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è ancora qui solo espressione d i una logica generale e d i una linea d i

tendenza.

E' con i l passaggio alla grande industria che intervengono quei fattori

che mutano non solo nella forma ma anche nella sostanza i l carattere del

lavoro nella produzione diretta. Ciò che prima si presentava come linea di

forza, come legge d i movimento, è ora realtà. La grande industria non

trasforma solo i l comando del capitale da momento ancora esterno al pro-

cesso lavorativo in condizione necessaria al processo stesso (alla sua natura

di processo razionalmente finalizzato al massimo profitto, alla massima valo-

rizzazione del capitale), essa spinge al massimo grado la divisione del lavoro

sopprimendo l'unità degli antichi mestieri artigiani; con l'introduzione su

larga scala delle macchine crea le condizioni per una sempre più accentuata

divisione e razionalizzazione del lavoro sotto i l suo comando. I n breve con

la grande industria i l capitale crea la sua forma più adeguata e pone l e

condizioni del suo massimo dispiegamento.

L'obiettivo del capitale è i l capitale stesso, la massimizzazione del suo

valore. Questo obiettivo non gli è esterno, ne è anzi la fondamentale legge

di movimento. Per esso ogni forma di produzione che non corrisponda alla

sua interna necessità di valorizzazione è forma da superare e il superamento

altro non può essere che passaggio ad una fase in cui i l capitale possa per-

meare di sé ogni articolazione del processo produttivo. Solo sottomettendo

tale processo e l a forza-lavoro ad esso corrispondente, e rendendo questa

sottomissione vieppiù razionale, i l capitale assicura l a realizzazione della

propria intima natura.

Man mano che la valorizzazione prosegue sotto i l comando del capitale

che aumenta la massa del lavoro supplementare di cui il capitale si appro-

pria senza scambio equivalente e la massa di forza-lavoro messa in moto

esso s i sviluppa accentuando progressivamente l a sua determinazione d i

capitale fisso. Nel capitale fisso si afferma l a sua natura d i valore, che

solo incorporando sempre maggiori dosi di lavoro non pagato può conser-

v.arsi ed aumentare. Ma nel processo che porta alla massima affermazione

del capitale in quanto fissato negli impianti, non sta soltanto l'incremento

delle sue dimensioni ma anche la trasformazione dei caratteri della sussun-

zione del lavoro sotto di esso. In termini generali: abbiamo all'inizio lavoro

non pagato, pluslavoro o plusvalore, che

esce

da una base produttiva sulla

quale il capitale non ha ancora inciso a fondo dal punto di vista del processo

lavorativo; mano a mano che la produzione avanza sotto il capitale e questo

si appropria di masse sempre maggiori di plusvalore che vengono rimesse

in circolo, cioè investite nel processo

originario,

lo stesso processo lavora-

tivo assume caratteri che lo distinguono dalle fasi precedenti e si permea

intimamente della natura del capitale. Non è qui più solo nel comando che

avvertiamo l'egemonia del capitale entro i l processo lavorativo ma anche

nello stesso strumento di produzione modellato dalle esigenze complessive

del suo modo di riprodursi attraverso l'appropriazione di lavoro non pagato.

Il risultato del processo è che il capitale giunge a pone se stesso come condi-

zione del suo stesso sviluppo. Questo è i l risultato immediato dell'afferma-

zione della grande industria.

In che modo muta nella grande industria l'uso della forza-lavoro? Marx

ci insegna che per il capitalista, così come per il capitale in quanto rapporto

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