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al processo lavorativo complessivo. E ' la trasformazione del lo strumento d i

lavoro da appendice dell 'uomo i n corpo animato da proprie leggi ( l e leggi

della valorizzazione del capitale e del la

sua

meccanica) r ispet to al quale l a

forza-lavoro è ora l'appendice vivente. La stessa manifattura produce i l nuovo

tipo d i operaio, l 'operaio spogliato d i ogni abi l i tà unitaria, ma questo pro-

cesso può d i r s i compiuto solo con l a di ffusione del le macchine, con l a

grande industria. A differenza del la mani fat tura dove i l superamento de l

lavoro artigiano avviene attraverso la disaggregazione dei mestieri i n opera-

zioni elementari standardizzate al le qual i vengono adibi t i operai d i cu i s i

coltiva una sorta di virtuosismo manuale (3), nella grande industria i l centro

attorno al quale i l lavoro viene diviso non è più prevalentemente la singola

operazione ma quel gruppo d i operazioni che s i trova

condensato

ent ro l e

macchine. L'elemento propulsivo del processo non è più i l lavoro nè d i t ipo

artigiano nè atomizzato i n singole operazioni svol te manualmente, questo

elemento è ora la macchina i cui tempi di . lavorazione si impongono a tut to

il processo, anche laddove, come nelle operazioni d i montaggio, di manuten-

zione, ecc., è di ret to l ' intervento del la forza-lavoro sul prodotto. E ' ciò che

Marx intende affermando che punto di partenza della manifattura è i l lavoro

e nella grande industria i l mezzo di lavoro. «Nella manifattura l'articolazione

del processo lavorativo sociale è puramente soggettiva, è una combinazione

di operai parziali; nel sistema del le macchine l a grande industria possiede

un organismo di produzione del tut to oggettivo, che l'operaio trova davanti

a sè, come condizione materiale d i produzione già pronta... Ora i l carattere

cooperativo del processo lavorativo diviene dunque necessità tecnica imposta

dalla natura del mezzo d i lavoro stesso»

(4).

Con i l sistema d i macchine, cioè l a grande industria, l 'at t ivi tà dell'ope-

raio viene posta come astrazione d i at t ivi tà (5) , forma generale del lavoro

umano. Qui i l concetto di forza-lavoro non è più solo concetto (così come è

estratto dal semplice rapporto di cambio lavoro-capitale) ma realtà prodotta

storicamente dal capitale e ad esso adeguata, non è quindi concetto

esterno,

interpretativo,

de l capitale. La stessa frantumazione del lavoro non segue

più l a semplice logica del la massimizzazione de l rendimento i n ciascuna

singola operazione, è o r a misurata i n r i fer imento al l 'uni tà cost i tui ta da l

sistema d i macchine. I l dispotismo del capitale passa qui non solo nel suo

comando, nella direzione dell'intero processo, ma anche nella sua stessa ogget-

tività d i capitale fisso, d i «abilità mor ta che richiede lavoro vivo per affer-

marsi come prodotto a nuova vita. Oggettività e soggettività del dispotismo

del capitale s i intrecciano dando luogo ad una st rut tura ent ro l a quale è

difficile definire la fine dell'una e l ' inizio dell'altra. Lo stesso carattere sociale

del lavoro si presenta come forza collettiva del capitale; «la loro (della forza-

lavoro) associazione non è la loro esistenza concreta ma l'esistenza concreta

del capitale» (6).

Riassumendo gl i elementi storicamente original i posti dalla grande indu-

stria possono essere individuati:

( 3 ) La manifattura «storpia l'operaio e ne fa una mostruosità favorendone, come in una

serra, le abilità di dettaglio, mediante la soppressione di un mondo intero di impulsi

e di disposizioni produttive». Marx I l

Capitale I ,

Edit. Riun. 1964, p. 404.

( 4 ) Marx,

Capitale,

I , p. 428-29.

( 5

) V. Marx,

Lineamenti fondamentali della cr i t . dell'ec. pol.,

I I , 387-397.

( 6 ) Marx,

Lineam.,

I I , 241-2.

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