

'59 al l 'Ol ivetti f a passare la produtt ivi tà (misurata rapportando i l carico d i

forza-lavoro al numero di macchine prodotto) dal 5 al 2%. Secondo la stima

Olivetti, produrre attorno al '60 i l rul lo del carello con i l ciclo e le macchine

del 1930 sarebbe costato 18 vol te d i p i ù che con i l ciclo e i l t ransfer i n

uso, e per produrre l o stesso numero d i pezzi sarebbero stat i necessari 44

operai dove al '60 ne è sufficiente uno.

E attraverso l a disaggregazione .del ciclo complessivo e l a sua succes-

siva riaggregazione i n fasi integrate sotto i l suo rigido comando che i l capi-

tale s i assicura i l control lo s ia de i moviment i del la forza-lavoro che de l

sistema integrato delle macchine. La connessione t ra le diverse fasi diviene

tanto stretta, i rapport i t ra le varie par t i così «necessari» da f a r sembrare

la grande industria i l dominio della razionalità pura e semplice (14). Nel la

gestione di un apparato produttivo complesso, i l capitale tende a far perdere

la sua connotazione sociale; nel la tecnologia (come realtà e come processo

di appropriazione di lavoro sociale supplementare) i l capitale fa perdere non

solo la sua origine ma anche la sua natura d i rapporto sociale: questa è la

«grande celebrazione» del la nostra epoca; qu i i l capitale, con t u t t o i l suo

seguito d i apologeti e giornalisti del

Giorno,

non ha più bisogno d i negarsi

come modo d i produzione specifico, ora può affermare tut ta l a sua speci-

ficità e testimoniare l a sua uni c i tà basandola su l regno conquistato de l

Necessario e del Razionale. A questo punto, e oggi p i ù che mai , qualsiasi

critica che si basi sul recupero degli «aspetti umani» entro l 'attuale modo

di produzione va relegata nel museo del le curiosi tà romant ico-reazionarie.

L'imperativo categorico del la grande industria è la riduzione ai minimi

termini dei moment i d i discontinuità del processo; pe r usare i l linguaggio

da tempo i n voga t ra i nostri tecnologi e i rappresentanti più avveduti del

management, l 'obiettivo è l a

fluidificazione.

Disaggregare, ricomporre a p i ù a l t i l i vel l i d i meccanizzazione e auto-

mazione, ancora disaggregare e così via; è un processo che avviene su due

direttrici: la macchina e l'officina. I sistemi di collegamento tra una macchina

e l 'altra, t ra un reparto e l 'al tro non sono soltanto momenti d i raccordo t ra

diverse lavorazioni, diventano l a l inea fondamentale dell'integrazione inter-

na, l a prefigurazione del la tendenza verso una successiva, p i ù razionale,

ricomnosizione de i processi. «... il dispositivo d i trasporto d'una t ransfer

sta al la propr ia macchina come i l trasportatore d'pfficina s t a all 'officina

stessa, intesa come un

grosser Autornat,

una macchina automatica d i mag-

giori dimensioni» (Gallino, cit.,

p. 116).

(14)

Tanto necessaria, adeguata ad u n astratto model lo ot t imo d i razionalità, appare

l'organizzazione del lavoro nella grande industria, che

P.

Naville (per al tro uno dei

più equilibrati e meno preteschi

osservatori specialisti

del settore) l a contrabbanda

come dominio del la logica, «di una sequenza logica, i l cu i fat tore determinante è

costituito dalla serie delle implicazioni» .(in

Tratt. d i sociologia del lavoro,

I . p. 557),

confermando anche per questa via l'incapacità strutturale della sociologia borghese

di comprendere la realtà sociale nella sua natura dicotomica, sfuggendo alla metafica

delle forme.

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