

vece, come soddisfazione d i bisogni al d i sotto del l ivel lo medio istituziona-
lizzato d i aspirazione (def ini to da l gruppo d i r i fer imento normat ivo "rea-
listico") e / o soddisfazione distorta d i bisogni elementari (mediata da mec-
canismi consumistici, mass-media, imitazione, ecc.). I l punto cruciale de l
neo-pauperismo è che s i sviluppa i n una situazione i n cui una parte del la
popolazione, e non solo le classi alte, incomincia a partecipare al la società
dei consumi. D i conseguenza i gruppi infer ior i esclusi — che non riescono
a tenere i l passo o che vengono d i f a t t o esclusi attraverso meccanismi
istituzionali p i ù o meno f orma l i da l l a partecipazione a i vantaggi de l l o
sviluppo — fanno propr io un l ivel lo d i aspirazione che è definito normat i-
vamente da quella parte del la popolazione che riesce a garantirsi l a soddi-
sfazione, magari graduale, dei vecchi e nuovi bisogni (anche se è impossi-
bile o quantomeno difficile definire dove st ia tale l ivel lo; non è irragione-
vole decidere, per esempio, che tale l ivel lo sia definito da: scolarità dell'ob-
bligo, abitazione non sovraffolata e con servizi anche se scadenti, dieta equi-
librata, abi t i decenti, partecipazione anche se r idot ta a forme d i consumo
culturale, ecc.).
Inoltre una par te almeno degl i esclusi tende a sviluppare forme de-
vianti d i garanzia del la soddisfazione, secondo una qualche versione meno-
niain dell'anomia. Questi meccanismi funzionano con l a massima intensità
nelle aree urbanizzate per ovvi mot ivi (l ivel lo d i reddi t i più elevati, maggio-
re dipendenza dal la strut tura dei consumi e dei servizi, massima visibi l i tà
collettiva del la partecipazione-esclusione, ecc.). Mentre i l pauperismo nel le
campagne viene tenuto sot to control lo con l a estensione del le previdenze
(mutue, pensioni) a t u t t i i gruppi del la popolazione a l disotto del la sussi-
stenza, nel le ci ttà, viene gestito dal la rete assistenziale-clientelare-poliziesca,
come problema d i ordine pubblico i n pr imo luogo.
3.4. Marginal i tà stor ica, emarginazione ne l l o svi luppo, deprivazione r e :
lativa (10).
Uno dei punt i central i da definire esattamente nell'interpretare l a di f -
ferenza t ra l a situazione del Sud "classico" e quella del Sud nel corso del
processo di sviluppo post-1950, è quello della mutata natura dell'integrazione-
esclusione, del la diseguaglianza.
(a) La
marginalità storica
(MS) è la marginalità che si è venuta a creare
al momento dell'Unificazione e nel corso del la nascita dell'economia indu-
striale i n I tal ia. La creazione de l mercato nazionale, mentre significa f ine
dell'isolamento e del la segmentazione, significa anche perdi ta d i rilevanza
di determinati mercat i oppure dipendenza d i un mercato dal "centro" per
tutta una serie d i risorse e fine dell'autoconsumo. Così l a comunità locale
viene svuotata d i funzioni, entra a f a r parte d i una gerarchia nazionale e
regionale su cu i nón ha influenza. Marginal ità storica significa che l o svi-
luppo avviene al trove (ne l
centro)
e che nel lo stesso tempo l a comuni tà
tradizionale
(per i fer ia)
ne subisce l e conseguenze distrutt ive (cessa d i esi-
(10) Sul concetto d i marginalità cf r. l 'articolo d i Muri già citato; inol tre per i l caso i ta-
liano A . Pizzorno, « Familismo amorale e marginalità storica, ovvero perchè non
c'è niente da fare a Montegrano »,
Community Development,
15, 1966, pp. 55-66. Per
i l concetto d i deprivazione relativa v. W. G. Runciman,
Relative Deprivation and
Social Justice,
Routledge & Kegan Paul, Londra 1966.
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