

da fare per fornire finanziamenti onde assicurare l'illegale terza « elezione »
di Pak alla presidenza.
Da pressapoco un anno, specie a partire dal libro bianco Nakasone, i l
Giappone ha rafforzato i suoi legami militari con la Corea del Sud con una
serie di passi: ha impiantato in Corea una serie di officine d i riparazione
aerea e navale, dotate di personale tecnico giapponese; ha avviato nel 1971
uno scambio di militari nella fase di addestramento; e l'anno scorso l'intero
vertice delle sue forze armate ha visitato l e installazioni militari coreane
almeno una volta. Inoltre, una via di trasporto vitale come i l traghetto Shi-
monoseki-Pusan ( i l principale collegamento marittimo t ra i l Giappone e la
Corea) è stato militarizzato e sottoposto al controllo della marina, attraverso
ufficiali formalmente « smobilitati » che sono tali più o meno come lo sono
i piloti della RAF che combattono contro i l popolo dell'Oman e del Dhofar.
Come a l tempo delle l'ivelazioni sul Piano « Tre Frecce » nel 1965, i l
governo giapponese, assiduamente spalleggiato da dei dottoroni occidentali,
ha smentito qualsiasi intenzione di inviare truppe in Corea. Ma diversi fatti
stanno a confutare questa affermazione: in primo luogo, i piani stessi, che
erano molto più di semplici piani di « emergenza » (quale ne fosse i l signi-
ficato); in secondo luogo, gli accordi per le riparazioni, la manutenzione e
gli scambi con Seul richiedono la presenza di notevoli contingenti di truppe
giapponesi in terra coreana; e in terzo luogo, c'è tutta una serie di dichiara-
zioni provenienti da fonti autorevoli che indicano quale sia i l probabile
molo del Giappone i n un eventuale nuovo conflitto coreano. A Wi l l iam
Bundy, allora vice segretario di stato americano, viene attribuita l'afferma-
zione che qualora dovessero riprendere le ostilità sul 38° parallelo, « stavolta
si muoverebbe l'esercito giapponese ». E l'ex primo ministro della Repub-
blica di Corea, Chong Il-kwon, ha dichiarato: « Penso che i l Giappone, come
membro delle Nazioni Unite, debba, agli ordini del quartier generale delle
Nazioni Unite in Corea, dare una risposta immediata a ogni eventuale nuova
aggressione comunista in questa regione ». (Si noti il sotterfugio bell'e pronto
delle Nazioni Unite a copertura di una mossa giapponese).
Prima dell'annuncio del viaggio di Nixon a Pechino e della crisi yen-
dollaro, la situazione era, a quanto pare, la seguente: gli USA avevano deciso
di lasciare abbastanza mano libera al Giappone in Corea sul piano econo-
mico„ e la cricca di Seul aveva lasciato intendere la sua accettazione, sia
pure con una esibizione schiamazzata di risentimento bellicoso; questo i n
parte potrebbe anche essere stato sincero, essendo probabilmente i l Giap-
pone più disposto degli USA a sacrificarla sull'altare di migliori relazioni
con la Cina ( è difficile per un outsider indovinare quale dei due, tra Wa-
shington e Tokio, sarebbe i l partner più infido su questo terreno).
Il regime di Nixon ha annunciato che ritirerà 20.000 uomini dalla Corea,
compresi i contingenti di guardie alla frontiera con la Repubblica popolare
di Corea, fin qui tutte americane — più che altro per tamponare l'emorragia
di dollari, nonostante che l a « contropartita» per Seul significhi un altro
miliardo e mezzo di dollari di spese militari. Seul, pur elevando alti lamenti
sul ritiro delle truppe, ha formalmente chiesto agli USA di fornire garanzie
che Okinawa rimarrà realmente una base nucleare americana anche dopo
la restituzione; questo appello, per quanto reso pubblico, non ha ufficial-
mente trovato risposta da parte degli USA (Seul è i l solo satellite americano
che abbia fatto una richiesta del genere).
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