

la direzione capitalistica, la creazione di strumenti che sia nella produzione
diretta in fabbrica sia a livello più generale consentano la regolarità e l a
continuità del processo di accumulazione. Si rivela l'insufficenza di un con-
trollo a posteriori dei movimenti della classe operaia. La lotta di classe non
si pone più, per i capitalisti, come esclusivo problema di repressione una
volta che le tensioni più acute si sono già manifestate, l a lotta di classe
diventa
variabile
integrante ( e progressivamente quella realmente decisiva)
all'interno del processo di formazione delle decisioni della direzione capita-
listica. Nelle sue punte più lucide i l capitale acquista l a coscienza della
necessità di scadenzare i l proprio sviluppo sui tempi di un processo che va
continuamente rinnovato, quello della divisione della classe operaia, della
sua riduzione a elemento fluido de l capitale, a forza-lavoro. E ' proprio
avendo in mente questa tendenza e la sua incapacità di realizzarsi compiu-
tamente, che. Marx può affermare che i l limite di fondo del capitale è l a
classe operaia.
La massimizzazione del profitto è un piano su cui i l capitale può porsi
alla condizione di aver assolto al suo compito prioritario di frantumazione
della classe operaia. Nella mente del capitalista massimizzazione del profitto
e divisione della classe operaia si presentano come due esigenze congiunte:
l'autovaloriz.zazione del capitale le presuppone ambedue.
Lo sviluppo diventa
problema della massima valorizzazione compatibile storicamente con livelli
minimi ( e comunque programmati come controllabili) d i antagonismo da
parte del proletariato.
Ciò di cui ci occupiamo qui è l'analisi delle forme assunte nella produ-
zione di fabbrica da questa esigenza generale del capitalismo. La dinamica
della divisione del lavoro e della tecnologia non segue una linea la cui logica
si possa cogliere entro pretese «leggi» proprie della tecnologia stessa; divisione
del lavoro e tecnologia, a prescindere dalla coscienza che di esse può avere i l
singolo capitalista, hanno ormai assunto un prevalente carattere di
risposta
preventiva
del capitale. Ciò che qui ci interessa vedere sono le forme che di
volta in volta nel corso dello sviluppo capitalistico questa
risposta
ha assunto,
e quali siano oggi i caratteri più rilevanti di tale risposta. E' sulla base della
analisi delle forme della divisione e della struttura complessiva del lavoro
in fabbrica che si può cogliere da un lato i l progetto capitalistico come ten-
denza alla stabilizzazione dello sfruttamento nel quadro dello sviluppo capi-
talistico complessivo e dall'altro lato la natura delle contraddizioni materiali
che vive la classe operaia in fabbrica.
Tntare d i risolvere i movimenti della c.o. e del proletariato nel suo
complesso, nel movimento del capitale, cioè ridurre le lotte operaie al loro
carattere di risposta alle iniziative capitalistiche in fabbrica, è quanto fanno
oggi coloro che credono nella possibilità di «umanizzare» i l lavoro, e depo-
tenziare la carica conflittuale in un progetto di «inserimento» della c.o. nella
gestione del potere: borghesi radicali e tecnologi democratici, ma è anche
la base teorica del vecchio e del nuovo economicismo nelle fi la del movi-
mento socialista. Ma sarebbe davvero curioso che per paura di scivolare sul
terreno politico dell'economicismo si concepissero le lotte operaie, in parti-
colare quelle sostenute in Ital ia negli ultimi tre anni, come
insorgenza di
una conflittualità innata nella c.o.
( i l «filo rosso» di vecchia memoria) rinun-
ciando ad un'analisi puntuale delle contraddizioni immediate che vive i l
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