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sociale generale (1) , è massima l'indifferenza verso i l valore d'uso, verso i l

prodotto specifico che porta in sé un valore potenziale; i l suo obiettivo è la

ricchezza astratta come condizione all'appropriazione d i sempre maggiore

ricchezza. Rispetto a questa che è l'anima del capitale ogni forma assunta

dal processo lavorativo è per esso limitata, mai

sufficientemente

adeguata

alla sua natura. Perciò il rivoluzionamento continuo della sua esistenza come

corpo produttivo è una necessità vitale, un modo obbligato d i esistenza

imposto oltre che dalla coercizione reciproca che i diversi capitali si impon-

gono a vicenda attraverso la concorrenza, dalla sua natura di lavoro morto

che solo incorporando dosi sempre maggiori d i lavoro non pagato può

valorizzarsi.

Abbiamo visto come i l lavoro artigiano (sia pur concentrato e con un

maggior grado di integrazione) non consenta al capitale i l massimo dispie-

gamento di quella divisione del lavoro sotto i l suo comando che sola può

produrre un decisivo balzo in avanti della produttività del lavoro e quindi

del saggio del plusvalore.

Progressivamente i l capannone nel quale sono concentrati i lavoratori

e gli strumenti di lavoro si trasforma in fabbrica, la manifattura in grande

industria. Qui i l capitale può porre finalmente se stesso come unica condi-

zione, nella produzione diretta, e presupposto alla sua ulteriore crescita. I l

tradizionale strumento di lavoro viene sostituito prima da piccole macchine

che ne rappresentano parziali miglioramenti e poi da macchine utensili vere

e proprie che incorporano nella loro struttura meccanica l'abilità e la de-

strezza

dell'operaio-artigiano.

La prima metà del secolo scorso vede i l conti-

nuo miglioramento dei tradizionali strumenti artigiani e un flusso continuo

di innovazioni tecniche originali (2) . La diffusione delle macchine, la sosti-

tuzione che operano nei confronti del lavoro specializzato, trasforma la natura

del lavoro sottoposto al capitale. Ciò di cui ora i l capitale si appropria non

è lavoro di filatura, di cardatore o di fabbro, ma una generica capacità di

lavoro senza ulteriori specificazioni. I l lavoro s i presenta finalmente del

tutto libero; non solo liberato dai propri mezzi d i sussistenza ma anche

mondato da quel residuo segno che lo legava nella sua particolarità (ormai

inutile) agli specifici mezzi di sussistenza (ormai del capitale).

Aquesto proposito Marx nota che mentre il lavoro in tutte le fasi prece-

denti al capitale, e fino al lavoro artigiano dal capitale stesso appropriato,

pone lo strumento come

medium

tra se stesso e i l prodotto, con l'applica-

zione su larga scala delle macchine e con la trasformazione della fabbrica

in unità di macchine, è i l lavoro stesso ad essere posto come intermedio tra

la macchina e i l prodotto.

L'appropriazione del lavoro da parte del capitale riduce i l lavoro a

momento sì essenziale della produzione ma collaterale, marginale, rispetto

( 1 ) Senza entrare nel merito di ciò va però ricordato che se è innegabile l'indifferenza

del singolo capitalista per i l prodotto che è portatore per lui di nuovo valore, non

si può dire la stessa cosa per il capitale in generale, giacchè qui oltre alla

variabile

«massima valorizzazione» interviene anche l a

variabile

«stabilità del sistema dei

rapporti di potere». E allora non è indifferente produrre corazzate o burro.

( 2 ) Un caso tipico d i tasformazione dello strumento i n macchina è l'invenzione, nel

primo decennio dell'800, dello slide-rest, utensile del tornio, prima manovrato a

mano. E ' in questo caso sufficiente un miglioramento apportato allo strumento per

trasformarlo in una vera e propria macchina utensile.

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